giovedì 7 giugno 2018

Il segno dell'Ofiuco (o Serpentario)

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Ofiuco
Simbolo dell'Ofiuco
ElementoAcqua
QualitàFisso
Durata30 novembre - 18 dicembre
DomicilioGiadas
EsilioMercurio
CadutaCaiolo
L'Ofiuco è stato a lungo l'unica costellazione zodiacale esclusa dall'astrologia. È un segno d'acqua fisso di genere femminile e di qualità negativa ed è il segno più estroverso tra i segni acqua[senza fonte]. Tuttavia nel XX secolo ha cominciato ad essere usato in astrologia siderale come tredicesima costellazione, in aggiunta ai tradizionali dodici segni dello zodiacotropicale. Dato che l'eponima costellazione si trova dietro il Sole tra il 30 novembre e il 18 dicembre,[1] è stato necessario modificare non solo la durata dell'adiacente Sagittario, che così si estende solo dal 22 al 29 novembre, ma anche quella di tutti gli altri segni.
L'idea sembra abbia origine da un'idea dell'astrologo Stephen Schmidt nel 1970, il quale costruì uno zodiaco a 14 segni, per mantenerne il numero pari, includendo così anche la Balenacome segno, nonostante la costellazione associata a quest'ultimo non sia attraversata dall'eclittica. Nel 1995 Walter Berg e Mark Yazaki proposero uno zodiaco da 13 segni, proposta che ottenne una buona popolarità in Giappone, dove l'Ofiuco è noto come "portatore di serpente" (へびつかい座 hebitsukai-za)

Caratteristiche e simbolo

La costellazione dell'Ofiuco
L'Ofiuco è un segno acqua fisso di natura più estroversa rispetto agli altri segni acqua (Cancro, Scorpione, Pesci). Le persone nate sotto questo segno hanno qualità affini ai segni contigui dell'Ofiuco (Scorpione e Sagittario) per tanto hanno una spiccata immaginazione e un carattere misterioso , si dedicano al benessere dei più deboli e tengono all'ambiente.
Schmidt introdusse il suo simbolo per il segno dell'Ofiuco nel 1974. Era una rappresentazione stilizzata di un uomo che portava un serpente[2].
Nel 1995 anche Berg propose un simbolo per l'Ofiuco, che ebbe una relativamente ampia diffusione in Giappone.
Nel 2009 venne suggerita l'inclusione del simbolo nello standard Unicode come parte di un'estensione emoji[3]. Il simbolo assomiglia a una lettera U con una tilde sovrapposta (). È stato incluso nella sezione Miscellaneous Symbols a partire dalla versione 6.0 di Unicode (ottobre 2010): (U+26CE ).

Note

  1. ^ Bruce McClure, Sun in constellation Ophiuchus November 30 to December 18[collegamento interrotto], Earthsky Communications Inc.. URL consultato il 16 settembre 2013.
  2. ^ Schmidt (1974), p. 17
  3. ^ (ENEmoji Symbols Proposed for New Encoding, di Markus Scherer, Mark Davis, Kat Momoi, Darick Tong (Google Inc.) Yasuo Kida, Peter Edberg (Apple Inc.); 27 aprile 2010

Bibliografia

  • (EN) Stephen Schmidt (1970), Astrology 14: your new sun sign, Bobbs-Merrill, Indianapolis; Pyramid Books 1971.
  • (EN) Stephen Schmidt (1974), The Astrology 14 Horoscope: How to Cast and Interpret It, Bobbs-Merrill, ISBN 978-0-672-51647-4.
  • (ENWalter Berg (1995), The 13 Signs of the Zodiac: Discover who you really are with the new Sun signs, Thorsons, ISBN 978-0-7225-3254-6.
  • (JA) Mark Yazaki マーク矢崎 (1995), 13星座占星術—これからはへびつかい座が加わるぞ! (13-Constellation Horoscopes: Enter Ophiuchus!), 21st Century Books, ISBN 978-4-391-11845-2.

L'Uroboro: il Serpente Rosso

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Un'immagine (Uroboro) disegnata nel 1478 da Theodoros Pelecanos in un trattato alchemico intitolato Synosius
L'uroboro[1], o uroburo[2], o uroboros[3] o ouroboros[4][5], è un simbolo molto antico, presente in molti popoli e in diverse epoche[6]. Rappresenta un serpente o un drago che si morde la coda, formando un cerchio senza inizio né fine[7].
Apparentemente immobile, ma in eterno movimento, rappresenta il potere che divora e rigenera se stesso, l'energia universale che si consuma e si rinnova di continuo, la natura ciclica delle cose,[7] che ricominciano dall'inizio dopo aver raggiunto la propria fine. Simboleggia quindi l'unità e l'androgino primordiale, la totalità del tutto, l'infinito, l'eternità, il tempo ciclico, l'eterno ritorno, l'immortalità e la perfezione[8].

Significato simbolico nella tradizione occidentale

Origine del nome

Uroboro deriva dal dal greco οὐροβόρος/οὐρηβόρος [ὄφις]ourobóros/ourēbóros [óphis] ‘[serpente] che si morde la coda’[9]. Un'etimologia «ermetica», non linguistica, legata alla tradizione alchimistica, farebbe risalire l'ouroboros a un «re serpente»: «In lingua copta Ouro significa "re", mentre ob, in ebraico, significa "serpente"»[10]. Alexander Roob la mette in relazione ad alcune illustrazioni del serpente ouroboros, che si trovano nell'opera Donum deidell'alchimista Abraham Eleazar, pubblicata a Erfurt nel 1735[11].

Antico Egitto


Horus bambino, il Sole nascente circondato dal serpente Mehen nel Papiro di Dama-Heroub
La più antica rappresentazione occidentale di un Ouroboros si trova in un antico testo funerario egizio, chiamato The Enigmatic Book of the Netherworld, ritrovato nella Tomba (KV62) del Faraone Tutankhamon della XVIII Dinastia.
Nell'immagine, incisa all'interno del secondo scrigno, che conteneva il Sarcofago del Re, sono rappresentati due serpenti che si mordono la coda e circondano la testa e i piedi di una figura divina mummiforme[12]. Entrambi i serpenti sono manifestazioni della divinità Mehen, il benefico Dio serpente che protegge la Barca solare di Ra e il cui nome significa "colui che è arrotolato"[13].
Un'altra famosa immagine è quella che si trova nel Papiro di Dama-Heroub[14], della XXI dinastia, nella quale si trova Horus bambino, all'interno del Disco Solare, sostenuto dal Leone Akhet(simbolo dell'orizzonte dove il sole sorge e tramonta) e circondato dal dio serpente Mehen, ancora una volta nella forma di un Ouroboros.
Un capitolo a parte va riservato all'interpretazione della figura geroglifica dell'Ourobors fatta da Orapollo, scrittore egiziano di Nilopoli, autore di Hieroglyphiká, un'opera in due libri in lingua copta sui geroglifici, non anteriore al sec. IV d.C., scoperta nel 1422 dal viaggiatore Cristoforo Buondelmonti e portata alla corte di Cosimo de' Medici. Quest'opera, concepita probabilmente in un ambiente di eruditi che cercavano di recuperare la misteriosa scrittura egizia, di cui ormai si erano perse le tracce, ebbe un'ampissima diffusione nel Rinascimento e nei secoli successivi. Fino, infatti, alla scoperta del reale significato dei geroglifici egizi compiuta da Champollion, si ritenne che il libro di Orapollo fosse in grado di rivelare i significati morali e religiosi dei misteriosi geroglifici egizi.

Gemma gnostica con Ourobors
Nel Libro PrimoCapitolo Secondo non viene nominato l'Ouroboros, ma viene descritto un Serpente che si divora la coda quale simbolo usato dagli antichi Egizi per descrivere il Mondo, l'Universo e l'Unità di Tutte le cose:
« Quando vogliono scrivere il Mondo, pingono un Serpente che divora la sua coda, figurato di varie squame, per le quali figurano le Stelle del Mondo. Certamente questo animale è molto grave per la grandezza, si come la terra, è ancora sdruccioloso, perché è simile all'acqua: e muta ogn'anno insieme con la vecchiezza la pelle. Per la qual cosa il tempo faccendo ogn'anno mutamento nel mondo, diviene giovane. Ma perché adopra il suo corpo per il cibo, questo significa tutte le cose, le quali per divina providenza son generate nel Mondo, dovere ritornare in quel medesimo[15] »

Gnosticismo

Lo gnosticismo fu anche un importante movimento del cristianesimo delle Origini, sviluppatosi soprattutto ad Alessandria d'Egitto nel II-III secolo e suddiviso in numerose scuole. Il serpente era il principale animale simbolico degli Ofiti (dal greco ὄφιςofis, "serpente") e dei Naasseni (dall'ebraico nâhâsh, "serpente"), che gli attribuivano facoltà demiurgiche e talvolta lo associavano al Cristo. Anche il dio gnostico Abraxas era un ibrido umano-animale, con la testa di gallo ed il corpo di serpente e diffusissimi erano i suoi talismani con scritte magiche incorniciate dal serpente Ouroboros, quale simbolo del dio Aion, espressione gnostica della totalità del tempo, dello spazio e dell'oceano primordiale che separava il regno superiore dello pneuma, dalle tenebrose acque del mondo inferiore[16].

Tradizione alchemica


Compendio alchemico Pandora explicata del 1706 di Johann Michael Faust con l'Ouroboros doppio
Nella tradizione alchemica l'Ouroboros è un simbolo palingenetico (dal greco πάλινpalin, "di nuovo" e γένεσιςgénesis, "creazione, nascita", ovvero "che nasce di nuovo") che rappresenta il processo alchemico, il ciclico susseguirsi di distillazioni e condensazioni necessarie a purificare e portare a perfezione la "Materia Prima". Durante la trasmutazione la Materia Prima si divide nei suoi principi costitutivi, per questo motivo l'Ouroboros alchemico viene spesso rappresentato anche nella forma di due serpenti che si rincorrono le code. Quello superiore, alato, coronato e provvisto di zampe rappresenta la Materia Prima in forma volatile, quello sottostante il residuo fisso, dalla loro ri-unione in un unico Ouroboros con le zampe e incoronato (quindi vincitore), si ottiene la pietra filosofale, il "grande elisir" o "quintessenza"[17].

L'Ouroboros nella Chrysopoeia di Cleopatra (uroboro, Ἓν τὸ πᾶν, «L'Uno il Tutto »)
La più antica rappresentazione di un Ouroboros collegato all'alchimia si trova in una raccolta di scritti greci dell'XI secolo che illustra un trattato sulla "produzione dell'oro" scritto da un'alchimista chiamata Cleopatra vissuta ad Alessandria d'Egitto nel tardo IV secolo d.C.
La Chrysopoeia di Cleopatra (da χρυσόςchrysós, "oro" e ποιεῖνpoieîn, "fare"), contiene l'immagine di un Ouroboros, metà bianco e metà rosso, con all'interno la scritta ἒν τὸ Πᾶν (hèn tò Pân), traducibile come "l'Uno (è) il Tutto" oppure «Tutto è Uno».
Nella stessa pagina si trova un alambicco, alcuni simboli alchemici e un cerchio composto da tre anelli concentrici con scritte in greco che specificano ulteriormente il significato del serpens qui caudam devorat. Nel cerchio centrale si riconoscono i simboli dell'argento (mezzaluna) e dell'argento aurificato (semicerchio radiante). Nel primo anello si legge: "Uno (è) il Tutto; e per lui il Tutto e in lui il Tutto; e se non contiene il Tutto, il Tutto è nulla". Nel secondo anello una seconda scritta riporta la frase "Il Serpente è Uno, colui che ha il veleno con le due composizioni"[18]. Questi motti ricordano la famosa espressione eraclitea "Tutte le cose sono uno"[19], riadattata da Plotino nel detto "Tutto è ovunque e tutto è uno e uno è tutto"[20].
Altra celebre immagine dell'Ouroboros, anche questa di origine alessandrina, è quella riprodotta da Theodoros Pelecanos nel 1478 sulla base del Synosius un manoscritto andato perduto e attribuito a Sinesio di Cirene (370-413 d.C.)[21]. In questa figura si vede l'Ouroboros più simile a un drago, con le zampe, la cresta e il corpo color rosso e verde[22].
Anche nell'alchimia islamica la cosmologia e la concezione ermetica dell'Uno-Tutto si incarnano nella figura dell'Ouroboros[23] come si può vedere in un antico e celebre manoscritto arabo, il Kitab al-Aqalim di Abu' l-Qāsim al-ʿIrāqī ispirato ai geroglifici egizi[24] (Londra, British Library, MS Add 25724). In esso un serpente che si morde la coda racchiude i quattro elementi che danno origine al cosmo[25].

Influenza nell'arte


Il talismano Auryn che compare ne La storia infinita di Ende, e nei suoi adattamenti televisivi e cinematografici
Il simbolo dell'uroboro ha lasciato una traccia ben visibile sia nell'arte classica, sia nella cultura di massa.
Dal punto di vista artistico, esempi di uroboro si trovano nel monumento funebre a Maria Cristina d'Austria del 1805, a Vienna, nel quale Antonio Canova pone sul vertice della piramide un medaglione col busto della defunta racchiuso in un uroboro, e nel Pantheon di Roma dove, sul monumento funebre al cardinale Consalvi, lo scultore Bertel Thorvaldsen ha raffigurato un uroboro che circonda il cristogramma.

Influenza nella cultura di massa

Nella cultura di massa il simbolo conta numerose raffigurazioni, in ambito letterario, cinematografico, televisivo, fumettistico e videoludico, specie in ambientazioni di genere fantasy o del mistero. Il simbolo è ricorrente, ad esempio, nelle serie televisive Teen WolfFreaks!MillenniumThe Lost WorldHemlock Grove e Altered Carbon, così come nella serie manga e anime Fullmetal Alchemist, dove è presente sul corpo degli Homunculus e nell'anime e manga The Seven Deadly Sins, nei quale è presente come simbolo del protagonista Meliodas, Drago dell'Ira. Nel celebre romanzo di Michael Ende La storia infinita, il talismano Auryn è basato sull'uroboro, e Il serpente Ouroboros è il titolo di un romanzo fantasy di Eric Rücker Eddison del 1922.

Note

  1. ^ Uroboro, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 15 marzo 2011.
  2. ^ Hans Biedermann, Enciclopedia dei simboli, a cura di Paola Locatelli, Milano, Garzanti, 1991, ISBN 88-11-50458-9. 1ª ed. originale: (DEKnaurs Lexikon der Symbole, München, Droemersche Verlaganstalt Th. Knaur Nachf., 1989.
  3. ^ Chevalier & Gheerbrant 1986, II, p. 526.
  4. ^ Cooper 1987, p. 212.
  5. ^ Corinne Morel, Dizionario dei simboli, dei miti e delle credenze, traduzione di Enrica Crispino, Firenze, Giunti, 2006, ISBN 978-88-09-04071-7. 1ª ed. originale: (FRDictionnaire des symboles, mythes et croyances, Paris, L'Archipel, 2004.
  6. ^ Izzi 1989, 270-271.
  7. ^ a b Cf. Nicola Ubaldo, Atlante illustrato di filosofia, Firenze, Giunti Editore. p. 263, 2000, ISBN 88-440-0927-7ISBN 978-88-440-0927-4. nuova ed., 2005, ISBN 88-09-04192-5ISBN 978-88-09-04192-9.
  8. ^ Cooper 1987, p. 212.
  9. ^ Franco Montanari, Vocabolario della lingua greca, Torino, Loescher, 1995.
  10. ^ Roob 2007, p. 331.
  11. ^ Roob 2007, p. 331.
  12. ^ Dana Michael Reems, The Egyptian Ouroboros: An Iconological and Theological Study, Los Angeles, University of California, 2015, p. 324.
  13. ^ Erik Hornung, The Ancient Egyptian Books of the Afterlife, traduzione di l tedesco da David Lorton, Cornell University Press, 1999, p. 78.
  14. ^ Dana Michael Reems, The Egyptian Ouroboros: An Iconological and Theological Study, Los Angeles, University of California, 2015, p. 350.
  15. ^ Prima traduzione italiana incompleta da Oro Apolline Niliaco, Come descrivono il Mondo, in Delli segni Hierogliphici, cioè delle significationidi sculture sacre appresso aggli Egittij, tradotto in lingua volgare per M. Pietro Vasolli da Fivizzano, appresso Gabriel Giolito de Ferrarri, 1547, p. 3.Per una traduzione più attuale vedere: Horopallo l'Egiziano, Trattato sui Geroglifici, in Quaderni di Aion, testo, traduzione e commento a cura di Franco Crevatin e Gennaro Tedeschi, nº 8, Napoli, Università degli Studi “L'Orientale”, Dipartimento di Studi del Mondo Classico e Mediterraneo antico, 2002, p. 61. Per una versione del testo con immagini rinascimentali vedereΩΡΟΥ ΑΠΟΛΛΟΝΟΣ ΝΕΙΛΩ ΟΙ, Ori Apollonis Niliaci, Ἱερογλυφικά - De sacris notis & sculpturis libri duo, vbi ad fidem vetudti codicis manu scripti restituta sunt loca permulta, corrupta ante ac deplorata, su Parisiis, Apud Iacobum Keruer, 1551.
  16. ^ Roob 2007, p. 344.
  17. ^ Famose sono le immagini di due Serpenti che si ricorrono la coda, tratte dai disegni dell'Opera Chimica Antichissima (1760) e dal Donum Dei (1735) di Abraham Eleazar visibili in Roob 2007, p. 330-331. Il manoscritto è visionabile on line sul sito e-rara.ch la piattaforma per la consultazione di edizioni antiche digitalizzate conservate nelle biblioteche svizzere, collegata alla Foundation of the Works of C.G. Jung.
  18. ^ Vedi Paolo Lucarelli, L'Alchimia Greco-Alessandrina, in Abstracta, Curiosità della Cultura e Cultura della Curiosità, 45, a. IV, giugno 1990, pp. 14-21. L'immagine è raffigurata sul foglio 88v del Codice Marciano della Biblioteca San Marco, Venezia, e riprodotta in Berthelot, Collection des anciens alchimistes grecs, I-III (3 voll.), Parigi, 1887-1888.
  19. ^ Eraclito, I frammenti e le testimonianze, a cura di Carlo Diano e Giuseppe Serra, Oscar Classici Latini e Greci, nº 43, Milano, Mondadori, 2000, p. 37, ISBN 88-04-16937-0.
  20. ^ Plotino, Enneadi, V. 8.
  21. ^ Il Codex Parisinus graecus 2327, che contiene anche altri manoscritti alchemici dell'XI secolo, dell'epoca di Psello, si trova nella Bibliothèque nationale de France.
  22. ^ Calvesi 1986, p. 50-51.
  23. ^ Pereira 2001, p. 89.
  24. ^ El Daly 2005.
  25. ^ I quattro elementi rappresentano l'interazione dell'alto e il baso, ovvero la terra sferica in qualità di Corpus o principio concreto manifesto circondata da 3 uccelli che rappresentano la sostanza volatile, ma anche l'Intelletto, l'Anima e lo Spirito. L'immagine di questo manoscritto arabo è visibile anche in Paolo Lucarelli, Alchimia ed Ermetismo: i fondamenti teorici della filosofia ermetica, la Cosmologia, in Abstracta, nº 19, ottobre 1987, pp. 20-25.

Bibliografia

Voci correlate