giovedì 9 gennaio 2014

Perchè i gatti dormono nel letto degli umani?


Il gatto, come sappiamo, ha una personalità difficilmente addomesticabile. Il suo istinto è tale che, se lo lasciassimo fare, lo troveremmo a mangiare nei nostri piatti, a passeggiare sul tavolo. Nel caso dei gatti di appartamento, la cui igiene è più controllata, questo a volte viene tollerato, ma non potrebbe essere tollerabile nel caso in cui il gatto viva in parte fuori casa. Gli stessi istinti lo spingono a dormire nei nostri letti, anche in nostra presenza. Per quale motivo?
Ecco una serie di ragioni che gli etologi hanno verificato:
1) I gatti, come tutti i felini, preferiscono dormire in un punto rialzato, da cui poter controllare meglio l’ambiente circostante. Il letto soddisfa questo requisito.

2) I gatti hanno l'istinto di mimetizzarsi. Le caratteristiche delle coperte sembrano essere fatte apposta per questo.

3) Il gatto hanno una temperatura interna molto superiore alla nostra. Per mantenerla, necessitano, specie d'autunno e d'inverno, di dormire in luoghi caldi e a contatto con fonti di calore. E non c'è nulla di più caldo e comodo del nostro morbido giaciglio.



Ma allora non c'è una ragione di affetto che lega il gatto al suo padrone? Secondo gli etologi può esistere, nel senso che il gatto tende a vedere nell'umano che se ne prende cura, una prosecuzione della madre.

Se il gatto vive con più persone, le percepisce come una comunità e tende a legarsi con chi glielo permette, come se cercasse la protezione di un capobranco dominante.

Ma è salutare per noi dormire col gatto? Alcuni studi medici hanno dimostrato che le persone che convivono con un animale domestico sviluppano meno allergie, ma gli stessi studi hanno anche dimostrato che il rischio di manifestare allergie aumenta sensibilmente se dormiamo con loro nello stesso letto. Non dimentichiamo inoltre che chi dorme insieme a noi ha gli stessi nostri diritti, non possiamo imporre anche ad altri la presenza del nostro gatto nel letto.

In caso di allergia o di altre controindicazioni, basterà chiudere la porta di camera e lasciarlo in salotto; non tarderà certo a trovare un nuovo giaciglio altrettanto confortevole.
In commercio esistono cucce di varie forme e dimensioni in cui potrà riposare altrettanto bene. Chi possiede un gatto sa che ama molto le scatole che presentano molti vantaggi simili a quelli di un letto. Eventualmente potremmo dotare la sua scatola con una vecchia coperta e potremmo convivere tutti in maniera serena. Il nostro gatto potrà comportarsi come prevede la sua natura felina e noi potremmo amarlo comunque continuando a vivere come esseri umani in mezzo ad altri esseri umani.

Alcune frasi da pronunciare più spesso ai bambini





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Ci sono frasi che spesso diamo per scontate e che per questo non vediamo la necessità di dire ad alta voce. Ma i nostri figli attendono di sentirsi dire queste parole, ne hanno bisogno. Cercate di ricordare sempre ai vostri bambini ciò che sentite per loro, e siate sinceri quando pronunciate queste parole.
1. “Mi piace giocare con te” o “Adoro stare con te”, oppure “Con te mi diverto un sacco”. Per i bambini è davvero importante sapere che anche per voi il tempo trascorso insieme è stato bello e che non avete giocato con loro solo per dovere o per farli contenti ma perché siete voi stessi a divertirvi in loro compagnia.
Alla fine della giornata, prima della buonanotte, è bello ripercorrere insieme tutte le attività che si sono svolte durante la giornata, aiuteranno il bambino a ricordare i momenti più belli e si sentiranno rassicurati.
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2. “Mi sei mancato!” - ogni volta che vi dovete allontanare, per lavoro o per altri motivi, al ritorno ribadite al bambino che avete sentito la sua mancanza. In questo modo saprà che lo pensate sempre, anche quando non siete materialmente vicini, e che non vi allontanate da lui perché vi fa piacere stare in sua assenza, ma solo perché a volte è necessario.
3. “Ti capisco” , “So come ti senti” - A volte si tende a sottovalutare quelli che possono essere i problemi infantili, giudicandoli di poco conto, ma dal punto di vista del bambino non sono affatto così. Fate sentire ai vostri figli che li capite, che i loro problemi e le loro ansie per voi sono importanti, ascoltateli ora, non aspettate che arrivi il giorno in cui loro non vorranno più parlare.
4. “So che ci riuscirai!”, “Vedrai che andrà bene.” “Non preoccuparti, prova!” – frasi come questa stimolano i bambini a pensare positivo, ad aver fiducia nelle proprie forze e a sentire l’appoggio dei genitori. Se ripetete ai bambini frasi del tipo: “E’ impossibile”, “non sei capace”, “sei troppo piccolo per riuscirci”… – i bambini tenderanno ad arrendersi presto o addirittura a smettere di provarci, convinti che veramente non sia possibile o che loro non hanno le capacità per farcela . Neanche noi grandi conosciamo i limiti del possibile, perciò non abbiamo nessun diritto di privare i piccoli dei propri sogni, per quanto “impossibili” ci possano sembrare.
Piuttosto rassicurateli dicendo: “se non ci riesci subito non ti scoraggiare, le cose non vengono bene al primo colpo, ci vuole allenamento ed esperienza. Sbagliando si impara”
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5. “Ti voglio bene”, “Ti voglio bene, anche quando sono arrabbiata”, “Ti voglio bene anche quando fai i capricci” - Questa è la frase più importante, la frase che vostro figlio vuole sentire da voi a qualunque età. E’ importante che nella sua testa si imprima bene il concetto, la sicurezza che qualsiasi cosa succeda, ci sono i suoi genitori che lo amano semplicemente perché esiste. Che si comporti bene o male, che mangi o non mangi, che dorma o non dorma, che venga sgridato o lodato…l’amore non cambia.
Non importa quante volte lui dica queste parole a voi, quello che conta è quante volte voi le dite a lui.
Inoltre, non dimentichiamo un’altra cosa importante: per esprimere i propri sentimenti non ci sono solo le parole , ma anche i gesti. I gesti sono altrettanto importanti!Guardate vostro figlio con gli “occhi buoni”, abbracciatelo, sorridetegli, coccolatelo, baciatelo…l’amore non è mai troppo.
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La Società Geografica Italiana propone 36 regioni: mappa bizzarra o delirante?



Che nomi potremmo dare alle 36 regioni in cui, secondo la Società Geografica Italiana, dovrebbe essere divisa l'Italia per aree "efficienti, omogenee, di dimensioni ottimali" che sarebbero chiamate "dipartimenti"
Ma sentiamo la motivazione di questa trovata piuttosto bizzarra:

Per evitare conflitto di attribuzione fra enti, problema fra Stato e Regioni originato dalla riforma federalista del centrosinistra datata 2001 (rivoluzionato il Titolo V della Costituzione), e “l’iperterritorializione” in cui si è insabbiata la macchina statale fra 110 province e innumerevoli Comunità montane e non montane, lo studio della Sgi propone una nuova divisione del territorio in 36 dipartimenti. Ecco quali, partendo da Nord-Ovest e finendo con le Isole:
1. Aosta, Verbano-Cusio-Ossola, Novara, Biella, Ivrea
2. Torino
3. Cuneo, Asti, Alessandria
4. Milano e Pavia
5. Bergamo, Como, Lecco, Varese, Sondrio, Monza-Brianza
6. Piacenza, Cremona, Parma
7. Brescia, Verona, Mantova
8. Trento e Bolzano
9. Venezia, Padova, Vicenza, Treviso, Belluno
10. Trieste, Udine, Pordenone, Gorizia
11. Ferrara e Rovigo
12. Genova, Savona, Imperia
13. Bologna, Modena, Reggio Emilia
14. Ravenna, Rimini, Forlì Cesena
15. Pisa, Livorno, La Spezia, Lucca, Massa e Carrara
16. Firenze, Arezzo, Pistoia, Prato
17. Siena e Grosseto
18. Ancona, Pesaro-Urbino, Macerata, Ascoli Piceno, Fermo
19. Perugia e Terni
20. Roma, Viterbo, Rieti
21. Latina, Frosinone, Isernia
22. L’Aquila, Pescara, Chieti, Teramo
23. Napoli e Caserta
24. Salerno, Benevento, Avellino
25. Potenza e Matera
26. Foggia e Campobasso
27. Bari e Bat (Barletta-Andria-Trani)
28. Lecce, Taranto, Brindisi
29. Cosenza, Catanzaro, Vibo Valentia, Crotone
30. Reggio Calabria
31. Messina
32. Catania e Siracusa
33. Ragusa, Agrigento, Caltanissetta, Enna
34. Palermo e Trapani
35. Cagliari, Carbonia-Iglesias, Medio-Campidano, Oristano
36. Sassari, Nuoro, Olbia-Tempio

La "book therapy": curarsi con i libri.





In Inghilterra la “Book therapy”, che si basa sugli studi dello psichiatra gallese Neil Frude, viene riconosciuta dal National Health Service, il servizio sanitario inglese, con già 100mila libri prescritti in poco meno di due mesi. 

In Italia intanto, esce Curarsi con i libri. Rimedi letterari per ogni malanno, (ed. Sellerio), un appassionante dizionario di romanzi e scrittori dalle singolari virtù terapeutiche.



 «Qualunque sia il vostro disturbo, la nostra ricetta è semplice: un romanzo (o due), da prendere a intervalli regolari» così si legge nella nota di Fabio Stassi,il curatore del libro per l’edizione italiana. 

Quello che il volume vuol mettere in luce è che se letto nel momento giusto un romanzo può davvero cambiarci la vita, e questo prontuario è una celebrazione del potere curativo della letteratura dai classici ai contemporanei, dai romanzi famosissimi ai libri più rari. 

Già Aristotele parlava di "catarsi" riferendosi alla finalità purificatrice del pathos tragico.
In quest'ottica, per esempio, il romanzo di  Emily Brontë potrebbe "esorcizzare" il dolore di un cuore spezzato, mentre sarebbe possibile contrastare un carattere che pecca di arroganza leggendo Jane Austen. 

Il postino suona sempre due volte, di James M. Cain, è scritto con una tale impetuosa esuberanza che può aiutare a vincere l'apatia. Alla fine, ci si troverà a camminare a passo svelto, e a gettare al vento la prudenza, convinti di poter decidere del proprio destino, pronti a imboccare una nuova strada, più spontanea e intraprendente, per quanto leggermente spericolata. 


Ma sfogliando le pagine del “prontuario” proviamo a scoprire più nel dettaglio che, secondo l'autore, la lettura di un romanzo potrebbe insegnare persino come contrastare o convivere con una malattia fisica o un periodo di convalescenza.

Gli esempi non mancano e sono ben documentati, ma sarebbe riduttivo trattarne in sintesi in questa sede, per cui consiglio prima la lettura del testo Curarsi con i libri e poi la lettura dei romanzi prescritti a seconda delle esigenze e delle situazioni.

Chi sono i "geek" e come si distinguono dai "nerd"?




Geek (pronuncia: /ɡiːk/) è un termine di origine anglosassone che indica una persona strana o non collocabile nella massa, con una forte passione o esperienza nel campo tecnologico-digitale o in un altro campo di interesse speciale, che porta a presentarsi come eccessivamente originale o intellettuale.
Il termine è usato spesso in tono auto-referenziale e come fonte di orgoglio e a volte con una accezione leggermente spregiativa.


Come molte parole nate "dal basso", a seconda del contesto e della competenza del parlante il termine geek può assumere diversi significati. Se una persona si autodefinisce "geek", intende la prima delle seguenti definizioni; le altre sono generalmente date da persone esterne.
  • Una persona che è interessata alla tecnologia, specialmente all'informatica e ai nuovi media. Molti hacker non vogliono essere chiamati geek, ma nel linguaggio comune le due parole possono essere facilmente interscambiate. 
  • Una persona con una devozione verso qualcosa in un modo che la dispone fuori dal comune (avvicinabile al concetto di otaku). Ciò può essere dovuto all'intensità, alla profondità o al soggetto del suo interesse.
Esistono diversi tipi di geek. Il geek informatico è il più noto.



Per estensione ogni campo di studi e molte realtà culturali hanno i loro geek. Per esempio esistono geek in politicageografia,scienze naturaliastronomiamusica...

... storialinguisticasport, ma anche tra i giocatori di ogni genere, tra i radio-amatori, tra i fruitori di anime e manga (rispettivamente animazione e fumetto giapponesi), più spesso detti otaku, tra gli appassionati della serie televisiva Star Trek, chiamati trekkie o trekker, e in molti altri ambiti ancora.
Il termine geek ha sempre avuto una connotazione negativa nella società in generale, infatti essere descritti come geek tende ad essere un insulto. Il termine recentemente è diventato meno spregiativo, o persino un titolo onorifico in particolari campi o culture; ciò è particolarmente evidente nelle discipline tecniche, dove la parola è ora più che altro un complimento che indica straordinarie abilità.
Rispetto al nerd, cioè al classico "sfigato", il geek è meno inetto a livello sociale, oltre che esteticamente e psicologicamente più interessante, misterioso e quindi attraente.





Renzi, Obama e Vanna Marchi: l'illusione del "yes we can"



Stasera, mentre leggevo l'ennesima sparata di Renzi, in stile "sette chili in sette giorni", mi è venuto in mente Obama, che qui sopra vediamo in un "selfie" di pessimo gusto davanti alla bara di Mandela (notate che Michelle fa finta di non vedere).
Yes we can.
Con questa formula, ripetuta come un mantra, il giovane Obama conquistò l'America e nonostante le evidenti delusioni del primo mandato, riuscì poi a farsi rieleggere perché "incarnava il nuovo" e pertanto lo rendeva facile.
Renzi, si parva licet componere magnis, ha applicato la stessa strategia di marketing.
Legge elettorale? In una settimana! 
Riforma del lavoro? In otto mesi si può fare. 
Mi chiedo a volte se persino lui ci creda.
Credere di poter fare in poco tempo quello che nessun altro è riuscito a fare in vent'anni.



Crede di aver rottamato Bersani e D'Alema, ma sono stati gli elettori ad aver tolto di mezzo la vecchia classe dirigente del PD, nelle elezioni del febbraio 2013, quando il povero Bersani si credeva già a Palazzo Chigi e Monti e Casini al Quirinale.
Ma gli elettori hanno detto no.
Letta e Renzi hanno preso la palla al balzo: due democristiani si sono mangiati il partito comunista.
Del resto lo aveva già fatto Prodi.
La sinistra vince quando candida un democristiano. E' la sua nemesi.
Ma rispetto a Prodi, che era comunque legato, come immagine, alla vecchia guardia, il giovane Renzi, mio coetaneo tra l'altro, ha saputo, incarnare l'idea che il rinnovamento sia facile e rapido.Vent'anni fa ci aveva provato Berlusconi, che poi ha scoperto sulla sua pelle che il rinnovamento non può essere contemporaneamente facile e rapido.
Un anno fa ci ha provato Grillo, il cui fallimento è evidente.
Alla fine si è arreso anche Obama, la cui riforma sanitaria, pur mossa da buone intenzioni, si è schiantata contro un iceberg di inefficienze e ingenuità. A voler essere buoni.
Ma è così difficile capire che niente è facile e rapido?
Non occorre tirare in ballo i sognatori e gli utopisti.
Vanna Marchi negli anni '80 vendeva le alghe "sciogli-pancia". Mettevi le alghe sulla pancia e tac... via la pancia! In una settimana!



Ecco, se tutti gli elettori, prima di credere alle promesse facili, si guardassero gli addominali e riflettessero sul fatto che il girovita in fondo è come il debito pubblico, non si riduce facilmente, forse eviterebbero di incappare costantemente in delusioni ogni volta più demoralizzanti.
E' così difficile, mi chiedo, capire che non ci sono scorciatoie per la felicità?