Mentre Silvia e Francesco erano in viaggio di nozze, la famiglia Ricci-Orsini continuava a espandere la propria ricchezza e il proprio potere, e con essa le terre, gli alleati e purtroppo anche i nemici.
In particolare, Ettore Ricci era riuscito a mettere a segno un colpo a cui mirava da tempo, e cioè l'estensione del Feudo Orsini verso la costa, in direzione di Cervia.
Da tempo la Contea di Casemurate ambiva ad uno "sbocco al mare", e il porto turistico cervese, con le sue spiagge e le sue meravigliose saline, era un gioiello di rara bellezza, incastonato al centro della riviera romagnola.
La "conquista di Cervia" da parte dei Ricci-Orsini avvenne in maniera astuta, per mezzo di una serie di eventi fortuiti.
Il tutto ebbe inizio quando il potente vicepreside dell'Istituto Tecnico Industriale di Forlì, prof. Primo Marchesi, dirigente locale della Dc, venne a sapere, in seguito ad una soffiata da parte del suo fedelissimo alleato di partito, Pio Catellani, direttore provinciale di una banca di cui è pietoso e saggio tacere persino il nome (ci limiteremo a chiamarla, nei capitoli successivi, "la Bancaccia"), che il Comune di Cervia aveva intenzione di costruire una strada confiscando una porzione significativa dell'ampio terreno antistante la decrepita casa di villeggiatura appartenente da generazioni alla famiglia Marchesi.
Tale strada avrebbe dovuto collegare la via Milazzo con la via Giove, incrociandole entrambe ad angolo retto e sbucando proprio davanti a Villa Marchesi, il che era già di per sé intollerabile per il Vice-Preside prof. Primo.
Ma la cosa più oltraggiosa, imputabile senza dubbio alla giunta di sinistra, era che l'indennizzo era stato preventivato a livelli risibili,
Priamo Marchesi non aveva influenza politica da quelle parti, per cui l'unico modo di scampare a quel sopruso era vendere quel terreno a un prezzo di mercato a qualche ingenuo e disinformato pollo disposto a lasciarsi spennare.
Non poteva però ricorrere ad agenzie o a mezzi troppo vistosi per trovare il pollo di cui sopra, pertanto decise di rivolgersi al suo mentore politico, il potentissimo Senatore Leandro Baroni, Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone e Grand'Ufficiale al merito della Repubblica Italiana, il quale promise di interessarsi della faccenda.
Il senatore Baroni, però, aveva informatori migliori, e dunque venne a conoscenza del fatto che il Comune di Cervia aveva deciso di accantonare quel progetto, dal momento che, in fin dei conti, quella strada era del tutto inutile.
E qui viene il bello (si fa per dire).
Il Senatore, infatti, non riferì al Vicepreside ciò che aveva appreso, perché c'era un altro suo alleato, molto più importante, che avrebbe tratto profitto da quell'informazione.
Questo non dovrebbe stupirci e forse nemmeno indignarci più di tanto, perché si tratta di un fenomeno molto diffuso nel Bel Paese, anche tra i cosiddetti "probiviri" e non solo a quei tempi.
C'era e c'è tutt'ora una regola fondamentale che contraddistingue gli Italiani più di ogni altro popolo: la famiglia prima di tutto.
E per famiglia si intende qualcosa di ampio e allargato, senza necessariamente tirare in ballo la mafia, dal momento che i rapporti di parentela erano l'asse portante di un tutto che non implicava necessariamente atti illegali, almeno non sempre.
Per questo il Senatore preferì comunicare il tutto al suo potentissimo cognato, il nostro Ettore Ricci, che da tempo, come si è detto, cercava "uno sbocco al mare" per la Contea di Casemurate.
E tenuto conto che la strada principale di Casemurate era ed è ancor oggi la Cervese, la località balneare di Cervia era il luogo naturale verso cui espandersi.
Appena Ettore fu informato, prese subito in mano la situazione e la gestì da par suo.
Gli affari, per riuscire bene, richiedono una certa accortezza.
Quando si ha la fama di affarista, è meglio non trattare in prima persona, perché la controparte potrebbe sentire subito odore di fregatura.
Ettore incaricò dunque il suo principale prestanome, Michele Braghiri, affinché si occupasse della questione.
L'unico errore di Ettore, che però si sarebbe manifestato solo molti anni dopo, era quello di aver riposto in Michele troppa fiducia, senza riconoscere in lui il veleno dell'invidia.
Ma in quegli anni il vecchio Braghiri era ancora lontano dal realizzare il suo segreto disegno di vendetta, per cui i patti sarebbero stati rispettati.
Una volta che ci fosse stato il trasferimento di proprietà, sarebbe poi seguita una successiva donazione a beneficio di Ricci, e il fedele amministratore avrebbe avuto come compenso una quota dell'immobile.
Quando Michele Braghiri ne parlò con sua moglie Ida, lei ebbe un'idea:
<<E se, dopo aver comprato il terreno a tuo nome, ce lo tenessimo noi? Abbiamo già messo da parte abbastanza soldi per renderci indipendenti. Potremmo costruire un albergo, metterci in proprio>>
Lui scosse il capo:
<<Ma sei impazzita? Guadagno molto di più come Amministratore Delegato del Feudo Orsini!
E soprattutto conosco i segreti più oscuri del bilancio aziendale. E un giorno questi segreti ci torneranno utili>>
Lei era impaziente:
<<Sentì, sono trent'anni che mi dici di aspettare, ma io non ne posso più di fare la governante! Io voglio diventare la padrona!>>
Michele allora le si avvicinò e disse sottovoce:
<<Ti prometto che nel giro di cinque anni al massimo, avrò in mano tutti gli elementi per ricattare Ettore Ricci e ottenere per noi una fetta enorme del suo impero>>
Ida rimase pensosa:
<<Cinque anni sono lunghi. Non so se ne avrò la pazienza>>
Lui la guardò con i suoi occhi grigi e freddi:
<<Ci sono momenti in cui l'unica virtù che può essere d'aiuto è la pazienza>>
Lei decise di fidarsi di suo marito:
<<E va bene. Facciamo a modo tuo. Ma io mi aspetto molto>>
<<Ne avrai ancora di più>>
Convinta la moglie, Michele Braghiri fece ancora una volta la sua parte.
Comprò la terra a suo nome, con i soldi di Ettore Ricci, poi, trascorso il tempo necessario, gliela donò in cambio di una parte dell'immobile.
Il terreno era edificabile e su di esso sarebbero sorte tre case, una per ogni sorella Ricci-Orsini, con tre appartamenti, di cui due destinati alla locazione stagionale turistica.
Erano gli anni d'oro dell'edilizia, senza tasse sugli immobili e sugli affitti, e chi investiva nel settore poteva costruire imperi dal nulla.
Ettore era raggiante:
<<Caro Michele, muoio dalla voglia di vedere la faccia che farà Priamo Marchesi quando scoprirà che nelle terre che ci ha venduto per un tozzo di pane non passerà nessunissima strada! Voleva fregarci ed è rimasto fregato lui, quel minchione!>>
Michele Braghiri sorrise, con quella sua faccia da faina, che nascondeva molti più segreti di quanti Ettore Ricci avrebbe mai potuto immaginare.
Non bisogna mai credersi troppo furbi, perché c'è sempre qualcuno più furbo di noi, pronto a farci le scarpe: così come Marchesi era stato fregato da Ricci, quest'ultimo a sua volta sarebbe stato fregato da qualcun altro, molto vicino a lui, di cui aveva sottovalutato la scaltrezza.
Il giorno in cui Ettore Ricci, trionfante, poté dire che ormai la Contea di Casemurate aveva finalmente raggiunto il suo sbocco al mare, passeggiò lungo la spiaggia, come se ne fosse il padrone, e il suo sguardo si perse nell'acqua calma e limpida della riviera, senza sapere che ben presto sarebbero arrivate onde impetuose e vorticose, pronte a travolgere tutto ciò che lui aveva di più caro e sacro.
PS
Mare mare mare di Luca Carboni
Ho comprato anche la moto
Usata ma tenuta bene
Ho fatto il pieno e in autostrada
Prendo l'aria sulla faccia
Olè tengo il ritmo prendo un caffè
Lo so
Questa notte ti troverò
Usata ma tenuta bene
Ho fatto il pieno e in autostrada
Prendo l'aria sulla faccia
Olè tengo il ritmo prendo un caffè
Lo so
Questa notte ti troverò
Son partito da Bologna
Con le luci della sera
Forse tu mi stai aspettando
Mentre io attraverso il mondo
Con le luci della sera
Forse tu mi stai aspettando
Mentre io attraverso il mondo
Olè questa notte mi porta via
Alè questa vita mi porta via
Mi porta al mare
Alè questa vita mi porta via
Mi porta al mare
Mare, mare, mare
Ma che voglia di arrivare lì da te, da te
Sto accelerando e adesso ormai ti prendo
Mare, mare, mare
Ma sai che ognuno c'ha il suo mare dentro al cuore sì
E che ogni tanto gli fa sentire l'onda
Mare, mare, mare
Ma sai che ognuno c'ha i suoi sogni da inseguire sì
Per stare a galla e non affondare no, no
Ma che voglia di arrivare lì da te, da te
Sto accelerando e adesso ormai ti prendo
Mare, mare, mare
Ma sai che ognuno c'ha il suo mare dentro al cuore sì
E che ogni tanto gli fa sentire l'onda
Mare, mare, mare
Ma sai che ognuno c'ha i suoi sogni da inseguire sì
Per stare a galla e non affondare no, no
Ma son finito qui sul molo
A parlare all'infinito
Le ragazze che sghignazzano
E mi fan sentire solo
Sì ma cosa son venuto a fare
Ho già un sonno da morire
A parlare all'infinito
Le ragazze che sghignazzano
E mi fan sentire solo
Sì ma cosa son venuto a fare
Ho già un sonno da morire
Va beh, cameriere un altro caffè
Per piacere
Alè tengo il ritmo e ballo con me
Per piacere
Alè tengo il ritmo e ballo con me
Mare, mare, mare
Cosa son venuto a fare se non ci sei tu
No, non voglio restarci più no, no, no,
Mare, mare, mare
Cosa son venuto a fare se non ci sei tu
No, non voglio restarci più no, no, no,
Mare, mare, mare
Avevo voglia di abbracciare tutte quante voi
Ragazze belle del mare, mare,
Mare, mare, mare
Poi lo so
Che torno sempre a naufragare qui
Cosa son venuto a fare se non ci sei tu
No, non voglio restarci più no, no, no,
Mare, mare, mare
Cosa son venuto a fare se non ci sei tu
No, non voglio restarci più no, no, no,
Mare, mare, mare
Avevo voglia di abbracciare tutte quante voi
Ragazze belle del mare, mare,
Mare, mare, mare
Poi lo so
Che torno sempre a naufragare qui
Fonte: LyricFind
Compositori: Luca Carboni / Mauro Malavasi
Testo di Mare mare © Universal Music Publishing Group, Sony/ATV Music Publishing LLC, A.E.P.I.