Gallia Cisalpina o Gallia Citeriore è il nome conferito dai Romani in età repubblicana ai territori di popolazione gallica dell'Italia settentrionale compresi tra il fiume Adige a Levante, le Alpi a Ponente e a Settentrione e il Rubicone a Meridione. Il Po divideva la regione in Gallia Transpadana e Gallia Cispadana. Si trattava dei territori che corrispondevano all'attuale pianura padana, o Padania, attorno al grande fiume Po, compresi i territori della Liguria a sud-ovest, fino all'attuale Veneto nella sua parte nord-orientale. La regione divenne provincia romana includendo però tutti i territori a ovest del fiume Adige, fino alle Alpi piemontesi.[1]
Storia
Età del Bronzo (XIII-X secolo)
La Cultura di Canegrate
La cultura di Canegrate fu una civiltà dell'Italia preistorica che si sviluppò a partire dall'Età del bronzo recente (XIII secolo a.C.) fino ad arrivare all'Età del Ferro, nella pianura padana in Lombardia occidentale, in Piemonte orientale e in Canton Ticino. Essa rappresenta l'irrompere di una prima ondata migratoria di popolazioni probabilmente celtiche (Protocelti) provenienti dal nord delle Alpi che, oltrepassati i valichi alpini, s'infiltrano e si stabiliscono nell'area padana occidentale. Dalle testimonianze archeologiche ritrovate si può dedurre che l'impatto con le popolazioni ritrovate non sia stato del tutto pacifico.
La popolazione di Canegrate ha mantenuto la propria omogeneità per un periodo limitato di tempo, circa un secolo, per fondersi poi con le popolazioni indigene liguri e dare origine con questa unione a una nuova fase chiamata cultura di Golasecca[6].
La Cultura di Golasecca
La Cultura di Golasecca si diffuse, tra l'Età del Bronzo finale e la prima Età del Ferro nell'area compresa tra la Lombardia nord-occidentale e il Piemonte, compreso il Canton Ticino. Sul finire dell'epoca preistorica quest'area era punto di transito e di contatto con la cultura di Hallstatt a ovest, con quella dei Campi d'Urne nel nord continentale e con la Civiltà villanoviana a sud. Inizialmente concentrati in zona pedemontana e poi dilagati in tutta l'area dei laghi, qui si svilupparono numerosi agglomerati abitativi di una cultura originale, i cui reperti più antichi oggi disponibili sono databili a partire dal IX secolo a.C.
Età del Ferro
Etruria padana
A partire dall'VIII secolo a.C. gli Etruschi espansero il loro dominio verso nord, più precisamente in Emilia, Lombardia, in una regione che venne indicata come "Etruria padana" (Etruria campana s'intende la regione interessata dalla parallela espansione verso sud, in Campania).
Dal 540 a.C. circa la presenza etrusca nella Pianura Padana conobbe una rinnovata espansione nello scenario successivo alla Battaglia di Alalia[7] risoltasi in una progressiva limitazione dei movimenti etruschi nell'Alto Tirreno. L'espansione a nord degli Appennini si caratterizza da quel momento come finalizzata all'individuazione e al controllo di nuove vie commerciali. Con il controllo di Adria e le fondazioni di Spina, Marzabotto e del Forcello di Bagnolo gli etruschi stabiliscono una rete di traffici che viene a collegare la Grecia, attraverso i porti adriatici, l'asse fluviale Po-Mincio, i laghi insubrici e i passi alpini, con le terre dei Celti transalpini. Il V secolo a.C. segna così il "periodo d'oro" dell'Etruria padana.
Nell'Etruria padana venne probabilmente istituita una dodecapoli, in analogia alla dodecapoli etrusca, ma non si ha la certezza di quali città ne facessero parte. Appartennero certamente alla dodecapoli padana le città di Felsina (Bologna), Spina e Marzabotto, mentre si possono solo supporre città come Ravenna, Faenza, Cesena, Rimini, Modena, Parma, Piacenza, Mantova e forse Milano.
La Padania celtica
I Celti e i Celto-Liguri
Tito Livio riferisce che attorno al 600 a.C. (Prisco Tarquinio Romae regnante), un'orda di Galli guidata da Belloveso oltrepassò le Alpi e occupò il territorio tra Milano e Cremona (fondando la città di Mediolanum), identificando gli abitanti del luogo, gli Insubri, con questi invasori Galli.[8] Nel Periplo di Scilace, di Scilace di Carianda, viaggiatore e geografo greco attivo tra nel 522-485 a.C. viene attestata la presenza di genti di lingua celtica insediate nell'Italia nord-orientale. Il testo, riscritto circa un secolo dopo dallo pseudo-Silace dopo la perdita dell'originale, racconta del viaggio lungo le coste del mediterraneo compiuto dal viaggiatore greco che descrive le tribù celtiche presenti sulla costa appena a Meridione degli insediamenti dei Veneti in un'epoca che, considerando le date note della vita di Silace, deve aggirarsi attorno al 490 a.C.
Il riesame delle fonti archeologiche, in particolare proprio del passo di Livio che documenta l'arrivo di Belloveso e dei suoi Insubri all'epoca del regno di Tarquinio Prisco (VI secolo a.C.) con la fondazione di Milano, ha costretto a collocare la presenza celtica in Italia almeno al VII secolo a.C. se non prima. La presenza dei Celti in Italia Settentrionale risulta, poi, anteriore alle ondate di invasori ricordate dalle fonti, tanto che lo stesso Pallottino sosteneva che l'Italia subalpina fosse stata coinvolta "nello stesso processo primario di definizione etnico-linguistica della nazione celtica".[senza fonte]
Arrivi di nuove popolazioni si verificarono attorno alla fine del V inizi del IV secolo a.C. Comincia una decadenza irreversibile della grecità d'Italia sotto la spinta delle popolazioni italiche, le vie del commerci attici sono distrutte dalla guerra del Peloponneso e non si riprenderanno più. L'interruzione della circolazione di beni è fonte di una crisi economica che porta, di riflesso, all'impoverimento e alla crisi di tutti quei popoli che erano interlocutori commerciali dei Greci: tra di essi anche i Celti. Le invasioni, siano esse tumultus Gallici o episodi di mercenariato, denotano un quadro di necessità, le popolazioni celtiche dell'Italia settentrionale rinforzano i legami con l'Oltralpe e questo provoca l'arrivo di nuove genti tra le quali i Senoni, i recentissimi advenarum di cui parla Livio, autori del sacco di Roma nel 390 a.C. Le popolazioni celtiche che popolarono la pianura padana sono storicamente note dal famoso passo di Livio.[9] Subito dopo gli Insubri arrivano i Cenomani che occupano il territorio a est dell'Adige, indeterminato è invece l'arrivo delle altre popolazioni che, con un meccanismo "a scavalco" occupano via via tutta la pianura padana meridionale scacciandone Etruschi e Umbri. Livio ricorda Libui e Salluvi che si fermano accanto all'antica tribù deiLaevi, stanziata vicino al Ticino; i Boi e i Lingoni e, da ultimi, i Senoni.[10]
I "nuovi" Celti stabilitisi in Cisalpina potevano tra l'altro acquisire a sé il controllo del mercato di un materiale che da lungo tempo esercitava su di loro una potente attrazione, grazie alle virtù magiche che essi gli attribuivano: il corallo, proveniente soprattutto dal golfo di Napoli, conobbe una vera esplosione, con frequenti applicazioni in torque, elmi, foderi di spada e fibule,[11][12] dando origine, soprattutto in Svizzera, sia a un surrogato bronzeo, sia a vere e proprie imitazioni, grazie all'invenzione celtica di uno speciale smalto colorato,[12] realizzato con un particolare procedimento e ampiamente diffuso dal centro-Europa fino all'arcipelago britannico.[13]
Conquista dell'Ager Gallicus a nord degli Appennini
Nel 332 a.C. tra Roma e i Senoni della Cisalpina fu stipulato un trattato di pace che, a quanto sembra, garantirà un interludio di pace durato circa trent'anni.[14] Quasi quarant'anni più tardi, nel 295 a.C., nell'ambito della terza guerra sannitica, i galli Senoni dell'Italia settentrionale si allearono con gli Umbri, gli Etruschi e i Sanniti contro Roma. La coalizione, inizialmente vincitrice (con la presa di Arezzo), venne in seguito sconfitta dai Romani nellabattaglia di Sentino. E così nell'ambito della terza guerra sannitica, i Senoni seguirono le sorti della coalizione italica etrusco-sannita con cui si erano alleati: insieme a essi furono sconfitti nella battaglia di Sentino, che permise a Roma l'istituzione dell'Ager Gallicus e la fondazione della colonia di Sena Gallica,[15] che ancora conserva, nel moderno toponimo di Senigallia, la duplice memoria dell'etnonimo e dell'origine di quel popolo celtico. Nel 283 a.C., si concludeva questa prima fase, dove Roma riusciva a occupare tutti i territori a sud degli Appennini, battendo ancora i Senoni nella battaglia del lago Vadimone, combattuta contro una coalizione celto-etrusca.[15][16]
Nel 249 a.C. i Boi chiamarono in soccorso i Galli transalpini, innescando una nuova crisi che si concluderà nel 225 a.C.,[17] l'anno in cui si registra l'ultima[18] invasione gallica dell'Italia. Quell'anno, infatti, cinquantamila fanti e venticinquemila cavalieri Celti varcarono le Alpi in aiuto dei Galli cisalpini (si trattava di una coalizione di Celti insubri, Boii e Gesati[19]), e se prima riuscirono a battere i Romani presso Fiesole, vennero poi sconfitti e massacrati dalle armate romane nella battaglia di Talamone (a nord di Orbetello),[20] spianando così a Roma la strada per la conquista della pianura padana.
La conquista romana della Cisalpina (fine del III-inizio del II secolo a.C.)
Per la prima volta[15] l'esercito romano poteva spingersi oltre il Po, dilagando in Gallia Transpadana: la battaglia di Clastidio, nel 222 a.C., valse a Roma la presa della capitale insubre di Mediolanum(Milano). Per consolidare il proprio dominio Roma creò le colonie di Placentia, nel territorio dei Boi, e Cremona in quello degli Insubri. I Galli dell'Italia settentrionale si ribelleranno nuovamente in seguito alla discesa di Annibale. Come alleati del condottiero cartaginese furono fondamentali per le sue vittorie al Trasimeno (217 a.C.) e a Canne (216 a.C.). I Boi riuscirono, inoltre, a battere i Romani nell'agguato della Selva Litana. Dopo la sconfitta di Annibale a Zama (202 a.C.), vennero definitivamente sottomessi da Roma, quando risultarono vittoriosi nella battaglia di Cremona, nel200 a.C., e in quella di Mutina (Modena), nel 194 a.C. All'indomani della vittoria nella seconda guerra punica, Roma procedette alla definitiva sottomissione della pianura padana, che aprì un territorio vasto e fertile agli emigranti originari dell'Italia centrale e meridionale.[21] Pochi decenni dopo, lo storico greco Polibio poteva già personalmente testimoniare la rarefazione dei Celti inpianura padana, espulsi dalla regione o confinati in alcune limitate aree subalpine.[22]
L'avanzata continuò anche nella parte nord-orientale con la fondazione della colonia romana di Aquileia nel 181 a.C., come ci raccontano gli autori antichi,[23] nel territorio degli antichi Carni:[24]
« Nello stesso anno [181 a.C.] fu dedotta nel territorio dei Galli la colonia di Aquileia. 3.000 fanti ricevettero 50 iugeri ciascuno, i centurioni 100, i cavalieri 140. I triumviri che fondarono la colonia furonoPublio Scipione Nasica, Gaio Flaminio e Lucio Manlio Acidino[25]. » |
(Tito Livio, Ab Urbe condita libri, XL, 34.2-3.) |
Si trattava di una colonia di diritto latino,[23] con la funzione prioritaria di sbarrare la strada alle popolazioni limitrofe di Carni e Istri, che minacciavano i confini orientali dei possedimenti romani in Italia.[26] La città dapprima crebbe quale avamposto militare in vista delle future campagne contro Istri e Carni, più tardi quale "quartier generale" in vista di un'espansione romana verso il Danubio. I primi coloni furono 3.000 veterani,.[27] seguiti dalle rispettive famiglie provenienti dal Sannio, per un totale di circa 20.000 persone, a cui fecero seguito dei gruppi di Veneti; più tardi, nel 169 a.C., si aggiunsero altre 1.500 famiglie.[28]
Difesa ed esercito
Il fatto che a Cesare sia stata assegnata inizialmente la provincia dell'Illirico come parte del suo imperium, e che all'inizio del 58 a.C. ben tre legioni fossero state dislocate ad Aquileia (la VII, l'VIII e la IX), potrebbe indicare che egli intendesse cercare proprio in quest'area gloria e ricchezze con cui accrescere il suo potere e la sua influenza militare e politica. Cesare aveva infatti bisogno di importanti vittorie militari così da costruirsi un suo potere personale con il quale controbilanciare quello che Pompeo si era costruito con le vittorie ottenute in Oriente. A tal fine progettava probabilmente una campagna oltre le Alpi Carniche fin sul Danubio, sfruttando la crescente minaccia delle tribù della Dacia (corrispondente grosso modo all'odierna Romania), che si erano riunite sotto la guida di Burebista, il quale aveva poi guidato il suo popolo alla conquista dei territori dislocati ad ovest del fiumeTibisco, oltrepassando il Danubio e sottomettendo l'intera area su cui si estende l'attuale pianura ungherese, ma soprattutto avvicinandosi pericolosamente all'Illirico romano e all'Italia. Le sue armate si erano però fermate all'improvviso, forse per il timore di un possibile intervento diretto di Roma nell'area balcano-carpatica. Così, invece di continuare nella sua marcia verso occidente, Burebista era tornato nelle sue basi in Transilvania, rivolgendo poi le proprie mire ad Oriente: attaccò i Bastarni e infine assediò e distrusse l'antica colonia greca di Olbia (nei pressi dell'attuale Odessa).[29]
Geografia politica ed economica
Nel periodo preromano la Gallia cisalpina venne abitata da quattro principali popolazioni: i Celti (nella pianura padana centro-occidentale e successivamente nell'attuale Emilia-Romagna a scapito degli Etruschi), i Veneti (nella pianura padana nord orientale), i Liguri (nelle attuali Liguria e a sud del Piemonte) e gli Etruschi (nelle attuali Emilia-Romagna e Lombardia meridionale).
La Gallia Cisalpina dopo la progressiva conquista del territorio e deduzione di colonie nel corso del III e II secolo a.C., era stata costituita in provincia romana, poco dopo il conferimento della cittadinanza agli abitanti dell'Italia peninsulare nel 90 a.C. Nel 42 a.C. la provincia fu abolita e i confini settentrionali dell'Italia vennero portati ufficialmente alle Alpi.
Per la Gallia Cisalpina la modalità di integrazione di accorpamento alla penisola cambia, in quanto non possiamo parlare di vera e propria romanizzazione, bensì di colonizzazione. Con l'esclusione di Liguri, Venetici del Veneto/Friuli e degli Etruschi dell'Emilia, le popolazioni abitanti la Val Padana non erano demograficamente consistenti, almeno non da poter resistere a due invasioni romane (si ipotizzano 200.000 galli, che, in proporzione alla vastità del territorio, erano relativamente pochi)[30]. Durante la prima campagna di conquista romana il loro numero si ridusse drasticamente, sia per le perdite umane, sia per le loro migrazioni volontarie, sia per la riduzione in schiavitù. Il piccolo numero di Galli ancora presenti nella Cisalpina prima del III secolo fu quasi completamente annientato dopo la Seconda Guerra Punica, che li vide alleati, e sconfitti, con Annibale. Molti Galli, dopo la capitolazione di Annibale, preferirono migrare nelle regioni più a nord, cosa che avvenne ad esempio per i Galli Boi, che migrarono prima nell'Illiria, e successivamente nella Boemia (a cui hanno appunto dato il nome). Nel periodo successivo alla turbolenta guerra punica il nord Italia divenne meta di numerosi uomini di potere romani, si trattava di Cavalieri, politici ed ex militari che miravano a sfruttare quelle terre. Numerose lamentele arrivarono da questi ultimi per la scarsità di manodopera, cosa che ci fa ipotizzare una drastica riduzione demografica dovuta prima alla venuta di Annibale, e poi allo sterminio dei Galli perpetrato dai Romani come vendetta. I romani dunque, per rendere produttiva la Gallia Cisalpina, creano le Colonie di diritto latino (ovvero popolate da cittadini romani che rinunciavano ai propri diritti e da latini), come ad esempio Luni, Patavium e Rimini, e altre città di formazione mista (ovvero formate da coloni italici, etruschi, romani e greci). Il Senato romano, sia prima della Guerra Sociale sia dopo, emise più e più volte bandi di colonizzazione con numero fisso di 6.000 famiglie (si ipotizzano dunque 30.000 persone), che andavano a costituire i nuovi nuclei romani del nord Italia[31] In Liguria e in Veneto questi coloni romano-italici si sovrapposero alle precedenti culture, integrandole, arricchendosi di esse e, pian piano, assorbendole completamente.
I popoli sottomessi conservarono a volte la proprietà dei loro territori e il diritto di governarsi con una certa autonomia, come nel caso dei Salii, dei Libui, degli Ictimuli e di Vercellae, ovvero l'attuale Vercelli, in grazia, probabilmente, di un patto di antica data. In quest'ultima città, infatti, non si verificano centuriazioni con espropri e ridistribuzioni di terre così come invece accade nelle aree dei Salassi o a Ivrea.
Maggiori centri provinciali
I maggiori centri della provincia erano:
- Acelum (Asolo), passata ai Romani, crebbe d'importanza divenendo municipium con giurisdizione sulla pianura sottostante sino alla via Postumia se non al Sile, e dal Brenta al Piave.[32] Di questo periodo restano numerosi reperti che testimoniano l'esistenza di terme, di un acquedotto, di un foro e di un teatro.[33] Il toponimo (Acelum) è citato per la prima volta nel I secolo d.C. da Plinio il Vecchio (Naturalis historia), che annovera il centro fra gli oppida Venetorum. Un secolo dopo, come Akedon, lo si ritrova nella Geografia di Claudio Tolomeo.
- Altinum (Altino), seguì nel II secolo a.C., le sorti di tutta la Venetia e fu pacificamente assoggettata a Roma. Il processo di romanizzazione iniziò nel 131 a.C. con la costruzione della via Annia: da questo momento il centro cominciò ad acquisire l'ideologia urbana dei conquistatori e, a partire dall'89 a.C. subì un primo processo di urbanizzazione, conclusosi nel 49 a.C. quando ad Altino fu concesso il diritto romano e fu creata municipio. La costruzione di altre strade, come la Claudia Augusta e le vie che la collegavano direttamente a Treviso e a Oderzo, contribuì a trasformarla in un importante centro commerciale, nodo cruciale per le rotte tra il Mediterraneo e il Settentrione. Questa evoluzione poté dirsi conclusa sul finire del I secolo d.C.. Nelle vicinanze di Altino, nel 169 morì l'imperatore romano Lucio Vero. Come tutto l'Impero, anche Altino subì le distruzioni dei barbari. La prima devastazione è del 452 e fu opera degli Unni di Attila.
- Aquileia (Aquileia), fondata nel 181 a.C. nei pressi del fiume Natiso come colonia di diritto latino,[34] da Lucio Manlio Acidino, Publio Scipione Nasica e Gaio Flaminio, mandati dal Senato a sbarrare la strada alle popolazioni limitrofe di Carni ed Istri, che minacciavano i confini orientali d'Italia.[26] Aquileia costituì la base principale delle operazioni militari nell'Illirico dei secoli successivi.[35] Dall'origine di base militare deriva la forma quadrilatera del presidio, divisa dal cardine massimo, l'attuale via Giulia Augusta, e dal decumano massimo. Pacificata e romanizzata la regione, la città, municipio dopo l'89 a.C. grazie alla lex Iulia de civitate (che conferiva la pienezza del diritto romano, assegnandola alla tribù della Velina[36]) si ingrandì in fasi successive. In seguito divenne centro politico-amministrativo (capitale della X Regione augustea, Venetia et Histria) e prospero emporio, avvantaggiata dal lungo sistema portuale e dalla raggiera di importanti strade che se ne dipartivano sia verso il Nord, oltre le Alpi e fino al Baltico ("via dell'ambra"), sia in senso latitudinale, dalle Gallie all'Oriente. Fin da tarda età repubblicana e durante quasi tutta l'epoca imperiale Aquileia costituì uno dei grandi centri nevralgici dell'Impero romano.[37] Sappiamo che durante il suo primo consolato del 59 a.C.,Gaio Giulio Cesare ottenne con la Lex Vatinia del 1º marzo[38] il proconsolato delle province della Gallia Cisalpina[1] e dell'Illirico per cinque anni e il comando di un esercito composto da tre legioni[39]. Sappiamo di numerosi soggiorni di Cesare ad Aquileia durante la conquista della Gallia.[40] Un quindicennio più tardi, tra il 35 ed il 33 a.C., Aquileia rimase ancora "quartier generale" delle campagne militari di Ottaviano nell'Illirico. Si trovava al centro di tre differenti direttrici di marcia: quella più a sud-est verso le tribù della costa; quella "centrale" che portava nei territori dei Giapidi; e quella più a nord-est contro le popolazioni di Carni e Taurisci.[41]
- Bergomum (Bergamo), insieme a tutti gli abitanti dei territori transpadani, acquisisce la cittadinanza romana nel 49 a.C., in seguito a un editto di Giulio Cesare.
- Brixia (Brescia), nacque come città romana nel 196 a.C., pur tuttavia non essendo soggetta a una vera e propria occupazione, ma a una sorta di alleanza.[42] Questa alleanza permise a Brescia nell'89 a.C., grazie alla lex Iulia de civitate (che conferiva la pienezza del diritto romano, assegnandola alla tribù della Fabii[43]) di diventare municipio e ottenere il diritto latino, per aver aiutato i Romani, insieme a Veneti, Galli e Liguri, a sconfiggere i socii Italici. Nel 49 a.C., allo scoppio della guerra civile, Aulo Gabinio fu richiamato da Cesare e gli fu affidato il comando delle operazioni nell'Illirico. Brixia divenne così parte del territorio romano e ai suoi abitanti venne data la cittadinanza romana.[44] Non a caso sappiamo del passaggio della legio X Veneria dalla città in questo periodo.[45] In epoca repubblicana il mondo "cenomane" godette di grande autonomia, poté auto-amministrarsi, battere moneta propria, mantenere una propria "cultura", ma con l'acquisizione della cittadinanza romana scomparve la dicitura "Cenomani" in favore di quella di "Brixiani".[46] Nel 7-9 d.C. Brixia andò a far parte della Regio X Venetia et Histria.
- Cremona (Cremona), fortificata dai romani nel 218 a.C. come castrum, insieme con la città di Placentia (Piacenza), in riva al Po. Fu un importante centro dell'area padana durante tutto il periodo repubblicano.
- Dertona (Tortona), divenne colonia romana intorno al 120 a.C., trasformandosi in un fiorente centro agricolo e commerciale, all'incrocio di importanti vie di comunicazione: la via Postumia (che collegava Genova ad Aquileia), la via Fulvia (proveniente da Pollenzo) e la via Emilia Scauri (proveniente da Vada Sabatia, l'odierna Vado Ligure, attraverso Aquae Statiellae, l'odierna Acqui Terme). Eretta una seconda volta a colonia da Augusto (tra il 40 e il 30 a.C.) assunse il nome di Iulia Dertona[47] e agli inizi del I secolo entrò a far parte della regione IX.
- Forum Julii (Cividale del Friuli), è legata al nome di Giulio Cesare, come testimonia il fatto che il nome Friuli deriva proprio da Forum Iulii, ovvero il foro di Giulio. Tra il 56 a.C. ed il 50 a.C., infatti, grazie all'iniziativa del proconsole romano, qui fu creato un municipio, Forum Iulii, da cui prese poi il nome tutta la regione Friuli, successivamente divenne colonia. Le mura romane sono alla base delle mura veneziane tuttora presenti.
- Iulia Concordia (Concordia Sagittaria), fondata nel 42 a.C. presso l'incrocio della Via Annia con la Via Postumia, sotto Augusto fece parte della Regio X Venetia et Histria.
- Mantua (Mantova), fu conquistata dai Romani dopo la dominazione dei Galli Cenomani, nel 214 a.C. Divenuta colonia, assurse al titolo di città libera dopo la promulgazione della Legge Giulia del 90 a.C. che estese la cittadinanza romana agli abitanti delle colonie e divenne "municipium" dal 47 a.C. Il 15 ottobre del 70 a.C. ad Andes, piccolo villaggio nei pressi di Mantova, nacque Virgilio (Publio Virgilio Marone). Nonostante questi importanti eventi, la Mantua romana rimase ai margine, secondaria rispetto a città vicine come Verona e Cremona.
- Mediolanum (Milano), dopo essere stata la più importante città dei Galli Insubri, fu conquistata nel 222 a.C., dai consoli romani Gneo Cornelio Scipione Calvo e Marco Claudio Marcello.[48] All'89 a.C. risale la legge di Pompeo Strabone ("Lex Pompeia de Gallia Citeriore") che conferì alla città dignità di colonia latina. I notabili milanesi disapprovarono la dichiarazione della valle padana come semplice provincia (Gallia Citerior o Cisalpina) e appoggiarono il tentativo del console Lepido di rovesciare i successori della corrente sillana. Il tentativo fallì e nel 77 a.C. la ribellione fu domata con una strage. Per via della sua favorevole posizione di retrovia, Mediolanum fu di importanza notevole per le campagne di Cesare alla conquista della Gallia, negli anni dal 58 a.C. al 50 a.C.Divenne il più importante centro della Gallia Cisalpina e, sull'onda dello sviluppo economico, nel 49 a.C. venne elevata, nell'ambito della Lex Roscia allo status di municipium civium romanorum.[49]
- Mutina (Modena), già intorno al 200 a.C. era un'importante colonia romana cinta da mura, nella quale le legioni romane trovarono rifugio durante un'insurrezione dei Galli. Ma la sua importanza è destinata a crescere con la costruzione della Via Emilia, su iniziativa del console Emilio Lepido: la strada romana univa Modena agli altri grandi centri della regione (Parma e Bologna), favorendo le operazioni militari, ma anche il traffico delle merci. La fortuna della città fu legata a questa strada, che dà il nome alla regione e che è ancora oggi uno degli assi principali del traffico in Italia. Nel 78 a.C. la città vide la sconfitta dei rivoltosi anti-sillani guidati da Marco Emilio Lepido (console 78 a.C.) a opera di Quinto Lutazio Catulo (console 78 a.C.), poi, nel 43 a.C. quella di Marco Antonio per opera di Ottaviano Augusto.
- Opitergium (Oderzo), di fondazione paleoveneta, passò gradualmente sotto il controllo romano diventando municipium al termine della Guerra civile (49-45 a.C.) per volere di Gaio Giulio Cesare. Si trattava di un centro di grande importanza strategica, essendo equidistante dal Piave e dal Livenza, nonché, in direzione nord-sud, dal Cansiglio (detti monti Opitergini) e dalla laguna di Venezia (all'epoca laguna opitergina). Il suo territorio si estendeva, prima dello sviluppo di Concordia Sagittaria, fino al Tagliamento. Già a partire dal II secolo d.C. la città fu più volte saccheggiata dai barbari, fino alla definitiva distruzione avvenuta ad opera di Grimoaldo intorno al 667.
- Patavium (Padova), fu una delle più ricche città dell'Impero grazie, anche, all'allevamento di cavalli, era inoltre l'unica città in Italia ad avere un circo come Roma. In età augustea Padova divenne parte della X Regio che aveva come capitale Aquileia, cui era collegata grazie alla via Annia che partiva da Adria.
- Placentia (Piacenza), fu fondata dai Romani sulle rive del fiume Po nel 218 a.C., probabilmente su un preesistente insediamento celtico, sul confine tra i territori degli Insubri e dei Boii sconfitte in precedenza dai Romani. Nello stesso anno nacque la colonia gemella di Cremona. I romani preferirono costruire il castrum su un pianoro alluvionale più alto di 4-5 metri rispetto al territorio circostante aumentando in tal modo la capacità difensiva dell'insediamento. Essendo la zona popolata dai Celti, entrambe le città nacquero come avamposto per consolidare le conquiste in territorio gallico e per tenere a bada le genti celtiche. Sia Piacenza sia Cremona vennero fondate come colonie latine e furono inviati 6.000 coloni latini. La scelta fu dovuta all'incombente minaccia dell'invasione dell'Italia da parte del condottiero cartaginese Annibale. Quest'ultimo dopo aver vinto i Romani presso il Ticino, la Trebbia e aver espugnato Clastidium (Casteggio), non riuscì a occupare Placentia che gli resistette. Il fiume Po e la via Emilia, che la congiungeva con Ariminum o Rimini, già allora caratterizzavano la vocazione logistica della città. Lo schema viario romano con "cardo" e "decumano" è ancora ben visibile nel centro storico.
- Ravenna (Ravenna), circondata dalle acque e accessibile solo dal mare, qui l'imperatore Cesare Ottaviano Augusto dislocò la flotta militare dell'alto Adriatico. Per questo fine l'imperatore fece eseguire importanti lavori di sistemazione idraulica: fece scavare laFossa Augustea, un canale che collegava il Po con l'ampio specchio di acqua a sud di Ravenna e qui fondò il porto di Classe. Il porto fu realizzato con i criteri di una poderosa macchina militare. Secondo Plinio il Vecchio, poteva contenere fino a 250 triremi e 10.000 marinai o classari destinati al controllo di tutto il Mediterraneo orientale (la base destinata al controllo del Mediterraneo occidentale era invece il porto di Miseno sulla costa tirrenica).
- Ticinum (Pavia), assunse importanza a partire dal 187 a.C. quando fu raggiunta da una diramazione della via Emilia. Fu municipium e qui nacque lo storico Cornelio Nepote. Il centro storico di Pavia, un quadrato di circa 1 km², ha ancora oggi la tipica pianta derivata dal castrum, l'accampamento militare romano, dotato di due assi perpendicolari, il cardo e il decumano. La conservazione della pianta della città è stata permessa dal fatto che la città non è mai stata distrutta completamente.
- Tridentum (Trento), sorta come accampamento militare romano, divenne municipium tra il 50 e il 40 a.C., ed accrebbe la sua importanza notevolmente dopo le campagne militari augustee nell'area. Ancor'oggi le linee del decumanus maximus e del cardo maximus sono visibili nella struttura abittaiva della città, la cui Porta Veronensis meridionale è oggi visibile nel museo diocesano tridentino.
- Vercellae (Vercelli), fu sottomessa a Roma nei primi decenni del II secolo a.C. Divenne la prima città dell'attuale Piemonte per imponenza edilizia e per ricchezza di istituzioni pubbliche e commerci. Nei suoi pressi fu combattuta una delle più importanti battaglietra Romani e germani Cimbri (101 a.C.). Nel 49 a.C. Vercelli divenne municipium e fu dotata di strade lastricate, un acquedotto, bagni pubblici, templi, un teatro e anfiteatro.
Principali vie di comunicazione
Le vie romane che attraversarono in pochi decenni tutta la Cisalpina furono costruite per consentire in primo luogo i collegamenti militari. Le guerre contro i Liguri, con la conseguente fondazione di colonie nel loro territorio, non rappresentano solo l'espansione nella penisola, ma sono anche premessa dell'espansione verso l'occidente, quindi verso Sardegna, Spagna, Cartagine.
Le principali vie di comunicazioni provinciali erano:
- la via Annia, costruita a partire dal 131 a.C. per collegare Hatria (Adria) a Patavium (Padova), Altinum (Altino), Iulia Concordia (moderna Concordia Sagittaria, dove incrociava la via Postumia) e infine ad Aquileia.
- la via Emilia, costruita a partire dal 189 a.C. per collegare Ariminum (Rimini) a Placentia (Piacenza).
- la via Emilia Scauri, costruita a partire dal 109 a.C. per collegare Vada Sabatia (Vado Ligure, presso Savona), a Luni (Portus Lunae), poi fino a Lucca (Luca).
- la via Gallica, per collegare Verona con le Brescia (Brixia), Bergamo e Milano (Mediolanum).
- la via Julia Augusta, costruita a partire dal 13 a.C. per collegare Placentia (Piacenza), passando per Dertona (Tortona) e Aquae Statiellae (Acqui Terme), fino a La Turbie (trofeo di Augusto).
- la via Popilia, costruita nel 132 a.C., per collegare Ariminum (Rimini) alla città di Aquileia, passando per Ravenna, Adria e Altino.
- la via Postumia, costruita a partire dal 148 a.C., per collegare i due principali porti romani del nord Italia, Genova e Aquileia.
Note
- ^ a b La Gallia Cisalpina corrispondeva ai territori della pianura padana compresi tra il fiume Adige e le Alpi piemontesi
- ^ Cassio Dione 41, 36
- ^ U. Laffi, La provincia della Gallia Cisalpina, “Athenaeum”, 80, 1992, pp. 5-23
- ^ Demandt, p. 92.
- ^ U. Laffi, Organizzazione dell'Italia sotto Augusto e la creazione delle regiones, pp. 81-117, in U. Laffi, "Colonie e municipi nello Stato romano, Roma 2007
- ^ G. Frigerio, Il territorio comasco dall'età della pietra alla fine dell'età del bronzo, inComo nell'antichità, Società Archeologica Comense, Como 1987.
- ^ La Battaglia del mare Sardo (540 a.C.)[1].
- ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, V, 34.
- ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, V, 35.
- ^ Polibio, Storie, II, 7; M.T. Grassi I celti in Italia, Milano 1991
- ^ Christiane Eluère, p. 71.
- ^ a b Kruta, La grande storia dei Celti, p. 202.
- ^ Lo smalto era ottenuto dal vetro di quarzo, addizionato di ossido rameico (Cu2O) e piccole quantità di piombo; durante la fusione, un processo di ossidoriduzione evitava la formazione di ossido rameico (CuO), dall'indesiderato colore verde. Cfr. Günter Haseloff,Lo smalto celtico, in S. Moscati et al., I Celti, 1991.
- ^ Christiane Eluère, I Celti "barbari d'Occidente", p. 68.
- ^ a b c Demandt, p. 86.
- ^ Floro, I, 13.
- ^ Christiane Eluère, p. 69.
- ^ Ogilvie, Cronologia.
- ^ Kruta, La grande storia dei Celti, pp. 251.
- ^ Polibio, Storie, II,25-27.
- ^ Storia Romana, Giovanni Geraci, Arnaldo Marcone, pag.92
- ^ Polibio, Storie, II.35.4
- ^ a b Velleio Patercolo, Historiae Romanae ad M. Vinicium libri duo, I, 13.2.
- ^ Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, III, 126-127.
- ^ CIL V, 873.
- ^ a b Tito Livio, Ab Urbe condita libri, XXXIX, 55; XL, 34.2-3; XLI, 1; XLI, 9-10; XLIII, 1.
- ^ Luisa Bertacchi, Aquileia: l'organizzazione urbanistica, p.209.
- ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, XLIII, 17.1.
- ^ J.Carcopino, Giulio Cesare, Milano 1981, pp.255-260; A.Piganiol, Le conquiste dei Romani, Milano 1989, pp.432-433.
- ^ The Celts: a history
- ^ ^ The Samnites in the Po Valley. D. O. Robson. The Classical Journal, Vol. 29, No. 8 (May, 1934), pp. 599-608
- ^ Per la centuriazione ci si basò su strade preesistenti: il decumano massimo era la stessa Postumia, mentre il cardine era la via Aurelia; le due arterie si incrociavano nei pressi dell'attuale Vallà di Riese Pio X.
- ^ Dalla sezione Linea del tempo del sito asolo.it
- ^ Velleio Patercolo, Storia romana, I, 13.2.
- ^ Appiano di Alessandria, Guerra illirica, 11; CIL V, 8270; Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, III, 129; Fasti triumphales: AE 1930, 60; Appiano di Alessandria, Guerre celtiche, 13; Strabone, Geografia, V, 1.8.
- ^ CIL V, 903.
- ^ Massimiliano Pavan, Aquileia città di frontiera, in Dall'Adriatico al Danubio, Padova 1991, p.124.
- ^ La Lex Vatinia fu proposta dal tribuno della plebe Publio Vatinio, che poi sarà luogotenente di Cesare in Gallia
- ^ Le tre legioni affidate a Cesare dalla Lex Vatinia erano la VII, l'VIII e la VIIII
- ^ Cicerone, In P. Vatinium ("Contro Publio Vatinio"), 38; Cesare, De bello Gallico, II, 35 e III, 7; Cesare, De bello Gallico, V, 1, 5-9; Cesare, De bello Gallico, VI, 44; Cesare, De bello Gallico, VII, 1.1; Aulo Irzio, De bello Gallico, VIII, 24.3; Appiano di Alessandria,Guerra illirica, 18 e 52.
- ^ Appiano di Alessandria, Guerre illiriche, 16-22.
- ^ Abeni, La storia bresciana, Brescia, Del Moretto, 1984.
- ^ CIL V, 4459.
- ^ Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, XLI, 36.
- ^ CIL V, 4191, CIL V, 4377.
- ^ CIL V, 4186, CIL V, 4355, CIL V, 4459, CIL V, 4485 e AE 1952, 136.
- ^ AE 1978, 344.
- ^ Polibio, Storie, II, 34.10-15; Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, XII, 51-52;Zonara, L'epitome delle storie, VIII, 20.
- ^ CIL V, 5854.
Bibliografia
- Fonti primarie
- Appiano di Alessandria, Guerra illirica, traduzione inglese QUI.
- Aurelio Vittore, De Caesaribus, XXXIX e XLI, versione latina QUI; Epitome, XLI versione latina QUI; De Viris Illustribus, versione latina QUI.
- Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, XII, 51-52, traduzione inglese QUI.
- Cesare, De bello Gallico (testo latino) .
- Eutropio, Breviarium historiae romanae (testo latino) .
- Fasti triumphales: AE 1930, 60.
- Livio,
- Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, III.
- Polibio, Storie, II; traduzione inglese QUI.
- Strabone, Geografia, V; traduzione inglese QUI.
- Svetonio, Vite dei dodici Cesari.
- Velleio Patercolo, Historiae Romanae ad M. Vinicium libri duo, I.
- Zonara, L'epitome delle storie, VIII e XII; testo latino.
- Zosimo, Storia nuova, I-II traduzione inglese del libro I, QUI.
- Fonti storiografiche moderne
- Luisa Bertacchi, Aquileia: l'organizzazione urbanistica, in Milano capitale dell'Impero romani (286-402 d.C.), catalogo della Mostra Milano capitale dell'Impero romani (286-402 d.C.) tenutasi a Milano, Palazzo Reale dal 24 gennaio al 22 aprile del 1990, Ed.Silvana Milano, 1990, pp. 209–212.
- Luigi Bossi, Della istoria d'Italia antica e moderna, Milano, 1819
- Jean Bousquet, La Cisalpine gauloise du IIIe au Ier siècle avant J.-C.
- Lawrence Keppie, The Making of the roman army, From Republic to Empire, University of Oklahoma, 1998
- Giuseppe Micali, L'Italia avanti il dominio dei Romani, Genova, 1830
- Raffaele de Marinis e Venceslas Kruta in Italia, omnium terrarum alumna, Garzanti-Scheiwiller, 1990