martedì 22 giugno 2021

Vite quasi parallele. Capitolo 141. Intanto, alla Villa di Mare dei Visconti Ordelaffi ...



Il 10 agosto, Silvia Ricci-Orsini e il marito Francesco Monterovere furono invitati a trascorrere  due giorni presso la residenza estiva dei Visconti Ordelaffi, a Milano Marittima, per guardare i fuochi di San Lorenzo dalla maestosa terrazza sul mare della loro enorme villa, da non confondere con le altre tre che i visconti di Bertinoro possedevano: una in collina (nel loro feudo di origine), una in montagna (a Cortina) e una in campagna (quella dei Tartaglia, i genitori della viscontessa, nella Contea di Casemurate). 
E la loro era una vera Villa di Mare, non una patetica imitazione, come quella dei Monterovere.
Il visconte Bartolomeo aveva acquistato un vecchio albergo davanti alla spiaggia, ma in zona non demaniale, e poi l'aveva fatto buttar giù e su quell'ampio terreno erano incominciati i lavori per creare, ex novo, un grande paradiso privato.
Più che una villa era un parco acquatico.
Tutti i progetti e i lavori erano avvenuti sotto la supervisione della viscontessa Maria Antonietta, che era un'esteta e un'edonista e voleva fare le cose in grande e forse sperava di poter superare il Petit Trianon creato come rifugio personale della sua grande omonima, la Regina di Francia.

L'architettura dell'edificio si poteva riassumere in questo modo : 
1) mura esterne molto alte, quasi inaccessibili;
2) giardino esterno con vegetazione mediterranea e tropicale e vari laghetti per i pesci.
3) piscina esterna in stile "laguna" che circondava l'intero edificio, come un fossato, ma azzurro e limpido, caldo, con idromassaggi e cascatelle: per accedere all'edificio c'erano dei veri e propri ponti, mentre per accedere nella piscina vi erano piccole scale digradanti;
4) spiaggette private ai bordi della piscina esterna, con tanto di gazebo, lettini e tutte le comodità che si avrebbero in spiaggia, compresi angoli con docce "naturali" immerse nella vegetazione e vasche idromassaggio di tipo "spa";
5) edificio di tre piani più cantina e mansarda, con al piano terra numerose verande di ogni tipo e stile e salotti con enormi vetrate e bagni sontuosi;
6) cortile interno in stile villa marocchina con "riad" di Marrakesh.
7) piscina interna  a metà strada tra stile "riad" e stile "spa" circondata da lettini, divani e piante tropicali;
8) bagno turco e sauna;
9) immenso terrazzo, al secondo piano, con vista sul mare
10) palestra privata.



















Quando il "giro turistico" delle meraviglie della Villa di Mare dei Visconti-Ordelaffi terminò, i coniugi Monterovere erano strabiliati e nel contempo insospettiti.
In particolare Silvia, che pure era cresciuta in un ambiente privilegiato, continuava a domandarsi:
Ma dove hanno trovato i soldi per costruire questo Eden?
E soprattutto, dove li trovano per pagare i costi di manutenzione di quattro ville e un palazzo in centro?
Per quanto redditizia fosse l'attività di commerciare idrocarburi, non erano certo loro i proprietari dei pozzi di petrolio, delle fonti di gas o delle raffinerie, per cui il loro margine di guadagno, tra l'acquisto dai grossisti e la vendita al dettaglio ai privati, non le pareva tale da poter mantenere tutto questo sfarzo.
Per cui c'erano solo due possibilità: o si erano indebitati con qualcuno o esistevano attività o fondi offshore che il fisco non conosceva.
Potevano anche coesistere entrambe le ipotesi, ma la più probabile, secondo Silvia, era che i Visconti-Ordelaffi avessero ottenuto di recente una fideiussione da parte di qualcuno molto ricco e molto interessato a tenerli sotto scacco: il consigliere Fernando Albedo.
Il Consigliere non faceva mai niente per niente, e non si esponeva di persona, quindi, di sicuro, era stato Lorenzo Monterovere a gestire l'operazione, per conto del suo Maestro.
Chi avrebbe pagato dunque, sulla propria pelle, tutto quel lusso?
Silvia l'aveva intuito già da un po', e quel giorno voleva averne conferma.
<<Non vi fate proprio mancare nulla>>
La viscontessa Maria Antonietta sorrise:
<<Questo è il mio paradiso personale. Tra tutte le case che abbiamo, è quella che mi piace di più. Certo può sembrare eccessivo e forse non è il tipo di stile che Diana Orsini Paulucci di Casemurate approverebbe, e nemmeno i coniugi Monterovere, considerando il vostro understatement, ma il tuo buon gusto può suggerirmi dei miglioramenti.
Se hai dei consigli da darmi per il giardino, o per gli interni, io tengo molto alla tua opinione, vorrei tanto farmi consigliate da te>>
Silvia rise:
<<Tu chiedi consigli a me? E' come se Dio chiedesse consigli a un prete!>>
Tutti risero: Silvia aveva un catalogo di battute e motti di spirito che gli Orsini si tramandavano da secoli, di generazione in generazione, e questo era uno dei motivi di successo del suo Salotto Intellettuale.
Ah, quel Salotto, quanta superbia c'era dietro, e quanta vanità!
Vanità delle vanità e tutto è vanità. Che sia una villa al mare, un maniero in campagna o un salotto in città, fa poca differenza: queste cose si pagano, prima o poi, in un modo o nell'altro.
Non era mai stata così cinica in vita sua, ma gli eventi di quell'estate le avevano cambiato la prospettiva da cui guardava il mondo.
Mentre il Visconte e il Professore avevano intavolato una conversazione politica sui destini del mondo, le rispettive mogli pensavano a questioni più concrete.
Silvia in particolare aveva sempre la mente rivolta ai pericoli che suo figlio poteva correre, e voleva arrivare a quel discorso in maniera abbastanza rapida, seppur salvando le regole della cortesia.
<<Gli anni scorsi andavi anche tu a Londra con tua figlia, vero?>>
Antonietta annuì:
<<Sì, perché la situazione era diversa. Quest'anno, Aurora aveva bisogno di più privacy, e allora abbiamo creato, per lei e Roberto, un sistema di protezione molto più discreto, grazie anche alla disponibilità di Lorenzo.
Immagino saprai che è andato lui stesso a supervisionare>>
Era proprio per questo che Silvia si preoccupava:
<<Lo so e mi chiedo: chi controllerà i controllori?>>
<<In che senso?>>
<<Nel senso che mio cognato ha sempre dei secondi fini, e prima o poi scopriremo il motivo di tanta generosità>>
Antonietta arrossì, rendendosi conto che Silvia aveva capito chi stava garantendo, presso le banche, tutto quel "parco acquatico" privato.
<<Hai così poca fiducia in tuo cognato? Io credo che sia sinceramente affezionato a Roberto, che oltre tutto è l'unico discendente maschio dei Monterovere, l'unico che porterà avanti il cognome, visto che tutti gli altri zii e prozii hanno avuto figlie femmine o non hanno avuto figli>>
Silvia considerava del tutto insulsi quei ragionamenti:
<<Non sto dicendo che sia privo di affetto, verso Roberto, ma si tratta di un sentimento condizionato. Se mio figlio dovesse deluderlo, lui non muoverebbe un dito per aiutarlo. 
Si è comportato così con mio padre: l'ha illuso e poi, quando c'è stato il processo, lo ha abbandonato al suo destino.
Io l'avevo supplicato: "Lorenzo, i tuoi amici possono risparmiagli quell'umiliazione", ma lui ha risposto alludendo a qualcosa che io non ho compreso del tutto, mi disse: "Silvia, i suoi nemici hanno stretto un patto di sangue con qualcuno che è più potente di me e dei miei amici. Posso solo prometterti che questo non si ripeterà per nessun altro membro della tua famiglia, ma purtroppo tuo padre è al di là delle nostre possibilità di aiuto".
E' intervenuto solo dopo la sua morte, alla solita maniera: una fideiussione per garantire la solvibilità del Feudo Orsini, a nome di una società controllata da Fernando Albedo, il parente ricco della nuova governante, la quale gli riferisce tutto.
Con i vecchi creditori e i vecchi soci si poteva trattare, ma con Albedo è diverso: è quasi impossibile rintracciarlo, e i suoi delegati sono irremovibili nel far rispettare la volontà "del Consigliere">>
La viscontessa era sempre più imbarazzata:
<<Ma il consigliere Albedo è un carissimo amico di Lorenzo, ed è un grande mecenate, con un'enorme ammirazione per l'Italia e per la nostra regione...>>
Erano tutte balle.
 Nemmeno lei crede a quello che sta dicendo.
Silvia si rese conto che i suoi sospetti erano fondati:
<<Temo di doverti deludere, Antonietta: il Consigliere all'inizio appare come un santo, o un angelo custode, ma è un inganno: ci salva, ma in cambio vuole la nostra obbedienza.
Fa leva sulle nostre aspirazioni, i nostri sogni, le nostre necessità, ma soprattutto sulla nostra vanità. 
Ognuno di noi considera importanti cose diverse, e in quelle concentra le proprie energie e di conseguenza anche le proprie aspirazioni.
Per mia madre c'è l'onore degli Orsini, il Maniero, il Feudo, la Contea di Casemurate.
Io non ho mai dato importanza a queste cose, proprio perché non volevo essere sotto il ricatto dei soci e dei creditori.
Credevo di essere stata umile e sobria perché avevo rinunciato all'ostentazione dei beni materiali, ma sia io che mio marito siamo stati superbi e presuntuosi dal punto di vista intellettuale.
E' stato facile, per Albedo, tramite Lorenzo, far leva su questo aspetto.
Mio cognato, negli Anni Settanta, diede un grande contributo alla nascita e al prestigio del mio Salotto Intellettuale. 
Francesco e Lorenzo erano i due astri nascenti e io splendevo di luce riflessa, come la luna.
La nuova generazione dei Monterovere non ambiva alla ricchezza, ma alla conoscenza ed io, tramite mio marito, mio cognato e i miei ospiti, desideravo la legittimazione culturale della mia famiglia.
Questa è stata la mia vanità e Lorenzo l'ha alimentata affinché Roberto crescesse in un ambiente di questo tipo.
Il mio Salotto era gremito di intellettuali di ogni età, dai Venerati Maestri alle Giovani Promesse, ma non ci limitavamo a discettare o a dibattere su questioni culturalmente elevate. 
Avevamo, come tutti i salottieri, anche voglia di fare battute, di ridere, di irridere, di deridere e giudicare: "Tizio è un idiota, Caio è un ignorante, Sempronio è un mediocre" e così via. 
E Roberto ci ascoltava.
I bambini ascoltano sempre, anche quando sembrano distratti, e ciò che apprendono in questo modo è la parte peggiore di noi, ed  è come un imprinting che li segna e non li abbondonerà mai per il resto dei loro giorni.
Mio figlio ha ascoltato quei discorsi quando era ancora troppo piccolo per distinguere un giudizio equo da una denigrazione, e questo ha influito sulle sue priorità valoriali: voleva essere intelligente e colto, e fin qui tutto bene, ma desiderava anche essere riconosciuto come tale in termini di valutazione da parte degli insegnanti. E questo è vanità, è superbia, e io avrei dovuto porre un limite a tutto ciò, e invece anche la mia vanità e la mia superbia si compiacevano dei successi scolastici di mio figlio, trascurando altri aspetti.
Roberto ha sempre voluto compensare i suoi fallimenti dal punto di vista pratico, sociale e sportivo con una cultura indiscutibile e un "cursus honorum" scolastico di massimo livello.
Quest'anno è riuscito nel suo intento, e cioè la media del nove, ma gli anni prossimi non ci riuscirà, per ovvie ragioni, e temo che questo, insieme ad altri elementi di crisi che già lo tormentano, specialmente da quando mio padre è morto, possa causargli un danno psicologico.
Intendiamoci, non è solo una questione di voti.
Io e te siamo insegnanti e sappiamo quali sono le dinamiche interne ad una classe.
Esiste una forma di bullismo anche nei licei: i docenti più bravi riescono ad arginarlo, quelli meno bravi fanno finta di non vedere e non sentire, ma c'è anche una terza categoria di docenti, i sadici, e quelli sono capaci persino di allearsi con i bulli per demandare a loro ciò che non possono fare direttamente ...>>
Antonietta capì il riferimento:
<<Il professore di matematica, Sarpenti. Si è alleato con mio nipote, quella bestia di Felix. Anche lui è un sadico, come mio padre. E mia sorella Carolina sta al gioco, e rincara la dose, inventandosi di tutto pur di seminare zizzania tra Sarpenti e i Monterovere.
L'unico motivo per cui non l'ho ancora mandata al diavolo è perché voglio tenerla d'occhio da vicino. Da quel che ho capito, Carolina non è l'unica madre a soffiare sul fuoco. Di certo è intervenuta anche quella vipera di Elisabetta Braghiri, e ce ne sono delle altre, anche se non ne ho le prove>>
Silvia annuì:
<<Sono le madri dei cosiddetti "amici", perché la tattica di Sarpenti è quella di isolare la propria vittima, minacciando chi gli sta vicino e promettendo lauti premi a chi tradisce.
Fanno così anche i mafiosi, o i politici, è un metodo consolidato.
Sarpenti è paranoico, ma è molto astuto, come Stalin, o come certi despoti dei secoli passati.
Sceglie una vittima alla volta, la isola, e poi la colpisce, direttamente o indirettamente, contando sul fatto che il bersaglio non avrà testimoni a suo favore, o ne avrà pochissimi che non verranno creduti dal preside di turno, che in genere ha come obiettivo principale quello di evitare le rogne.
Io e Francesco abbiamo chiesto aiuto a Lorenzo: basterebbe una sua mezza parola, pronunciata alle orecchie giuste, e Sarpenti finirebbe indagato per molestie, e a quel punto le vittime del passato troverebbero forza e coraggio per testimoniare contro di lui. 
Ma il "caro" cognato ha risposto picche, sostenendo che, "per il bene di Roberto", la famiglia non deve intervenire, in quanto "l'adolescente deve temprare e forgiare il carattere", e dunque deve imparare a sopportare ciò che non si può cambiare. 
Tanto varrebbe dire "ciò che lui e Albedo non vogliono cambiare".
L'Ordine di cui fanno parte usa questi metodi come "test di ammissione", anche per chi non si è iscritto alla Prova.
Mi ci è voluto del tempo per capirlo, ma ne ho avuto la certezza quando Lorenzo ha detto: "se l'ultimo dei Monterovere è psicologicamente fragile, allora è meglio che i Monterovere si estinguano".
E allora finalmente tutto mi è stato chiaro: lui e Albedo sono sostenitori dell'eugenetica, e la applicano alle loro stesse famiglie.
Non l'ha detto espressamente, ma ce l'ha fatto capire.
E ha chiuso il discorso scaricando la colpa su Francesco e su di me: 
"Se Roberto darà troppa importanza alle valutazioni da parte di quel professore, la colpa è della tua vanità e della superbia di tuo marito. Ma per quel che riguarda i rapporti sociali, ho validi motivi per credere che nella sua classe una persona coraggiosa e amorevole resterà al suo fianco e gli farà da scudo e da sostegno, costi quel che costi>>
Antonietta finalmente capì:
<<Mia figlia>>
Silvia annuì:
<<Precisamente. E' giusto che tu lo sappia. Io so che Aurora lo farà volentieri, e da un lato questo mi tranquillizza, ma mi dispiacerebbe molto se fosse lei a pagare il prezzo di tutta questa... situazione... >> e guardò le piscine e le fontanelle e tutte le meraviglie di quel monumento alla vanità di Maria Antonietta Visconti-Ordelaffi.
La viscontessa capì :
<<Eravamo con l'acqua alla gola. La fideiussione di Albedo ci ha salvato dalla rovina, e questo indubbiamente ha ammansito mio marito e mia suocera, ma i sentimenti di mia figlia sono sempre stati autentici, così come la mia amicizia nei tuoi confronti.
Aurora ama Roberto, così come lui ama lei. Sono felici, insieme, e questo sarà di grande aiuto a tuo figlio. Se fosse da solo contro tutti, allora sì che ci sarebbero danni permanenti.
Ma lui non è solo: ha trovato ciò che molti non riescono a trovare mai nella vita, e cioè un grande amore egualmente ricambiato. Questo tipo di amore fa miracoli!>>
Silvia era scettica.
Il grande amore! Ogni volta che c'è un problema, si tira fuori questo concetto letterario e ci si illude di aver risolto tutto.
Molti "grandi amori" sono finiti in tragedia, proprio perché credevano che l'amore avrebbe trionfato su qualsiasi ostacolo.
L'ha creduto mia madre col suo amante, Federico Traversari, e per ogni ora di gioia trascorsa insieme, lei ha pagato anni di lacrime fino a prosciugarsi.
L'ho creduto io con Francesco, e sono finita nella trappola di Lorenzo e dei suoi compari.
No, mi dispiace, ma io a certe favole non credo più.
Non lo disse. A cosa sarebbe servito?
Tanto valeva stare al gioco.
<<Lo spero. Anche per Aurora. Mi dispiacerebbe se dovesse rinunciare alla spensieratezza di questi anni liceali a causa di una situazione che è al di fuori del nostro controllo>>
Antonietta non appariva preoccupata:
<<Mia figlia ha sempre avuto le idee chiare su cosa fosse per lei importante e cosa no. 
Ha trovato in tuo figlio ciò di cui aveva bisogno. E vale anche il viceversa.
La spensieratezza frivola è un falso mito che ci raccontiamo a vicenda per dare l'idea di essere "nella norma", qualunque cosa si intenda con queste parole.
Non possiamo pretendere di controllare tutto.
Magari questa situazione si sarebbe venuta a creare comunque, Silvia. Quel matto di Sarpenti ce l'aveva già con tuo marito perché il professor Monterovere è una colonna portante, mentre lui è meno di una piastrella crepata in un ripostiglio.
Dobbiamo avere più fiducia nei nostri figli: forse hanno raggiunto obiettivi che noi non raggiungeremo mai>>
Silvia inarcò le sopracciglia:
<<In che senso?>>
La viscontessa accennò un sorriso:
<<Quali sono stati i tuoi anni più felici?>>
La risposta di Silvia fu automatica:
<<Quelli dopo la laurea e prima del matrimonio. Gli anni Sessanta e i primi anni Settanta. Del resto, all'epoca, era quasi impossibile non essere felici.
L'abbiamo pagata cara, dopo, come generazione, quella felicità.
Io e i miei colleghi, prima che conoscessi Francesco, eravamo sempre in viaggio: tra le gite scolastiche, e le vacanze, abbiamo visitato tutta l'Italia, tutta l'Europa, tutte le capitali, tutte le isole del Mediterraneo.
Ah, come mi sono divertita in quel periodo, quanta spensieratezza!>>
Antonietta accentuò il suo sorriso, come se fosse riuscita a far cadere la sua interlocutrice in una trappola:
<<Ancora quella parola. Spensieratezza. Come se l'essere moglie e madre non permettesse più tale condizione.
Può essere vero, ma ti chiedo: eri realmente felice e spensierata, oppure è il ricordo della gioventù ciò che rende tutto più bello?>>
Silvia socchiuse gli occhi, rendendosi conto che la viscontessa era meno stupida di quanto sembrasse:
<<Be', è chiaro che la spensieratezza non poteva essere costante: ci sono stati momenti in cui i pensieri tornavano.
Ricordo una volta, in Sardegna, in una delle prime estati che trascorsi con i miei colleghi del gruppo di Piero Giovannelli, che è sempre ospite fisso da me, con la sua compagna, la professoressa Gatti, hai presente? Sì, sì, è quella di Predappio, suo padre conosceva bene il tuo.
Insomma, eravamo a Santa Teresa di Gallura, una sera a cena, e Piero ordina per tutti l'aragosta, senza nemmeno consultarci. Io non sapevo neanche cosa fosse, ero vissuta fuori dal mondo.
Vedo il cameriere che tira fuori dall'acquario questo enorme gambero rosso e poco dopo me lo ritrovo servito sul tavolo. Fu una cosa orribile: l'avevano bollita viva, quella povera aragosta!
Piero si divorò quel povero animale, mentre io e le altre avevamo il voltastomaco.
Ma il peggio deve ancora venire.
Quando arrivò il conto, io credetti che ci fosse un errore: com'era possibile che un crostaceo bollito potesse costare così tanto?
Piero mi prese in giro, come faceva sempre, perché gli sembrava inconcepibile che la figlia della Contessa Orsini di Casemurate non avesse mai mangiato un'aragosta e non sapesse che era un piatto di lusso.
In quel momento mi resi conto che tutti i miei fantasmi erano lì con me, e ridevano di me, la figlia del contadino arricchito che aveva salvato i conti Orsini dalla bancarotta, e della Contessa che aveva sacrificato tutto pur di mantenere la sua casa, la sua terra e i suoi parenti.
Non c'è mai stata aragosta nella nostra tavola, non c'è mai stata una cena di lusso, e nemmeno una cena normale, se è per questo, perché mia madre era sempre in camere sua, in preda all'emicrania e alla depressione, mio padre voleva i cibi romagnoli, disprezzava le portate che piacevano ai miei nonni aristocratici, ma senza un soldo in tasca.
Avrei voluto urlare in faccia a Piero tutte queste cose che lui ancora non sapeva, e avrei voluto dire che quell'aragosta, per vendetta, avrebbe dovuto fargli venire la gastrite, anzi l'ulcera!
E invece mi limitai a pagare il conto, che era quasi mezzo stipendio, per me, e non avevo molto altro dietro, perché non volevo i soldi di mio padre, non volevo fare la vita da mantenuta...
Ecco, quella era la mia "spensieratezza"... quelli erano gli anni "felici"... 
Sei riuscita a farmi confessare una cosa che non ho mai raccontato a nessuno, non so nemmeno perché te lo sto dicendo>>
Antonietta le prese la mano:
<<Sei stata sincera perché io e te veniamo dallo stesso paese, e i nostri padri sono venuti su dal niente. Questa è la mezza verità che nessuno vuole sentire. 
E questa casa, questa reggia, è stata creata nell'illusione di essermi lasciata il passato alle spalle.
Tutte queste piscine... non ce n'erano mai abbastanza per lavarmi di dosso il cognome di mio padre... Tartaglia. 
Per quale motivo credi che abbia sposato Bartolomeo Visconti-Ordelaffi, se non per avere un cognome di cui andare fiera?
I Visconti-Ordelaffi, con tutta la loro boria, erano pieni di debiti esattamente come gli Orsini prima che tua madre sposasse tuo padre.
E la mia ricchezza viene da un'idea di tuo padre, io lo so, lo sanno tutti, nella Contea di Casemurate. Lo dicevano tutti, al mio matrimonio: "guarda, la figlia del benzinaio che ha fatto da prestanome a Ettore Ricci e poi gli ha fregato la fetta più danarosa della torta".
L'assenza di Ettore e delle tre sorelle Ricci-Orsini fu notata al mio matrimonio, perché io al tuo ero venuta, ma ti guardavo di lontano, e desideravo far parte della tua famiglia, essere come una sorella. Abbiamo studiato al Liceo Classico, eravamo nello stesso collegio, abbiamo studiato Lettere Classiche nella stessa università, ma tu eri sempre così distante, e non solo perché avevi un'età maggiore rispetto alla mia.
Quanti anni ho dovuto aspettare, prima che si aprissero per me le porte del Salotto Liberty?
E quanto dovrò aspettare, prima che si aprano quelle del Salotto Intellettuale?
Scommetto che Piero Giovannelli ha posto il veto il su di me! 
Ma io, a differenza di mia sorella e delle sue complici, sono sempre stata dalla tua parte, ti ho sempre difesa, sempre ammirata e sono felice che tu sia qui...
E tutto questo discorso per rispondere alla tua domanda riguardo agli obiettivi che Aurora e Roberto hanno raggiunto, mentre noi forse non li raggiungeremo mai.
Loro adesso sono felici, insieme, in viaggio, in quella capitale, in quell'albergo.
Mentre noi parliamo delle nostre mezze verità nascoste, loro sono felici.
E' per questo che ho fiducia in loro, perché rispetto a noi hanno questa marcia in più>>
Di fronte a quel fiume in piena di parole e confessioni, Silvia non sapeva da che parte iniziare a rispondere.
C'era una cosa che avrebbe voluto dire, ma sarebbe suonata scortese.
Mio figlio aveva già conosciuto la felicità. Il nucleo della sua personalità è sano: "il Bambino della Campagna" sopravvivrà. Per lui Casemurate è stata la felicità, almeno durante l'infanzia. Lui vedeva quel luogo come un paradiso, mentre per me era tutto il contrario.
La mia infanzia è stata ben diversa da quella di Roberto.
Ma questo era un suo fardello personale.
<<Abbiamo avuto entrambe un passato problematico. Non credevo che tu mi ammirassi così tanto, non mi sono mai considerata degna di ammirazione. Se ti sono parsa distante, ti chiedo scusa, ma la mia mente è sempre stata turbata dai ricordi.
La prima cosa che ricordo è la Guerra, e in particolare i bombardamenti.
Uno in particolare mi è rimasto impresso nella memoria: ero in braccio a mia madre, che era incinta della mia sorella minore e teneva per mano la mia sorella maggiore. Era notte, ma il cielo era rosso, le esplosioni lo illuminavano, e il rombo degli aerei era spaventoso.
Correvamo verso il rifugio, ma una bomba cadde in uno dei nostri campi, e la vedemmo deflagrare e un boato ci venne addosso come un muro... mia madre cadde in una delle trincee che i Tedeschi avevano costruito dietro al rivale del Bevano. 
Da una parte la bomba e dall'altra i Tedeschi che imprecavano in quella lingua aspra, dura e spietata.
Mia madre e mia sorella riuscirono a recuperarmi: mi ero rintanata in un angolo della trincea.
Alla fine, riprendemmo a correre verso il rifugio e ci arrivammo, ma eravamo devastate: non ci siamo mai riprese del tutto.
Tu sei più giovane di me, e almeno questo tipo di ricordi ti sono stati risparmiati.
Sai, ogni 10 agosto, per i fuochi di San Lorenzo, ogni volta che scoppia un botto la mia mente torna a quel giorno lontano. Mia madre non li vuole vedere, per lei è intollerabile.
La mia sorella minore non ha ricordi della guerra, ma la gravidanza da cui è nata fu così turbolenta che la sua mente, già agli inizi, mostrava segni di ansia, che sono cresciuti nel tempo.
Stanotte, sulla vostra bella terrazza davanti al mare, io rivivrò quel ricordo>>
La viscontessa le disse:
<<Ora hai una sorella in più, a farti coraggio>>
Silvia sorrise e le strinse la mano:
<<Grazie. Mi voglio scusare anche per non essere venuta al tuo matrimonio. Fu mio padre a vietarmelo, perché aveva litigato col tuo. 
Non ti ho notato al mio matrimonio perché c'era una ressa che mi toglieva il respiro: mio padre aveva voluto fare le cose in grande, ma a me mancava l'aria e non vedevo l'ora che finisse tutto e che io e Francesco potessimo partire per il viaggio di nozze. A quei tempi avevo un'unica aspirazione: essere una persona normale e vivere una vita normale.
Che illusione!
La superbia materiale dei miei antenati si è semplicemente trasformata in superbia intellettuale.
E adesso mi ritrovo al punto di partenza!>>
Antonietta non capiva:
<<Tu credi davvero che il passato possa tornare?>>
Silvia scosse il capo:
<<Il passato non ci abbandona mai. E' ciò che siamo>>
La viscontessa combatteva da una vita contro quell'idea:
<<Io ti chiedo di permettermi di dimostrare il contrario. Se ci dovessi riuscire, come ricompensa mi inviterai nel tuo Salotto. 
Non sei certo tu ad aver peccato di superbia: erano alcuni ospiti, non è così?>>
Silvia si chiese come faceva ad averlo intuito:
<<Forse hai ragione. In ogni caso sei la benvenuta, tutte le volte che vuoi.
Da oggi noi saremo non solo alleate, ma anche, io spero, amiche.
Dobbiamo essere unite, perché, ci attendono prove difficili, e come disse il più grande statista che l'Italia abbia avuto, "solo se saremo uniti saremo forti e solo se saremo forti, saremo liberi">>
Antonietta annuì vigorosamente::
<<Ben detto! E adesso è venuto il momento di rilassarci un po': ti sei ricordata di portare il costume da bagno?>>
Silvia sorrise, sentendosi meglio:
<<L'ho già indosso. E sono curiosa di provare tutte quelle piscine. Oggi è così caldo! 
E magari stasera, dopo i fuochi, visto che ci sono tanti lettini nel tuo enorme terrazzo sul mare, mi piacerebbe dormire lì e vedere l'alba sull'Adriatico.
E' passato tanto tempo dall'ultima volta, e ne potrebbe passare molto prima che abbia l'occasione di rivederla ancora>>