giovedì 27 aprile 2017

La Turchia aggredisce il Kurdistan siriano, continuando la "pulizia etnica" e il genocidio di un popolo nell'indifferenza generale.

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Negli ultimi due giorni la Turchia ha compiuto il più feroce attacco aereo tra Siria e Iraq degli ultimi anni: con 26 raid l’aviazione di Ankara ha colpito Rojava, nord della Siria, e Sinjar, nord-ovest dell’Iraq. Si parla di oltre 100 morti in poche ore.
Nel mirino sono finite le Ypg kurde, spina dorsale delle Sdf e principali alleati degli Usa nella lotta contro l'Isis. Tanto che ieri funzionari statunitensi hanno visitato le zone colpite a Rojava per portare solidarietà e valutare i danni.
Oggi i bombardamenti si sono intensificati sia nella provincia di Efrin che nel Rojava, ma la cosa più grave è l'ingresso delle truppe di terra dell'esercito turco nelle città curdo-siriane di Tall Abyad (Til Ebyed) e Darbasiyad



Un cortocircuito esplosivo con alleati di lungo corso che si bombardano a vicenda, per poi tornare serenamente a sedere allo stesso tavolo. Ma l’aggressività della Turchia – che, come ci si attendeva, vive un’escalation figlia dei super poteri che il presidente Erdogan si è attribuito con la riforma costituzionale – non frena di fronte agli interessi dell’amico statunitense. L’obiettivo è chiudere il capitolo kurdo, in casa come alla frontiera.
La violenza su Rojava e Sinjar ne è la prova immediata. In Siria sono state colpite le postazioni Ypg a Derik, a al-Malikiyah e sul monte Qaraqox nella provincia di Hasakah, estremo oriente siriano, ma anche zone residenziali, la radio Denge Rojava e un media center. Tra i morti ci sono combattenti, civili e giornalisti.
In Iraq sono state centrate le basi delle Ybs e quelle dei peshmerga e gli uffici di Cira Radio.
La risposta kurda è stata immediata: a Diyarbakir i partiti turchi di opposizione Hdp e Dbp hanno fatto appello alla gente perché protesti, mentre migliaia di persone da Qamishlo, Derik e Hasakah raggiungevano Qaraqox per manifestare contro i raid. La leadership militare ha accusato il Kdp di Barzani di aver fornito a Ankara le coordinate dei bersagli nemici.
Una parziale conferma, almeno politica, arriva dal Ministero dei Peshmerga di Erbil che in un comunicato definisce «doloroso e inaccettabile» il raid.
Il corridoio di intervento turco è definito e ormai collegato: Ankara ha cominciato a ovest, due anni fa, l’operazione contro le montagne irachene di Qandil, dove il Pkk si ritirò durante il processo di pace; ha proseguito l’anno scorso ad est contro Rojava, nord della Siria; ora prende di mira Sinjar, alla frontiera tra i due paesi, e il governatorato di Erin, nell'overst siriano.
Difficile non vedere nella sequela di bombardamenti e interventi di terra, prima in Iraq, nel novembre 2015, inviando truppe a Bashiqa e poi in Siria con l’operazione Scudo dell’Eufrate ad agosto 2016, adesso ai confini con il Rojava, il chiaro obiettivo di creare una zona cuscinetto al confine, operando una pulizia etnica della presenza kurda,
Non si può dire che Erdogan non abbia avvisato: un mese fa aveva finto di chiudere Scudo dell’Eufrate e annunciato il lancio di una seconda, ben più pesante offensiva.


Mappa delle terre non private degli Stati Uniti

Non-Private Land in the United States