Nella mappa possiamo vedere i territori colonizzati dai Celti nel periodo della loro massima espansione.
Con il nome di
Celti si indica un insieme di popoli
indoeuropei che, nel periodo di massimo splendore (
IV-
III secolo a.C.), erano estesi in un'ampia area dell'
Europa, dalle
Isole britanniche fino al bacino del
Danubio, oltre ad alcuni insediamenti isolati più a
sud, frutto dell'espansione verso le
penisole iberica,
italica e
anatolica. Uniti dalle origini
etnichee
culturali, dalla condivisione di uno stesso
fondo linguistico indoeuropeo e da una medesima
visione religiosa, i Celti rimasero sempre politicamente frazionati; tra i vari gruppi di popolazioni celtiche si distinguono i
Britanni, i
Galli, i
Pannoni, i
Celtiberi e i
Galati, stanziati rispettivamente nelle Isole Britanniche, nelle
Gallie, in
Pannonia, in Iberia e in
Anatolia.
Portatori di un'originale e articolata cultura, i Celti furono soggetti a partire dal
II secolo a.C. a una crescente pressione politica, militare e culturale da parte di altri due gruppi indoeuropei: i
Germani, da
nord, e i
Romani, da sud. I Celti furono progressivamente sottomessi e assimilati, tanto che già nella tarda antichità l'uso delle loro lingue appare in netta decadenza. L'arretramento dei Celti come popolo autonomo è testimoniato proprio dalla marginalizzazione della loro lingua, presto confinata alle sole Isole britanniche. Lì infatti, dopo i grandi rimescolamenti
altomedievali, emersero gli eredi storici dei Celti: le popolazioni dell'
Irlanda e delle frange occidentali e settentrionali della
Gran Bretagna, parlanti
lingue brittoniche o
goideliche, le due varietà di
lingue celtiche insulari.
Tappe dell'espansione celtica
1) La Tène, nucleo originario, attuale territorio svizzero
2) Zone di intensa colonizzazione celtica tra il V e il IV secolo a.C.
3) Massima espansione dei Celti in Italia nel 390 a.C.
Tratto principale dell'identificazione dei popoli celtici è l'appartenenza a una medesima famiglia linguistica, quella delle
lingue celtiche. Tale famiglia è parte del più ampio insieme indoeuropeo, dal quale si distaccò nel
III millennio a.C. Tre sono le principali ipotesi che precisano meglio il momento della separazione del
celtico comune o protoceltico.
Le seconda ipotesi, che comunque muove dalla medesima visione d'insieme dell'indoeuropeizzazione dell'Europa, postula una penetrazione secondaria in Europa centrale (sempre nell'area di La Tène, e sempre a partire dalle steppe kurganiche). Tale movimento di popolazione, in questo caso esclusivamente proto-celtico, sarebbe collocabile intorno al
2400 a.C. Questa posticipazione della separazione del proto-celtico dall'indoeuropeo è motivata da considerazioni
dialettologiche, che sottolineano alcune caratteristiche che le lingue celtiche condividono con le lingue indoeuropee più tarde tra cui, in particolare, il
greco.
Le terza ipotesi muove invece da un'impostazione radicalmente differente. Si tratta di quella, avanzata da
Colin Renfrew, che fa coincidere l'indoeuropeizzazione dell'Europa con la diffusione della Rivoluzione agricola del
Neolitico(
V millennio a.C.). Il protoceltico sarebbe, in tal caso, l'evoluzione avvenuta
in situ, nell'intera area occupata storicamente dai Celti (
Isole Britanniche,
Penisola iberica,
Gallie,
Pannonia), dell'indoeuropeo. Tale ipotesi è sostenuta in ambito archeologico (insigne archeologo è lo stesso Renfrew), ma contestata dai linguisti: l'ampiezza dell'area occupata dai Celti, l'assenza di unità politica e il lungo periodo di separazione delle diverse varietà di celtico (tremila anni dal celtico comune alle prime attestazioni storiche) sono un insieme di fattori ritenuto incompatibile con la stretta affinità tra le varie lingue celtiche antiche, assai simili le une alle altre.