Come tutti sanno, nel 1996 si manifestarono apertamente due fenomeni le cui conseguenze erano destinate a cambiare, in modo rapido e radicale, la vita dell'umanità intera: 1) la diffusione, in massa, dei telefoni cellulari di prima generazione e 2) l'altrettanto grande diffusione di massa della connessione dei singoli PC con Internet, il World Wide Web che metteva in rete tutti i terminali del mondo. Certo il tipo di connessione, all'epoca, era ancora molto lento, primitivo e costoso, ma le potenzialità della telematica, che già allora si intravvedevano, erano immense, sconfinate e irreversibili.
In quell'anno anche l'allora giovane Roberto Monterovere comprò il suo primo telefono cellulare, un Motorola dalle dimensioni gigantesche, che regnò fino alla fine del Millennio, quando venne sostituito dal piccolo e indistruttibile Nokia, che il nostro anti-eroe amò profondamente e lo rimpianse per il resto della vita, perché quelli che vennero dopo lo spaventarono fin dall'inizio. Lui aveva infatti capito, prima di tutti gli altri, che i cellulari di seconda generazione, gli smartphone (Apple o Samsung che fossero), avrebbero schiavizzato i loro presunti padroni.
Ma nel 1996 nessuno poteva prevederlo, nemmeno Roberto, che con grande entusiasmo scoprì Internet e lo accolse con gioia, perché era una fonte di conoscenza.
Ognuno era consapevole che una nuova era stava incominciando, con una rivoluzione tecnologica paragonabile a quella scientifico-copernicana, che toglieva l'uomo dal centro dell'universo, alla rivoluzione industriale, che dava il via all'automatismo, alla rivoluzione darwinista, che faceva discendere l'uomo dalle scimmie e da quella freudiana, che rendeva il soggetto cosciente non più padrone in casa propria.
Internet e l'i-phone furono l'esito finale della Terza Rivoluzione Industriale, quella telematica, elettronica, informatica, cibernetica e delle telecomunicazioni.
Chi appartiene alla generazione del nostro protagonista non poteva però immaginare che la prospettiva di unire Internet alla telefonia mobile avrebbe creato la bolla speculativa della New Economy e del Nasdaq, scoppiata nel 2001.
Era invece più facile prevedere, per la generazione di Roberto, quella dei Pionieri, il fatto che, dopo la successiva invenzione dell'i-pod, si sarebbe infine giunti, nel 2007, a quella dell'i-Phone, che rendeva l'uomo un'appendice biologica della rete e della tecnologia mobile che lo teneva connesso al web.
Tornando alla nostra narrazione, e al nostro personaggio, va detto che gli Internet Points dell'università che frequentava negli Anni Novanta, erano pochi e avevano enormi limitazioni, ma Roberto ne diventò subito dipendente. L'ennesima dipendenza, perché lui era fatto così: sapeva di aver bisogno delle stampelle, per poter tenere il passo con gli altri, e non aveva nessun problema ad usarle, anche a costo di aggirare astutamente le regole, con le sue solite mezze verità e la sua innata vocazione teatrale, con la quale, se avesse voluto, avrebbe saputo far ridere o piangere persino le pietre.
Naturalmente nel '96 si era ancora agli albori dell'Età Post-Umana. Le tecnologie telematiche erano ancora rudimentali e agli occhi della generazione successiva sarebbero apparse ridicole, ma qualcosa di positivo c'era.
C'era una grande libertà nell'Internet delle origini, culminata nella prima decade del nuovo Millennio, poi arrivarono le regole, la censura, il copyright e tutto è fu lottizzato e venduto al miglior offerente. La chiamarono "civiltà", ma era l'ennesimo imperialismo sotto nuove vesti. Divenne sempre più difficile trovare terre vergini persino nel mondo virtuale.
Ma nel periodo aureo tra il 1996 e il 2007, Internet era un far west da colonizzare, e i pionieri che ci riuscirono ottennero un potere e una ricchezza tali da imporsi per i decenni successivi.
Chi in quegli anni era stato in grado di crearsi un proprio sito internet e poteva contare su una certa intraprendenza, organizzazione, consulenza e disponibilità a livello di tempo e di denaro, così come, nel caso della moda, di una certa fotogenia e immaginazione, in molti casi era riuscito a creare i fondamenti di un impero.
Nulla di tutto questo, ovviamente, rientrava nelle possibilità di Roberto, il cui analfabetismo in materia tecnologica, informatica ed elettronica era notorio e irrecuperabile.
Il giovane Monterovere utilizzava quel primo, rudimentale, Internet, come una specie di bizzarra enciclopedia dove spulciare per trovare informazioni sulle materie più disparate.
Molti non lo ricorderanno, alcuni forse non erano ancora nati, ma risulta strano anche a noi che abbiamo memoria di quei giorni, pensare a quel primo Internet lentissimo, con motori di ricerca preistorici, con chat scalcagnate e volgari finestre pornografiche che spuntavano indesiderate da tutte le parti, per rubare il mercato ai numeri di telefono a luci rosse ("i pipparoli", si diceva, ai tempi).
Probabilmente il maggiore impulso "dal basso" per la diffusione di internet fu proprio collegato al sesso e non solo per il materiale pornografico e osceno di cui si è detto, ma anche perché il fine ultimo delle chat e, successivamente, dei social network, era, nella maggior parte dei casi, quella di conoscere persone disposte a incontri e appuntamenti.
Erano cose rischiose e lo sono ancora, ma molte relazioni destinate ad aver successo nacquero così.
Nel bene o nel male, Internet rappresentava un universo di occasioni e possibilità a cui era difficile resistere, persino quando, agli albori, nella sua versione cosiddetta 1.0, il Web era lento e costoso.
Riuscite a ricordare un Internet senza adsl, senza Google, senza Social Network, senza Wikipedia?
Quello era il Web di fine Millennio, prima di MySpace, prima delle fashion blogger, prima degli influencer, prima dell'I-Phone, prima della mercificazione della vita prima, insomma, prima dell'Impero del Male dominato dai cloni di Chiara Ferragni.
I lettori potrebbero giustamente puntare il dito contro chi scrive dicendo: "guarda che anche l'Imperatrice del Male è partita usando la stessa piattaforma Blogger su cui tu stai scrivendo queste minchiate".
Chi scrive è approdato qui molto tempo dopo l'Età dei Pionieri, quando ormai il far west era stato colonizzato, conquistato e spartito, e tutti gli altri vivevano come nelle riserve indiane.
Ma la nostra intenzione dichiarata, in quanto "voce di uno che grida nel deserto", è sempre stata quella di essere, con umiltà e spirito di servizio, testimoni trasparenti e cronisti fedeli degli eventi terribili e mirabili che avvennero negli anni compresi tra il 1996 e il 2016, quando Roberto Monterovere, dopo innumerevoli viaggi, odissee, imprese e peripezie, si ritirò a vita privata e segreta, come le grandi dive del passato.
La famiglia Monterovere, nel suo insieme, ebbe una parte singolare e sperimentale, nei casi più controversi e negli affari misteriosi che, tramite lo zio Lorenzo e poi il suo delfino Roberto, videro la grande "guerra dei cloni e dei cyborg" che avrebbe dato il via all'Età Post-Umana.
Mentre a San Francisco si costruivano gli attuali Pilastri della Terra (Apple, Microsoft, Google, Facebook-Instragram, Twitter e tutti gli altri che vennero dopo), e mentre l'I-Phone faceva strage dei cervelli umani, in segreto si consumava una guerra ancora più spietata, quella tra i sostenitori dell'evoluzione biologica, rappresentati dalla Tessier-Ashpool Corporation, e i propugnatori delle Intelligenze Artificiali, guidati dalla Mizuhara Electronics.
Nel 1996 ancora la situazione era quella di una tregua armata e vigilata, ma si sapeva che nel giro di pochi anni si sarebbe scatenato l'inferno.
Roberto Monterovere percepiva nell'aria l'elettricità che precede le tempeste, ma non poteva immaginare che, per tutta una serie di decisioni sbagliate (in pochi commisero tanti errori quanti ne commise lui), si sarebbe trovato coinvolto nelle cospirazioni più abiette e nelle trame più allucinanti che si svolsero nei vent'anni successivi, che videro l'inizio dell'Età Post-Umana, quella in cui la tecnologia andò oltre l'umanesimo, dando dalla luce una generazione di idioti.
Eppure le premonizioni non erano mancate, Roberto percepiva il pericolo, ne intravedeva i contorni, scorgeva l'abisso e se ne ritraeva, disgustato.
Lo zio Lorenzo sosteneva che quelle premonizioni erano il suo retaggio ancestrale, l'unico vero motivo per cui era stata consentita la sua nascita e la sua formazione.
Ci sono due tipi di persone che affermano di avere poteri sovrannaturali: quelle che ci credono davvero e quelle che credono di poter nascondere per sempre i loro trucchi. Sbagliano entrambe.
Ciò che noi chiamiamo sovrannaturale è semplicemente ciò a cui ancora non abbiamo saputo dare una spiegazione scientifica, che un giorno scopriremo.
Nessuno può prevedere il futuro, altrimenti costui adesso sarebbe l'Imperatore della Galassia, ma le premonizioni esistono e sono come i sogni: improvvise, vaghe e difficili da ricordare e ricostruire.
Svaniscono come lacrime nella pioggia.
Eppure qualche traccia rimaneva, qualche intuizione, qualche impressione, come la descrizione degli occhi di lady Jane Tessier-Ashpool, così come l'aveva scritta William Gibson.
Her eyes were eggs of unstable crystal, vibrating with a frequency whose name was rain and the sounds of trains, suddenly sprouting a humming forest of hair-fine spines.
The spines split, bisected, split again, exponential growth under the dome of the Tessier-Ashpool ice.” ― William Gibson, Neuromancer
Le intuizioni di Gibson in "Neuromante" erano state notevoli, e il suo romanzo divenne giustamente la Bibbia del genere Cyberpunk, tanto che l'autore poteva essere considerato il primo Profeta dell'Età Post-Umana, intendendo con il termine "profeta" non tanto un filosofo, e men che meno un informatico, quanto piuttosto un chiaroveggente.
Era il tipo di intuizione alla Thomas Eliot, quando ci ammoniva dicendo che "Il mondo finirà non con uno schianto, ma con un gemito".
E il gemito è stato talmente lieve ed evanescente che nessuno si è accorto che il mondo è già finito e che noi siamo tutti ormai le ombre di noi stessi, nell'inferno di una terra senza speranza.
I profeti ci avvertono, i poeti veggenti ci ammoniscono: "Non a lungo brilleranno le luci nell'Acropoli" (Montale), "Le persone felici non hanno storia" (Simone de Beauvoir), "ma è ormai venuta l'ora di andare: io a morire, e voi, invece, a vivere. Ma chi di noi vada verso ciò che è meglio, nessuno lo sa (Socrate).
Ci soffermiamo su quest'ultimo. Le sue ultime parole furono: «O Critone, noi siamo debitori di un gallo ad Asclepio: dateglielo e non dimenticatevene!» Com'era possibile che un così grande uomo lasciasse questo mondo con parole così assurde.
Lo capì, molti secoli dopo, Friedrich Nietzsche, che Socrate ringraziava il dio della medicina per averlo guarito dalla malattia del vivere:
«Queste ridicole e terribili "ultime parole" significano, per chi ha orecchie: O Critone, la vita è una malattia!»
L'inferno e il paradiso convivono, sono qui tra noi, ci sfiorano ogni giorno, insieme ai nostri fantasmi, quelli che portiamo con noi, quelli che abbiamo perduto e quelli che abbiamo trovato, quelli che se ne sono andati da così tanto tempo che ormai non ce ne ricordiamo nemmeno il nome, e quelli invece cha abbiamo amato di più, e non riusciamo a dimenticare neppure se lo vogliamo.
Questi sono i fantasmi, non quelli dei film horror o dei racconti gotici: il soprannaturale vero ha un impatto meno spaventoso, ma può infliggere un dolore più grande.
All'inizio pensiamo: sono andati via tutti. E zitti, come se niente fosse. Restano solo voragini di inesistenza. Ed è quest'ultima che rimane l'unica compagna dei sopravvissuti.
Ma non è vero: non sono mai andati via, sono dentro di noi, e ci parlano e noi sappiamo le loro risposte, sappiamo già cosa direbbero, non c'è bisogno di un altro mondo per comunicare.
La stessa cosa vale per le premonizioni.
E' come quando cerchi con lo sguardo una maglia e non la vedi perché ci sei seduto sopra.
Il veggente se ne accorge, gli altri no, e allora lui ci fa la figura del pazzo.
Dicono che il veggente si sia nascosto in un mondo che nel mondo non c'è. I medici liquidano la questione in due secondi: ""E' una persona emotiva, non saprebbe come gestire la situazione".
Ma poi la situazione viene data da gestire a quei tipi di persone che vanno in bicicletta senza tenere le mani sul manubrio.
Peggio di tutti sono gli economisti alla Monti, lo diceva spesso Roberto: "L'economia è una pseudoscienza: ha meno credibilità dell'oroscopo."
Aveva frequentato un'università costosa e quotata, ma alla fine cos'era rimasto? Solo teoria e nessuna esperienza. Era il guaio della sua generazione, i cosiddetti Millennials, per i quali valeva il detto: affacciarsi al mondo lavorativo da neolaureato senza esperienza è come tuffarsi in una piscina vuota.
Roberto attribuiva molte colpe al fatto di essere stato distratto dall'amore che provava per Aurora, e certamente non aveva tutti i torti, e chi lo conosce bene può concordare.
In fondo è sorprendente come il modello comportamentale umano dell'amore sia simile a quello della demenza.
Un delirio costante, in cui le emozioni opposte sono sempre in contatto tra loro, "schiena contro schiena", per coprirsi le spalle a vicenda.
L'essere stato tradito da Aurora rappresentò senza dubbio uno dei più grandi dolori della sua vita, perché Roberto l'ha amata veramente, invece lei... be', non ne siamo del tutto sicuri.
Se una persona tradisce il partner e dice "quella storia non ha significato niente", raddoppia la gravità di quello che ha fatto, perché non solo si rivela essere indegno di fiducia, ma anche meschino nelle motivazioni che l'hanno spinto al tradimento.
Se proprio hai tradito, almeno doveva valerne la pena, ma se sei una persona che tradisce spinta solo da futili motivi, allora come ci può fidare di te?
Roberto avrebbe dovuto troncare con lei molto prima, un po' come si fa adesso, che ci si lascia con un messaggino su WhatsApp (o come diavolo si scrive!).
Lui e Aurora si lasciarono molto prima di WhatsApp, ma gli sms c'erano già, e molto veleno poteva scorrere tramite i messaggini.
Ma Roberto preferiva dire le cose guardando le persone dritte negli occhi e già sapeva cosa avrebbe detto, alla fine, come addio finale a quella ragazza bellissima e crudele.
"Soltanto Dio, mia cara, potrebbe amarti per te stessa, e non per i tuoi capelli biondi" (era una citazione da William Butler Yeats, perché Roberto, come sappiamo, aveva imparato a memoria molte citazioni, ma aveva persino la presunzione di correggerle e migliorarle, per renderle più efficaci)
Ma a prescindere da Aurora, Roberto non avrebbe comunque combinato gran che, perché la sua attenzione era verso quel mondo di libri che gli aveva aperto le porte dell'infinito.
"Che altri si vantino delle pagine che hanno scritto; io sono orgoglioso di quelle che ho letto", disse una volta Jorge Louis Borges. Il venerabile Jorge. Il veggente nel suo luminoso buio.
Bruciare i libri è grave, ma non leggerli è ancora più grave. E questo lo disse Josif Brodskij.
Ancora citazioni! Ma non dovete pensare che Roberto le usasse per mostrarsi colto, perché non era uno sbruffone. Era un novizio, un accolito, destinato ad essere iniziato agli antichi Misteri, gli Arcani Supremi, e fu allora che la situazione gli sfuggì di mano, ma non vogliamo anticipare troppo.
L'unica cosa che vogliamo sia chiara fin dall'inizio del resoconto dei venti anni più oscuri della sua vita, quelli di cui si è saputo ben poco perché lui è stato molto abile a confondere le acque e a rimestare nel torbido, è che il suo ritiro non fu dovuto a una sconfitta, ma a una scelta molto ponderata, una scelta altruistica, anche se a saperlo sono in pochi.
In ogni caso, da Iniziato, lui scelse l'Antica Via, quella "biologica" e respinse la Nuova Via, quella che aprì la strada al predominio degli Automi, gli arconti dell'Età Post-Umana.
C'è infine un'ultima questione su cui occorre dire la verità.
Alcuni hanno insinuato che la sua critica all'Età Post-Umana fosse dovuta ad una frustrazione personale antecedente-
In realtà è l'esatto contrario.
Le grandi frustrazioni sono giunte, per tutti, quando la tecnologia è andata oltre la nostra umanità.
Ognuno di noi ne ha risentito, persino voi che leggete, e persino quelli che ne hanno tratto vantaggio, che hanno avuto successo grazie all'eco dei social media, compresi alcuni grandi nomi facilmente intuibili, sono diventati persone insicure, che hanno bisogno dei like dei loro follower per sentirsi qualcuno.
Per Roberto non è mai stato così: lui parlava ai pochi che potevano capire, agli happy few: "Noi pochi, noi felici pochi, noi, manipolo di fratelli!".
Però noi non abbiamo vinto la battaglia di Azincourt.
Ma se ci cita l'Enrico V del Grande Bardo di Stratford upon Avon, non è permessa alcuna correzione.
Noi gridiamo nel deserto, ma non lo facciamo con astio: non siamo haters, per usare il linguaggio di adesso.
Lo diciamo con umana compassione, perché l'esposizione costante sfianca anche i più esibizionisti, che spesso crollano per malattie che sono conseguenza dello stress, e quel disperato tentativo di far parlare di sé, li rende così esposti alla negatività e alle maledizioni altrui, che alla fine, quando la sorte li colpisce, essi meritano la nostra pietà.
Tutto questo per dire che non bisogna farsi abbagliare dal modello di vita degli influencer.
Riflettiamoci.
E' forse questo il futuro che vogliamo per i nostri figli?
La nostra frustrazione sta anche nel fatto che non siamo in grado di proteggerli da questo bombardamento mediatico che li disorienta e li rende prematuramente cinici e tormentati.
Chi dice che non è così mente a se stesso.
Ammettiamolo! Di fronte ai nativi digitali siamo disarmati, non sappiamo cosa fare, cosa dire.
Ma frustrazione che proviamo e che provano i nostri figli è gestibile solo se ci sono risposte adeguate all'esistenza della realtà post-umana in cui ci troviamo.
E la negazione della realtà è sempre una risposta inadeguata.