Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
lunedì 12 gennaio 2015
Castelli
Castello di Hohenzollern; sotto Culzean, Scozia
Karlštejn Castle, Czech Republic
Bamburgh, Inghilterra
Hjularöd Castle, Sweden
Cochem Castle, Germany
Leeds Castle, Kent, UK
Bodiam Castle, East Sussex.
Castelo de Almourol, Portugal
Estgot. Capitolo 1. Incarico di punizione.
Era solo, ai margini di una città degradata, in una terra senza speranza.
La remota provincia di Estgot non era soltanto uno dei luoghi più desolati, degradati e aspri dell'estremo confine orientale dell'Unione.
Era anche un luogo pericoloso, ingovernabile, devastato da una lunga guerra civile tra i sostenitori dell'Unione Occidentale e quelli della Federazione Orientale.
Dopo sei anni di faide, quella guerra si era conclusa senza vincitori: tutti ne erano usciti male.
Di fatto, soltanto una minima parte della provincia era ancora sotto il controllo dell'Unione, che troppo tardi aveva compreso che quello scontro con la Federazione era stato uno dei più grandi errori diplomatici dell'ultimo decennio.
Non c'è da stupirsi dunque se la nomina a governatore di Estgot non fosse certo un onore o una promozione, quanto piuttosto una punizione, un confino, un esilio in un luogo sgradevole, dove le probabilità di sopravvivenza erano scarse, soprattutto se si ricopriva un incarico pubblico.
Era questa la sorte effettiva del nuovo governatore di Estgot, Roman Waldemar, che in un tardo pomeriggio di fine dicembre giunse in quel luogo ostile, per scontare la sua pena.
A trasportarlo fin lì era stata una decrepita automobile del Ministero degli Interni, guidata da un autista ancor più vecchio.Mentre si avvicinavano al capoluogo, incuneato in una valle angusta, ai piedi di montagne ostili, la macchina aveva cominciato a ballonzolare, per via del ghiaccio.
C'era molta neve ed il freddo era pungente.
Per un attimo la mente di Waldemar tornò ai "bei tempi andati", in cui era considerato un giovane promettente, e si sentì come Ginevra in convento dopo essere stata bandita da Camelot con disonore.
La sua colpa era decisamente meno romantica, ma non meno grave.
Esistono due tipi di errori: quelli perdonabili e quelli imperdonabili.
Waldemar sosteneva che a volte, nella vita, bisogna commettere errori imperdonabili per poter fare la cosa giusta.
Un paradosso etico che risultava incomprensibile a chi non sapeva distinguere l'utile dal giusto.
Ma era veramente giusto ciò che aveva fatto?
Nulla di penalmente rilevante, intendiamoci, ma assolutamente imperdonabile dal punto di vista delle regole non scritte che in quegli anni si erano affermate tra i benpensanti ai vertici dell'Unione.
Chi viola un codice non scritto non è punibile penalmente, ma diventa un reietto.
E in quei casi non vi era possibilità di redenzione, soltanto di espiazione.
E non vi era alternativa a questa espiazione, nel senso che rifiutare l'atto di emarginazione avrebbe dato la possibilità ai suoi nemici di ottenere la sua totale espulsione dal sistema.
L'emarginazione era pur sempre una forma di sopravvivenza, l'espulsione no. In caso di espulsione avrebbe perso tutto: vitto, alloggio, libertà e infine la vita stessa.
Non era ancora pronto a rinunciare a tutto questo.
E comunque l'esilio era, in un certo senso, l'unica soluzione.
In patria ormai non c'era più nulla per lui: lasciava dietro di sé soltanto terra bruciata.
Aveva interrotto i rapporti con tutti, anche con le persone più care, per risparmiare loro il pericolo della sua frequentazione.
Chi aveva a che fare con un reietto, rischiava di cadere in disgrazia a sua volta.
Si era portato dietro soltanto i suoi libri, gli unici amici che ormai gli restavano.
Durante il viaggio si era letto un romanzo semi-autobiografico di Joanne Greenberg Mai ti promisi un giardino di rose.
Poteva essere il titolo della sua vita.
Davanti a lui c'erano solo nebbia e tenebre, interrotte da alcune luci nella notte.
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