Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
venerdì 12 giugno 2020
Vite quasi parallele. Capitolo 71. Il valzer degli addii
C'è stato un tempo in cui i balli dell'alta società si concludevano col valzer degli addii.
Per la famiglia Monterovere, che da molte generazioni non apparteneva più a quel tipo di alta società, il valzer degli addii ci fu in maniera diversa, ma incominciò troppo presto e ad aprire le danze non furono i più vecchi, perché spesso le cose non vanno secondo quello che sarebbe il loro ordine naturale.
E infatti una delle ingiustizie più difficili da accettare è quando qualcuno più giovane muore prima di qualcun altro più anziano, a meno che la morte non ponga fine ad una inguaribile e dolorosa malattia.
Nell'agosto del 1977 morì, a sessantaquattro anni, in seguito ad un aneurisma all'aorta, Giulia Lanni Monterovere, moglie di Romano, madre di Francesco e nonna paterna di Roberto.
Da tempo era ricoverata in clinica per gravi problemi cardiocircolatori, all'epoca inoperabili.
Alcuni giorni prima aveva ricevuto la visita dei figli e dei nipoti.
Roberto aveva due anni e di lei avrebbe portato con sé un ricordo frammentato, fatto di immagini dai contorni sfumati, da cui traspariva il ritratto di una donna gentile, dolce e affettuosa, di aspetto ancora giovane.
La sua era stata una vita relativamente breve, ma sostanzialmente felice. Lei stessa aveva detto di sé: "Ho avuto tutto, tranne il tempo".
Per il marito invece avvenne il contrario: sopravvisse di venticinque anni alla moglie, ma fu una lenta agonia.
Romano Monterovere, pur non essendo stato un marito modello, aveva amato Giulia in maniera più grande di quanto avesse dato a vedere, e dopo la morte di lei si sentì perso.
Il suo era stato un sentimento in linea col resto della personalità, e dunque riservato, privo di quelle che lui definiva "smancerie romanticheggianti".
I familiari si accorsero di quanto le volesse bene proprio nel momento in cui, essendo lei venuta meno, lui divenne preda delle nevrosi che per tutta la vita erano state in agguato, pronte a colpire al primo segnale di debolezza.
Senza la mediazione di Giulia, Romano cadde vittima delle proprie ossessioni.
La parte migliore di Romano era Giulia, e tutto ciò che era buono in lui morì con lei, e giacque sepolto insieme a lei.
Non si rassegnò mai alla scomparsa dell'amata consorte.
E così per lui incominciarono gli anni dell'afflizione.
Aveva sempre avuto una predisposizione all'austerità, alla parsimonia e all'ipocondria: dopo la morte della moglie divenne gelido e scostante, avaro e quasi paranoico.
Come padre era stato severo e inflessibile, come nonno distante e disinteressato: come suocero divenne apertamente ostile a Silvia, aderendo in pieno alla fazione di sua sorella Anita, la grande nemica di Diana Orsini.
Silvia ricambiava in pieno quell'ostilità: <<Per il matrimonio di suo figlio, il regalo di Romano è stato una pentola a pressione. Basta questo per capire che tipo di uomo è>>
Sua figlia Enrichetta, al contrario, reagì in maniera fin troppo resiliente alla dipartita di sua madre, liquidando la questione con una lapidaria sentenza:
«La morte non accetta un "No" come risposta».
Va precisato che a quei tempi Enrichetta era molto diversa da ciò che sarebbe diventata in seguito, e dunque le sue caratteristiche di allora erano destinate ad andare via via sfumandosi con l'età, quando una maggiore empatia e comprensione l'avrebbe resa più malleabile.
Ma all'epoca Enrichetta era un vero e proprio carro armato, anche nell'aspetto fisico: robusta e poderosa come un armadio, vorace e insaziabile, caparbia e irascibile (come tutti i Monterovere peraltro) e a volte persino aggressiva, era capace di terrorizzare sia il marito che i dipendenti dell'Azienda, ma non solo.
Per la cognata Silvia, Enrichetta rappresentò per anni quel tipo di inevitabile antagonista che, se non ci fosse, bisognerebbe inventarselo, non fosse altro che per mettersi in discussione e definire, per contrasto, la propria identità.
Riguardo alla famiglia, Enrichetta riteneva che non bisognasse mai investire troppo sul rapporto di coppia (lei stessa infatti trattava il marito come una pezza da piedi) perché in fondo, a suo parere, l'amore non era altro che una dipendenza psicologica, a volte persino tossica.
I figli dovevano essere lasciati "liberi di esprimersi" e con questa scusa se ne disinteressò in maniera pressoché totale.
Dopo aver seppellito la madre, Enrichetta prese il posto del padre in Azienda, mentre i suoi fratelli Francesco e Lorenzo vennero di fatto estromessi, grazie all'alleanza che lei aveva concluso con la zia Anita, lo zio Edoardo e il prozio Carlo Bassi-Pallai, oltre che con quelli che lei chiamava "i soci invisibili", di cui era meglio non chiedere e non sapere.
Francesco e Lorenzo erano troppo addolorati per la scomparsa della madre e non capirono che quello era il primo passo per essere totalmente e definitivamente esclusi dagli affari di famiglia.
La dipartita di Giulia Lanni Monterovere fu il primo cedimento nel castello di alleanze costruito da quella che era stata la "gens" allargata dei Ricci-Orsini.
Diana ne era stata preavvertita dalla stessa Giulia e aveva cercato di preparare gradualmente Ettore alla doccia fredda che presto sarebbe calata sul Feudo Orsini, con l'arrivo del Canale e dell'Azienda Monterovere.
Come sempre, nelle situazioni di crisi, era stata mandata avanti la Signorina Mariuccia De Toschi, la Grande Mademoiselle, che nonostante i suoi 85 anni e la sua mole da ippopotamo sovrappeso, era ancora forte e coriacea come una roccia di granito.
La Signorina si presentò alla camere ardente come se avesse perduto una parente strettissima.
Vestita interamente di viola e nero (anticipando le Blackpink di mezzo secolo), si esibì in un numero indimenticabile.
Appena entrata, si fece il segno della croce e, con grande meraviglia di tutti, si inginocchiò sotto l'atrio. Poi, a metà del tragitto, si rifece il segno della croce e si inginocchiò nuovamente. L'operazione fu ripetuta una terza volta di fronte al feretro, accompagnata da un pianto dirotto e da lamenti che avrebbero fatto invidia a una prefica. Infine, baciò la fronte della defunta e recitò il Requiem in latino suscitando lo sbigottimento dei presenti.
Ma tutto questo non fu nemmeno lontanamente sufficiente per blandire l'ostilità di Romano e Anita, che si manifestò già al funerale. In compenso l'esibizione della De Toschi suscitò l'ilarità fuori posto di Carlo Bassi-Pallai, che Manzoni avrebbe etichettato come un "vecchio mal vissuto".
Due mesi dopo, la cupa musica del valzer degli addii riemerse dallo sfondo, quando
peggiorarono le condizioni di salute di Eleonora Bonaccorsi Monterovere, madre di Romano, nonna di Francesco e bisnonna di Roberto.
In questo caso, almeno, le cose stavano rispettando l'ordine naturale, eppure tutti erano addolorati, nel sentire che la ferrea salute della matriarca stava cedendo.
Nella memoria del pronipote bambino rimase una sola, ma ben definita immagine di questa vegliarda quasi centenaria, che camminava appoggiandosi a un deambulatore, e alternava momenti di confusione con altri di improvvisa lucidità.
Tra questi ricordi il più chiaro fu l'ultimo, quando Eleonora, sentendo che la fine era prossima, volle parlare col nipote preferito.
Cercò di metterlo in guardia:
<<Francesco, devi stare attento. Anita ed Enrichetta ti porteranno via tutto>>
Lui ci rimase male:
<<No, non credo. Mi hanno sempre assicurato che avrò quel che mi spetta secondo la legge>>
Eleonora rise:
<<Come sei ingenuo! Tu credi ancora che le persone pensino veramente quello che dicono, e viceversa... sei rimasto un bambino...>>
Francesco scuoteva la testa:
<<Io ho fiducia in loro. Non credo che mi deluderanno>>
Eleonora sospirò:
<<Francesco, sveglia! Hai quasi quarant'anni e ancora idealizzi le persone! Eppure dovresti aver imparato che la causa della delusione è proprio l'idealizzazione. Tu vivi di aspettative infondate!
In generale, le aspettative sono nemiche della felicità e le tue sono decisamente troppo alte>>
Era vero, ma lui non voleva ammetterlo a se stesso:
<<Nonna, come puoi chiedermi di dubitare di loro? Sono la mia famiglia e anche la tua famiglia! I tuoi figli e nipoti!>>
Proprio perché erano la sua famiglia, Eleonora li conosceva bene, e aveva scelto con esattezza da che parte stare:
<<La mia famiglia sei tu, Francesco, con tua moglie e tuo figlio. E loro sono la tua unica famiglia. Silvia e Roberto, e basta! Questi sono gli unici Monterovere di cui sei responsabile.
Non dimenticarlo mai!>>
Il nipote era ancora troppo legato a una visione patriarcale della famiglia per rendersi conto del fatto che sua nonna, con la lungimiranza di chi è prossimo all'ultimo addio, aveva detto qualcosa di molto importante.
Francesco, a dispetto della sua intelligenza, si ostinò a difendere ciò che rimaneva della sua famiglia di origine. Forse era un modo di rimanere legato al ricordo della madre e all'illusione che lei ci fosse ancora a sostenerlo nei momenti difficili.
C'era un cordone ombelicale che non si era mai del tutto staccato e che lui non aveva nessuna intenzione di staccare, soprattutto ora che sua madre era venuta meno.
<<Non posso credere che mia sorella e i miei zii mi stiano ingannando, con la tacita complicità di mio padre>>
L'anziana matriarca se ne uscì con uno dei suoi proverbi preferiti:
<<E' più facile ingannare la gente che convincerla di essere stata ingannata>>
Il nipote riconobbe l'insegnamento, ma continuò a resistere all'idea:
<<L'inganno da parte di un familiare è un tradimento troppo difficile da accettare>>
Eleonora lo guardò fisso, con i suoi occhi chiari che avevano visto troppe cose:
<<E' difficile, ma è la verità e bisogna avere il coraggio di guardarla in faccia, ma tu preferisci mettere la testa sotto la sabbia.
Non devi cedere a questa tentazione, o a rimetterci saranno tua moglie e tuo figlio.
Perderanno tutto, se non sarai vigile, e tu vivrai il resto dei tuoi giorni nel rimpianto di non averli saputi proteggere>>
Questo fu il suo monito, che aveva il valore di un oracolo.
Con il senno di poi, possiamo dire che Eleonora Bonaccorsi Monterovere aveva previsto tutto con inquietante esattezza, prima di lasciare questo mondo nel gennaio del 1978.
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