I voucher (dall'inglese (to) vouch: attestare, garantire; pronuncia italianizzata: vàucer)sono buoni da 10 euro — 7,5 euro netti tolti i mini contributi e la quota Inail —
Permettono di integrare le entrate attraverso prestazioni occasionali il cui compenso è esente
da ogni imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato.
Vantaggi anche per il committente: copertura Inail per eventuali incidenti e nessun rischio vertenza
Vennero introdotti, nel 2008, per le «prestazioni occasionali e accessorie»: vale a dire lavoretti domestici, dalle pulizie al giardinaggio fino alla consegna porta a porta che spesso venivano (e vengono ancora) fatti in nero. Lo scopo principale era ed è quello di tutelare categorie deboli come colf e badanti. Dal 2008 fino allo scorso settembre ne sono stati utilizzati 387 milioni per un valore di poco inferiore, quindi, ai 4 miliardi di euro
Il buono lavoro (chiamato anche voucher) è una modalità di retribuzione per lavoro occasionale di tipo accessorio.
Caratteristiche
La prima introduzione del buono lavoro, come strumento di lavoro occasionale, è del 2003 a opera del secondo governo Berlusconi[1]. Il provvedimento che ne inquadrò per la prima volta l'utilizzo fu infatti la Legge Biagi[2]. Per diversi anni questa forma di remunerazione, introdotta per ridurre il lavoro nero in settori in cui era l'unica modalità di pagamento di manodopera (attività domestiche e simili, svolte da privati per privati in maniera consensuale) fu sostanzialmente semi-sconosciuta[3]. Il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali del Governo Prodi II nel 2008 diede attuazione alla legge, precisandone i limiti e l'utilizzo (ad esempio nel settore agrario).
Fu successivamente esteso per i lavori di tipo occasionale con prestazioni brevi riconosciuti dalla Riforma Biagi. Il lavoro di riferimento, allora, era quello tipicamente domestico; infatti lo scopo principale di questo strumento è quello di contrastare il lavoro nero e difendere le categorie considerate più deboli nel mercato del lavoro, come ad esempio le colf e le badanti. Altri utilizzi originari del voucher erano quelli delle ripetizioni a casa da parte di studenti, lavoretti di giardinaggio, pulizie e faccende di casa, attività simili, tipicamente pagate (con l'assenso del lavoratore) in nero e per questo senza protezione assicurativa. Le modifiche alla legislazione furono a opera del Governo Berlusconi IV, in particolare con la legge 33/3009 che estese nel 2010 l'applicazione a tutti i soggetti.
Poco tempo dopo vi fu una totale liberalizzazione di utilizzo (in termini di settori o ambiti) con il Governo Monti (Riforma Fornero), ulteriormente rafforzata dal Governo Renzi (Jobs Act) che ha innalzato i limiti da 5.000 a 7.000 annui e ha eliminato dalla legge la dicitura "di natura meramente occasionale" che era l'essenza del buono lavoro.
Nel tempo la legislazione ha allargato l'utilizzo del buono lavoro dall'ambito domestico ai settori professionali (imprese, enti, ecc.). A tutt'oggi viene molto usato da aziende nel settore del commercio, dell'agricoltura e dell'intrattenimento (ristoranti, bar, discoteche, sale cinema e simili) per prestazioni di lavoro che non superino i 5.000 € netti annui di retribuzione (passati a 7.000 € nel 2015 in seguito all'emanazione del provvedimento legislativo noto come Jobs Act[4]). Per i pensionati o cassaintegrati la cifra scende a 3.000 €. Con l'entrata in vigore del DL 81/2015[5] l'utilizzo del voucher è stato esteso a industria e artigianato e quindi, a parte qualche eccezione, nessun settore è escluso, nemmeno l'edilizia.
Le caratteristiche intrinseche del sistema, tuttavia, ne hanno favorito la diffusione come strumento di elusione ed evasione delle norme fiscali e previdenziali[6].
Questa modalità di lavoro occasionale accessorio[7] ha assunto da tempo anche la denominazione contratto voucher. L'incarico può essere verbale o essere documentato: in qualsiasi caso sottende sempre un contratto di lavoro (di tipo accessorio)[8]. Il voucher, come buono lavoro, è regolarmente vidimato con il logo dell'INPS.
Dal 24 settembre 2016 è obbligatorio l'invio di un SMS all'INPS da parte del committente almeno un'ora prima della prestazione per agevolare la registrazione dell'utilizzo e impedire usi fraudolenti (cioè pagare con voucher solo una piccola parte del compenso).
Attualmente, il valore facciale del buono lavoro è di 10 € di cui 7,50 € vanno netti al prestatore e il resto sono contributi Inps e INAIL.
Valore contabile e modalità di acquisto
Il singolo buono lavoro vale 10 €, il costo con cui viene acquistato dall'azienda o dal datore di lavoro presso l'INPS[9]. Il buono cartaceo può anche essere acquistato presso tabaccai aderenti all'iniziativa, presentando la sola tessera sanitaria. Il voucher telematico prevede invece l'iscrizione delle parti (datore di lavoro e lavoratore) all'INPS e all'INAIL: in questo modo il lavoratore riceverà la INPS CARD su cui vedrà accreditarsi lo stipendio e potrà controllare i contributi versati. Inclusi nella spesa i contributi previdenziali INPS (13%), l'assicurazione INAIL (7%) e i costi di gestione del servizio (5%); pertanto, al lavoratore spettano i restanti 7,50 € (netti)[10][11]. A partire dal 28 giugno 2009 il Ministero diede il via a campagne pubblicitarie sul web, in televisione e al cinema per sponsorizzare questa nuova forma retributiva. La Regione Lazio avviò la promozione dei Buoni Lavoro nel 2010 tramite la campagna "Vo.La - Voucher Lazio" che prevede il rimborso di 1 voucher per ogni 10 acquistati dal datore di lavoro[12].
Abusi e condotte elusive
Il meccanismo dei buoni era nato per introdurre nel mercato del lavoro italiano uno strumento flessibile in grado di far emergere dall'area del lavoro nero quelle forme di lavoro saltuario, o di secondo e terzo lavoro, difficili da perseguire, per le quali risulta onerosa l'attivazione degli strumenti tradizionali per la stipula di un rapporto di lavoro (comunicazione al centro per l'impiego, obbligo di scritturazione del Libro unico del lavoro, consegna del cedolino paga, adempimenti in materia di sicurezza, ecc.).
Utilizzo irregolare
L'evoluzione della pratica, tuttavia, ha messo in luce un vasto fenomeno sociale di utilizzo irregolare, in cui la flessibilità dei buoni lavoro si presta facilmente a pratiche elusive della legislazione del lavoro e della previdenza sociale: tali pratiche tendono a ricondurre, nell'ambito della tipologia flessibile del voucher, rapporti di lavoro veri e propri e di ben altro tipo. Nella pratica, infatti, si segnala il frequentissimo utilizzo dei voucher per la regolarizzazione apparente di rapporti di lavoro di notevole intensità lavorativa, o di notevole continuità della prestazione, non compatibili con i limiti di remunerazione premessa dai buoni lavoro. In tali casi, infatti, il buono lavoro è usato, in modo irregolare, come schermo di regolarità per una prestazione di lavoro intrattenuta quasi interamente in nero, attraverso l'occasionale remunerazione mediante cessione di un voucher.
La semplice attivazione del meccanismo dei voucher nei confronti del lavoratore fa in modo che, nell'eventualità di un infortunio sul lavoro, o di un accesso ispettivo da parte dei servizi di vigilanza dell'INPS, dell'INAIL, o del Ministero del lavoro, è sufficiente l'esibizione dei buoni acquistati, ancorché non corrisposti, perché la presenza del lavoratore in azienda non possa essere considerata irregolare né dar luogo a sanzioni[6]. In tali casi, infatti, è arduo, per i servizi ispettivi, adempiere all'onere della prova circa l'esistenza di prestazioni lavorative ulteriori rispetto a quelle effettivamente remunerate con la cessione di un voucher, dal momento che l'attivazione della prestazione non richiede alcun adempimento di registrazione o comunicazione[6].
Il problema di questo uso irregolare è stato affrontato da una norma contenuta nel Jobs Act, che ha previsto l'obbligo di comunicare l'inizio della prestazione alla Direzione Territoriale del lavoro competente, in modo preventivo e per via telematica (in modo analogo a quanto già previsto per il lavoro intermittente). Un decreto ha reso operativa tale procedura da ottobre 2016[13] sebbene non riguardi tutte le tipologie di committenti/datori di lavoro.
Remunerazione oraria
Il valore del buono lavoro rappresenta la soglia minima di remunerazione resa possibile dal sistema. Tuttavia, le norme di legge non stabiliscono una soglia minima a cui ancorare la remunerazione su base oraria, lasciando aperta la possibilità che un unico buono sia utilizzato per remunerare più ore di lavoro. Per contrastare tale abuso, impedendo forme di "negoziazione" e "svalutazione" della prestazione oraria, la legge di riforma Fornero (legge 28 giugno 2012, n. 92)[14], era intervenuta a regolarne l'utilizzo prevedendo l'emissione di un atto regolamentare che fissasse i valori minimi del compenso orario per ciascuna categoria[6]. Tale previsione è rimasta a lungo inevasa, con la sola eccezione del settore agricolo: in mancanza dell'atto, rimane invariata la discrezionalità nella quantificazione della remunerazione oraria tramite buoni lavoro in tutti i settori diversi dal mondo agricolo[6]. L'impasse regolamentare ha trovato soluzione con l'entrata in vigore del Jobs Act il quale, pur demandando la determinazione del valore nominale orario a un apposito decreto del Ministero del lavoro (da basarsi, previo confronto con le parti sociali, sulle medie orarie delle retribuzioni rilevate nei diversi settori produttivi), stabilisce un regime transitorio durante il quale, in attesa di emanazione del decreto ministeriale, la remunerazione oraria della prestazione di lavoro accessorio è stabilita nel valore di taglio minimo del buono lavoro[15].
Note
- ^ http://soldielavoro.soldionline.it/guide/educational-lavoro/voucher-inps-cosa-sono
- ^ https://www.giornaledellepmi.it/i-voucher-per-il-lavoro-indagine-del-centro-studi-cna/
- ^ http://www.ilfoglio.it/economia/2016/12/28/news/voucher-cosa-sono-e-perche-e-un-problema-ampiamente-sopravvalutato-112775/
- ^ Debhorah Di Rosa, Jobs Act, lavoro accessorio: sale il tetto dei compensi, IPSOA, 25 giugno 2015.
- ^ https://www.fiscoetasse.com/approfondimenti/11857-lavoro-accessorio-i-nuovi-limiti-per-il-2014.html
- ^ a b c d e Silvia Favasuli, Jobs Act e buoni lavoro, pericolo precarietà, Linkiesta, 9 ottobre 2014.
- ^ INPS-Lavoro Accessorio
- ^ Infatti, seppur diffuso, è errato dire "assumere dipendenti mediante voucher": il personale remunerato tramite buono lavoro, infatti, è una categoria contrattuale a se.
- ^ Tramite versamento sul conto corrente postale 89778229 intestato ad INPS DG LAVORO OCCASIONALE
- ^ Ad oggi è possibile cambiare il voucher cartaceo in denaro contante e attivare la INPS CARD (al costo di 5€) soltanto presso le sedi di Poste italiane
- ^ Esistono alcune community che promuovono il lavoro occasionale retribuito tramite buoni lavoro, come UTUM.it
- ^ http://www.romatoday.it/economia/voucher-lavoro-lazio.html
- ^ http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2016-10-08/voucher-partono-nuovi-obblighi-142117.shtml?uuid=ADrk7CYB
- ^ Si veda la nuova formulazione dell'art. 72 del D.Lgs. n. 276/2003 (cosiddetta Legge Biagi), a seguito della novella della legge Fornero, a norma della quale il valore nominale orario deve essere fissato con decreto del Ministero del lavoro, "tenuto conto delle risultanze istruttorie del confronto con le parti sociali".
- ^ Lavoro accessorio, su Cliclavoro-Portale unico della rete nazionale dei servizi per le politiche del lavoro, consultato il 19 ottobre 2015
Bibliografia
- Sito dell'INPS, inps.it.
- Campagna Vo.La Regione Lazio, regione.lazio.it.
- Silvia Favasuli, Jobs Act e buoni lavoro, pericolo precarietà, Linkiesta, 9 ottobre 2014.