Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
giovedì 20 febbraio 2014
Il gatto quotidiano
Non poteva mancare la consueta rubrica sul gatto che si è aggiudicato la foto più comica della giornata ;-)
Tai-chi resort
Rilassante vero? Unisce gli insegnamenti giapponesi del Feng-shui e quelli del Thai-chi. E' il Golden Triangle Resort in Thailandia.
Il fiume più limpido del mondo, la Verzasca, si trova in...
Il fiume più trasparente del mondo si trova in Svizzera, nel Canton Ticino e dà il nome alla Valle che attraversa, Valle Verzasca. Il nome viene dal colore particolare dell'acqua, limpida e di un verde intenso. Meraviglioso!
Geopolitica della Cina e dei suoi satelliti
Lo storico summit Cina-Taiwan e il triangolo a geometria variabile con gli Usa
Carta Canta, di Giorgio Cuscito
Dal 12 al 14 febbraio Cina e Taiwan si sono incontrate per un summit dall’alto valore simbolico.
Si tratta del primo colloquio a livello governativo tra le due parti dal 1949. Quell’anno i nazionalisti di Chiang Kai-shek, sconfitti dalle forze comuniste di Mao Zedong si rifugiarono sull’isola di Formosa, dove installarono la Repubblica di Cina. Da quel momento, la Repubblica Popolare Cinese (Prc) ha considerato la riconquista della “ribelle” Taiwan una priorità. Oggi Pechino sembra puntare a una normalizzazione delle relazioni.
Durante il colloquio Zhang Zhijun, capo dell’ufficio per gli affari di Taiwan (Sctao), e Wang Yu-chi, omologo dell’ufficio di Taiwan per gli affari continentali, non hanno affrontato il tema della riunificazione. Tuttavia, hanno comunicato che apriranno un regolare canale di comunicazione.
Il riavvicinamento tra Pechino e Taipei ha subito un’accelerazione dal 2008, con l’elezione del presidente taiwanese Ma Ying-jeou, filo-Pechino. Nel 2013 gli scambi commerciali tra Prc e Repubblica di Cina hanno raggiunto i 197 miliardi di dollari e circa 3 milioni di abitanti della Prc si sono recati a Taiwan.
I motivi che spingono Pechino ad avvicinarsi - anche politicamente - a Taipei sono tre.
Consolidando i rapporti con Formosa, la Prc vuole privare gli Usa di una pedina importante nell’ambito del Pivot to Asia: la finora cigolante strategia americana di contenimento dell’ascesa economica e militare dell’Impero del Centro.
Allo stesso tempo, dialogando pacificamente con Taiwan, Pechino vuole tranquillizzare i paesi dell’Estremo Oriente, preoccupati per la crescente aggressività cinese nel Mar Cinese Orientale e Meridionale.
Infine, la leadership mandarina spera ancora di ricondurre “la regione ribelle” sotto la propria sovranità.
Non è un caso che Pechino abbia scelto questo momento per sedersi al tavolo con Taipei. Fra due anni terminerà il secondo mandato del presidente taiwanese Ma e il suo successore potrebbe non avere la medesima simpatia verso la Prc. Per il presidente cinese Xi Jinping è il momento di trarre il massimo vantaggio dai rapporti armoniosi con il suo omologo.
L’economia di Taiwan dipende in larga parte dai rapporti con la Cina. Ad ogni modo, Taipei non ha intenzione di tornare sotto la sovranità di Pechino: significherebbe rinunciare al proprio sistema democratico e alla propria indipendenza de facto. In tale ottica, l’alleanza con gli Usa resta fondamentale.
Gli Usa non riconoscono ufficialmente la Repubblica di Cina. Questa è la conditio sine qua non per dialogare con Pechino, per cui esiste solo una Cina, la Prc, di cui Taiwan fa parte. Ad ogni modo Washington e Taipei intrattengono relazioni diplomatiche di fatto, tramite l’American Institute of Taiwan. In base al Taiwan relations Act, gli Usa forniscono a Formosa armi per scopi difensivi. Inoltre, la legge lascia intendere che Washington potrebbe intervenire a protezione di Taipei, qualora Pechino cercasse di riprenderla con l’uso della forza.
Nei prossimi anni, la cooperazione Cina-Taiwan è destinata ad aumentare, ma il triangolo con gli Usa resterà a geometria variabile. Qualora Pechino premesse - come in passato - per riprendersi Taipei, questa non esiterebbe a chiedere il sostegno di Washington.
Protestanti e cattolici in Svizzera, cantone per cantone
I colori indicano una diversa combinazione di entrambe le confessioni. Il protestantesimo svizzero è presente sia nella forma calvinista di Ginevra e delle aree francofone, sia nella forma zwingliana nelle aree di lingua tedesca.
Perchè vivere con un gatto ti migliora la vita
Quante volte hai spiegato a tuo figlio che non potevi soddisfare il suo desiderio di avere un gatto perché lo spazio in casa era veramente poco oppure perché in realtà ti terrorizzava l’idea di avere un componente in più in famiglia di cui avresti dovuto prenderti inevitabilmente cura?
Eppure forse tuo figlio ha ragione: vivere con un gatto in casa migliora la vita e la salute di tutti. Esistono prove scientifiche che sono in grado di dimostrare che semplicemente accarezzando o giocando con un gatto si riducono notevolmente i battiti cardiaci, e l’ansia.
Questi studi hanno appurato che chi convive con un gatto presenta un rischio minore di malattie cardiache e di infarto.
Questi studi hanno appurato che chi convive con un gatto presenta un rischio minore di malattie cardiache e di infarto.
Un gruppo di ricercatori giapponesi ha inoltre dimostrato la stretta correlazione che vi è tra il gesto di accarezzare il gatto e trascorrere un po’ di tempo a giocare con lui e la produzione di ossitocina nel nostro organismo. L’ossitocina è l’ormone in grado di ridurre di circa il 20% gli stati di ansia e la depressione.
Non vi è alcun dubbio che un gatto in casa sia quindi un buon rimedio per la salute di tutta la famiglia. Potrebbe inoltre essere utile per responsabilizzare tuo figlio: assegnargli il compito di prendersi cura del nuovo arrivato potrà liberare te dall’incombenza di prendertene cura e allo stesso tempo servire per far sentire grande e responsabile tuo figlio che avrà il compito di accudirlo, dargli da mangiare, pulire la lettiera.
Se abiti in campagna poi potrai lasciare il tuo felino libero di uscire da solo, anche perché solitamente il gatto è un animale piuttosto indipendente che riesce a gestirsi bene i suoi spazi.
Se abiti in città potrai organizzare, a turno fra i componenti della famiglia, un giro dell’isolato con il gattino. Servirà ad uscire di casa, a familiarizzare con i vicini e a fare un po’ più di movimento con conseguente beneficio anche al sistema circolatorio.
Se abiti in città potrai organizzare, a turno fra i componenti della famiglia, un giro dell’isolato con il gattino. Servirà ad uscire di casa, a familiarizzare con i vicini e a fare un po’ più di movimento con conseguente beneficio anche al sistema circolatorio.
Lo spazio che il nuovo arrivato occuperà in casa sarà veramente ridotto. Sarà sufficiente una bella cesta con una coperta o un angolo del divano dove amerà acciambellarsi quando tu sarai seduto/a a guardare la televisione, riempiendovi di fusa per la gioia di esserti accanto.
Ti accorgerai ben presto che il vero spazio che sta occupando è nel tuo cuore e ti ritroverai a cercarlo per il piacere di trascorrere qualche ora a giocare con lui. Allora ti renderai conto che in fondo tuo figlio aveva ragione quando chiedeva incessantemente di adottare un micio.
E se invece tuo figlio è completamente assorbito dal suo personal computer con cui trascorre intere giornate e non ti chiede di poter adottare un micio? Beh, potresti sempre essere tu il primo ad affrontare l’argomento in famiglia e a proporre di trascorrere qualche ora al gattile a cercare un nuovo amico da portare a casa e far diventare ben presto un nuovo membro della famiglia, amato e coccolato da tutti.
E se invece tuo figlio è completamente assorbito dal suo personal computer con cui trascorre intere giornate e non ti chiede di poter adottare un micio? Beh, potresti sempre essere tu il primo ad affrontare l’argomento in famiglia e a proporre di trascorrere qualche ora al gattile a cercare un nuovo amico da portare a casa e far diventare ben presto un nuovo membro della famiglia, amato e coccolato da tutti.
Riuscirà a farsi adorare anche da tuo figlio che ben presto lascerà volentieri il suo personal computer per trascorrere un po’ di tempo a giocare con il gatto.
Ucraina: ultimo fronte della guerra fredda o primo fronte di una nuova guerra?
Da oltre due mesi, l'Ucraina è spaccata tra i sostenitori del presidente filo-russo Yanukovich e una variegata opposizione (in cui ci sono tanto gli europeisti quanto i nazionalisti) che si riunisce in piazza Maidan, nel centro di Kiev, e nelle altre città del paese. Le manifestazioni di protesta, più volte degenerate in violenti scontri con la polizia, hanno già fatto decine di morti.
La partita per il futuro dell'Ucraina coinvolge anche protagonisti internazionali - la Russia, l'Unione Europea, financo il Vaticano - e si presta a diverse chiavi di lettura.
Protagonisti nazionali
Per rintracciare le origini della faglia politica e culturale che sta lacerando l'Ucraina è utile fare un salto indietro nel tempo agli episodi che hanno portato alla separazione tra l'elemento nazionale ucraino e quello russo. Oggi, secondo gli ucraini filo-occidentali, la battaglia si combatte per affermare i valori europei e per una società più libera e giusta. Ma le pressioni cui Kiev è sottoposta, da Est e da Ovest, rischiano di celare un'altra lotta per il potere, combattuta dagli oligarchi, che potrebbe plasmare il futuro dell'ex repubblica sovietica.
[Carta di Laura Canali tratta da "Grandi Giochi nel Caucaso"]
Protagonisti internazionali: l'Unione Europea contro la Russia
Anche l'Unione Europea ha le sue responsabilità nella crisi: la linea dura tenuta in vista del Vertice di Vilnius, soprattutto sul caso-Tymoshenko, ha finito per alienare Kiev, a favore di Mosca. Il no ucraino alla firma dell'Accordo di associazione all'Ue rappresenta un duro colpo sia al progetto dell'Europa classica dei padri fondatori, che si immaginavano il superamento dei nazionalismi, sia alla prospettiva di radicare illimes europeo fin nel cuore della culla nazionale russa.
È il trionfo di Putin, che ha alternato sapientemente la minaccia di un taglio alle forniture energetiche e la promessa di aiuti finanziari, avendo la meglio sugli aridi ultimatum di Bruxelles. La leva energetica non è stata l'unico strumento usato dal Cremlino, che ha condotto con alterne fortune delle vere e proprie guerre alimentari contro i prodotti dei paesi del suo Estero vicino, Ucraina compresa.
[Carta di Laura Canali]
Energia
Nella battaglia per l'Ucraina, il capitolo energetico è cruciale. Basti pensare alle manovre del presidente Yanukovich per smarcarsi dalla morsa russa riformando il settore e tentando di diversificare le fonti di approvvigionamento. Ne è un esempio l'interessamento di Kiev verso l'interconnettore Agri, infrastruttura che, tagliando il Mar Nero, potrebbe aprire un nuovo corridoio tra il Caucaso e i mercati europei. Ma l'indipendenza energetica per l'Ucraina rimarrà un miraggio.
[Carta di Laura Canali]
Russia-Vaticano
La crisi in Ucraina può influenzare anche i rapporti fra la Russia e il Vaticano: rischia infatti di compromettere l'intesa fra Vladimir Putin e papa Francesco, mettendo a nudo la distanza che separa Santa Sede e Cremlino rispetto al destino di un paese storicamente permeato da cattolicesimo e ortodossia.
Kiev, Sarajevo, Caracas, Bangkok: le quattro rivolte di febbraio
Capitali scosse da proteste anti-governative. Cosa sta succedendo?
Ultime notizie
Martedì 19 febbraio i manifestanti antigovernativi thailandesi circondano la sede provvisoria dell’ufficio del primo ministro, Yinglukck Shinawatra, l’ufficio nell’area nord della capitale dove l’esecutivo ha spostato la sua attività dopo che in dicembre i manifestanti hanno circondato la sede ufficiale del governo. A guidare un convoglio di 200 automobili è stato il leader della protesta Suthep Thaugsuban, segretario generale del Comitato di Riforma del Popolo democratico (Pdrc). Ma Yingluck e il suo governo ad interim non sono nell’ufficio. La polizia attacca e il bilancio di fine giornata è di almeno 4 morti e 64 feriti. Il giorno precedente la polizia aveva tentato di riconquistare il controllo della zona attorno alla sede del governo, tentativo che ha provocato uno scontro a fuoco che ha causato cinque morti, un poliziotto e quattro dimostranti.
Perché si protesta
I manifestanti, in rivolta dallo scorso novembre, puntano a paralizzare l’attività del governo per costringere la primo ministro Yingluck alle dimissioni. Ma il vero obiettivo delle proteste è il fratello Thaksin Shinawatra, l’ex primo ministro fuggito all’estero per evitare una condanna a due anni per abuso di potere. Quello di Shinawatra - vincitrice delle elezioni del 2011 - sarebbe, per i dimostranti, nient’altro che il governo ombra del fratello Thaksin, in esilio dal 2006 dopo essere stato rovesciato da un colpo di stato.
Quando sono scoppiate le rivolte
Le manifestazioni sono state scatenate dall’approvazione il primo novembre 2013 di una legge che cancellerebbe i reati politici successivi al golpe del 2006 che ha rovesciato Thaksin. E cancellerebbe quindi anche la sua condanna per corruzione, emessa nel 2008.
Cosa è successo in questi mesi
Per tentare di calmare le proteste, il premier Yingluck Shinawatra il 9 dicembre 2013 ha sciolto il governo e convocato elezioni anticipate per il 2 febbraio. Ma nel giorno delle elezioni, i manifestanti anti governativi hanno bloccato diversi seggi. Circa il 10% dei seggi elettorali è rimasto chiuso e centinaia di dimostranti sono scesi in strada.
Il Partito democratico ha chiesto quindi alla Corte costituzionale thailandese l’annullamento del voto, ritenuto incostituzionale nel suo svolgimento. La Costituzione prevede infatti che le operazioni di voto si completino nell’arco di un’unica giornata, cosa che non è accaduta. Ma la Corte costituzionale ha rifiutato lo scorso 12 febbraio la richiesta di annullamento, dando la colpa del mancato compimento al blocco provocato dai manifestanti nei seggi elettorali.
Ma i dimostranti sono contrari alle elezioni e chiedono la formazione un «people council», una sorta di assemblea popolare, senza passare dalle urne, che abbia lo scopo di riformare il sistema politico. E puntano a paralizzare l’attività del governo per costringere il primo ministro Yingluck alle dimissioni.
Il Paese resta così in sospeso, mentre il governo ha dichiarato 60 giorni di stato di emergenza a Bangkok e nelle province adiacenti.
Lunedì 17 febbraio la Commissione elettorale ha dichiarato che non si possono organizzare nuove elezioni finché non verrà annulato il rischio di nuovi sabotaggi da parte dei dimostranti. Il Governo dall’altro lato spinge perché nuove elezioni si tengano al più presto.
Intanto, l’agenzia nazionale anti-corruzione ha deciso di accusare la prima ministra thailandese Yingluck Shinawatra di negligenza nell’ambito di un controverso programma di sussidio ai produttori di riso. Secondo la Commissione, Yingluck non ha considerato gli avvertimenti ricevuti, che la mettevano in guardia sull’aumento della corruzione e le perdite finanziarie che quel tipo di politica stava provocando nel Paese.
Ultime notizie
Continuano le manifestazioni di protesta nelle città della Bosnia Erzegovina e nascono i primi comitati autonomi di cittadini. Iniziate nelle cittadine ex industriali di Tuzla, Brčko, Bihać, le manifestazioni si sono diffuse anche nella capitale Sarajevo e in cittadine periferiche come Zenica, Mostar, Kakanj, Sanski Most, Gračanica, Zavidovići, Bugojno e Orašje. Venerdì 7 febbraio è stato il giorno di maggiore violenza. Rivolte sono scoppiata in una trentina di città della Bosnia-Herzegovina. Sono circa 5mila le persone che in quella data hanno partecipato alle rivolte nella città di Tuzla, nel nord del Paese, e circa 3mila a Sarajevo, la capitale, dove i manifestanti hanno tirato sassi contro la stazione della polizia hanno incendiato il palazzo del governo del cantone Sarajevo, la sede del municipio, la Presidenza della Bosnia Erzegovina. La polizia ha risposto sparando proiettili di gomma sulla folla. A Zenica, nel cetro della Bosnia, i manifestanti hanno dato fuoco al palazzo del governo locale. L’8 febbraio si è dimesso il premier cantonale, Suad Zeljkovic.
Perché si protesta
I manifestanti accusano il governo di corruzione e nepotismo. Ma si protesta anche per la mancanza di prospettive, in una terra duramente colpita da una lunga guerra terminata solo nel 1995. Da vent’anni la Bosnia Erzegovina attende un cambiamento che non arriva, spossata da pessime condizioni economiche (la disoccupazione, altissima, è oltre il 40%, tra i giovani sale al 60%; anche se occorre tenere conto di chi un lavoro ce l’ha, senza dichiararlo) e da una classe politica considerata incapace e corrotta.
Quando sono scoppiate le rivolte
Come raccontato da Rodolfo Toè su Linkiesta, mercoledì 4 febbraio a Tuzla 500 lavoratori rimasti senza lavoro dopo la chiusura delle fabbriche in cui erano impiegati, si presentano davanti al palazzo del governo cantonale, una delle dieci unità amministrative in cui è suddivisa la Federacija Bosne i Hercegovine. Chiedono che alla loro situazione sia trovata una soluzione. Il primo ministro del cantone, Sead Causevic, sbatte la porta in faccia. Rifiuta di ricevere i disoccupati, sostenendo che «tutto quello che chiedono sono maggiori sussidi», e che questa richiesta è «inaccettabile, per le fragili finanze dell’amministrazione locale». A quel punto i manifestanti decidono di irrompere nella sede del governo locale, sfondando i cordoni di sicurezza. La polizia passa subito all’uso della forza. I manifestanti, dopo la giornata iniziale, si riorganizzano. Annunciano che non desisteranno dalla lotta. Immediatamente, già il giorno successivo (giovedì), in alcune delle principali città bosniache (Sarajevo, Mostar, Bihac) si organizzano dei cortei a sostegno dei lavoratori di Tuzla.
Cosa è successo nei giorni scorsi
Dopo gli avvenimenti del 7 febbraio la situazione si è stabilizzata. In alcuni casi, come nel Cantone di Sarajevo o in quello di Bihac, le proteste hanno persino portato alle dimissioni (o alla fuga) del primo ministro del cantone.
La protesta si sta strutturando e in diverse città sono nati comitati autonomi di cittadini, (chiamati «plenum građana»). Sono 4 le assemblee nate a Sarajevo nello spazio pubblico della Casa dei Giovani, Dom Mladih. Vi partecipa un migliaio di persone. Queste, secondo quanto riporta Limes, sono le richieste scritte dai comitati: la formazione di un governo tecnico ad interim per il cantone di Sarajevo; la revisione delle procedure di privatizzazione e adeguamento salariale; la formazione di un comitato indipendente di inchiesta che chiarisca le responsabilità rispetto agli eventi di venerdì 7 febbraio; il rilascio dei manifestanti arrestati. Concluso il ciclo di consultazioni pubbliche tra cittadini, fino a venerdì 21 l’assemblea si divide in di gruppi di lavoro. Anche intellettuali e professori universitari stanno raggiungendo Sarajevo per partecipare alle assemblee pubbliche.
La protesta si sta strutturando e in diverse città sono nati comitati autonomi di cittadini, (chiamati «plenum građana»). Sono 4 le assemblee nate a Sarajevo nello spazio pubblico della Casa dei Giovani, Dom Mladih. Vi partecipa un migliaio di persone. Queste, secondo quanto riporta Limes, sono le richieste scritte dai comitati: la formazione di un governo tecnico ad interim per il cantone di Sarajevo; la revisione delle procedure di privatizzazione e adeguamento salariale; la formazione di un comitato indipendente di inchiesta che chiarisca le responsabilità rispetto agli eventi di venerdì 7 febbraio; il rilascio dei manifestanti arrestati. Concluso il ciclo di consultazioni pubbliche tra cittadini, fino a venerdì 21 l’assemblea si divide in di gruppi di lavoro. Anche intellettuali e professori universitari stanno raggiungendo Sarajevo per partecipare alle assemblee pubbliche.
È la prima volta che avvengono scontri così violenti dalla fine del conflitto e la prima volta che persone di diverse etnie scendono in piazza insieme, fianco a fianco.
Ultime notizie
Nela notte tra il 18 e il 19 febbraio il governo del presidente Viktor Yanukovich ha lanciato un assalto contro le barricate e gli accampamenti dei manifestanti antigovernativi, con l’obiettivo di smantellarli definitivamente. Dopo una tregua concessa nella notte, nella mattina di giovedì 20 febbraio sono ripresi gli scontri. Si parla già di 10 morti e dozzine di feriti. L’assalto delle forze armate è giunto dopo il fallimento delle trattative in corso con l’opposizione (il Parlamento ha rifiutato il 18 febbraio di mettere all’ordine del giorno la discussione della proposta di riforma costituzionale chiesta dall’opposizione per ridurre i poteri del Presidente).
Perché si protesta
Iniziata sotto la stella europeista, in opposizione alla decisione del Presidente Yanukovich di non firmare l’Accordo di associazione (Aa) con l’Unione europea, la protesta si è trasformata nei mesi successivi in qualcosa di ben diverso. Come ha spiegato Stefano Grazioli su Linkiesta alla base della rivolta c’è la volontà di cambiamento di fronte a una classe dirigente cleptocrate e a un sistema economico oligarchico che ha bloccato lo sviluppo del Paese, lasciando gran parte della popolazione solo con l’illusione di essere uscita dal tunnel del comunismo. Gli ucraini sono scesi in strada per mandare a casa Victor Yanukovich, che non ha mantenuto nessuna delle promesse elettorale dopo la vittoria del 2010 e che ha ridotto il Paese a una succursale della propria famiglia e degli oligarchi a lui vicini.
Quando sono scoppiate le rivolte
A scatenare la protesta in Ucraina è stata la decisione del presidente Victor Yanukovich, lo scorso novembre, di non firmare l’Accordo di associazione (Aa) con l’Unione Europea, facendo fallire il vertice dell’Eastern partnership a Vilnius. Anziché svoltare verso Bruxelles, il capo di Stato ha preso la strada di Mosca,
firmando a metà dicembre consistenti accordi economici con Vladimir Putin. La Russia ha l’obbiettivo di integrare prossimamente l’Ucraina nell’Unione euroasiatica.
firmando a metà dicembre consistenti accordi economici con Vladimir Putin. La Russia ha l’obbiettivo di integrare prossimamente l’Ucraina nell’Unione euroasiatica.
Cosa è successo negli ultimi mesi. Le tappe
- Dopo aver rifiutato di sottoscrivere l’alleanza commerciale con l’Europa a fine novembre, martedì 17 dicembre il presidente Yanukovich firma un accordo con la Russia che prevede l’abbassamento del prezzo importato da Mosca e 15 miliardi di dollari russi investiti in titoli di stato ucraini.
- Il 24 dicembre la Russia versa i primi tre miliardi di dollari a Kiev.
- Le proteste non si fermano, la gente continua a radunarsi in piazza Maidan. Il 21 gennaio entrano in vigore le leggi anti protesta approvate in tutta fretta dal Parlamento ucraino per alzata di mano e senza dibattito. Le norme prevedono che chi partecipa a manifestazioni non autorizzate, chi monta delle tende in un luogo pubblico, chi protesta a volto coperto o indossando un casco, o prende parte a un carosello con più di cinque auto rischia fino a cinque anni di carcere.
- Le leggi anti protesta infiammano piazza Maidan. Il 22 gennaio la protesta ha le prime vittime: tre manifestanti uccisi, due dei quali raggiunti da proiettili. Il 24 gennaio l’opposizione guidata dal campione di boxe e leader del partito di opposizione Udar Vitali Klitschko lancia un ultimatum al governo e iniziano i negoziati faccia a faccia con Yanukovich. Si chiedono elezioni anticipate, abrogazione delle leggi anti protesta e amnistia per i manifestanti arrestati. Altrimenti si «passa all’offensiva».
- Il 25 gennaio Yanukovich propone a uno dei leader dell’opposizione Arseny Yatsenyuk l’incarico di premier al posto di Nikolai Azarov. Yatsenyuk rifiuta.
- Il 29 gennaio il primo ministro ucraino si dimette e Yanukovich affida a Serhiy Arbuzov, l’incarico di primo ministro ad interim. Il parlamento ucraino abroga con 361 voti a favore e solo 2 contrari le leggi anti-proteste approvate due settimane prima. Il Parlamento approva una legge sull’amnistia a favore dei manifestanti arrestati. Si concede la liberazione dei dimostranti in cambio dell’abbandono di tutti gli edifici occupati e dello smantellamento delle barricate. Ma per l’opposizione è chiedere troppo.
- Il 30 gennaio, con le proteste ancora in corso, la Russia sospende l’attuazione del piano di salvataggio firmato con Kiev a fine dicembre (15 miliardi di dollari). Washington intanto pensa a sanzioni contro il governo di Kiev.
- Il 14 febbraio i I 234 manifestanti antigovernativi ucraini arrestati nel corso delle proteste delle ultime settimane vengono scarcerati e messi agli arresti domiciliari. Per la liberazione definitiva il governo chiede lo smantellamento delle barricate e l’abbandono degli edifici occupati, come prevede la legge varata il 29 gennaio.
- L’opposizione ucraina ribadisce il rifiuto di qualsiasi tipo di compromesso sull’amnistia e intende portare in Parlamento la richiesta di tornare alla costituzione del 2004, basata su poteri più limitati del Presidente.
- Lunedì 17 febbraio la Russia, che aveva sospeso l’erogazione degli aiuti promessi in dicembre - 15 miliardi di dollari per tenere a galla il governo - riapre i rubinetti. Afferma che una tranche degli acquisti di titoli ucraini, del valore di 2 miliardi di dollari, scatterà entro la fine della settimana. È il segnale per molti che Yanukovich ha assicurato a Putin di poter riprendere in mano la situazione nel Paese.
- Martedì 18 febbraio un corteo di dimostranti tenta di avvicinarsi al Parlamento dopo aver ricevuto la notizia che la proposta di modifica costituzionale avanzata dall’opposizione non è stata messa in agenda. La polizia passa all’attacco e respinge con la forza i manifestanti. Il governo dà un ultimatum per le 18:00 dello stesso giorno ai manifestanti perché lascino la piazza. Da quel momento la polizia inizia un assalto che continuerà per tutta la notte.
- La sera del 18 febbraio il leader dell’opposizione Klitschko si reca negli uffici presidenziali per cercare una soluzione alla crisi. Tornato al Maidan dopo l’incontro, Klitschko spiega ai giornalisti di aver chiesto a Yanukovych di fermare l’azione della polizia e di prevenire ulteriori morti, ma che l’unica risposta del presidente è stata lo stop immediato alle proteste e lo smantellamento delle barricate.
- Il 19 febbraio, mentre Yanukovich concede una tregua ai manifestanti, la Russia blocca di nuovo la tranche da 2 mld, parte del prestito di 15 mld deciso a dicembre. Nella stessa sera il presidente ucraiano sostituisce il capo dell’esercito - e ministro della Difesa - con il capo della marina militare. La scelta giunge - sostengono le agenzie - dopo che l’ex ministro della Difesa aveva dichiarato di voler attaccare la parte più estremista dei manifestanti.
- Il 20 febbraio mattina riprendono gli scontri. Alle 10.30 il bilancio è già di 10 morti e dozzine di feriti
La situazione in Ucraina rischia di sprofondare ora in una guerra civile, in un Paese spaccato tra un est allineato con lo storico alleato russo e una parte - più giovane e dinamica - che chiede cambiamenti e avvicinamento all’Europa.
Ultime notizie
Almeno cinque giovani manifestanti dell’opposizione sono rimasti feriti da spari di arma da fuoco il 19 febbraio a Valencia, la terza città più importante del Venezuela. È successo quando un gruppo di uomini armati ha attaccato un corteo anti-chavista nel centro storico. I feriti hanno fra i 16 e i 23 anni, e la più grave è una ragazza raggiunta da una pallottola alla testa.
Il giorno precedente, Leopoldo Lopez, leader del partito di opposizione venezuelano Volontà Popolare si consegna alla giustizia dopo averlo annunciato su You Tube, chiedendo alla popolazione di accompagnarlo. È un bagno di folla. Si di lui pendono le accuse di omicidio e incitamento alla violenza nel corso delle proteste delle settimane precedenti, in cui sono morte tre persone. Le vittime sono Juan Montoya, dirigente di un colectivo (gruppo progovernativo), e due studenti che partecipavano alla protesta: Alejandro Dacosta e Neyder Arellano Sierra.
Il giorno precedente, Leopoldo Lopez, leader del partito di opposizione venezuelano Volontà Popolare si consegna alla giustizia dopo averlo annunciato su You Tube, chiedendo alla popolazione di accompagnarlo. È un bagno di folla. Si di lui pendono le accuse di omicidio e incitamento alla violenza nel corso delle proteste delle settimane precedenti, in cui sono morte tre persone. Le vittime sono Juan Montoya, dirigente di un colectivo (gruppo progovernativo), e due studenti che partecipavano alla protesta: Alejandro Dacosta e Neyder Arellano Sierra.
La parte più radicale dell’opposizione guidata da Lopez, ha incoraggiato i manifestanti a continuare l’occupazione delle piazze fino alla caduta del governo.
Dalla morte di Hugo Chavez, e la conseguente ascesa al potere di Maduro, la situazione del Paese è costantemente peggiorata. Il tasso di inflazione ha superato il 50 per cento, e le riserve valutarie sono state velocemente consumate nel tentativo di evitare collassi peggiori.
Dalla morte di Hugo Chavez, e la conseguente ascesa al potere di Maduro, la situazione del Paese è costantemente peggiorata. Il tasso di inflazione ha superato il 50 per cento, e le riserve valutarie sono state velocemente consumate nel tentativo di evitare collassi peggiori.
Quando sono scoppiate le manifestazioni
Il 3 febbraio gli studenti dell’opposizione sono scesi in piazza per la prima volta.
Cosa è successo negli ultimi giorni
- Il 9 febbraio il governo di Nicolas Maduro ha limitato l’acquisto della carta in Venezuela e almeno 10 quotidiani regionali sono spariti dalla circolazione. Lo denuncia l’Associazione dei giornalisti venezuelani all’estero, secondo cui per lo stesso motivo altri 14 giornali del Paese sono stati costretti a ridurre il numero delle pagine (El Nacional ha diminuito le sue pagine del 40%, El Impulso, uno dei più antichi del Paese, è arrivato a pubblicare appena una pagina).
- Il 16 febbraio il presidente Maduro ha organizzato un corteo di suoi supporters per le strade di Caracas e ha fatto trasmette l’evento in diretta dalla tv di stato.
- Il 17 febbraiolo stesso Maduro ha ordinato a tre funzionari dell’ambasciata degli Stati Uniti di abbandonare il Paese. «Vadano a cospirare a Washington», ha detto Maduro in una intervista televisiva. I tre avrebbero incontrato gli studenti durante le recenti proteste che hanno provocato 3 morti e più di 60 feriti.
- Il Segretario di Stato Usa John Kerry ha rilasciato negli stessi giorni una dichiarazione in cui si è detto preoccupato dell’escalation di tensione in Venezuela, in particolare dell’arresto di alcuni oppositori e del mandato contro Leopoldo Lopez, leader dell’opposizione.
- Il 18 febbraio Leopoldo Lopez, leader dell’opposizione si consegna alla giustizia. Lo accompagna fino al ministero della Giustizia un bagno di folla.
Maduro, il delfino dell’ex presidente Chavez, sta affrontando la più profonda crisi sociale da quando è stato eletto, nell’aprile del 2013. Il Presidente ha subito definito le proteste in corso un «tentativo di golpe» supportato dalle destre.
da Linkiesta
da Linkiesta
Leopoldo Lopez, che si è consegnato martedì alla giustizia, comparirà di fronte a una corte civile per rispondere delle accuse che gli sono state mosse: che includono omicidio e incitamento alla violenza nel corso delle proteste violente della scorsa settimana, in cui sono morte tre persone. - See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/venezuela-ancora-proteste-a205...Leopoldo Lopez, leader dell’opposizione, nel video registrato prima di consegnarsi alla giustiziaPerché si protesta
per protestare contro l’alto tasso di criminalita, l’inflazione al 56% e la carenza di beni di prima necessità, in un paese ricco di petrolio. Maduro, il delfino dell’ex presidente Chavez, sta affrontando la più profonda crisi sociale da quando è stato eletto, nell’aprile del 2013.
La parte più radicale dell’opposizione, guidata proprio da Lopez, ha appoggiato i manifestanti, incoraggiando anche un’occupazione continuativa delle piazze fino alla caduta del governo, al motti la "La Salida" (in italiano "Fuori" ad indicare l’uscita di scena). - See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/venezuela-ancora-proteste-a205...Gli studenti manifestano contro l’alto tasso di criminalita, l’inflazione al 56% e la carenza di beni di prima necessità, in un paese ricco di petrolio.
L’auto anfibia più veloce al mondo
A una prima occhiata si può cadere nell’errore di considerarla un semplice fuoristrada da escursione, una sorta di copia in piccolo della Jeep Wrangler . E invece il Water Car Panther nasconde qualcosa di speciale. Si tratta infatti del veicolo anfibio più veloce nella trasformazione da auto a barca: solo 15 secondi per la metamorfosi.Sotto il cofano, il motore customizzato da 3,7 litri V6 sprigiona 250 cv: sul terreno si traducono in soli 130 km/h di velocità massima, ma sull’acqua consentono prestazioni più interessanti – circa 70 km/h, ossia ben 38 nodi.
Oltre che utilizzato "da solo" per divertirsi, il Water Car Panther può essere abbinato a uno yacht come fosse un classico tender. Arrivati in prossimità della costa si ancora la barca, si sale a bordo della macchina in versione galleggiante e si raggiunge comodamente la riva. Una volta attraccati è sufficiente una manciata di secondi, senza nemmeno dover scendere, per ritrovarsi al volante di un fuoristrada.
La Water Car, azienda californiana di Fountain Valley – che nel 2010 sfornò la Python, il veicolo anfibio più veloce in acqua con 52 nodi – propone il modello Panther a un prezzo che varia dai 75mila ai 135mila dollari in base al grado di personalizzazione, che si può definire già sul sito ufficiale
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