Iperborea (pronuncia /iperˈbɔrea/) è una terra leggendaria, patria dell'anch'esso mitico popolo degli Iperborei.
Nei miti della religione greca e nelle dottrine dei loro storici (tra cui Erodoto), gli Iperborei (Ὑπερβόρεoι o Ὑπερβόρειoι, "coloro [che vivono] oltre βορέας") erano un popolo che viveva in una terra lontanissima situata a nord della Grecia. Questa regione era un paese perfetto, illuminato dal sole splendente per sei mesi all'anno. L'appellativo di iperboreo viene riferito da Giamblico nel suo catalogo di pitagorici ad Abaris[1] il quale viene appellato in tal modo anche da Nicomaco[2] mentre Eliano riferisce che, a quanto detto da Aristotele, Pitagora era chiamato dai Crotoniati Apollo Iperboreo[3].
Fonti letterarie sugli Iperborei
Ecateo di Mileto (VI secolo a.C.) colloca gli Iperborei all'estremo Nord, tra l'Oceano (inteso come l'anello d'acqua che la cultura greca immaginava scorrere attorno alle terre emerse come se fosse un fiume) e i monti Rifei.
Ecateo di Abdera (IV-II secolo a.C.), autore di un'opera Sugli Iperborei di cui ci sono pervenuti solo alcuni frammenti, li colloca in un'isola dell'Oceano "non minore della Sicilia per estensione". Su quest'isola, dalla quale è possibile vedere la luna da vicino, i tre figli di Borearendono culto ad Apollo, accompagnati dal canto di una schiera di cigni originari dei monti Rifei.
Esiodo[4] colloca gli Iperborei "presso le alte cascate dell'Eridano (Ἐριδανός) dal profondo alveo". La cultura greca formulò numerose proposte in merito alla sede geografica di questo fiume e due fonti in particolare ci trasmettono la nozione secondo cui l'Eridano sfociasse nell'Oceano settentrionale: Ferecide di Atene[5] ed Erodoto[6], anche se in seguito venne identificato.
Pindaro[7] colloca gli Iperborei nella regione delle "ombrose sorgenti" del fiume Istro (in greco Ἴστρος, l'attuale Danubio). In un passo del Prometeo Liberato Eschilo ricorda la fonte dell'Istro come situata nel paese degli Iperborei e nei monti Rifei; Ellanico di Lesbo[8] e Damaste di Sigeo[9] pongono la sede iperborea oltre i monti Rifei; quest'ultimo, inoltre, ricorda i monti Rifei come situati a nord dei grifoni guardiani dell'oro (si veda a tale proposito il poema di Aristea di Proconneso sugli Issedoni).
Erodoto[10] riassume un poema di Aristea di Proconneso, ora perduto, nel quale l'autore riferiva di un proprio viaggio compiuto per ispirazione di Apollo in regioni lontane, sino al paese degli Issedoni, "al di là" dei quali ci sarebbero gli Arimaspi monocoli, i grifoni custodi dell'oro e infine gli Iperborei, che vivevano in una terra dove il clima era sempre primaverile e piume volteggiavano nell'aria. Bruno Luiselli ricostruisce la posizione degli Iperborei, sulla base di queste indicazioni, come situata in zona uralica.
Per tutte queste caratteristiche idilliache, iperboreo assunse in greco il significato di "felice", "beato".
Iperborea nell'età moderna
L'astronomo e letterato francese Jean Sylvain Bailly, verso la fine del Settecento, fu il primo autore moderno a tornare a parlare di Iperborea, in alcune tra le sue opere più importanti, tra cui le Lettres sur l'Atlantide de Platon (1779) e l′Essai sur les fables et sur leur histoire (postumo, 1798). Egli unì la tradizione di Iperborea al mito di Atlantide, ipotizzando l'esistenza di un'antichissima civiltà nordica. Bailly, nella sua concezione della storia, sosteneva infatti la tesi secondo cui un'Atlantide Iperborea nordica fosse la civiltà originaria del genere umano, che essa avesse inventato le arti e le scienza e che avesse "civilizzato" i Cinesi, gli Indiani, gli Egizi e tutti i popoli dell'antichità. Egli posizionò questo popolo primordiale nel lontano nord dell'Eurasia, nell'isola di Spitzbergen, nei pressi della Siberia, argomentando che quelle dovevano essere state le prime terre abitabili quando la Terra, originariamente incandescente ed inospitale alla vita secondo le ipotesi paleoclimatiche teorizzate da Buffon e Mairan, aveva incominciato a raffreddarsi. Il costante raffreddamento della Terra le aveva però, successivamente, rese inabitabili e aveva seppellito l'ancestrale territorio di questa civiltà sotto delle lastre di ghiaccio, in modo da perdere completamente le tracce degli Atlantidei, e obbligando i loro discendenti a spostarsi più a sud per colonizzare le altre zone del globo.[11][12][13]
Eppure, sebbene l'antirazzista Bailly non avesse fatto riferimento ad alcun tipo di razza umana, da qui a teorizzare un'origine iperborea della "razza ariana" il passo fu breve. Helena Blavatsky descrisse ne La dottrina segreta una storia fantastica dell'umanità, nella quale Iperborea è rappresentata come un continente polare che si estendeva dall'attuale Groenlandia fino alla Kamčatka e sarebbe stata la sede della seconda razza dell'umanità, giganti androgini dalle fattezze mostruose.
Friedrich Nietzsche ne L'Anticristo dice: "Iperborei siamo - sappiamo bene di vivere al margine. 'ne per mare o per terra troverai il cammino che porta agli Iperborei', già recitava Pindaro di noi. Oltre il Nord, oltre il ghiaccio, oltre la morte- la vita nostra, la felicità nostra..." Si riferisce a se stesso e ai suoi lettori elitari, in quanto già nella prefazione del libro precisa: "Appartiene ai pochissimi questo libro. Non ne è venuto al mondo neppure uno di costoro, forse. [...] V'è chi nasce postumo."
Miguel Serrano, scrittore cileno appartenente al filone occultista neonazista, affermò esplicitamente che Iperborea sarebbe stata la prima casa degli ariani dopo lo sbarco sulla Terra dalla "dimensione del raggio verde", che sarebbe stato possibile grazie a una "fessura cosmica" di Venere. La progenie degli ariani con gli "uomini-bestia" allora presenti avrebbe dato origine all'umanità. Questo tuttavia fece sì che gli iperborei perdessero la grazia originale e che la loro terra sprofondasse dentro la Terra cava, dove, nelle città sotterranee di Shambhala e Agartha, ancora si troverebbero uomini-dei di pura discendenza ariana.
Tra gli scrittori che in una magica terra chiamata "Hyperborea" hanno ambientato le loro storie di fantasia vi sono H.P. Lovecraft, Robert E. Howard, Clark Ashton Smith e Miloš Crnjanski.
Identificazioni
Alcuni anno voluto identificare la terra degli Iperborei con un'ipotetica isola che, alla pari di Atlantide, in tempi antichissimi sarebbe stata sommersa (più di 11.000 anni fa), estesa dalle coste occidentali dell'Irlanda (Hibernia) alla Groenlandia, comprendendo interamente l'Islanda (Ultima Thule).
Altri studiosi hanno identificato Iperborea come l'estremità settentrionale di Atlantide, mentre altri ancora con Thule, altri semplicemente con la Scandinavia e il Nord Europa, terre sconosciute e misteriose per gli antichi Greci.
Note
- ^ Giamblico (pag. 921): «Iperboreo: Abaris.». I presocratici, Hermann Diels, Walther Kranz.
- ^ Nicomaco (pag. 583, frag. 13): «[A proposito dei prodigi compiuti da Pitagora. Presero parte a questi prodigi Empedocle di Agrigento, Epimenide di Creta e Abaris l'Iperboreo, e spesso anche loro ne compirono di simili. Lo mostrarono con chiarezza le loro opere, e soprattutto i loro soprannomi: quello di Empedocle era "Domatore del Vento"; "Purificatore" era quello di Epimenide, e quello di Abaris "Aerobata"». I presocratici, Hermann Diels, Walther Kranz.
- ^ Eliano (pag. 223, frag. 7, tratto dal Varia historia): «Aristotele dice che dai Crotoniati Pitagora era chiamato Apollo Iperboreo.». I presocratici, Hermann Diels, Walther Kranz.
- ^ Fr. 150 Merkelbach-West, vv. 21-24.
- ^ F 16 a J.
- ^ II 115,1.
- ^ Olimpiche, 3,13-16.
- ^ F 187 b e c J.
- ^ F 1 J.
- ^ IV 13.
- ^ Edwin Burrows Smith, Jean-Sylvain Bailly: Astronomer, Mystic, Revolutionary (1736-1793).
- ^ Dan Edelstein, Hyperborean Atlantis: Jean-Sylvain Bailly, Madame Blavatsky, and the Nazi Myth.
- ^ David Allen Harvey, The lost Caucasian civilization: Jean-Sylvain Bailly and the roots of the Arian myth.
Bibliografia
- I presocratici, Hermann Diels, Walther Kranz, a cura di Giovanni Reale, Bompiani, Milano, 2006 ISBN 978-1-234-56789-7
- John Michael Greer, Dizionario enciclopedico dei misteri e dei segreti, Milano, Mondadori, 2008, pp. 283-284.