Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
giovedì 14 marzo 2019
Vite quasi parallele. Capitolo 140. La fragilità del Regno
Immortale è il nome di Camelot, eppure la sua gloria durò soltanto una generazione. Che ne fu del re Arturo? E della Tavola Rotonda, che n'è stato? Cosa è stato di tanta nobiltà? Le giostre ed i tornei, i cimieri e le armature: nient'altro fu che vento? Che cosa sono stati, se non erbe di campo?
Come in ogni leggenda, vale il detto "queste cose non avvennero mai, ma saranno ricordate per sempre".
"Gil-galad sugli Elfi solea regnare, quando i giorni eran giovani e belli. Ora tristi cantano i menestrelli, del suo regno perduto tra i monti e il mare".
Quanta nostalgia in quei versi di Tolkien sul regno perduto del leggendario Gil-galad, e quanto dolore per la sua scomparsa. Il ricordo è sempre così, per una sorta di legge universale.
La felicità passata non è più felicità, ma il dolore passato è ancora dolore.
Questa era una delle lezioni più dure che Riccardo Monterovere aveva appreso dalla vita, e lui aveva vissuto tutto senza sconti."He did it the hard way", avrebbe detto Bette Davis.
Tutta la sua vita era stata una specie di guerra di trincea, per difendere se stesso e la propria famiglia dalle avversità della sorte.
"Mancò la fortuna, non il valore" avrebbero chiosato i caduti di El Alamein.
"Era un uomo interminabilmente sopravvissuto a se stesso", avrebbero detto di lui, in seguito, alcuni conoscenti.
Tutto questo era indubitabilmente vero, ma c'era una parte di verità che ben pochi altri conoscevano, e si trattava dei postumi della sua Iniziazione agli Arcani Supremi.
L'incontro con Eclion aveva destabilizzato quel poco di equilibrio che ancora gli rimaneva.
Non c'era da meravigliarsi.
Conoscere di persona un nemico è un'esperienza sorprendente, specie quando ci si rende conto che non è poi così diverso da noi e desidera cose molto simili a quelle che noi desideriamo.
Ci si accorge che forse non c'era nemmeno motivo di entrare un guerra, che tutto il sacrificio compiuto non aveva una motivazione reale, si basava solo su un equivoco, e dunque, in fondo, su una casualità.
Eclion diceva di essere il Signore Oscuro, ma forse era soltanto il portavoce del vero Principe delle Tenebre, la cui identità rimaneva del tutto sconosciuta.
Riccardo non si sarebbe mai piegato a lui, ma non voleva nemmeno una guerra.
Parafrasando un antico proverbio cinese, lo scrittore slovacco Jozef Cíger-Hronský, formulò un celebre aforisma: "Meglio accendere una piccola fiamma, piuttosto che maledire l'oscurità".
A dire il vero le fonti cinesi parlano di una "candela", e così pure Eleanor Roosevelt
A Riccardo Monterovere piaceva di più la formulazione di Cíger-Hronský, perché la fiamma, o la fiaccola, aveva una connotazione più forte, più virile, più pagana nel senso più alto del termine.
La candela è fragile, la fiamma è forte, ma fa più paura.
In particolare se si trattava della Fiamma di Atar.
Però il Signore del Fuoco tardava a manifestarsi e Riccardo non era nemmeno in grado di dire se questo fosse un bene o un male.
L'oscurità non può scacciare l'oscurità, ma accendere il fuoco non è facile e può comportare dei rischi.
E poi le tenebre avevano comunque il loro fascino.
Nel buio si vedono meglio le stelle
La sua vita stava prendendo una piega strana. A volte gli sembrava di andare alla deriva, senza più alcun ormeggio, né alcuna bussola. Si sentiva sempre più diverso dagli altri, ma questo non lo spaventava.
Per essere insostituibili bisogna essere diversi
E intanto il tempo passava.
La primavera di quell'anno, giunta così in anticipo, era diventata quasi stucchevole nel suo odore dolciastro.
Ma nel suo cuore l'inverno non era mai passato.
"Ah la piagata primavera è pur festa se raggela in morte questa morte"
Giorno dopo giorno, l'opaca trafila delle cose, vana più che crudele, aveva imposto nuovamente i suoi ritmi.
Era finito anche il Tirocinio per l'insegnamento e il successivo inserimento nelle graduatorie permanenti dei provveditorati, da cui le scuole chiamavano i supplenti.
All'epoca Riccardo si illudeva di poter essere di qualche utilità a un mondo di adolescenti ormai fagocitati dagli smartphone e da Instagram, oppure sbandati nelle periferie dove lo Stato non esisteva più e forse non era mai esistito.
Era arrivata l'estate.
In quell'estate del 2013 era morto il suo ultimo prozio, Edoardo Monterovere, l'ultimo dei figli di Enrico e di Eleonora Bonaccorsi.
Ai funerali rivide lo zio Lorenzo e lo trovò molto invecchiato: era come se improvvisamente si fosse sentito tagliato fuori dalla "cabina di regia" dell'Ordine degli Iniziati.
Riccardo gli si avvicino con una certa cautela.
Lo zio gli sorrise, ma i suoi occhi erano tristi:
<<Ecco il "sole nascente" della famiglia Monterovere. E' una ruota che gira, e adesso è il tuo momento>>
Riccardo non ne era affatto convinto:
<<Il mio momento? Nessuno dell'Ordine si è fatto più vivo, nemmeno Joanna. A volte mi sembra che sia stato tutto un sogno>>
Lorenzo scosse il capo:
<<Non temere, presto si faranno vivi. A fine estate scade il termine entro cui devi scegliere a quale delle quattro confraternite giurare fedeltà>>
Il nipote sospirò:
<<Sono ancora così confuso. Ma sento il tempo che scorre e la mia età giovane andarsene via con lui, senza aver vissuto pienamente, né aver costruito qualcosa di forte, in grado di resistere alle tempeste della vita>>
Lo zio parve comprensivo:
<<Queste sono le conclusioni che si traggono alla fine di ogni estate.
Cosa c'è dietro all'estate, all'estate che finisce? La mia è finita da un pezzo e ora l'arpa della mia vita suona soltanto le note dell'afflizione.
Ognuno di noi ha il proprio inferno che lo aspetta, ed io ho molte colpe da espiare.
Incomincio a chiedermi persino se sia stato giusto coinvolgerti nel "grande disegno".
Ma avevo bisogno di qualcosa di superiore in cui credere, qualcosa che mi riscattasse dalla banalità quotidiana. Quando sarà il mio turno>> e fece cenno alla cappella che ospitava le salme dei Monterovere, conti di Querciagrossa, dove i necrofori stavano murando la bara del prozio Edoardo <<vorrei dare disposizione di scrivere sulla mia lapide: "Non fu soldato, non fu mai re, ma aveva un sogno dentro di sé". Ma forse è un po' troppo mielosa... meglio il silenzio del nudo marmo>>
Riccardo ascoltava queste parole, soppesandole nel suo cuore. Le ponderava, ma non se ne rallegrava, perché erano presagio di morte e di sventura.
<<Non sottovalutare ciò che hai fatto, zio. E non sottovalutare i sogni. In loro io sono riuscito a vedere molte cose: il passato, il futuro, la verità...
Me l'hai insegnato tu, o ti sei pentito anche di questo?>>
Lorenzo tardò a rispondere.
Il nipote osservò gli ultimi, lugubri atti della cerimonia.
Quel che rimaneva della sua famiglia, un tempo così numerosa e potente, ormai era per metà sepolto nelle due cripte (quella dei Monterovere a Querciagrossa e quella degli Orsini a Casemurate) e l'altra metà era in preda alla malattia e alla decadenza.
Il rito funebre paradossalmente attenuava il senso di angoscia. Questa del resto era sempre stata la funzione di ogni rito: creare un ordine fittizio per alleviare l'angoscia.
Il rito era tutto ciò che serviva, in certi momenti.
Come quelli che lo avevano legato a Joanna, dopo l'Iniziazione : "le candele romane, a san Giovanni, che sbiancavano lente l’orizzonte, ed i pegni e i lunghi addii, forti come un battesimo nella lugubre attesa dell’orda (ma una gemma rigò l’aria stillando
sui ghiacci e le riviere dei tuoi lidi, gli angeli di Tobia, i sette, la semina dell’avvenire) e gli eliotropi nati dalle tue mani – tutto arso e succhiato da un polline che stride come il fuoco e ha punte di sinibbio"
<<Su che fragili basi abbiamo edificato il nostro Regno...>> disse infine lo zio.
Folta la nuvola bianca delle falene impazzite turbinava intorno agli scialbi fanali delle tombe: l’estate declinante anticipava, sulla sera, il gelo notturno negli orti che dalle colline scendevano fino ai renai del Panaro.
<<Quale Regno?>> chiese Riccardo.
Lorenzo scosse scosse il capo:
<<Quello degli Iniziati, naturalmente. Ora mi rendo conto che avevi ragione e le tue obiezioni erano fondate. Presto tutti i nodi verranno al pettine e quello che tu avevi previsto si avvererà. Tempo due o tre anni e l'età "buonista" sarà al tramonto, per essere sostituita da un'età che qualcuno chiamerà "populista". Quando quel giorno arriverà, l'Ordine degli Iniziati darà inizio alla fase operativa del "grande disegno".
E per allora, tu dovrai farti trovare pronto per gli incarichi che ti saranno affidati>>
Storia degli stemmi della Francia
Stemma della Francia
Lo stesso argomento in dettaglio: Stemma della Francia. |
Simbolo della monarchia, il "Giglio di Francia" è stato per lungo tempo l'emblema degli elenchi dei re di Francia. Secondo Angelo de Gubernatis, il giglio, simbolo della riproduzione, rappresenterebbe la successione dinastica e l'aumento della popolazione.
Il blasone di gigli compone il cuore degli stemmi di Francia indossati dai re. Inizialmente senza numero definito (seminato di gigli), il numero dei gigli è stato portato a tre da Carlo V. Sotto i Borboni, si è presentato talora accollato al blasone di Navarra (Partito de Francia e di Navarra). Restaurato nel 1814 dopo il periodo napoleonico, ha definitivamente perso la sua qualità di emblema ufficiale nel 1830, sotto Luigi Filippo, che lo sostituì con la carta costituzionale.
Lo stemma di Francia ha fatto parte anche delle armi dei re d'Inghilterra, dalla guerra dei cent'anni fino al 1801, data di creazione del Regno Unito. Peraltro, lo si trova ancora nelle armi del dominion del Canada. Infine compare, con una brisura (bordura di rosso: stemma di Anjou) nelle armi di Spagna.
Nel linguaggio araldico, lo stemma con i gigli rimane definito «di Francia». La maggior parte delle altre repubbliche d'Europa si sono appropriate degli antichi stemmi reali, considerandoli come un segno di sovranità e di continuità nazionale. Il dipartimento francese invece non ha mai voluto adottare questo simbolo.
Bandiere Regno di Francia
Anticamente la Francia aveva adottato una serie di stemmi e bandiere (piuttosto stendardi) diversi.
Ripercorrendo le varie tappe ribadiamo quello scritto sopra ma adesso vediamolo più nel dettaglio.
Il regno di Francia è quell'entità territoriale (ovviamente non statale) sviluppatasi intorno al V-VI secolo d.C., deve la sua fondazione ai re Merovingi, Uno tra questi fu il re Clodoveo, secondo la leggenda; dopo essersi convertito al cristianesimo adotto come stemma o simbolo reale dei gigli.
L'origine dei gigli in araldica è tuttora molto discussa, perché ne abbiamo prove certe a partire dal X secolo, con la dinastia Capetingia, che adotta il seminato di gigli su sfondo blu, come loro anche altri rami collaterali adottano questo stemma, seppur con delle variazioni.
Adesso vediamo l'evoluzione dello stemma, e di conseguenza della bandiera nel dettaglio:
Francia Arcaica o Merovingia (IV-VIII secolo d.C.)
Se prendiamo per vero tutto quello raccontato nella leggenda, il re Meroveo, (figura, oggi possiamo dirlo, realmente vissuta) sembra che abbia adottato come stemma per i franchi salii tre rane, talvolta inserite su uno sfondo blu, il colore delle rane poteca variare dall'oro al rosso, e la bandiera dal blu all'argento (in araldica il bianco si definisce argento).
Francia Carolingia IX-X secolo
Sotto la dinastia Carolingia le cose appaiono più confuse, perché se da un lato compare la croce simbolo dell'impero carolingio, in altre miniature appare uno stemma tagliato da un lato: seminato di gigli d'oro in sfondo blu, dall'altro lato: aquila germanica nera su sfondo oro.
Il giglio sembra che faccia la sua prima apparizione proprio in questo momento, anche se non ha la forma del classico fleur-de lyse medievale.
per quanto riguarda gli stendardi; almeno dalle ricostruzioni storiche essi sono spesso rossi con tre piccoli gigli dorati.
Francia Capetingia (987-1336)
La Francia sotto i capetingi si arricchì notevolmente, dal punto di vista architettonico fu ideato lo stile gotico, comparso già nell X-XI secolo.
Grande e ricca metropoli, Parigi diventava la capitale europea per eccellenza.
Lo stemma classico della Francia capetingio è il seminato di gigli in sfondo azzurro. I gigli rappresentano la discendenza reale, e la speranza di ricchezza e prosperità per tutto il regno, il blu rappresenta la regalità e la pace, obbiettivo fondamentale per la crescita di un regno.
Francia dei Valois (1337-1589)
Nel 1337 il ramo Capetingio si estingue, Il regno viene affidato ai Valois; ramo collaterale dell'estinta dinastia. L'estinzione della dinastia Capetingia causa la guerra dei 100 anni, scatenata dal re Inglese, che è anche lui pretendente al trono di Francia, perché imparentato coi capetingi. Nel 1453 la guerra si conclude con la vittoria dei francesi, guidati da Carlo VII di Valois, aiutato fino al 1431 da Giovanna d'Arco. Lo stemme e la bandiera francese dal 1337 appare semplificato, il seminato è stato sostituito per tre gligli d'oro più grandi, lo sfondo azzurro è adesso più chiaro.
Sia lo stemma che la bandiera nel periodo che va dalla guerra dei cento anni alla fine delle guerre di religione rappresentano la medesima cosa.
Francia dei Borbone (1592 -1792)
Innumerevoli sono le modifiche in questo periodo, la forma dei gigli cambia appaiono più corti e si riempiono di fronzoli, non son più alti e stilizzari come nel medioevo e nella prima età moderna. Sotto Enrico IV lo stemma ha due scudi uno tre gigli d'oro su sfondo blu, l'altro (di Navarra) catenato d'oro su sfondo rosso,sono uniti e appaiono su una baiera bianca, talvolta seminata di gligli.
Sotto Luigi XIII stemma e bandiera perdono lo scudo di Navarra
Sotto Luigi XIV e XV la bandiera subisce alcune modifiche, e nasce la bandiera mercantile (seminato di gigli su sfondo rosso).
Con Luigi XVI la Bandiera è seminata di gilgi su sfondo argento (bianca) e con stemma blu con tre gilgi al centro.
Dopo la rivoluzione Francese, con la Restaurazione monarchica viene adottata una bandiera tutta bianca, spessa priva di gigli.
L'orifiamma di Saint-Denis
Nel Medioevo l'orifiamma dell'abbazia di Saint-Denis era lo stendardo francese in tempo di guerra. Dietro questo stendardo si batterono le truppe comunali durante la Battaglia di Bouvinmninohoues. Conservato nella Basilica di Saint-Denis, veniva prelevato solo in casi di grave minaccia per il Regno.
"L'orifiamma, sottolinea il barone Pinoteau, eminente araldista, era un gonfalone rosso decorato con fiocchi di colore verde o rosso così da ricordare il sangue versato dai martiri"
"L'orifiamma dell'abbazia di Saint- Denis[...]sarebbe stato chiamato così poiché formato da uno stendardo rosso disseminato di fiammelle dorate"
"Lo stendardo reale (da non confondere con l'orifiamma) serve durante la battaglia a dare indicazioni all'esercito in merito alla posizione del sovrano, i suoi successi o le sue sconfitte. Questo stendardo reale, chiamato anche " Vexillum" era "d'azur semé de fleur de lys d'or" (d'azzurro seminato di gigli d'oro)"
(Tratto e tradotto da: Louis Fontaine, "Le sang et la gloire, des hommes et des batailles qui ont fait la France" Editions de Paris, Ulis 2003, p. 28, 44.)
Emblemi e bandiere dell'Ancien Régime
Durante gli anni dell'Ancien Régime non esisteva ancora un'unica bandiera nazionale. Difatti le bandiere delle navi mercantili erano bianche e blu, a croce o a bande orizzontali alternate. Al contrario, le bandiere del Re erano bianche, a volte con gigli dorati e riportavano le armi e i simboli della casa reale. Le navi del Re (soppresse nel 1748) sbandieravano lo stendardo rosso con i fiori di giglio e anch'esse portavano le armi della casa reale Borbonica. I reggimenti invece avevano delle bandiere a croce bianca con colori molto diversi, cosa che permetteva di distinguerli gli uni dagli altri. Oltre alla sua bandiera caratteristica, ogni reggimento aveva uno stendardo bianco con una croce anch'essa bianca; esso serviva a segnalare, durante le crociate, la posizione del posto di comando.
La bandiera bianca
Era totalmente una bandiera bianca (senza i fiori di giglio), e ondeggiò per l'ultima volta su un palazzo ufficiale a Parigi il 31 luglio 1830 (sull'Hôtel des Invalides) e a Algeri il 16 agosto dello stesso anno (ancora più tardi nelle isole remote, dove la notizia del cambiamento di bandiera giunse più tardi). Dopo la caduta del Secondo Impero, la bandiera bianca fu la condizione sine qua non di Enrico d'Artois (1820-1883) per salire sul trono nel 1873. Questa esigenza portò all'instaurazione della Terza Repubblica. Oggi la bandiera bianca è sempre l'emblema dei legittimisti, che rifiutano la bandiera tricolore, macchiata, secondo loro, dal sangue di Luigi XVI.
Il vessillo tricolore
La bandiera comunemente conosciuta come il tricolore; composta da tre colori tra cui 2 sono i colori della città di Parigi, il rosso e il blu, e al centro quello della regalità: il bianco.
In occasione della rivolta capeggiata da Étienne Marcel nel 1358 vi era stato un tentativo di imporre i colori della città di Parigi anche alla famiglia reale di Francia, più in particolare al Delfino Carlo (divenuto poi nel 1365 Carlo V di Valois detto "il Saggio" da non confondersi Con Carlo V d'Asburgo imperatore del Sacro Romano Impero nato a Gand nel 1500)
Fu nei giorni della Rivoluzione francese, tra domenica 12 e venerdì 17 luglio 1789 che i tre colori furono adottati come i colori della libertà e il popolo se ne appropriò con entusiasmo. Prima di quel momento il tricolore apparteneva esclusivamente al Re e compariva nell'uniforme delle sue guardie scelte, ma già in occasione della Festa della Federazione (14 luglio 1790) fu rappresentato in svariati modi su stendardi e coccarde, e, in particolare fu associato alla divisa della Garde Parisienne, chiamata Guardia Nazionale.
Il primo emblema nazionale tricolore fu istituito per un decreto della Assemblea Nazionale Costituente il giorno 24 ottobre 1790. Non si trattava di una vera e propria bandiera nazionale, ma era destinata alle marina civile e militare. Era bianco, colore ormai identificato come simbolo della Francia repubblicana e non più della monarchia e recava in alto, vicino all'asta il tricolore incorniciato da una striscia rossa all'esterno e blu vicino all'asta.
Invece il disegno della bandiera di Francia come la conosciamo noi fu adottato il 15 febbraio 1794 (secondo il calendario rivoluzionario: 29 "Piovoso" del II anno della Rivoluzione) dalla Convenzione nazionale. Fu il pittore Jacques-Louis David che concepì l'idea di disporre il blu presso l'asta e il rosso, colore più vivo, sulla parte esterna del vessillo.
Fu nel 1812 che Napoleone decise di adottare la soluzione di David come bandiera nazionale "in terra e in mare"; poco a poco essa si impose come simbolo della nazione intera tranne negli anni della Restaurazione(1815-1830) in cui fu riportata in auge la bandiera bianca.
Simboli dell'Impero francese
Lo stesso argomento in dettaglio: Primo Impero francese. |
Simboli della Repubblica francese
Un simbolo della Repubblica francese è un emblema della nazione francese che si inscrive nella tradizione repubblicana.
Gli emblemi nazionali della Quinta Repubblica francese sono[1]:
- la Bandiera della Francia, le drapeau tricolore, bleu, blanc, rouge
- l'inno nazionale La Marsigliese, La Marseillaise
- il motto nazionale Liberté, Égalité, Fraternité, Libertà, Uguaglianza, Fratellanza
Altri simboli sono[2]:
- La Marianne, Marianne
- il 14 luglio, 14 juillet
- il gallo, coq
- il fascio littorio, faisceau de licteur
- il gran sigillo di Francia, Le sceau
Le drapeau tricolore
Le drapeau (la bandiera) è di colore rosso, bianco e blu. È per i francesi un simbolo molto importante.
- Vedi: Bandiera della Francia
La Marseillaise
- Vedi: La Marsigliese
Liberté, Égalité, Fraternité
Marianne
- Vedi: Marianne
14 juillet
- Vedi: Rivoluzione francese
Le coq
La scelta del gallo come simbolo francese risale all'Antichità e trae origine dall'assonanza tra gallus (gallo in latino) e Gallus (abitante della Gallia). Benché sia spesso utilizzato come simbolo del paese, specialmente delle federazioni sportive, non è mai figurato tra i simboli ufficiali. Tuttavia, compare - con una sfera sotto le zampe - sul primo e sul secondo controsigillo di Luigi Filippo, alla punta delle bandiere che sono incrociate in decusse dietro le armi (lo stemma) di Orleans (1º controsigillo) o dietro il libro aperto che rappresenta la carta costituzionale (2º controsigillo), come sulla punta delle bandiere e degli stendardi della marina, sotto la Monarchia di Luglio. Nella stessa epoca, i sigilli usati per i trattati internazionali mostrano un gallo, la parola France circondata di raggi, la carta del 1830, una corona chiusa, la Legion d'onore, una corona d'alloro e di quercia, e delle bandiere, delle quali quattro su sei sono sormontate dal gallo.
Lo si ritrova anche nell'iconografia del Gran sigillo di Francia e ha rappresentato un'alternativa alla Marianna su francobolli di uso corrente.
Lo si ritrova anche nell'iconografia del Gran sigillo di Francia e ha rappresentato un'alternativa alla Marianna su francobolli di uso corrente.
Le faisceau de licteur
Altri
L'Esagono
Ispirato dalla forma geografica del paese, che viene soprannominata Hexagone, questo emblema è riprodotto fra l'altro sulle monete e su alcuni documenti.
Il logo
La Repubblica francese si è dotata nel settembre 1999 (sotto il governo di Lionel Jospin) di un logo che richiama la bandiera nazionale sotto forma di rettangolo allungato, la cui parte bianca prende la forma del profilo di Marianneche guarda verso destra. Sotto il simbolo si trovano le scritte Liberté Égalité Fraternité e République Française (le due maiuscole richiamano le iniziali RF).
Simboli popolari della cultura francese
I simboli popolari
- La baguette;
- Il basco nero;
- Il pompon rosso del marinaio;
- Il formaggio (roquefort, camembert);
- Alcuni piatti regionali (bœuf bourguignon, cassoulet du sud-ouest, choucroute alsacienne, la quiche lorraine, il jambon beurre parigino...);
- La Festa della Federazione del 14 luglio (balli dei pompieri, ritornelli e filastrocche, fuochi d'artifici, parate militari);
- Il vino (in particolare lo champagne);
- Le cosce di rana (i britannici chiamano i francesi Froggies e sono chiamati da questi rosbifs).
I simboli all'estero
- La Tour Eiffel
- I diritti dell'uomo
- La gastronomia e il vino (Bordeaux, Champagne, etc.)
- I profumi
- L'alta moda
Note
- ^ Article 2 de la Constitution du 4 octobre 1958 - (al.1) « La langue de la République est le français. (al.2) L'emblème national est le drapeau tricolore, bleu, blanc, rouge. (al.3) L'hymne national est La Marseillaise. (al.4) La devise de la République est « Liberté, Égalité, Fraternité ». (al.5) Son principe est : gouvernement du peuple, par le peuple et pour le peuple. Texte de la constitution sur le site du Conseil constitutionnel
- ^ Les symboles de la République française - Présidence de la République
Voci correlate
Stemmi storici
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