sabato 5 novembre 2016

Il vero motivo della guerra in Siria

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Per quale motivo, dopo anni di pacifica coesistenza, i paesi del Medio Oriente hanno incominciato a farsi la guerra tra di loro?
Prima la guerra tra Iraq e Iran (1980-1988), poi l'invasione del Kuwait da parte dell'Iraq e la Prima Guerra del Golfo (1990-91), poi la Seconda Guerra del Golfo (2003-2008), poi la cosiddetta Primavera Araba (2010) da cui sono scaturite le guerre in Libia, Siria, Iraq e Yemen, tutte caratterizzate dalla presenza di tre schieramenti: uno sunnita guidato da Usa e Arabia Saudita, uno sciita guidato da Russia e Iran e un terzo legato alla Fratellanza Mussulmana, guidato da Turchia e Qatar, alleato con lo schieramento sunnita.
Ognuna di queste guerre ha presentato le seguenti caratteristiche:
- Volontà di controllo dei giacimenti di petrolio e metano e degli oleodotti e gasdotti che collegano tali giacimenti alle raffinerie.
- Contrapposizione tra Sciiti e Sunniti
- Contrapposizione tra socialismo arabo laico e fondamentalismo islamico.
- Lotta per l'egemonia della zona del Medio Oriente (l'antica Mezzaluna Fertile).
- Ingerenza delle superpotenze straniere.
- Presenza di gruppi terroristici che fingono di essere ribelli autoctoni ed in realtà sono miliziani stranieri, "foreign fighter" addestrati e armati per destabilizzare il governo legittimo del paese che si vuole smembrare.
La guerra civile siriana si protrae da 6 anni e ha destabilizzato tutto il Medio Oriente e anche le zone circostanti, compreso il Nordafrica e l'Europa, a causa dell'emergenza profughi, che ha acuito la già enorme impennata dei flussi migratori.
In realtà non è una vera e propria guerra civile, ma una guerra tra il governo legittimo del presidente Bashar Assad, sostenuto dal presidente russo Vladimir Putin e dai governi sciiti dell'Iran e dell'Iraq, e alcuni gruppi terroristici di varia natura (alcuni affiliati ad Al-Qaeda, altri all'Isis), sostenuti da un'alleanza tra Qatar, Turchia e Arabia Saudita, con l'appoggio logistico degli Stati Uniti.
La domanda principale è la seguente: per quale motivo l'Arabia Saudita, il Qatar e la Turchia hanno così intensamente desiderato la caduta del governo del presidente siriano Assad?
La risposta è molto semplice e piuttosto deludente per chi credeva che i vari attori fossero mossi da una grande visione geopolitica.
Tutto è nato a causa di un gasdotto, o meglio di due gasdotti di cui soltanto uno si sarebbe potuto realizzare.
Il primo progetto prevedeva un tracciato che partiva dall'Iran, attraversava l'Iraq e giungeva in Siria, da cui poi sarebbe partita una diramazione per l'Europa. I governi di Iran, Iraq e Siria, che in Medio Oriente rappresentano il fronte sciita, si erano accordati per far partecipare ai lavori la Gazprom, il colosso russo del gas. Da qui il forte interesse della Russia nella questione.
Il secondo progetto prevedeva un tracciato che partiva dal Qatar, attraversava l'Arabia Saudita e la Giordania, e sarebbe giunto in Turchia. Questo secondo accordo rappresentava l'asse sunnita (nei suoi due aspetti, quello wahabita fondamentalista dei sauditi, e quello salafita della Fratellanza Musulmana, molto forte in Qatar e in Turchia, pur avendo avuto, per breve tempo, il suo baricentro nell'Egitto di Morsi, poi deposto dal generale Al-Sisi).
Il problema era che per giungere in Turchia, questo secondo gasdotto doveva per forza passare per la Siria.
Dal momento che Assad si era già impegnato nel primo progetto, il suo governo aveva negato il passaggio.
La dinastia saudita e l'emiro del Qatar non presero bene questo rifiuto e decisero, in accordo col presidente turco Erdogan e con il segretario di stato americano, Hillary Clinton, di far intervenire una forza jihadista in Siria allo scopo di deporre Bashar Assad e il partito socialista Baath, così come già era accaduto nell'Iraq di Saddam Hussein,
Ma questa volta l'alleanza sunnita e americana aveva fatto i conti senza l'oste, perché non aveva preso in considerazione né la nascita dell'Isis, da una costola impazzita di questi jihadisti, né un intervento diretto della Russia in difesa del legittimo governo siriano.
Questa guerra dura da sei anni e non se ne vede una via d'uscita, anzi, tutti i tentativi di armistizio sono stati regolarmente violati da entrambe le parti.
In più, a complicare la situazione, si è venuta a creare un'ambiguità del ruolo della Turchia, dopo il tentato colpo di stato contro Erdogan, che ha raffreddato i suoi rapporti con Usa e Ue, e ha reso ancor più difficile la soluzione della questione curda.
I Curdi, di religione islamica sunnita, hanno combattuto a fianco dell'alleanza filo-americana, ed ora chiedono ampie garanzie riguardo alla propria autonomia, cosa che è malvista dai Turchi, da sempre nemici del popolo curdo.
L'esito della guerra dipenderà in gran parte da quello della battaglia di Aleppo, la città contesa tra i due schieramenti in campo.

Situazione della guerra civile in Libia a inizio novembre 2016

Situazione militare attuale:       Controllato dal Governo di Accordo Nazionale di Tripoli e alleati       Controllato dal governo di Tobruk e dalle brigate di Zintan       Controllato dallo Stato Islamico (ISIS)         Controllato dai Consigli consultivi di Bengasi, Derna e Agedabia       Controllato da forze Tuareg       Controllato da forze locali

Situazione militare attuale:
      Controllato dal Governo di Accordo Nazionale diTripoli e alleati
      Controllato dal governo di Tobruk e dalle brigate diZintan
      Controllato dallo Stato Islamico (ISIS)
      Controllato dai Consigli consultivi di Bengasi,Derna e Agedabia
      Controllato da forze Tuareg
      Controllato da forze locali

Data16 maggio 2014 – presente
LuogoLibia
EsitoConflitto in corso
Schieramenti
Libia Camera dei rappresentanti
Sostenuto da:
Egitto Egitto
Emirati Arabi Uniti Emirati Arabi Uniti
Francia Francia
Libia Nuovo Congresso Nazionale Generale (fino a marzo 2016)
  • Partito di Giustizia e Costruzione
  • Milizie diMisurata(Scudo Libico)
  • Milizie di Tripoli
    • LROR
    • al-Watan
  • Berber flag.svg MilizieAmazigh
  • Milizie Tuareg
Sostenuto da: Qatar Qatar
Turchia Turchia
Sudan Sudan

Libia Governo di Accordo Nazionale (da aprile 2016)[1]
  • Milizie di Misurata
  • Guardia degli impianti petroliferi (PFG)
  • Milizie di Tripoli
    • Forza Speciale di Deterrenza (Rada)
Sostenuto da:
Stati Uniti Stati Uniti
Regno Unito Regno Unito
Italia Italia[2]
Flag of Jihad.svg Consiglio consultivo dei rivoluzionari di Bengasi
Flag of Jihad.svg Consiglio consultivo dei mujahideen di Derna
Flag of Jihad.svg Consiglio consultivo dei rivoluzionari di Agedabia

Flag of the Islamic State of Iraq and the Levant2.svg Stato Islamico
Comandanti
Libia Aguila Saleh Issa
(Presidente della Camera dei rappresentanti)
Libia Abdullah al-Thani
(Primo Ministro)
 · Mahmud Jibril(leader dell'Alleanza delle Forze Nazionali)
Libia GeneraleKhalifa Haftar
(Comandante di Operazione Dignità)
 · Ibrahim Jadran (leader del PFG)
Egitto Abd al-Fattah al-Sisi(Presidente dell’Egitto)
Emirati Arabi Uniti Khalifa bin Zayed Al Nahyan(Presidente degli Emirati Arabi Uniti)
Libia Nuri Busahmein
(Presidente delnuovo GNC)
Libia Khalifa Ghwell
(Primo Ministro, non internazionalmente riconosciuto)
 · Abdelhakim Belhadj (leader di al-Watan)

Libia Fayez al-Sarraj
(Presidente del Consiglio Presidenziale e Primo ministro del Governo di Accordo Nazionale)
*Ibrahim Jadran
(leader del PFG)
*Abdel Rauf Kara
(leader della Forza Speciale di Deterrenza)
Flag of Jihad.svg Mohamed al-Zahawi †(Leader di Ansar al-Sharia)
Flag of Jihad.svg Sufian bin Qumu (leader di Ansar al-Sharia a Derna)

Flag of the Islamic State of Iraq and the Levant2.svg Abu Bakr al-Baghdadi (leader dell'ISIS)
Flag of the Islamic State of Iraq and the Levant2.svg Abu Nabil Al Anbari†(emissario di al-Baghdadi in Libia)
Flag of the Islamic State of Iraq and the Levant2.svg Mohammed Abdullah (Emiro di Derna)[3]
Flag of the Islamic State of Iraq and the Levant2.svg Ali Al Qarqaa (Emiro di Nofaliya)[4]
Effettivi
40.000 (milizie di Misurata)[5][6]
20.000 (PFG)[7]
1.000-10.000 (Ansar al-Sharia)[8]

2.000-3.000 (ISIS)[9]
4.348[10] - 5.355[11] combattenti e civili uccisi (2014-2015)
435.000 sfollati interni (maggio 2015)[12]
Voci di guerre presenti su Wikipedia

libia

Situazione della guerra civile in Siria e Iraq. Mappa dell'Isis a inizio novembre 2016



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