Silvia Ricci-Orsini era la più irreprensibile e inaccessibile delle figlie dell'imprenditore Ettore Ricci e della sua aristocratica consorte, Diana Orsini, Contessa di Casemurate.
I successi universitari di Silvia, alla facoltà di Lettere Classiche dell'Università di Bologna, davano fastidio a diverse persone, le quali, per ragioni molto diverse tra loro, non aspettavano altro che quell' "astro nascente" fosse oscurato da una qualche nube e che la sua immacolata reputazione fosse quantomeno lambita da un consistente schizzo di fango.
In particolare ce l'avevano con lei due persone che gravitavano all'interno dello stesso clan Ricci-Orsini.
In primis c'era l'attempata, corpulenta e catarrosa Mariuccia De Toschi, detta, per antonomasia, "la Signorina" o anche, alla francese "La Grande Mademoiselle" (come Anna Maria Luisa d'Orléans, Duchessa di Montpensier, nubile cugina del Re Sole).
La nostra Signorina era invece cugina del nonno materno di Silvia, il defunto conte Achille Orsini, alla cui mangiatoia tutta la famiglia De Toschi aveva copiosamente attinto senza mai ringraziare.
Ma ora la Signorina si sentiva "messa da parte e snobbata da Diana e dalle sue figlie, dopo tutto quello che ho fatto per loro" (e cioè solo disastri).
In secondo luogo, e con maggiore astio e sete di vendetta, c'era il giovane Massimo Braghiri, studente di matematica, figlio prediletto della governante di Villa Orsini, la signora Ida e del suo spregiudicato marito Michele, amministratore delegato del Feudo Orsini e, all'insaputa di tutti (tranne sua moglie e suo figlio), duplice omicida.
Ma a differenza di suo padre, Massimo Braghiri preferiva, più che altro per una questione di finezza, metodi meno brutali per vendicarsi dei torti subiti.
Il torto più importante, come sappiamo, consisteva nel rifiuto, da parte di Ettore Ricci, di concedere una delle sue tre figlie in sposa al figlio del signor Braghiri, suo braccio destro ("Sei il mio miglior servitore, Michele, ma un uomo non fa sposare la propria erede al figlio di un servitore").
Quella frase infelice rimase stampata nella mente di Michele e Massimo per il resto della loro vita, tanto da far sì che dedicassero il meglio (e il peggio) delle loro energie e del loro tempo ad escogitare una strategia di vendetta ampia e articolata, nella sua lucida follia, e destinata a provocare conseguenze gravissime e del tutto impreviste e diverse da ciò che i loro ideatori avevano pensato.
Michele aveva già i suoi piani, che Massimo conosceva, ma che, come si è detto, giudicava troppo rozzi.
Per questa ragione, il giovane Braghiri decise di rivolgersi all'unica persona che avrebbe avuto il movente, i mezzi e l'opportunità per colpire il clan Ricci-Orsini nel suo punto più glorioso e nel contempo più esposto, e cioè Silvia, l'ultima figlia ancora nubile e l'unica a vivere lontano dall'ala protettiva della famiglia.
Occorreva trovare dei punti deboli e l'unica che poteva conoscerli era la Signorina De Toschi, resa ancora più feroce da una incipiente vecchiaia, afflitta da alitosi, flatulenza e meteorismo.
Massimo sapeva agire con astuzia e cautela, dosando sapientemente adulazione, menzogna e crudeltà.
Fu così che in un cupo pomeriggio di gennaio del 1965, presso il Villino De Toschi, la Signorina si ritrovò ad ascoltare, fumando una sigaretta dietro l'altra, le insinuazioni e le falsità che il suo adorato Massimo, ex alunno e costante leccapiedi, le riferiva senza cercare di nascondere un senso di profondo disappunto, che gli tingeva di un certo livore la pelle olivastra.
<<Mi piange il cuore quando vedo che Silvia non mostra nessuna riconoscenza nei suoi confronti, Signorina. E purtroppo non si limita a questo! Non mi faccia dire quello che ho ascoltato... certe imitazioni volgari, certe battute irriferibili, meschine... no, mi si spezza il cuore solo a pensarci. Io devo tutto a Lei, Signorina, sono devoto a Lei oltre ogni limite, Lei lo sa bene...>>
La De Toschi espirava fumo dalle fauci della dentiera come un vecchio drago nel fondo della sua tana.
<<Che ingrata! Proprio come sua madre! Ma dietro a quell'aria da santarellina, scommetto che dev'essere una svergognata>>
Qui Massimo si mostrò abile nel guidare il discorso verso ciò che gli premeva:
<<Difficile scoprirlo... Ufficialmente ha rifiutato le attenzioni di tutti i corteggiatori, me compreso, con la scusa del fatto che deve studiare, ma è ovvio che il vero motivo è che non li ritiene alla sua altezza>>
La Signorina sbuffò, facendo tremolare il triplo mento, e sgranando gli enormi occhi da batrace:
<<Chissà poi chi si crede di essere!>> sbottò colei che avrebbe accettato persino un caprone come corteggiatore <<In fondo suo padre è un pidocchio rifatto! Me lo ricordo io com'era, prima di sposare mia cugina Diana! Un contadino con le unghie sporche, che si metteva le dita nel naso. E gli Orsini poi, erano sul lastrico... anzi, per dirla schietta, erano proprio con le pezze al culo!
Ricordo come se fosse ieri quando quell'ubriacona della Contessa Madre Emilia venne da me a supplicarmi di convincere Diana a sposare Ettore... e alla fine lo sposò, e lo fece per i soldi, come una comune avventuriera o arrampicatrice sociale! Che vergogna! La mia povera mamma, che era una Orsini per bene, si rivolta nella tomba, ogni volta che si sentono in giro le voci sugli scandali di quel matrimonio dove entrambi si sono fatti le corna e si sono impegolati in ogni sorta di meschinità.
Se non ci fosse stato il mi' babbo a togliergli le castagne dal fuoco, ogni volta che si sono ritrovati la polizia per casa...
Ah, tu non puoi nemmeno immaginare di cosa sono stati capaci!
Ecco cos'è stato il matrimonio di Ettore Ricci e Diana Orsini: uno scandalo dietro l'altro!
E adesso le loro figlie si atteggiano a Principesse del Sangue Reale!>>
Massimo capì che quello era il momento di presentare la sua strategia:
<<Certo, se si scoprissero gli altarini di Silvia, magari lei e sua madre abbasserebbero un po' la cresta, e alla fine tornerebbero qui col capo cosparso di cenere>>
La Signorina ascoltò con interesse e per un attimo vide se stessa come una novella Matilde di Canossa, con Silvia nel ruolo di Enrico IV e Massimo Braghiri, si parva licet, in quello, assai improbabile, di Gregorio VII.
<<So che lei, a Bologna, è in stanza con le cugine Anna ed Elisabetta De Gubernatis, le figlie di quell'oca giuliva di Ginevra Orsini, la sorella minore di Diana...>>
Massimo annuì:
<<Sì, le conosco... e devo dire che le suore del collegio sono molto, come dire, tolleranti, nei confronti di queste tre rampolle di buona famiglia, non so se mi spiego...>>
La Signorina capì al volo, e per l'entusiasmo rispolverò il suo finto accento toscano:
<<Cèeeeeeeeerto, cèeeeeeerto... lo conosco bene quel collegio. Ci sono stata anch'io, ai miei tempi. Naturalmente la mia virtù era superiore a tutte le tentazioni, ma la disciplina delle suore era pressoché nulla e non credo sia migliorata nel tempo... figuriamoci adesso, in questi Sessanta, con questa musica demoniaca che viene dai paesi anglosassoni... ah, se il mio povero babbo lo sapesse! O tempora o mores!>>
Massimo decise di calare il suo asso:
<<Lei conosce tutti gli studenti che ora frequentano Lettere Classiche. Nessuno potrebbe superare gli esami di greco e latino senza essere stato suo allievo, pubblico o privato.
Mi chiedevo pertanto se, tra questi giovani letterati, non ci fosse qualcuno con una certa... come dire... intraprendenza... unita a un irresistibile fascino... insomma qualcuno a cui persino Silvia Ricci-Orsini non saprebbe resistere... perché in fondo è di questo che abbiamo bisogno: di uno scandalo... uno che faccia impallidire tutti i precedenti...>>
La Signorina sogghignò, e dalle narici emise fumo azzurro.
<<Sì... uno scandalo... è proprio quel che ci vuole. Le suore dovrebbero sorprendere lei e un amante in flagrante delicto ...
Fammi pensare: bisogna scegliere un personaggio che sia in qualche modo compromesso, uno con una fama di tombeur des femmes.
Massì, uno ce ne sarebbe. E' una specie di poeta maledetto, il classico tipo per cui le ragazzine perdono la testa. E poi ha un nome che è tutto un programma>>
Massimo Braghiri sorrise a sua volta:
<<Come si chiama?>>
La De Toschi pronunciò quel nome scandendo con voluttuoso piacere ogni singola sillaba:
<<Adriano Trombatore, detto ironicamente "il Sommo Poeta">>.
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