Ci sono periodi in cui si ha l'impressione, errata, che non succeda mai niente, supportata dai quotidiani che si dilungano sul tempo meteorologico, sugli incidenti stradali e sulle schermaglie politiche di piccolo cabotaggio.
L' "opaca trafila delle cose", scriveva Sereni, e prima di lui Montale, il suo maestro, che parlava della vita come "uno scialo di triti fatti, vano più che crudele".
Eppure è proprio in questi periodi di apparente bonaccia in cui si gettano le basi del futuro, nel bene e nel male.
I fiori del male crescono più rapidamente, ma di tanto in tanto, in qualche orticello protetto dalle intemperie, ecco nascere i germogli di ciò che, negli anni bui, era stata la semina dell'avvenire.
E i risultati si videro per caso, senza nessuna premeditazione, e diedero avvio ad una serie di eventi destinata a influenzare le sorti della Contea.
Questo fatto avvenne verso la fine dei sonnolenti anni 50 e riguardò la diciassettenne Silvia Ricci-Orsini, la figlia "di mezzo" (ossia la secondogenita delle tre) di Ettore Ricci e Diana Orsini, Contessa di Casemurate.
La sua insegnante di latino e greco al Liceo Classico di Forlì, la professoressa Veronica Ottobrini, aveva incontrato per puro caso, in treno, una "personalità" del mondo casemuratense e cioè una certa Lucia Biasoni, titolare del negozio di alimentari, e nota, oltre che per essere una vera e propria centrale del pettegolezzo, anche per il fatto di sfoggiare dei folti baffi castani.
La signora Biasoni apparteneva alla temibile categoria di coloro che in treno attaccano bottone con tutti, in particolare con chiunque si trovi di fianco o davanti a loro.
In quel memorabile viaggio sull'Accelerato delle 15.25 della Romagna Centrale, lungo la paludosa tratta Lugo-Bagnacavallo, la prof. Ottobrini fu vittima della logorroica attenzione della signora Biasoni.
Quando, in quel fiume di parole, in mezzo a quella cacofonia di suoni, la Ottobrini distinse il nome di Casemurate, le venne subito in mente la sua studentessa preferita e non appena fece il nome di Silvia Ricci-Orsini, fu come se fossero state aperte le cateratte del Nilo.
La Biasoni raccontò nei minimi particolari le imprese degli Orsini di Casemurate dalla fondazione della Contea fino al matrimonio di Diana Orsini con Ettore Ricci.
La Ottobrini, impressionata da quelle vicende che sembravano appartenere ai tempi dei Borgia, ebbe modo di tessere le lodi di Silvia a tal punto che la Biasoni dimenticò di scendere alla fermata di Godo, e finì poi per perdersi nell'hinterland ravennate.
Chi non è di Ravenna deve sapere che è una città in cui è facile entrare, ma quasi impossibile uscire, a causa di un ginepraio di tangenziali, autostrade, antiche vie romane, paludi e sobborghi che dai tempi dell'imperatore Onorio l'avevano resa una sorta di labirinto in cui anche i barbari più temibili, come Teodorico, finivano per rimanere intrappolati e nel contempo ammaliati.
Quando infine la vecchia Lucia riuscì a tornare a Casemurate, grazie a una cigolante corriera del Dismano, la prima cosa che fece fu di telefonare a tutti i suoi conoscenti per raccontare ogni dettaglio dell'accaduto, non senza preconizzare, per la giovane Silvia Ricci-Orsini, un futuro a tal punto luminoso che <<presto la vedremo in televisione>>
La notizia fece il giro della Contea, passò di bocca in bocca in tutto il Feudo, fino ad arrivare al suo nucleo operativo, la Villa.
Fu l'anziana maestra Clara Ricci, madre di Ettore, a comunicare tutto alla governante della Villa, la signora Ida Braghiri, la quale si era fatta verde in faccia dall'invidia, arrivando persino a dire che, comunque, <<il mio Massimo non è da meno!>> riferendosi all'adorato figlio maschio.
La conversazione fu udita dalla vecchia Contessa Madre Emilia, che per l'occasione si scolò una bottiglia di Nero d'Avola del 1860, un vino talmente pesante che avrebbe corroso migliaia di stomaci e fegati meno robusti e allenati del suo.
Emilia riferì quanto udito alla figlia Diana, la quale telefonò subito al collegio dove alloggiava Silvia.
L'unico che paradossalmente non si rallegrò in alcun modo della cosa fu Ettore Ricci:
<<Mia figlia va bene a scuola? E' il minimo, con tutto quello che pago per mantenerla!>>
Al momento in cui Diana chiamò, Silvia non era ancora tornata dalla biblioteca.
Quando ritornò, le suore riferirono che aveva ricevuto una telefonata da casa.
Considerata la rarità dell'evento, Silvia richiamò subito.
Purtroppo rispose il padre:
<<Qui Ettore Ricci, chi parla?>>
Il tono era ancora più burbero del solito.
<<Ciao babbo, come stai?>>
E lui:
<<Brutte notizie! Non sono ancora schiattato!>>
Era una delle sue risposte più frequenti, ma Silvia non riusciva ad abituarsi:
<<Dai, non fare così. E comunque ho telefonato solo perché mi avete cercato voi>>
E lui, ironico:
<<Ho avuto onori più grandi, ai miei tempi>>
Silvia non poté fare a meno di sorridere:
<<Va be', immagino che non sia stato tu a chiamarmi, nel qual caso sarebbe davvero un evento storico>>
Ettore in fondo si divertiva a punzecchiare le figlie:
<<No, ho da lavorare io! Ci dovrà pur essere qualcuno che tira avanti la baracca mentre tutti gli altri oziano! Ovviamente ti ha chiamato tua madre>>
Ettore e Diana non si parlavano più dai tempi della morte di Federico Traversari.
<<Me la puoi passare, allora?>>
A quel punto avvenne una cosa piuttosto insolita, dovuta ai dissapori tra i coniugi Ricci-Orsini
Marito e moglie, non si rivolgendosi più la parola, comunicavano attraverso il cane.
Ettore, a voce altissima, si rivolse al suo fido levriero:
<<Bill, va' a dire alla tua padrona che sua figlia vuole parlare con lei>>
Silvia sospirò:
<<Babbo, non ricominciare con questa storia del cane>>
Lui sbuffò:
<<Quel cane è più intelligente di tutti voi Orsini messi insieme! Ti saluto e mi raccomando, non ti montare la testa!>>
<<Ma di cosa stai parlando?>>
Si sentì il cane abbaiare e poi silenzio per un po':
<<Pronto Silvia, sono la mamma>>
<<Ciao mamma, mi avevi chiamato tu?>>
<<Sì, volevo dirti che qui a Casemurate tutti parlano di te. La Ottobrini ha incontrato in treno la Lucia Biasoni>> e le raccontò tutto quello che si erano dette.
Silvia si sentiva investita di una responsabilità eccessiva:
<<Uhm, non vorrei che si creassero aspettative troppo alte sul mio conto. Il babbo mi è sembrato più sarcastico del solito>>
Diana rise:
<<Lo sai com'è fatto, ma sono sicura che in cuor suo è orgoglioso di te. Siamo tutti orgogliosi. Di questi tempi abbiamo avuto così pochi motivi per rallegrarci. La nonna Emilia ha festeggiato ubriacandosi e la nonna Clara ha girato in bicicletta fino a Cesena per spargere la notizia>>
Silvia si sentì sprofondare:
<<Immagino che Ida Braghiri si stia mangiando il fegato e stia ricordando a tutti quanto è bravo il suo Massimo>>
Diana confermò:
<<Certe cose non cambieranno mai>>
Silvia aveva una certa soggezione per la Governante e la sua famiglia:
<<Ida Braghiri ci seppellirà tutti, prima o poi. C'è gente che vive solo per assistere alle disgrazie degli altri>>
Diana abbassò la voce:
<<Ne ha già viste abbastanza, di nostre disgrazie, la "cara" Ida.
Dovremo impegnarci molto per cercare di non darle troppe soddisfazioni>>
E si impegnarono notevolmente, al massimo grado, ma come sta scritto nella lapide in mezzo al deserto di El Alamein: "Mancò la fortuna, non il valore".
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