“Nessuno di noi crede che l’uomo sia naturalmente buono: per
questo la solidarietà sociale non può essere delegata esclusivamente al buon
cuore dei privati, ma deve essere imposta con la forza dello Stato”
ABRAHAM YERAS, APOLOGIA DELLO
STATALISMO
VI
La Vicepresidente dell'Ordine Economico Universale, l'onorevole Maestra Mary Ann Ripley, era sottoposta da giorni ad una
pressione lavorativa senza precedenti nella sua lunga carriera. Da quando il
Grande Maestro Venerabile John David Orcfeller era entrato in coma, la
situazione politica era precipitata.
Da due settimane ormai la Ripley lottava
disperatamente per tenere unita la coalizione di governo del Consiglio, che
subiva continue defezioni.
Quando la nave affonda, i topi si
buttano a mare…
Aveva un bel dire Yeras che la
maggioranza non sapeva più governare: era
facile fare i moralisti quando non si avevano responsabilità di governo…poi,
una volta al potere, ci si accorgeva che la
politica è soprattutto un tirare a campare.
Sbuffò, e riprese a leggere l’ultima
proiezione del Weekly Report, il resoconto dettagliato della attività
del Consiglio nella settimana.
Aveva
meditato tutta la notte su quel documento e non ne era riuscita ancora a
venire capo. Fissò l’ultima videata della proiezione con una espressione di
rabbia e di disgusto.
La situazione mi sta sfuggendo di mano.
Il voto del giorno prima
dell’Autorità Garante del Mercato era stato scandaloso!
Come
avevano potuto i suoi alleati dell’Authority approvare l’acquisizione della
Fire S.C. da parte della Alpha-Omega e giudicarla “degna di fiducia e conforme alle regole del
nostro Ordine e della sua suprema supervisione”?
Un monopolio inammissibile! Contro ogni legge del libero
mercato! E l’hanno approvato per farmi dispetto!
Poi però si pentì di questo
pensiero. No, non era solo una questione
di rivalità interne.
C’era di più, Marfol l’aveva avvertita chiaramente: Correnson aveva comprato i voti
di molti Consiglieri facendo loro un’offerta che non si poteva rifiutare.
Sì, senza dubbio.
Ma quale offerta?
Era stata avviata una segretissima indagine al riguardo.
Molti agenti erano stati incaricati, tra cui anche un compagno di corso di
Marfol dai trascorsi discutibili, ma con indubbie doti investigative.
Eppure lei non si fidava di quel
personaggio troppo vicino all’Opposizione.
Forse è stato un errore incaricare una testa calda come quel
Thomas Ariston per un compito così delicato…
Ma Marfol era stato molto
convincente al riguardo: «Ariston sarà anche poco diplomatico e tendente al
solidarismo, ma è un soggetto di straordinarie qualità: è sopravvissuto a
situazioni drammatiche che avrebbero annientato chiunque, noi compresi. Se c’è
uno che può farcela in contesti estremi, è lui»
Raramente John Marfol si sbagliava
nel giudicare un collaboratore, e questa era una dote tipica dei leader. Lei
stessa si fidava ciecamente di Marfol e per questo l’aveva scelto come suo
alleato principale nel Consiglio.
A questo mi sono ridotta: mettere le sorti della maggioranza
di governo nelle mani di un opportunista senza scrupoli come Marfol e di un
cane sciolto come Ariston!
Ma il bello della politica concreta
era proprio la sua paradossalità, per cui nulla era mai come sembrava o come
sarebbe dovuto essere secondo la teoria, e persino secondo il buon senso!
Appose
distrattamente la firma digitale sul Weekly Report e lo spedì
all’Archivio Corrente.
Alea iacta est.
Una cefalea terribile le pulsava
nelle tempie. Con uno scatto rabbioso, ordinò all’androide di portarle le sue
compresse del mattino.
Poi si alzò e si diresse alla
finestra di vetroresina, che dava sul Parco Centrale di Dracon.
Forse dovrei fare come Yeras, una bella passeggiata tutte le
mattine.
Ma anche
volendo le mancava il tempo.
Quel fannullone può anche
permettersi di bighellonare nel parco. Ma chi è al comando non può lasciare mai
il timone, specie se il grande capo sta morendo.
Osservò il paesaggio: era una
mattina meravigliosa di primavera. C’era un così bel sole… e lei non sarebbe
potuta uscire a goderselo!
Sto invecchiando, e sto diventando maledettamente
sentimentale, come tutti i vecchi!
Appoggiò la mano avvizzita sul
davanzale della finestra e cercò di lenire nella fragranza dei profumi primaverili
l’amarezza che le aveva lasciato la sconfitta nel voto del giorno precedente.
Dopo una vita spesa per l’Ordine,
sacrificata all’Ordine, ecco la loro gratitudine!
Ma la contemplazione dello splendore
di Dracon la rinfrancava sempre.
La perfezione della capitale era
l’emblema dell’efficienza dell’Oeu, e quindi anche dell’efficacia e della bontà
del suo governo.
Ci chiamano con disprezzo l’Oligarchia!
Ma ogni classe dirigente è un’oligarchia!
Dopotutto, nei suoi cinquant’anni di
attività politica, ella aveva sempre cercato di perseguire prima di tutto il
benessere generale. Era stata fautrice
di un’oligarchia illuminata… e coerente con i propri principi!
Persino i suoi nemici, un giorno,
avrebbero dovuto riconoscerle questo.
Ah, come odio l’arroganza di Yeras quando sottintende che
solo i solidaristi pensano! Che solo loro si preoccupano veramente del bene
comune! Che solo loro sono nel giusto!
Ma il vero nemico non era Yeras… era
Correnson!
Per questo il giorno prima aveva accettato di sottoscrivere con Yeras un
documento di comune condanna nei confronti dell’operato della Alpha-Omega.
Pensano che mi stia rammollendo, che stia cedendo al
solidarismo… ma sono loro che hanno ceduto alla corruzione!
Tamburellò con le dita sul vetro.
No!
Non era ancora suonata l’ultima ora dell’Oligarchia!
In una singolare maniera, lei e
Yeras condividevano le stesse preoccupazioni, anche se partendo da opposti
fronti.
Era sconfortante dover ammettere di
condividere una posizione scomoda con l’oppositore di una vita.
Anche questa crisi passerà.
Ma l’emicrania non voleva proprio
passare,
segno di una tensione che tradiva una frustrazione profonda. Detestava
sentirsi così vulnerabile, proprio lei, la Lady di ferro, la Zarina dell’Oeu.
Ma non sono ancora morta!
Eppure una voce dentro di lei
avvertì che certe volte la vita
finiva quando diventava un mero tirare a campare, e alla fine, un indecoroso
sopravvivere a se stessi.
E questo, no, lei non l’avrebbe mai accettato.