Dopo lo sfondamento della Linea Gustav nel maggio '44, ottenuto in seguito mesi di combattimenti, col supporto dell'aviazione e delle nuove truppe sbarcate ad Anzio, alla fine la 5ª Armata statunitense comandata dal generale Clark prese il controllo di Roma il 4 giugno 1944.
Per il Reich e la Repubblica Sociale fu un duro colpo.
Il feldmaresciallo Kesselring si trovava a dover ricompattare un esercito demoralizzato e disorganizzato, scarsamente mobile e in condizioni d'inferiorità numerica.
Per cercare di porre rimedio a questa situazione, Kesselring sostituì il generale Von Mackensen, indicato come responsabile del mancato coordinamento tedesco contro la testa di ponte di Anzio, con il generale Joachim Lemelsen, e nel settore della 14ª Armata mandò cospicui rinforzi.
Nel progettare la strategia difensiva per ritardare il più possibile l'avanzata anglo-americana prima che giungesse l'inverno, Kesselring fece terra bruciata di tutte le linee di comunicazione tra Roma e il nord, facendo saltare in aria strade e ferrovie, peraltro già danneggiate dai bombardamenti alleati.
A nord di Roma il fronte indietreggiò temporaneamente lungo la Linea del Trasimeno, ma senza l'intenzione di svernarvi. Kesselring proseguì la ritirata strategica e l'interruzione delle infrastrutture attraverso una serie di azioni ritardatrici fino a raggiungere il fiume Arno, sul quale intendeva opporre l'ultima resistenza prima di ritirarsi lentamente sulla cosiddetta Linea Gotica, che nei piani doveva essere il vero fronte progettato per l'inverno.
Il problema, per Kesserling, fu che la superiorità dell'aviazione alleata gli impedì di portare a termine le azioni ritardatrici previste dal piano strategico e lo costrinse infine a ritirarsi lungo la Linea Gotica già nell'agosto del '44.
La Linea Gotica (in tedesco Gotenstellung) era una poderosa struttura difensiva fortificata che si estendeva dal versante tirrenico dell'attuale provincia di Massa-Carrara (allora denominata provincia di Apuania) fino al versante adriatico della provincia di Pesaro e Urbino, seguendo un fronte di oltre 300 chilometri sui rilievi appenninici.
Non era stata scelta solo per ragioni tattiche e militari, ma che alla luce di considerazioni storiche e culturali.
A spiegare tutto questo alla famiglia Ricci-Orsini, nel momento in cui la loro casa si apprestava a diventare parte integrante della stessa Linea Gotica, ospitando la 162esima divisione della Decima Armata Wehrmacht nella RSI, fu ovviamente il Professor Erich von Tomaten:
<<A voi concesso crande honore di essere parte di qvesta gloriosa linea di confine tra il Reich nordico e tutto inferiore mondo mediterraneo africano di sud, ja!>>
Il conte Orsini ormai non interloquiva più con il vecchio ideologo dell'Ahnenerbe-SS.
Da quando era morta Isabella, il Conte si era convinto che fosse stato il tenente Mueller ad ucciderla e l'unico motivo per cui non gli aveva ancora sparato era la certezza che la rappresaglia si sarebbe abbattuta sul resto dei suoi familiari.
Ma poiché le sorti della guerra erano ormai segnate, la vendetta era soltanto rimandata.
"Sono il discendente della Casa di Bertoldo Orsini, Conte di Romagna dal 1278: perciò ho camminato, e perciò presto riposerò.
Ma prima di lasciare questa valle di lacrime, trascinerò con me all'Inferno i carnefici di mia figlia.
Volgi le spalle, Tedesco, e quando tornerà la primavera, all'alba di un giorno di aprile, guarda ad est, perché io ti aspetterò al varco, al mutare della marea".
Con il suocero in quelle condizioni, spettava ad Ettore Ricci l'ingrato compito di moderatore e mediatore, al quale ormai era allenato, dopo anni di permanenza alla guida del clan Ricci-Orsini della Contea di Casemurate:
<<Naturalmente, Professore, siamo onorati di essere parte di questo grande mondo nordico>> iniziò, per blandire il teutonico culture dell'eredità ancestrale "ariana" <<Del resto lo sanno tutti che l'Italia del Nord è molto diversa dal resto del paese, anche per merito dei Galli, dei Goti e dei Longobardi, di cui tanto ci avete parlato>>
Il Professore sogghignava soddisfatto:
<<Jawohl, Herr Ricci! Questa nuova Ostgothien Provinz sarà crande baluard di Linea Gotica per mille e mille anni!>>
E qui la Contessa Emilia, che dalla morte della figlia Isabella si trovava in stato di ubriachezza cronica, non poté fare a meno di ironizzare, sollevando il calice di vino rosso sangue:
<<Diecimila anni, al Reich della Grande Germania!>>
Von Tomaten era totalmente privo di senso dell'umorismo e quindi non capì che si trattava di una presa in giro e rispose con un saluto romano e un tonante: <<Sieg Heil!>>
L'eco di questi discorsi, come quello di un sabba di indemoniati nella sera della loro tregenda, arrivava a malapena al piano superiore della cadente Villa Orsini.
Diana non usciva quasi più dalla sua stanza
Il dolore e il senso di colpa per la morte di Isabella acuivano l'ennesima depressione post-partum e la perenne emicrania. La sua volontà di vivere ormai si stava esaurendo, ritraendosi e scomparendo come acqua nella sabbia.
Eppure, come sempre, rimaneva sospesa nell'indecisione.
Sparire non so, né riaffacciarmi.
Le figlie le facevano compagnia, senza meravigliarsi per la sua condizione.
Erano nate nel dolore e cresciute nella guerra: non avevano visto altro nella vita, e i loro occhi erano già colmi di una comprensione profonda.
Diana allattava la piccola Isabella, mentre Margherita e Silvia giocavano con bambole di pezza, perché le altre erano andate distrutte durante una serata etilica degli occupanti.
Margherita e Silvia uscivano di casa soltanto quando si doveva correre nei rifugi.
I Tedeschi avevano scavato una trincea dove prima c'era un vialetto che affiancava il torrente Bevano.
Una notte, mentre si trovavano con la madre, un bombardamento particolarmente intenso le costrinse tutte a correre fuori, col cielo illuminato a giorno.
Diana teneva in braccio Isabella e per mano Silvia. Margherita correva dietro di loro, ma a un certo punto era scivolata in una trincea.
L'istinto materno di Diana, così difficile da percepirsi nella normalità, diveniva fortissimo nel momento del pericolo.
Era scesa nella trincea piena di soldati, che già si facevano beffe sia della bambina che della madre in camicia da notte, e aveva difeso la figlia con le unghie e con i denti.
Alla fine, la paura dei bombardamenti aveva reso mansueti i tedeschi, e Diana ne aveva approfittato per mettere al sicuro se stessa e le figlie.
Ecco, questo era il suo paradosso: pur essendo perseguitata dal desiderio di morire, quando la morte si avvicinava, Diana si aggrappava alla vita con tutte le sue forze.
Qualche rara volta Margherita e Silvia uscivano col padre, ma quella concessione terminò quando, in un giorno d'autunno del 1944, assistettero ad una scena terribile, destinata a rimanere impressa nella loro memoria.
Si trovavano nei pressi del ponte del Bevano, lungo la via Cervese.
Lì era stato istituito un posto di blocco dei tedeschi, che temevano l'infiltrazione di partigiani provenienti dalla direttrice adriatica.
Dall'altra parte del ponte c'era il vecchio prozio Remigio, quello che in tempi migliori aveva osato prendere in giro il gerarca Baroncini in sua presenza.
Non era mai stato del tutto lucido ed era diventato completamente sordo.
Per questo non sentì l'alt pronunciato dai tedeschi, e continuava a proseguire lungo il ponte col suo solito sorriso sbilenco.
Ettore cercò in tutti i modi di avvertire lo zio:
<<Remigio fermati! >> urlava, indicando i soldati con la mitragliatrice <<Remigio, torna indietro!>>
Non ci fu nulla da fare: il vecchio proseguì, sempre sorridendo, e fu falciato da una raffica di proiettili, davanti agli occhi inorriditi di Ettore e delle sue figlie.
Da quel giorno, le bambine rimasero in camera con la madre, e sembrava che fossero loro a dare coraggio a lei, e a offrirle una ragione di vita, quando ogni altra luce sembrava essersi spenta.
Nonostante le offensive alleate, la Linea Gotica resse gli assalti del dicembre 1944, il che portò alle stelle l'umore del Professor Von Tomaten:
Una sera, ebbro di birra, il Professore si era messo a cantare Deutschland uber alles.
Il Conte, che si era appisolato sul divano, fu svegliato dai latrati del vecchio pazzo.
Von Tomaten era certo della vittoria:
<<Noi presto vincere guerra ed io tornare in patria. Là mi riaccoglieranno come un eroe!>>
Il conte Achille, ancora mezzo addormentato, borbottò:
<<Forse. Io non ho mai avuto molto tempo per gli eroi>>
Il Professore di Jena divenne rosso come i pomodori evocati dal suo cognome:
<<Tu avere deluso mie speranze di germanizzarti. Il tenente Mueller già deciso che tu essere kaputt.
Ma prima tu avere giusta dose di tortura...>> annuì e cercò di formulare il finale della frase in italiano corretto, per aggiungere epicità alle sue minace: <<e quando Mueller avrà finito con te, tu lo supplicherai di darti la morte, e lui, da signore misericordioso, te la concederà>>
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