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Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
sabato 21 ottobre 2017
La battaglia per il controllo della Valle dell'Eufrate e dei confini tra Siria e Iraq
La valle dell'Eufrate, nella zona compresa tra la Siria orientale e l'Iraq occidentale, è l'ultima roccaforte dell'Isis e costituisce uno dei tasselli più rilevanti (a livello geopolitico, strategico ed economico) del complesso mosaico di etnie, religioni, tribù e fazioni politiche e militari in cui si è frammentato il Medio Oriente dopo il 2011, l'anno della cosiddetta Primavera Araba, una "falsa primavera", indotta dall'esterno, che ha portato con sé il terrorismo, la disgregazione degli stati nazionali e una guerra che sembra destinata a non avere mai fine.
Negli ultimi giorni si è assistito ad un inasprimento degli scontri tra le forze governative siriane e l'Isis, che ha concentrato gli attacchi contro l'esercito di Assad, mentre non risultano scontri tra il sedicente Stato Islamico e le forze dell'SDF (Syrian Democratic Force) a maggioranza curda e sostenute dagli Stati Uniti. Questa anomalia ha fatto ipotizzare un accordo tra SDF e l'Isis per impedire che le forze sciite siriane raggiungano il confine con l'Iraq e si ricolleghino alle forze sciite irachene, creando di fatto quel "corridoio sciita" in grado di collegare l'Iran col Libano.
La realizzazione della "mezzaluna sciita" e della "via della seta" che colleghi Beirut, Damasco, Baghdad, Teheran, l'Unione Euroasiatica e la Cina viene vista come una minaccia da parte di Israele, che non a caso ha stretto una salda alleanza con i Curdi siriani e iracheni, i cui combattenti Peshmerga, insieme alla coalizione occidentale guidata dagli Usa, rappresentano l'ultimo ostacolo alla realizzazione dell'unità dei governi sciiti in Medio Oriente.
Questa polarizzazione dello scontro tra Sciiti e Curdi, sia in Siria che in Iraq, rende ormai marginale il ruolo di ciò che rimane dell'Isis, tanto da far pensare che entrambe le coalizioni stiano cercando di utilizzare le ultime cellule rimaste dello stato islamico come arma per colpire il nemico o quantomeno per rallentarne l'avanzata.
Va comunque rilevato che in Siria l'Isis è stato sconfitto prevalentemente dall'esercito siriano di Assad e dagli alleati russi, iraniani e libanesi.
I Curdi hanno liberato Raqqa, che però è stata quasi rasa al suolo dai bombardamenti della coalizione occidentale.
Gli Sciiti hanno soccorso Dei-ez-Zor, liberandola da un assedio che durava da cinque anni, anche se parte della città è ancora in mano all'Isis.
Il prezzo in termini di perdite umane è stato notevole: tra i caduti si registra anche il generale dell'esercito arabo siriano Issam Jadʿan Zahreddine, soprannominato "il Leone dell'Eufrate", per aver difeso per anni la città di Deir-ez-Zor dagli assalti dell'Isis. Il generale è deceduto all'età di 56 anni in seguito all'esplosione di una mina, durante i combattimenti per la conquista dell'isola di Saqr, vicino a Deir ez-Zor, che vedevano fronteggiarsi l'Esercito Arabo Siriano e l'ISIS.
Guerra civile in Iraq tra Sciiti e Curdi
Quello che si temeva, che una volta spazzato via lo Stato islamico scoppiasse l’ennesima guerra civile in Iraq, si è verificato.
Ieri all’alba una colonna corazzata irachena, composta quasi esclusivamente dalle Hashd al-Shaabi, le Forze di mobilitazione popolare che rispondono ai leader sciiti iracheni, e iraniani, si è mossa da Kirkuk, lungo l’autostrada che conduce a Erbil. A Pirde, conosciuta anche con il nome di Altun Kupri, si è scontrata con i Peshmerga inviati dal governo regionale curdo a fermare l’avanzata.
Pirde si trova al confine fra le province di Erbil e Kirkuk. L’offensiva faceva parte delle operazioni cominciate lunedì dal governo iracheno per recuperare tutti i territori passati sotto il controllo curdo dopo il giugno del 2014, quando l’esercito federale si era liquefatto di fronte all’avanzata dell’Isis. Ma Erbil teme che Baghdad, e soprattutto i miliziani sciiti, non vogliano fermarsi lì e puntino a occupare tutto il Kurdistan.
Lo scontro è stato durissimo. I missili anti-tank «Milan» dei Peshmerga hanno colpito almeno un carro armato e numerosi blindati. Le perdite fra le forze sciite sono alte. Ieri sera Pirde era però nella mani dell’esercito federale iracheno, più defilato, mentre le milizie sciite fronteggiavano i Peshmerga a circa due chilometri dalla cittadina. Secondo fonti di Baghdad, il premier Haider al-Abadi, pure lui sciita, avrebbe dato ordine di «punire i ribelli» curdi ma non ci sono conferme ufficiali e sarebbero in corso contatti fra la capitale ed Erbil per risolvere la questione «con il dialogo e secondo la Costituzione».
Quello che è certo è che dalle zone tornate sotto il controllo del governo iracheno i curdi stanno scappando in massa. Il governatore di Erbil, Nawzad Hadi, ha precisato che 18 mila famiglie fuggite da Kirkuk e Tuz Khurmato sono state accolte in città, ma i profughi in totale sarebbero oltre 100 mila. A Khanaqin, vicino al confine con l’Iran, milizie e polizia federale hanno sparato sulla folla che protestava, c’è stato almeno un morto e sei feriti. Human Rights Watch ha invece notizie di cinque morti a Tuz Khurmato.
L’operazione lanciata da Al-Abadi sembra stia sfuggendo dalle mani del premier. Il problema è strutturale. L’esercito conta su un numero limitato di divisioni in grado di combattere, le stesse che hanno strappato Mosul all’Isis: le tre del Controterrorismo, la Nona corazzata, la Sedicesima. Due sono state utilizzate nell’offensiva contro i curdi ma il grosso delle forze è formato da milizie, in particolare quelle guidate da leader sciiti che rispondono a Teheran, come Abu Mahdi al-Muhandis, esiliato in Iran ai tempi di Saddam Hussein.
A Kirkuk e Tuz Khurmato sono state osservate le formazioni Asaid Ahl al-Haq, Al-Badr, Kataib Imam Ali, che agiscono lungo le direttive di Qassem Suleimani, capo del servizio «estero» dei Pasdaran. La «mano iraniana» ha agito in piena luce del sole. Suleimani è andato una settimana fa a Suleymanya, la seconda città del Kurdistan, a convincere il partito Puk, rivale del Kdp del presidente Massoud Barzani, a passare dalla parte di Baghdad e dell’Iran.
Il Puk controlla quasi metà dei Peshmerga ed era in maggioranza a Kirkuk. Per questo la città è caduta quasi senza combattere. Ma ora le forze irachene devono fronteggiare i Peshmerga del Kdp, se vogliono avanzare verso Erbil. Al-Abadi ha detto che vuole riportare il Kurdistan nei confini del 2003, quelli della Regione autonoma. Ma non è detto che i miliziani alleati dell’Iran si accontentino.
Potrebbe esserci una spaccatura all’interno del governo di Baghdad, anche perché Al-Abadi non ha inviato le milizie sciite che invece rispondono a lui e al Grande ayatollah iracheno Ali Sistani, soprattutto la Firqat al-Abbas. È quello che sperano i curdi, a loro volta spaccati in due, e molto indeboliti. Il presidente Barzani non è più comparso in pubblico. Il Puk e il terzo partito curdo, il Gorran, di fatto non lo riconoscono più come leader e trattano per conto loro con Baghdad. Il Puk ha piazzato un suo dirigente, Rizgar Ali, come nuovo governatore di Kirkuk.
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