Lathena, 25 giugno 999 dalla
fondazione dell'Impero Lathear (I.L.)
, 17 anni dopo il matrimonio dei Conti di Gothian, nell'anno della Primavera di Sangue.
Data: 25 giugno dell'anno
999 dalla
fondazione dell'Impero Lathear (I.L.)
, 17 anni dopo il matrimonio dei Conti di Gothian, nell'anno della Primavera di Sangue.
Alla base della Piramide Imperiale, in fondo all’immenso salone delle udienze pubbliche, vi era una scalinata, alla cui sommità risplendeva il Trono del Sole, d'oro massiccio decorato e consacrato al dio Eclion.
Lassù, a malapena, si poteva scorgere, avvolto in pesanti vesti di seta e pietre preziose, un esile ragazzo di diciannove anni, che dormiva beatamente. La sua testa era reclinata sulla spalla sinistra, sulla quale ricadevano i lunghi capelli neri dai rilessi blu, tenuti fermi da un diadema aureo tempestato di scuri zaffiri color indaco.
«O Figlio del Sole, noi ti supplichiamo!» dichiarò, genuflesso, a grande distanza dal trono, un vecchio ambasciatore, dalla pelle olivastra e dall’aria afflitta: «La siccità sta bruciando tutto il nostro raccolto, e noi siamo ridotti alla fame!»
Era difficile che la sua voce potesse essere udita fino in cima trono, e infatti l’unica risposta del giovane fu un russare sommesso e discreto, ma persistente.
«O Figlio del Sole, sfama i tuoi sudditi che muoiono a causa dell’ira di Eclion per i peccati commessi dagli impuri! Perché se il dio Sole ci manda la siccità, non è per punire noi devoti, ma gli empi che ovunque e persino qui, nella Città Santa, hanno peccato nel delitto e nella fornicazione!»
Non ci furono reazioni da parte del ragazzo addormentato, né la corte se li attendeva da lui, che pure formalmente era l’Altissimo, Sua Celeste Maestà Imperiale Elner XI Eclionner, imperatore dei Làthear, Signore del Continente Centrale e Discendente del dio Eclion.
«O divino, aiutaci! Eclion lo Splendente ha revocato il Mandato Celeste alla Dinastia! Se vuoi placare la sua ira, assisti i tuoi sudditi fedeli e punisci gli empi e i depravati, che affamano il popolo e che anche in questa santa corte hanno corrotto i costumi… »
I cortigiani non sapevano dove guardare, ma attendevano l'inevitabile. E l'inevitabile avvenne.
«Adesso basta! » tuonò una voce femminile decisa e potente da un solido seggio di granito scuro ai piedi del sontuoso trono dorato. Seguì totale, e il supplicante si prosternò a terra.
La donna era alta e snella, sui trentacinque anni, vestita di abiti scuri, vedovili, ma ricercati, che facevano risaltare la sua bellezza inquietante. Era lei, l'Imperatrice Vedova, detta anche la Vedova Nera.
La prima cosa che colpiva in lei era la chioma di capelli neri lisci, con riflessi blu scuri, che toccavano terra e che risaltavano nel viso sensuale. Poi gli occhi, spietati, fermi, irremovibili.
«Date a questo plebeo venti monete d’oro e venti frustate. Così non dimenticherà la generosità della Dinastia e si ricorderà che le prediche, qui a Palazzo, le possono tenere soltanto i vescovi!»
Il vecchio, terrorizzato, cercò di scusarsi: «Perdonami, o divina Ellis… sono il tuo umile servo… abbi pietà… »
La donna fece cenno alle guardie di sbrigarsi, e mentre i pretoriani portavano via il vecchio supplicante, si rivolse al Maestro del Cerimoniale: «Chi è il prossimo?»
Nessuno si fece avanti. Il Gran Ciambellano dovette intervenire: «Vostra Maestà, ci sarebbe l’ambasciatore della tribù dei Songu, per quella disputa con la tribù degli Hazli. Il conflitto è… »
Ellis sollevò una mano.
«Non mi interessa un accidente di quei selvaggi! Prendete i due ambasciatori e se si rifiutano di fare la pace, date venti frustate a entrambi e rispediteli al loro sudicio paese!»
Il Ciambellano chinò il capo, con costernazione: «Ai tuoi ordini, o sacra Ellis»
Poi la donna guardò, con irritazione, in alto verso il trono dorato, dove suo figlio continuava a russare, e poi, rivolta al pubblico, sentenziò: «Queste ridicole questioni annoiano Sua Maestà».
Poi si avvicinò al Trono del Sole, salì i gradini fino ad arrivare ai piedi del giovane sovrano, finse si inchinarsi e di baciargli l’anello di zaffiro. In realtà gli diede un morso nel dito, che lo fece sobbalzare e svegliare di soprassalto, terrorizzato: «Eh… cosa...»
«Taci e fai quel che ti dico, idiota!» sibilò Ellis e poi, ad alta voce: «O Figlio del Sole, illuminaci con le tue sante parole!»
«Cosa devo dire, madre? » sussurrò Elner XI stropicciandosi gli occhi.
«Dichiara chiusa l’udienza. Per oggi ne ho avuto abbastanza di ascoltare questi straccioni!»
L’imperatore obbedì alla madre, come era sua abitudine fin da quando era nato.
Seguì un silenzio imbarazzato rotto solo da una protesta dell’Arcivescovo di Lathena, il magro Cardinale Augustin Arenga: «Ehm... venerabile Ellis…la città santa sta traboccando di pellegrini giunti per vedere il Sommo Sacerdote».
Ellis dominò la sua rabbia: di fronte al Clero di Lathéna, che venerava il dio del sole, Eclion lo Splendente, persino il potere imperiale incontrava dei limiti.: «Eminenza…se i pellegrini sono venuti qui per vedere il Sommo Sacerdote e non l’Imperatore, è al Sommo che spetta l’onore e la gioia di ospitarli»
La sfumatura ironica della frase non passò inosservata, e molti ridacchiarono, ma il Cardinale con un mezzo inchino rispose impassibile: «Gli alloggi di proprietà del Santo Clero sono già colmi della devozione dei nostri pellegrini, o venerabile Ellis»
Gli occhi dell’imperatrice parvero scintillare di pagliuzze blu scure: «Che soluzione propone Vostra Eminenza? »
Con un sorriso forzato, il Cardinale Arenga dichiarò: «Se la Corona ci fornisse i mezzi finanziari per poter compensare i proprietari delle locande, potremmo forse riuscire a… »
Ellis guardò verso i ministri più eminenti per trovare alleati e infatti una voce si levò: «Le casse dello Stato sono vuote!» fu il secco commento del ministro delle finanze «Mentre non si può dire altrettanto di quelle del Clero!»
La Reggente sorrise: adorava mettere l’uno contro l’altro i vari cortigiani. Era il modo migliore per scaricare tutte le colpe sugli altri ed evitare che si formassero alleanze contro di lei.
In questo modo, da anni, Ellis Eclionner era riuscita a dominare indiscussa su tutto l’Impero. La sua ascesa al potere era incominciata quando suo nonno paterno Wechtigar XVI Barbablù era morto dopo aver bevuto un calice di vino, nell'anno della Primavera di Sangue.
La sua morte era avvenuta pochi mesi dopo che il figlio Sephir e il nipote Masrek erano stati dichiarati morti in guerra.
Il Trono era così passato a Elner X, di cui Ellis era cugina e consorte da meno di un anno.
Non era stato propriamente un matrimonio d'amore, ma otto mesi dopo le nozze, con leggero anticipo, era nato il futuro Elner XI.
Due soli mesi era durato il regno di Elner X, deceduto improvvisamente, sempre nell'anno della Primavera di Sangue, lasciando Ellis come unica reggente e detentrice del supremo potere, che esercitava con l’aiuto del fedelissimo eunuco Bial, capo dei Servizi Segreti, del senatore Sibelius Fuscivarian, suo nonno materno e del primo ministro, il burocrate Rowland Tucker.
Quando era vivo Elner X, e persino negli ultimi anni di regno del vecchio Wechtigar, Ellis aveva mantenuto un profilo basso, ma era una finzione necessaria per non essere sospettata di nulla.
Ripensava spesso a quella sua rapida ascesa e si ripeteva che:
Il potere deve spettare a chi ha la forza per prenderlo e l'astuzia per conservarlo!
Suo padre, il principe della corona Sephir Eclionner, era stato, almeno ufficialmente, ucciso da lord Fenrik Steinberg, Conte di Gothian, durante la battaglia di Elenna sul Dhain, nell’anno della Primavera di Sangue.
Di questo omicidio non potranno certo accusare me! Almeno non direttamente...
In seguito, pochi giorni prima del decesso di Wechtigar XVI, era stato dichiarato "defunto" anche il fratello di Ellis, il principe Masrek, il cui presunto cadavere era stato fatto ritrovare, dietro lauto compenso, nei pressi di Lathena, da una banda di disertori agli ordini dello Sciancato, un sopravvissuto alla battaglia Elenna sul Dhain, che aveva incominciato a delinquere in quei mesi.
E' stato lo Sciancato! E' lui che si è macchiato le mani di sangue! E non si sa nemmeno se quel sangue fosse veramente di mio fratello.
La madre di Ellis e Masrek, Wensy Fuscivàrian, la dolce principessa della corona, tanto amata dal popolo, era distrutta per il dolore del figlio prediletto, dopo quella del marito. Pochi giorni dopo era stata trovata morta ai piedi di una torre, dalla quale, presumibilmente, si era gettata per la disperazione.
Adorava Masrek, come tutti, e ignorava me... non ho motivo di averne pietà... per quanto...
Non terminò il pensiero che la sua coscienza le aveva ispirato. Sarebbe stato troppo ammettere che forse non si era trattato di suicidio, e che probabilmente lei, Ellis, avrebbe potuto impedire quella morte, se solo avesse voluto.
I lutti si erano succeduti uno dietro l’altro, lasciando Ellis sola e indiscussa guida suprema della Dinastia e dell'Impero, seppur con la finzione della Reggenza.
E' stata la volontà di Eclion!
Ellis se l’era ripetuto talmente tante volte, negli ultimi diciotto anni, che ormai si era convinta della indiscutibile verità di quelle affermazioni.
Dopotutto il suo destino le era stato profetizzato quando ancora era una bambina.
Sovrana tu sarai, fino a quando non giungerò la Fanciulla Dorata delle Nevi e ti porterà via tutto ciò che hai di più caro e sacro... oh,ma che sciocchezza!
Ellis non credeva alla profezia del suo anziano precettore, padre Izùmir Mollànder, un sensitivo e occultista, divenuto poi Priore della Grande Canonica, il più prestigioso ordine sacerdotale del Clero di Lathena.
In realtà alla sovrana piaceva solo credere alle parti “fauste” della profezia, mentre riguardo alle parti “infauste”, si sforzava di dimenticare ciò che non avrebbe mai voluto sentirsi dire.
La sua forza era sempre stata la capacità di convincersi dell’assoluta giustezza delle cose che le facevano comodo e della totale infondatezza di tutte le altre.
Da questo traeva origine l’energia implacabile con cui, fin da ragazzina, aveva perseguito e puntellato la sua inarrestabile ascesa al potere, nonostante le minacce sia interne che esterne all’Impero e alla Dinastia.
Era necessario! Solo io potevo salvare l'Impero dalla disgregazione!
Persino la stupidità di suo figlio Elner XI era diventata una risorsa per lei: solo così poteva esercitare la reggenza senza alcun disturbo.Quel pensiero la entusiasmava.
Io sono la discendente del Sole Eclion! La Predestinata secondo l'Antico Patto! Colei che unificherà il Continente e il mondo intero sotto un'unica bandiera!
E guardò la statua dorata di Eclion, perdendosi nella sua scintillante bellezza.