Clodoveo il Merovingio, primo Re di Francia
|
Lotario I
|
Chilperico I
|
Lotario II
|
Dagoberto I
|
Clodoveo II
|
Teodorico III
|
Bertrada di Prum
|
Cariberto di Laon
|
Bertrada di Laon
|
Carlo Magno, Re di Francia e Imperatore
|
Pipino il Carolingio
|
Bernardo
|
Pipino di Vermandois
|
Erberto di Vermandois
|
Beatrice di Vermandois
|
Ugo il Grande, conte di Parigi
|
Ugo Capeto, re di Francia
|
Dinastia Capetingia
Sotto, ritratto moderno di Ugo Capeto
,
Altri rami della famiglia furono di volta in volta
duchi di Borgogna, di Bretagna, di Parma, re di Navarra, di Sicilia, di Napoli, delle Due Sicilie, d'Ungheria, del Portogallo,
imperatori latini d'Oriente e imperatori del Brasile; singoli esponenti furono sovrani del ducato di Lucca e dei regni d'Etruria e di Polonia.
Discendenti in linea maschile della casata regnano ancora oggi in Spagna con il re Filippo VI e nel Lussemburgo con il granduca Enrico.
Gli avi: i Robertingi
La famiglia di origine di Ugo Capeto era quella definita dagli studiosi dei
Robertingi[5], tra i cui membri figuravano anche i re di Francia
Oddone e suo fratello
Roberto I (nonno di Ugo). Il più antico avo conosciuto in linea maschile dei Capetingi era Lamberto, conte in
Hesbaye. Da lui discendono, in ordine padre-figlio, i conti Roberto I, Turimberto, Roberto II e Roberto III (anche conte di Oberrheingau); quest'ultimo era padre di
Roberto il Forte, signore della
marca di Bretagna[6] e padre a sua volta dei re di Francia Oddone e Roberto I.
Oddone, dimostratosi un valoroso contro i
Normanni, fu il primo robertingio a essere eletto, da una congregazione di principi e signori, conte di Parigi e re di Francia, titoli che in seguito portarono
Carlo il Semplice a ricorrere alle armi per far valere i propri diritti al trono. Le lotte tra Carolingi e Robertingi terminarono quando Oddone designò come suo successore Carlo il Semplice e non il fratello Roberto. Quest'ultimo ottenne dal nuovo re il vasto
marchesato di Neustria, dal quale sarebbe nato il futuro regno di Francia. A causa dei tentativi del nuovo re di imporre la sua autorità ai principi, nel 922, una sollevazione generale proclamò Roberto re, il quale morì poco dopo in battaglia
[7].
Dopo l'elezione di
Luigi VI “d'Oltremare”, figlio di Carlo il Semplice,
Ugo il Grande, successore di Roberto, ottenne poteri straordinari con la nomina a duca di Francia, di
Borgogna e d'
Aquitania, diventando così l'uomo più potente del nord della
Loira[8]. Morti improvvisamente sia Luigi sia Ugo, il palcoscenico francese vide più tardi fronteggiarsi i rispettivi figli,
Lotario e
Ugo Capeto, duca di Francia, al quale, la morte del primo e poi quella del figlio
Luigi V "l'Ignavo", consentirono finalmente l'ascesa al trono di Francia.
La linea diretta
I primi re Capetingi
Dei primi regni di
Ugo Capeto,
Roberto il Pio[9] e
Enrico I[10] non si hanno molte informazioni. A causa del frazionamento del potere dovuto alla nascita di
marche e
ducati sotto i Carolingi, i primi re furono impegnati soprattutto in questioni familiari, matrimoni, conflitti, spostamenti continui, nel tentativo di ristabilire l'autorità regia. Nessuno contestava l'autorità dei nuovi sovrani, ma, una volta lontani, i capi delle province tornavano nuovamente a non curarsi di loro. La riverenza verso i re di Francia veniva mostrata anche dagli
imperatori germanici, i quali li consideravano dei loro pari perché entrambi si sentivano incaricati da Dio di guidare verso la salvezza il popolo cristiano
[11][12].
Una novità tra le istituzioni monarchiche dell'XI secolo fu quella introdotta da
Ugo Capeto di far eleggere e consacrare dall'alta aristocrazia il suo primogenito
Roberto, qualche mese dopo l'ascesa al trono. In questo modo veniva a imporre il costume secondo il quale la corona di Francia si trasmetteva per eredità secondo il principio di
primogenitura maschile, pur mantenendosi una carica elettiva. Non solo il potere regale, ma anche i beni di Ugo Capeto, ereditati dai suoi antenati, erano sottoposti alle medesime regole di successione: quelli che costituivano i possedimenti privati dei Capetingi finirono per diventare dominio della corona
[13]. Il dominio dei primi Capetingi era costituito dall'
Île de France, il territorio intorno a
Parigi. Questa regione, a causa della confluenza dei corsi d'acqua, dei primi dissodamenti, dell'estensione dei grandi vigneti avvenuti proprio nel periodo dell'affermazione dei Capetingi, godeva in quegli anni di una notevole prosperità di cui ne beneficiarono per primi i sovrani.
Il nuovo interesse per il
lignaggio e il patrimonio familiare accomunarono i nuovi sovrani e l'aristocrazia del periodo, influenzando anche la vita interna delle corti. Infatti, alle grandi corti solenni e alle assemblee generali carolinge, subentrarono riunioni più familiari, in cui non comparivano più prelati e conti, ma soltanto parenti del sovrano, vassalli, intendenti e capi della servitù
[14].
L'ascesa della monarchia
Il secolo XII vede i re di Francia intenti ad affermare il loro potere e a imporre la loro autorità sopra i potenti principi che spadroneggiavano nei feudi attorno a l'
Île de France. L'ingrandimento del dominio dei sovrani fu possibile grazie soprattutto al fatto che tra il 1060 e il 1180 si successero solo tre monarchi:
Filippo I,
Luigi VI e
Luigi VII, i cui regni non ebbero quei problemi di successione che avevano caratterizzato i predecessori. Inoltre la monarchia venne definitivamente legittimata dal matrimonio di Luigi VII con
Adèle di Champagne, discendente dei Carolingi
[15]. Accanto all'uso delle armi, Filippo I intraprese anche un'azione pacifica che, alla fine del regno di Luigi VIII, portò all'assoggettamento definitivo del territorio dell'
Île de France all'autorità dei re capetingi. Il prestigio monarchico aumentò e il re sempre più spesso veniva chiamato come garante dei possessi delle abbazie, per arbitrare i conflitti tra signori, confermare le carte, ecc
[16].
Continuando sulla tendenza che si manifestò già durante i regni precedenti, le assemblee in cui si trattavano i grandi affari del regno non si componevano più di grandi personaggi laici ed ecclesiastici. Erano i signori della piccola nobiltà o chierici di varie origini a occupare le cariche di funzionari di palazzo e a occuparsi della soluzione dei problemi, della concessione dei favori regali e della formulazione delle sentenze processuali
[17]. Dunque vi erano i funzionari domestici, il cancelliere e i chierici che redigevano i diplomi
[18], i cappellani. Accanto a questi, vi erano i consiglieri del re,
familiari[17], termine con cui si indicava vagamente personaggi diversi che godevano della fiducia del re. Tra di loro il più celebre fu
Sigiero, consigliere e amico di Luigi VI e tutore di Luigi VII.
Altra caratteristica di questo periodo è la promozione di
Parigi a capitale e sede permanente della monarchia capetingia. Fino alla metà del XII secolo, i re erano rimasti itineranti, sia per motivi pratici di approvvigionamento, sia perché in tempi di gestione diretta e orale, la presenza fisica del re era indispensabili nelle zone del dominio, per ragioni militari o giuridiche. Parigi divenne luogo prediletto con Enrico I, predilezione che si accentuò con Luigi VI e suo figlio
[16].
Sono questi gli anni in cui comincia a delinearsi una politica internazionale per la monarchia capetingia. Il primo problema fu rappresentato dal
duca di Normandia,
Guglielmo, un vassallo del re di Francia divenuto al contempo re d'Inghilterra nel 1066. Né Filippo I, né Luigi VI avevano i mezzi per opporsi alle ambizioni del duca di Normandia; così da un lato cercarono di far valere i loro diritti di sovrani sul loro vassallo esigendo un giuramento di omaggio, e dall'altro animarono i dissensi familiari tra i duchi di Normandia e il re di Inghilterra. L'altra minaccia che si trovò a fronteggiare Luigi VII fu quella del crescente potere di
Enrico II Plantageneto, che dopo il matrimonio con
Eleonora d'Aquitania del 1152 e la sua nomina a re d'Inghilterra nel 1154, entrò in possesso di vasti possedimenti che circondarono il regno capetingio
[19]. Vani furono i tentativi di Luigi VII per fermare questa ascesa: solo il
trattato di Nonancourt pose fine alle ostilità e agli intrighi
[20].
Al di fuori del suo regno, il re doveva gran parte del proprio credito all'appoggio del
papato, al quale non mancò mai di dare prova di fedeltà: durante le numerose contese con gli
imperatori, i papi trovarono sempre un alleato prezioso presso i Capetingi. Invano l'
imperatore Enrico IV chiese più volte al re di Francia di schierarsi dalla sua parte o di cessare di dare appoggio al papa.
[21] Come anche inutili le pretese di
Federico Barbarossa alla superiorità dell'imperatore su quei
reguli[22], reucci delle province dell'impero. Il papato fu nuovamente sostenuto da Luigi VI; e davanti a questa minaccia, la preoccupazione capetingia fu quella di sottolineare il loro legame con la famiglia di
Carlo Magno, tramite
Adèle di Champagne[15].
Il secolo d'oro
Un denaro tornese del 1270.
All'ascesa al trono di
Filippo Augusto, seguì un secolo di grande fioritura della Francia del Nord, essendo circondata dalle principali vie del traffico commerciale occidentale, che andavano dalla
Spagna al
mar Nero, dalle coste settentrionali dell'
Africa fino al
golfo di Finlandia, con
Genova,
Pisa e
Venezia a dominare le principali rotte. Le continue migrazioni e costruzioni di nuovi abitati dimostrano un aumento demografico, dovuto ad una diminuzione di crisi, epidemie e carestie, e da un miglioramento generale delle condizioni di vita. Ma a favorire la crescita di questi anni fu soprattutto una pace diffusa in quasi tutte le zone del regno. L'aumento del commercio portò anche a un miglioramento delle strade e a una semplificazione della circolazione monetaria: a partire dal 1262 la libbra parigina, poi
tornese, divenne la moneta del regno
[23], mentre le altre monete avevano corso solo sulle loro terre di coniazione. A causa, però, della scarsità delle riserve metalliche, incominciò a farsi strada anche il credito.
La dinastia divenne sempre più forte e venerata, e le sue origini ormai si rifacevano a un mitico passato carolingio. Dopo
Adèle di Champagne, seguì un'altra regina di ascendenza carolingia,
Isabella di Hainaut, moglie di Filippo II, che rafforzò ulteriormente il legame tra le due dinastie
[15] e le pretese di indipendenza, se non di superiorità, dei re di Francia nei confronti dell'Impero
[24]. Alla fine del XII secolo, i problemi dinastici erano ormai risolti.
Anche le ricchezze della dinastia aumentavano, grazie al suo dominio incontrastato sulle più ricche terre di Francia. Questa ricchezza consentiva al re di inviare nelle proprie terre i
balivi, con il compito di sorvegliare i
prevosti e istituire le corti di giustizia
[25]; sciogliere coalizioni, comprare gli avversari, e anche assoldare un esercito di professionisti della guerra. Con Filippo II si assistette anche alla fioritura urbana della capitale: Parigi, che fino ad allora aveva avuto un'espansione caotica, venne pianificata a dovere. Inoltre la presenza della corte, insieme al passaggio di nobili e vescovi stimolano nella città l'artigianato di lusso e l'impulso commerciale
[26].
Per quanto riguarda l'ampliamento territoriale, Filippo Augusto fu colui che diede il maggior contributo all'espansione del dominio capetingio. Come i suoi predecessori, però, anche Filippo Augusto dovette vedersela con i re d'Inghilterra: dopo aver cercato di indebolire
Enrico II rivolgergli contro i propri figli, tradì l'amicizia di
Riccardo Cuor di Leone, a cui seguì un'accanita guerra tra i due regni; e infine riuscì a confiscare al fratello
Giovanni tutte le terre angioine sul suolo francese
[27]. Sul versante opposto, la monarchia era intervenuta nella contea di
Tolosa dove si diffondeva l'
eresia catara. Mentre Filippo Augusto temporeggiava a causa dei suoi problemi nel Nord, una folla di cavalieri si radunò a
Lione e diede inizio alla
crociata. Tra di essi vi era
Simone di Montfort, barone dell'
Ile de France, che, battendo a
Muret il re d'Aragona, fu investito dei domini di
Raimondo VI di Tolosa, divenendo uno dei maggiori feudatari di Filippo Augusto. Sotto
Luigi VIII, ci furono due tentativi di riconquista della contea di Tolosa da parte degli eredi del conte, ma il re riuscì a mantenere il controllo e a sottomettere gran parte delle città della
Linguadoca.
Luigi IX incontra papa Innocenzo IV a Cluny nella speranza di una pacificazione tra papato e Impero.
Grandes Chroniques de France (XIV secolo), Bibliothèque nationale de France.
L'aumento delle ricchezze e dei domini del re determinarono la trasformazione dell'amministrazione del regno. Ci fu una progressiva estensione dell'istituzione dei
balivi e dei
siniscalchi; la corte si riuniva più spesso per amministrare la giustizia in maniera più tecnica e precisa. I funzionari del re erano sempre più uomini di cultura giuridica, che aiutarono ad aumentare l'efficienza dell'amministrazione. Grazie a essi, venne elaborata anche un'idea precisa di
sovranità del re: ogni forma di giustizia era di totale competenza del re, e che un vassallo non poteva levarsi contro il monarca senza incorrere nel crimine di lesa maestà
[28]. La protezione regale si estese sulle chiese, sulle città e sulle persone, esigendo soprattutto dalle prime servigi ecclesiastici e una minore intromissione negli affari del regno.
In questo modo la giustizia francese diede maggior consistenza al regno, e i sudditi si sentivano sempre più parte del paese del re di Francia. Questo accadde soprattutto con
san Luigi, il quale impose a tutti il suo ideale di bene. Luigi IX perseguì la parità di giustizia, applicata anche verso i suoi funzionari i quali furono sottoposti severissime inchieste sul loro operato. Il suo ideale di pace cristiana lo portò prima a trattare con
Enrico III d'Inghilterra per mettere fine alla belligeranza tra i due regni
[29], e poi a rinunciare ai presunti diritti francesi sui domini d'
Aragona[30]. Il re non interferì nelle dispute tra papato e impero, né nelle rivalità tra aragonesi e catalani, ma si propose come paciere e intermediatore. Come protettore della fede cristiana, fece di tutto per garantire la salvezza dei suoi sudditi, vietando i giochi e la prostituzione, proibendo agli ebrei di esercitare l'usura, usando le proprie ricchezze per costruire ospizi e ospedali; fino a mettere a rischio la propria vita nelle crociate.
Dalla prosperità alla crisi della successione
La spada Gioiosa esposta al Museo del Louvre.
Sotto
Filippo III e
Filippo IV si ha un periodo di transizione: se da una parte si continua a sostenere l'idea del grande regno di Francia
[31], dall'altra in tutta l'Europa occidentale si hanno dei cambiamenti legati alla vita materiale e alla mentalità. L'esaltazione e il prestigio della monarchia raggiunse il suo apice, ai quali concorsero sia il ricollegamento a
Carlo Magno, simboleggiato dall'uso della
spada Gioiosa alla consacrazione di Filippo III, sia la canonizzazione di
san Luigi[32]. Tra l'altro, questa è un'epoca di grande fioritura giuridica, nonché di innovazioni istituzionali.
Nacquero tre organi a cui vengono affidati tre diversi ambiti: il Parlamento, regolamentato dalla grande ordinanza del 1278 e diviso in camere; la Camera dei conti, che assunse tutta la propria importanza quando Filippo IV cominciò a percepire regolarmente sussidi e si sviluppò la fiscalità regale; e il Consiglio del re, in cui intento era di proporre un organismo che rappresentasse, nella misura più ampia possibile, tutta la popolazione del regno (quindi non solo nobili ed ecclesiastici) alla quale sottoporre le decisioni politiche da prendere.
I nuovi organi di governo vissero per alcuni decenni a stretto contatto con il re e la corte. Infatti, dopo le costruzioni apportate da Luigi IX apportati entro la
Cité[33], i suoi successori diedero il via a una grande opera di ricostruzione, dedicando spazi specifici alle nuove funzioni. Parigi dunque fortifica il suo ruolo di capitale del regno, funzione che attira la nobiltà dai domini vicini, la quale a sua volta determinò una fioritura dell'edilizia con la costruzione degli
hotels. La civiltà francese nel frattempo influenzava anche la società internazionale del tempo, nel modo di pensare, nei modi di vita e nell'impiego della lingua francese, oltre che con la grande diffusione dello
stile gotico. Approfittando di questo grande prestigio che ne fecero dei sovrani senza eguali
[34], gli ultimi Capetingi diedero uno sviluppo sempre più in senso moderno alle istituzioni della monarchia feudale
[35], ma soprattutto mostrarono delle ambizioni espansionistiche completamente nuove, che portarono la Francia a intervenire direttamente nella questioni della politica mediterranea. Con Filippo III ci fu un ulteriore ampliamento del dominio: dei quattro grandi feudi rimasti al di fuori del dominio reale, solo la
Guienna e la
Fiandra continuarono a dare problemi, come dimostrano le numerose spedizioni che Filippo IV inviò per sedare il popolo in rivolta
[36].
L'oltraggio di Sciarra Colonna a Bonifacio VIII - incisione (XIX sec).
Le nuove ambizioni espansionistiche modificano i rapporti con le principali autorità del periodo, l'impero e il papato. I re di Francia cominciarono ad ambire alla Corona imperiale
[37]: legandosi all'idea della dinastia capetingia come erede diretta di
Carlo Magno[15], il re di Francia riteneva di essere non solo indipendente dall'imperatore, ma anche di avere dei diritti sui possessi imperiali
[38]. Intanto, il conflitto tra la monarchia francese e il papato aveva cominciato a manifestarsi già da qualche tempo, ma scoppiò solo verso il 1300, quando Filippo IV impose, senza autorizzazione di
papa Bonifacio VIII, delle decime al clero non destinate alla crociata, ma alle campagne d'
Aquitania[39]. Nonostante la minaccia di scomunica, il regno di Francia proclamò l'assoluta indipendenza del re e il suo diritto a intervenire negli affari di chiesa
[40]. La situazione degenerò con lo "
schiaffo di Anagni", la morte di Bonifacio VIII, e la "
cattività avignonese", simbolo della totale prevaricazione della monarchia francese, che si mostrò concretamente quando Filippo IV ottenne dal papa lo scioglimento e la condanna dei
templari[41]. Altre faccende che contribuirono a minare il prestigio del sovrano furono la spoliazione degli ebrei, l'espulsione dei lombardi, le manipolazioni monetarie
[42].
Però ben presto la situazione di generale prosperità ed espansione che caratterizzò l'Europa tra il XI e il XIII secolo, mutò lentamente in crisi alla fine del XIII secolo.
La Francia si trovò ad affrontare una profonda depressione che caratterizzò il settore agricolo a causa di piogge, cattivo raccolto, rialzo dei prezzi, carestia e moria; mentre i principali luoghi finanziari cominciarono a subire le conseguenze dei primi fallimenti dei mercanti italiani e della scarsità delle risorse metallurgiche, a causa della quale le monete subirono un rapido degradamento che portò poi a vari disordini monetari. Ci fu un aumento delle sommosse, che trovarono il loro capro espiatorio nei lebbrosi e negli ebrei, che furono vittime di numerosi massacri. Accanto a questi tumulti, ve ne erano altri movimenti fomentati dai nobili, che vagheggiavano il ritorno a un mitico passato del regno di Luigi IX. L'esplosione di questi movimenti si verificò durante il regno di Filippo IV.
Lo sminuirsi del prestigio reale dovuto agli scandali che caratterizzarono la vita pubblica di Filippo IV, l'ostilità con i grandi feudi, il fallimento della campagna in Fiandra e la crescente pressione fiscale
[43], lasciarono nella mani di
Luigi X un regno in circostanze difficili. Anche i fratelli
Filippo V e
Carlo IV, ultimo re capetingio di ascendenza diretta, non riuscirono affrontare queste crescenti difficoltà nei pochi anni dei loro rispettivi regni. Sarà questo un compito di
Filippo VI di Valois, primo re di un ramo cadetto della famiglia capetingia, con il quale si estinse nel 1328 la discendenza diretta che era partita da
Ugo Capeto[44]. Al ramo collaterale dei
Valois seguiranno poi quelli dei
Borbone, e degli
Orléans fino alla definitiva soppressione della monarchia con la rivoluzione del 1848
[45].
Strumenti di rafforzamento del potere dinastico
I Capetingi rafforzarono notevolmente l'autorità regia in Francia, insistendo sui principi di ereditarietà maschile della successione al trono, di
primogenitura e di indivisibilità dei territori del regno.
Uno strumento essenziale fu l'associazione del figlio primogenito al trono quando il padre era ancora in vita.
Ugo Capeto fu il primo della dinastia ad applicare tale pratica
[46]: con la scusa di voler andare in
Catalogna a fronteggiare un'invasione di mussulmani, Ugo sostenne la necessità di avere un secondo re, nel caso in cui egli fosse morto durante la campagna militare
[47]. Nonostante alcune rimostranze dei nobili fautori di una monarchia elettiva,
Roberto fu incoronato e consacrato re; la spedizione in
Spagna però non venne più fatta. I re successivi continuarono a seguire il suo esempio fino al 1179:
Luigi VIII fu il primo re capetingio a non essere associato al trono quando il padre
Filippo Augusto era ancora in vita
[48].
Testamento di Filippo Augusto donato a Saint-Germain-en-Laye, Settembre 1222. Parigi, Archivi Nazionali di Francia, AE / II / 214, AE/II/214
Quella di
Roberto il Pio, però, fu l'unica associazione che ebbe effettivamente il compito di garantire l'ereditarietà della carica: le associazioni successive furono dettate da motivi completamente differenti, quali problemi di successione, guerre, malattia del sovrano, e altro
[49]. Il fatto che la pratica sia continuata per sei generazioni ha portato automaticamente ad associarla alla dinastia e a dare a tutti i casi il medesimo significato del primo. In realtà era solo una consuetudine che veniva spesso usata, con motivazioni differenti (tra cui anche il rafforzamento di un titolo ereditario debole), non solo dai sovrani e dall'alta aristocrazia francesi, ma anche da altri monarchi europei.
La pratica venne abbandonata da
Filippo Augusto perché la dinastia avevano assunto pienamente la sua legittimità e quindi non c'era più bisogno di associare l'erede al trono. Ma può anche darsi che ciò sia dovuto più che altro a un declino della pratica, che si registra, dal regno di
Filippo I fino a quello di Filippo Augusto, in tutta la Francia
[50]. Sotto Filippo Augusto e Luigi VIII, aumenta sempre di più l'usanza dei testamenti scritti: alla vigilia della loro partenza per le crociate, invece di associare il figlio primogenito al trono, sia Filippo Augusto sia Luigi VIII compilarono dei testamenti scritti
[50], nei quali inserirono delle disposizioni che consentono di assicurare la corona ai loro discendenti diretti. Tuttavia in questi testamenti non viene scritto che la successione spettava al figlio maggiore, ma la presupponevano: la successione del figlio primogenito è stata assunta come una consuetudine dalla società.
In seguito, i re si concentrarono sul cercare di mantenere un controllo più saldo sui vari
appannaggi concessi. Con
Filippo III, l'ampliamento del dominio reale avvenne anche grazie ad alcune restrizioni relative agli appannaggi a favore dei propri figli cadetti, facendo approvare dal parlamento nel 1284, il principio del ritorno alla Corona degli appannaggi qualora il beneficiario morisse senza eredi diretti
[51]. Nel 1314,
Filippo il Bello limitò la trasmissione della contea di
Poitiers, ricevuta in appannaggio dal padre, solo agli eredi maschi diretti
[51]. Questa è la prima estromissione ufficiale delle donne da un'eredità regale.
Copia manoscritta su pergamena della Legge Salica (VIII secolo), Bibliothèque nationale de France.
Nel 1316 alla morte di
Luigi X l'Attaccabrighe, il fratello
Filippo V si impossessò del trono a scapito della figlia del sovrano defunto,
Giovanna, all'epoca di soli quattro anni. Ma a causa di alcune contestazioni, Filippo V per legittimare giuridicamente la sua azione, fece appello alla tradizione francese della
Legge Salica, secondo la quale, in Francia le donne non salgono al trono e la Corona spetta ai soli maschi
[52]. Nel 1328, la scelta di
Filippo VI di Valois come re fu segnata da un forte ricorso alla Legge Salica per motivi dinastici, ma anche "nazionalistici": poiché
Carlo IV non aveva lasciato eredi maschi e le figlie non potevano accedere al trono, il giovane re d'Inghilterra,
Edoardo III, cominciò ad avanzare le sue pretese alla reggenza, in quanto figlio di una sorella di Carlo IV,
Isabella, e quindi parente più prossimo del defunto re. A questo punto si sviluppò un ulteriore clausola all'eredità dinastica: Isabella, a causa del suo sesso, era non solo esclusa dalla possibilità di succedere alla corona di Francia, ma anche dalla sua reggenza e dalla sua eredità, e di conseguenza lo era anche Edoardo. In questo modo, le figlie vengono definitivamente estromesse dalla successione capetingia
[53].
La forza della Legge Salica sta nel fatto che, istituendo la successione in linea maschile, da una parte si semplifica la linea successoria, che verrebbe complicata da un gran numero di figlie e dei loro discendenti; e dall'altra, si mantiene il trono all'interno della famiglia
[54]. Così si evita che principi stranieri, se non addirittura nemici, possano salire al trono, in forza del matrimonio
[55]. Inoltre, i re francesi, sposando principesse straniere ben piazzate nell'ordine di successione delle loro rispettive dinastie, possono al contrario aspirare alla loro eredità, se non al trono del loro regno di origine. Ne consegue quindi una non-completa assimilazione della regina di Francia nella dinastia capetingia, perché ella continua a mantenere il nome dei suoi antenati affinché i re di Francia possano appellarsi alla linea di discendenza femminile per rivendicare i loro diritti.
Al momento del matrimonio, la sposa reale porta con se una dote e acquista il ruolo di sovrana, ma la Legge Salica la esclude dalla comunione dei beni, perché essi non sono beni del re, ma del popolo di cui il re è garante. D'altra parte le regine possono possedere, gestire, ereditare e trasmettere beni propri; così facendo permettono l'accrescimento dei beni della corona quando trasmettono il loro patrimonio ai figli
[56]. A partire dai Capetingi fino alla fine della monarchia, la Legge Salica ha continuato a essere la legge fondamentale dello stato francese.
L'espansione territoriale
Il dominio e l'influenza di Ugo Capeto verso il 995.
Il territorio che si venne a trovare
Ugo Capeto al momento della sua ascesa al trono era costituito dall'
Île de France, raggruppato attorno ad alcuni fiumi che attraversano questa regione: la
Loira a sud, che aveva
Orléans come centro, e verso est un'enclave attorno a
Sens; la
Senna verso nord, attorno
Parigi con
Saint-Denis,
Poissy,
Étampes,
Dreux e
Melun; l'Oise e l'Ainse, con
Senlis,
Compiègne,
Quierzy e
Laon. Poi, con qualche lembo isolato, si prolungava fino alle rive della
Manica.
Durante i regni dei primi Capetingi non ci furono alcuni grandi ampliamenti territoriali:
Roberto II ereditò il
Ducato di Borgogna, il quale fu poi affidato al figlio minore
Enrico I, prima che questi salisse al trono dopo la morte del fratello maggiore Ugo.
Il regno di Francia nel 1154 (in blu).
La prima vera politica di espansione si ebbe nel XII secolo: attorno ai possedimenti del re propriamente detti, si raccoglievano vasti feudi,
ducati e
contee, i cui signori erano spesso potenti quanto il loro sovrano. Nel giro di una cinquantina d'anni,
Filippo I a queste terre aggiunse la contea di Gatinas (
Château-Landon), la città e il territorio del monastero di
Corbie, la
contea di Vexin, con
Mantes e
Pontoise, il protettorato di
Saint-Denis e la viscontea di
Bourges.
Filippo Augusto si ritrova con un regno in cui il suo vassallo plantageneto ne controllava quasi più della metà, fino a giungere la grande contea di Tolosa. Il dominio capetingio si accrebbe in questi anni non solo con l'uso delle armi: lo dimostra lo stesso re
Filippo II, quando sposata
Isabella di Hainaut, cominciò a intervenire negli affari di
Fiandra e, dopo anni di trattative e procedure, ottenne prima l'
Artois, poi il Valois, il
Vermandois e l'
Amiénois. Nel marzo del 1204, qualche anno dopo la confisca delle terre angioine di
Giovanni d'Inghilterra,
Château-Gaillard fu conquistata e con lei caddero tutte le piazze normanne. L'anno successivo, toccarono a l'
Anjou e la
Turenna. Sul lato Ovest invece, con il
trattato Meaux-Parigi, il
conte di Tolosa Raimondo VII dovette ratificare lo smembramento dei suoi stati e dotare riccamente la sua unica figlia,
Giovanna di Tolosa, promessa a un fratello del re,
Alfonso di Poitiers, mentre i siniscalchi di
Beaucaire e di
Carcassonne venivano annessi al dominio.
Il regno di Francia alla nascita di Filippo Augusto (1180) e alla sua morte (1223).
Di tutte queste annessioni, però, la Corona conservò sotto la propria amministrazione solo la
Normandia, poiché il resto era stato concesso da
Luigi VIII in appannaggio ai suoi figli. Così mentre i principi beneficiavano delle terre loro concesse, il sovrano esercitava la sua autorità sulla
Fiandra, la
Champagne e la
Borgogna, costellando allo stesso tempo i ducati e le contee di piccoli feudi appartenenti alla Corona. Nel 1224, Luigi VIII cominciò a sottomettere il
Poitou e la
Saintonge, arrivando fino a
La Rochelle, principale porto atlantico. Tutte le iniziative del re d'Inghilterra
Enrico II, che non era più vassallo del re di Francia dal 1202, per rimettere piede nelle province perdute fallirono e gli rimase solo il ducato di
Guienna. Con
Luigi IX venne reso definitivo il potere della Francia sulla
Linguadoca e consolidato l'ingrandimento del dominio eseguito da Filippo Augusto.
A partire da
Filippo III, accanto alle annessioni più o meno pacifiche entro in confini della Francia propriamente detta, cominciano i primi interventi militari verso l'esterno. Le principali acquisizioni furono la
contea di Tolosa e il
regno di Navarra. Nel 1271, morti Alfonso di Pointiers e Giovanna di Tolosa senza eredi diretti, la contea di Tolosa venne automaticamente annessa al regno di Francia, secondo quando scritto nel trattato di Meaux-Parigi del 1229. In seguito, nel 1284, con il matrimonio del figlio
Filippo il Bello e
Giovanna di Navarra, regina di Navarra e contessa di
Champagne e di
Brie[57], Filippo III preparò l'annessione di questo regno al dominio monarchico, che sarebbe avvenuta con
Luigi X. Nello stesso periodo, gli eserciti francesi invasero il
regno d'Aragona (1285), mentre il re interveniva negli affari di successione al
regno di Castiglia. Altre acquisizioni minori furono la contea di
Guînes, il porto di
Harfleur,
Montmorillon, i siniscalcati di
Carcassonne e di
Beaucaire, e poi della
Linguadoca.
Il regno di Francia nel 1328 (in viola).
Possedimenti di Giovanna II di Navarra
Stato pontificio
Territori controllati da Edoardo III
Zone d'influenza economica inglese
Zone d'influenza economica francese
Filippo IV acquistò la contea di
Chartres, la dipendenza di
Montpellier, la signoria di
Beaugency, la contea della Marca, la viscontea di
Soule e
Mauléon, la
contea di Bigorre. Inoltre estese verso est la sovranità regale fino all'Ostrevent, sulla dipendenza di
Barrois, su
Toul e
Verdun,
Lione e
Viviers. A questo punto al di fuori del dominio capetingio rimanevano solo la
Borgogna, la
Bretagna, la
Guienna e la
Fiandra.
In
Italia, l'influenza della monarchia capetingia si impose tramite un ramo cadetto dei
D'Angiò, che governava sul
regno di Napoli, pur avendo perso la
Sicilia. In seguito, Filippo IV riprese il vecchio progetto di invasione dell'
Inghilterra. A est, l'influenza francese cominciò a estendersi anche nelle terre imperiali: grazie all'annessione del regno di Navarra, la Francia era entrata in diretto contatto con i possedimenti dell'
Impero, dove alcuni principi principi divennero alleati, se non vassalli di Filippo VI
[58].
Il potere taumaturgo
I Capetingi prima, e poi i
Plantageneti in seguito in area britannica, sono state le uniche dinastie di regnanti europei che hanno mantenuto viva per secoli l'idea che i loro sovrani avessero la capacità di guarire i malati (potere taumaturgico). Pare che nessuna delle precedenti dinastie franche abbia posseduto o praticato qualche particolare potere guaritore
[59][60].
Le origini ancestrali di questo mito risalgono alle antiche popolazioni germaniche, presso le quali, i re non erano eletti, ma scelti da alcune famiglie, che si riteneva essere dotate ereditariamente di una virtù sacra, quasi fossero degli esseri divini
[61]. Con l'avvento del cristianesimo e la scomparsa del paganesimo, però, i re del VII secolo divennero dei semplici laici, ma è probabile che le vecchie idee siano rimaste nella coscienza popolare. Più tardi con
Carlo Magno venne istituito una nuova sacralità regale, però nella figura dell'imperatore cristiano.
Una nuova istituzione consacrava i sovrani al momento dell'avvento al trono, l'unzione, apparsa tra il VII e il VIII secolo. Non si tratta però di un gesto completamente inedito: già alcuni antichi popoli d'Oriente, che consideravano i loro re come esseri sacri, tenevano una cerimonia in cui, al loro avvento al trono, i re erano unti su alcune parti del corpo con un olio precedentemente santificato
[62]. Il primo re di Francia a riceve l'unzione fu
Pipino il Breve[63]: quando prese il potere nel 715, egli sentì il bisogno legittimare quella che di fatto era un'usurpazione. I precedenti sovrani, agli occhi dei fedeli, avevano ancora un aspetto mistico che li legava alle vecchie reminiscenze sui re germanici; con l'unzione, però, anche la nuova dinastia, si ammanta di un'aura sacra e religiosa.
Consacrazione e incoronazione di Luigi IX a Reims (XIII secolo).
Con Carlo Magno alla consacrazione venne aggiunta l'incoronazione, nella quale il papa, pone sul capo del re una corona, proclamandolo imperatore. Fu poi suo figlio,
Ludovico il Pio, a ricevere per la prima volta come imperatore il segno dell'olio benedetto insieme alla corona dalle mani di
papa Stefano IV, a
Reims nell'816. Da allora i due gesti divennero pressoché inseparabili: il re, unto e incoronato
[64], diventa "
Cristi del Signore", vessillifero della causa cristiana, protettore dei fedeli a re-sacerdote capace di compiere miracoli.
Tra i primi Capetingi, fu
Roberto il Pio il primo di una lunga serie di re taumaturghi
[65]. Come Pipino, anche il padre di Roberto,
Ugo Capeto, aveva usurpato il potere dell'ultimo discendente dei
Carolingi, e la nuova dinastia necessitava urgentemente di una legittimazione. Così anche i Capetingi ricorsero all'unzione regia, a cui però si aggiunse l'apparizione del potere guaritore
[66]. Roberto il Pio aveva fama di essere un uomo pietoso e questa qualità personale deve essere stato l'elemento che ha consentito poi di attribuirgli le doti taumaturgiche che tipicamente venivano riconosciute ai santi. A corte si sforzarono diffondere le fama delle sue virtù curative, anche con l'intento politico di far crescere il prestigio di una dinastia appena instauratasi.
I sudditi ritenevano che Roberto il Pio fosse "capace" di guarire qualsiasi malato; ma, a partire da
Filippo I, i re capetingi cominciano a specializzarsi nella sola cura delle
scrofole, conosciute anche come "
mal le roi"
[67]. E quella di toccare i malati divenne per i re di Francia una pratica abitudinaria, nella quale i due gesti del "tocco" e del segno della croce sui malati diventano due gesti tradizionali. Gradualmente cominciarono a diffondersi ore, giorni o occasioni prestabilite entro le quali il re riceveva i malati
[68]; e, a partire dal XV secolo, si prese l'abitudine ad assicurarsi che solo gli scrofolosi fossero ammessi alla presenza del re. Ai malati veniva poi dato del denaro alla fine di ogni pratica curativa
[69].
Il potere guaritore non è più un dono personale, ma una capacità che si trasmette di padre in figlio
[70], una prerogativa di una dinastia. Ben presto questo dono non era più esteso a tutta la stirpe, ma solo il primogenito, l'erede al trono, poteva fare miracoli. Questo è un riflesso di quella tendenza al diritto di primogenitura che verso l'anno 1000 cominciò a caratterizzare le casate francese e inglesi. Man mano che queste pratiche si consolidarono e si aggiungevano alle altre, i re di Francia accrebbero la loro sacralità e il loro prestigio.
Re di Francia capetingi
| Lo stesso argomento in dettaglio: Valois. |
Segue l'elenco dei rami collaterali dei capetingi, stabiliti secondo i possedimenti dei capostipiti, indicati tra parentesi.
- Borgogna (Roberto I, duca di Borgogna)
- Vermandois (Ugo I, conte di Vermandois)
- Dreux (Roberto I, conte di Dreux)
- Courtenay (Pietro I, signore di Courtenay)
- Artois (Roberto I, conte d'Artois)
- Angiò (Carlo I, conte d'Angiò, re di Napoli)
- Borbone (Roberto, conte di Clermont)
- Valois (Carlo, conte di Valois) (Acceduto al trono con Filippo VI)
- Évreux-Navarra (Luigi, conte d'Évreux) (re di Navarra con Filippo III)
Stemmi
Il seminato di fleur de lys in campo azzurro, blasone dei re di Francia fino al 1376.
La fleur de lys divenne in uso con Luigi VII e Filippo II.
Genealogia
Ugo Capeto (940 ca. – 24 ottobre 996)
=
Adelaide d'Aquitania
│
├── Edvige (970 ca - 1013 ca)
│
├── Gisèle (971 ca - 1002)
│
├── Roberto II (27 marzo 972 – 20 luglio 1031)
│ = Susanna
│ = Berta di Borgogna (964 – 16 gennaio 1010)
│ = Costanza d'Arles (986 – Melun, 25 luglio 1034)
│ │
│ ├── Edvige o Adele (ca. 1003-ca. 1065)
│ │ = Rinaldo I di Nevers
│ │
│ ├── Ugo II (1007 - 1025)
│ │
│ ├── Enrico I (4 maggio 1008 – 4 agosto 1060)
│ │ = Matilda di Frisia (1024 circa – 1044)
│ │ = Anna di Kiev (1024/1032 – settembre 1075)
│ │ │
│ │ ├── Filippo I (23 maggio 1052 – Melun, 29 luglio 1108)
│ │ │
│ │ ├── Ugo il Grande (1057 – 18 ottobre 1102)
│ │ │
│ │ ├── Roberto (prima del giugno 1054 - ca. 1060)
│ │ │
│ │ └── Emma
│ │
│ ├── Adele o Adelaide (1009-1079)
│ │ = Riccardo III di Normandia (ca. 1007-1027)
│ │ = Baldovino V delle Fiandre (1012-1067)
│ │
│ ├── Roberto I (1011 - 21 marzo 1076)
│ │
│ ├── Oddone o Eudes (1013-1056)
│ │
│ └──Constanza (1014-?)
│ = Manasse di Dammartin (?-1037)
│
│
└── Adele (973 ca - 1063)
Figura | Nome del principe e blasonatura |
| Re di Francia.
Dal 1376: d'azzurro a tre gigli d'oro
|
| Gli eredi: Delfini, dal 1349
Inquartato: nel 1º e 4º d'azzurro a tre gigli d'oro; nel 2º e 3º d'oro al delfino d'azzurro, crestato, barbato, alettato, spasimato e orecchiuto di rosso
|
I cadetti dei Capetingi diretti
Stemma | Nome del principe e blasonatura |
| Luigi (1081-1137), conte del Vexin, futuro re Luigi VI il Grosso
D'azzurro seminato di gigli d'oro al lambello d'armellino.
(Questo stemma potrebbe essere stato realizzato postumo)
|
| Filippo Hurepel (1200-1234), conte di Clermont, di Boulogne e Dammartin, figlio di Filippo II Augusto e Agnese di Merania
D'azzurro seminato di gigli d'oro al lambello con cinque pendenti di rosso
|
| Roberto I (1216 † 1250), conte d'Artois, figlio di Luigi VIII il Leone e Bianca di Castiglia
d'azzurro seminato di gigli d'oro al lambello di rosso, con ciascun pendente caricato di tre castelli d'oro.
Questo stemma fu portato anche dai suoi discendenti maschi.
|
| Alfonso (1220 † 1271), conte di Poitiers e Tolosa, figlio di Luigi VIII e Bianca di Castiglia
Partito d'azzurro seminato di gigli d'oro e di rosso seminato di castelli d'oro.
|
| Carlo I (1226-1285), conte d'Angiò, re di Sicilia e conte di Provenza, figlio di Luigi VIII e Bianca di Castiglia.
prima del 1246: d'azzurro seminato di gigli d'oro alla bordura di rosso carica di undici castelli d'oro.
- Il castello dorato su sfondo rosso viene dalla madre Bianca, figlia di re Alfonso VIII di Castiglia.
Dal 1246: d'azzurro seminato di gigli d'oro al lambello di rosso.
- Avendo ricevuto in appannaggio Angiò e Maine, riprese anche lo stemma di suo fratello Giovanni (1219-1232).
Carlo è il fondatore della branca d'Angiò-Sicilia.
|
| Roberto (1256-1317), conte di Clermont e signore di Borbone, figlio di Luigi IX il Santo e Margherita di Provenza.
D'azzurro seminato di gigli d'oro alla banda di rosso.
Roberto fu il capostipite della casata dei Borbone
|
| Giovanni Tristano (1250-1270), conte di Valois, figlio di Luigi IX e Margherita di Provenza;
D'azzurro seminato di gigli d'oro alla bordura di rosso, portato in seguito da:
|
| Pietro I (1252-1283), conte d'Alençon, figlio di Luigi IX e Margherita di Provenza
prima del 1270: d'azzurro seminato di gigli d'oro alla bordura di rosso caricata di otto bisanti d'argento.
dal 1270: D'azzurro seminato di gigli d'oro alla bordura di rosso
|
| Luigi (1276-1319), conte d'Évreux, figlio di Filippo III e Maria di Brabante
D'azzurro seminato di gigli d'oro alla banda composta d'argento e rosso.
Fondatore del casato d'Évreux-Navarra.
|
| Re di Francia e Navarra : Luigi X l'Attaccabrighe, Filippo V il Lungo, Carlo IV il Bello
Mezzo partito in 1 d'azzurro seminato di gigli d'oro, in 2 di rosso alla catena d'oro posta in orlo, in croce e in decusse, caricata nel cuore di uno smeraldo al naturale.
|
Stemma | Nome del principe e blasonatura |
| Carlo di Valois (1270-1325), conte di Valois, d'Alençon, di Chartres e di Perche (dal 1285), conte d'Angiò e del Maine (nel 1290), duca d'Agiò (dal 1297), fondatore del casato dei Valois figlio di Filippo III e Isabella d'Aragona.
Fino al 1297: d'azzurro seminato di gigli d'oro alla bordura-lambello di rosso.
Dal 1297: d'azzurro seminato di gigli d'oro alla bordura di rosso.
|
| Carlo II (1297-1346), conte d'Alençon, figlio di Carlo di Valois.
D'azzurro seminato di gigli d'oro alla bordura di rosso caricata di otto bisanti d'argento, portato in seguito da:
|
| Pietro II (1340-1404), conte d'Alençon, figlio di Carlo II d'Alençon.
D'azzurro a tre gigli d'oro alla bordura di rosso caricata di bisanti d'argento, portato anche dai suoi discendenti conti d'Alençon.
|
| Roberto (1344-1377), conte di Perche, figlio di Carlo II d'Alençon.
Partito: nel 1º d'azzurro seminato di gigli d'oro, alla bordura di rosso, caricato di sette bisanti d'argento con un castello d'oro in luogo del bisante al franco quartiere, nel 2º di rosso a due leopardi d'oro.
|
| Carlo IV (1489-1525), duca d'Alençon, conte d'Armagnac e Rodez.
Inquartato, nel 1º e 4º d'azzurro a tre gigli d'oro alla bordura di rosso caricata di bisanti d'argento, nel 2º e 3º contro inquartato, in I e IV d'argento al leone rosso, in II e III di rosso al leopardo illeonito d'oro.
|
| Filippo (1336-1375), duca d'Orléans e conte di Valois, figlio di re Filippo VI, a sua volta figlio di Carlo di Valois |
| Luigi I (1339-1384), duca d'Angiò, figlio di re Giovanni II il Buono.
Luigi riprese lo stemma di Carlo di Valois e fondò la branca di Valois-Angiò.
|
| Giovanni (1340 † 1416), duca di Berry, figlio di re Giovanni II.
D'azzurro seminato di gigli d'oro, alla bordura spinata di rosso.
|
| Carlo (1446-1472), duca di Berry, poi di Normandia e infine di Guienna, figlio di re Carlo VII
nel 1461: D'azzurro a tre gigli d'oro, alla bordura spinata di rosso (Berry).
Mel 1465: Inquartato: nel 1º e 4º d'azzurro a tre gigli d'oro, alla bordura spinata di rosso (Berry); nel 2º e 3º di rosso a due leopardi d'oro (Normandia).
Dal 1469: Inquartato: nel 1º e 4º d'azzurro a tre gigli d'oro, alla bordura spinata di rosso (Berry); nel 2º e 3º, di rosso al leopardo d'oro (Guienna).
|
| Filippo II l'Ardito (1342-1404), conte di Turenna e duca di Borgogna, figlio di re Giovanni II.
Fondatore del ramo Valois-Borgogna
d'azzurro, seminato di gigli d'oro, alla bordura composta di rosso e d'argento
|
| Luigi (1372-1407), duca d'Orléans, fratello di re Carlo VI.
D'azzurro a tre gigli d'oro al lambello d'argento, portato in seguito da:
|
| Claudia (1499-1524), duchessa di Bretagna poi nel 1515 regina di Francia, figlia di re Luigi XII e Anna di Bretagna e moglie di re Francesco I
fino al 1514: inquartato d'azzurro a tre gigli d'oro e d'armellino.
nel 1514: partito d'azzurro a tre gigli d'oro al lambello d'argento e inquartato d'azzurro a tre gigli d'oro e d'armellino.
dal 1515: partito d'azzurro a tre gigli d'oro e inquartato d'azzurro a tre gigli d'oro e di armellino.
|
| Filippo (1396-1420), conte di Vertus, figlio di Luigi d'Orléans
D'azzurro a tre gigli d'oro al lambello d'argento a tre pendenti, con quello centrale carico di un crescente di rosso.
|
| Giovanni (1400-1467), conte d'Angoulême, figlio di Luigi d'Orléans.
D'azzurro a tre gigli d'oro al lambello d'argento a tre pendenti, ciascuno dei quali con un crescente di rosso, portato poi da:
|
| Carlo (1459-1496), conte d'Angoulême, figlio di Giovanni d'Angoulême e padre di Francesco I.
inquartato: nel 1º e 4º d'azzurro, a tre gigli d'oro, al lambello d'argento caricato di tre crescenti di rosso; nel 2º e 3º d'argento, alla vipera d'azzurro coronata d'oro ingollante un fanciullo di carnagione
|
| Carlo II, conte d'Angoulême e duca d'Orléans, figlio di Francesco I di Francia.
'inquartato: nel 1º e 4º d'azzurro, a tre gigli d'oro, al lambello d'argento; nel 2º e 3º d'argento, alla vipera d'azzurro coronata d'oro ingollante un fanciullo di carnagione
|
| Giovanni (1402-1468), conte di Dunois e Longueville, figlio illegittimo di Luigi d'Orléans.
D'azzurro a tre gigli d'oro brisato in capo da un lambello d'argento e da una sbarra d'argento sul tutto;
i suoi discendenti, i duchi di Longueville, porteranno:
d'azzurro a tre gigli d'oro brisato da un lambello d'argento a tre pendenti e da un bastone scorciato d'argento in sbarra.
|
| Francesco (1518-1536), Delfino, duca di Bretagna, figlio primogenito di Francesco I.
Inquartato; nel 1º e 4º controinquartato, in I e IV d'azzurro a tre gigli d'oro e in II e III d'oro al delfino azzurro, crestato, barbato, alettato, spasimato e orecchiuto di rosso; nel 2º e 3º contro inquartato, in I e IV d'azzurro a tre gigli d'oro, in II e III d'armellino, portato poi da:
|
| Francesco (1544-1560), Delfino, re consorte di Scozia, prima di diventare re di Francia come Francesco II, figlio di Enrico II.
Inquartato: nel 1º e 4º controinquartato: in I e IV d'azzurro a tre gigli d'oro; in II e III d'oro al delfino azzurro, crestato, barbato, alettato, spasimato e orecchiuto di rosso; nel 2º e 3º d'oro al leone di rosso, alla bordura fiorita e contrafiorita di gigli dello stesso.
|
| Alessandro Edoardo (1551-1589), conte d'Angoulême, poi duca d'Orléans, d'Angiò, di Borbone e di Forez, pari di Francia, eletto re di Polonia nel 1573 e poi nel 1574 re di Francia come Enrico III, figlio di Enrico II
Fino al 1573: d'azzurro a tre gigli d'oro caricato di un lambello a tre pendenti di rosso
dal 1573: Inquartato: nel 1º e 4º di rosso, all'aquila d'argento, rostrata, lampassata, membrata, legata e coronata d'oro, nel 2º e 3º di rosso al cavaliere d'argento, con uno scudo azzurro con la croce patriarcale d'oro; sul tutto, d'azzurro a tre gigli d'oro.
|
Dinastia di Valois-Angiò
Stemma | Nome del principe e blasonatura |
| Luigi I (1339-1384), duca d'Angiò e conte di Provenza.
Fino al 1382: d'azzurro seminato di gigli d'oro alla bordura di rosso.
Dal 1382: partito d'argento alla croce potenziata d'oro, accantonata da quattro crocette dello stesso e ripartito d'azzurro seminato di gigli d'oro al lambello rosso e d'azzurro seminato di gigli d'oro alla bordura di rosso, portato poi da:
|
| Renato (1408-1480), duca di Lorena, di Bar e d'Angiò, re di Napoli e conte di Provenza, figlio di Luigi II d'Angiò
nel 1420: inquartato: nel 1º e 4º d'azzurro seminato di gigli d'oro alla bordura di rosso, nel 2º e 3º d'azzurro seminato di crocette d'oro e a due barbi addossati d'oro; sul tutto d'oro alla banda di rosso caricata con tre alerioni d'argento.
Nel 1435: troncato e tripartito in palo, nel 1º fasciato di rosso e argento di otto pezzi, nel 2º d'azzurro seminato di gigli d'oro al lambello d'argento, nel 3º d'argento alla croce potenziata d'oro accantonata da quattro crocette dello stesso, nel 4º d'azzurro seminato di gigli d'oro alla bordura di rosso, nel 5º d'azzurro seminato di crocette d'oro e a due barbi addossati d'oro e nel 6º d'oro alla banda di rosso con tre alerioni d'argento.
Nel 1443: troncato e tripartito in palo, nel 1º fasciato di rosso e argento di otto pezzi, nel 2º d'azzurro seminato di gigli d'oro al lambello d'argento, nel 3º d'argento alla croce potenziata d'oro accantonata da quattro crocette dello stesso, nel 4º d'azzurro seminato di gigli d'oro alla bordura di rosso, nel 5º d'azzurro seminato di crocette d'oro e a due barbi addossati d'oro e nel 6º d'oro alla banda di rosso con tre alerioni d'argento; sul tutto d'oro a quattro pali di rosso, portato poi da:
nel 1453: troncato: nel capo interzato in palo, nel 1º fasciato di rosso e argento di otto pezzi, nel 2º d'azzurro seminato di gigli d'oro al lambello d'argento, nel 3º d'argento alla croce potenziata d'oro accantonata da quattro crocette dello stesso; in punta partito d'azzurro seminato di gigli d'oro e alla bordura rossa e d'azzurro seminato di crocette d'oro con due barbi addossati d'oro; sul tutto, d'oro a quattro pali di rosso.
nel 1470: inquartato in decusse, nel 1º d'azzurro seminato di gigli d'oro al lambello di rosso, nel 2º fasciato di rosso e argento di otto pezzi, nel 3º d'argento alla croce potenziata d'oro accantonata da quattro crocette dello stesso, nel 4º seminato di crocette d'oro con due barbi addossati d'oro; sul tutto d'azzurro a tre gigli d'oro con la bordura di rosso.
|
| Carlo IV (1414-1472), duca d'Angiò, figlio di Luigi II
d'azzurro seminato di gigli d'oro alla bordura di rosso, caricata al quartiere franco di un leone d'argento.
|
| Carlo V (1436-1481), duca dAngiò, conte di Maine e Provenza, figlio di Carlo IV
Inquartato: nel 1º e 4º interzato in palo: in I fasciato di rosso e argento di otto pezzi, in II d'azzurro seminato di gigli d'oro con il lambello di rosso, in III d'argento alla croce potenziata d'oro accantonata da quattro crocette dello stesso; nel 2º e 3º d'azzurro seminato di gigli d'oro alla bordura di rosso, ; sul tutto d'oro con quattro pali di rosso.
|
Dinastia di Valois-Borgogna
Stemma | Nome del principe e blasonatura |
| Filippo II l'Ardito (1342-1404), conte di Turenna, poi duca di Borgogna dal 1364, figlio di Giovanni II di Francia
Fino al 1364: d'azzurro seminato di gigli d'oro alla bordura composta di rosso e argento.
Dal 1364: inquartato nel 1º e 4º d'azzurro seminato di gigli d'oro alla bordura composta d'argento e di rosso, nel 2º e 3º bandato d'oro e azzurro di sei pezzi, alla bordura di rosso.
|
| Giovanni Senza Paura (1371-1419), duca di Borgogna, conte di Nevers, delle Fiandre..., figlio di Filippo II l'Ardito
Inquartato nel 1º e 4º d'azzurro seminato di gigli d'oro alla bordura composta di rosso e argento e nel 2º e 3º bandato d'oro e azzurro di sei pezzi, alla bordura di rosso; sul tutto d'oro con un leone nero, armato e lampassato di rosso.
|
| Filippo III (1396-1467), granduca d'Occidente, duca di Borgogna e Brabante, conte delle Fiandre, di Hainaut e d'Olanda ..., figlio di Giovanni Senza Paura
Inquartato nel 1º e 4º d'azzurro seminato di gigli d'oro alla bordura di rosso, nel 2º partito bandato d'oro e azzurro di sei pezzi alla bordura di rosso, e di nero con un leone d'oro armato e lampassato di rosso, nel 3º partito bandato d'oro e azzurro di sei pezzi bordato di rosso, e d'argento al leone di rosso armato e lampassato d'oro; sul tutto, d'oro con un leone nero armato e lampassato di rosso, portato poi da:
|
| Maria (1393-1463), duchessa di Clèves e contessa di La Marck, figlia di Giovanni Senza Paura e sposa di Adolfo IV di La Mark
Inquartato: nel 1º di rosso con uno scudo d'argento, al raggio di carbonchio d'oro attraversante, nel 2º d'azzurro seminato di gigli d'oro alla bordura composta di rosso e argento, nel 3º d'oro con una fascia scaccata d'argento e rosso di tre file, nel 4º bandato d'azzurro e oro di sei pezzi alla bordura di rosso; sul tutto d'oro al leone nero mancante a destra.
|
| Antonio (1364-1415), duca di Brabante, figlio del di Filippo II di Borgogna
Inquartato nel 1º e 4º d'azzurro a tre gigli d'oro alla bordura composta d'argento e rosso, nel 2º di nero con un leone d'oro, armato e lampassato di rosso e nel 3º d'argento con un leone di rosso armato, coronato e lampassato d'oro, portato poi da:
|
| Filippo (1404-1430), conte di Ligny e Saint-Pôl, prima di diventare duca di Brabante, figlio di Antonio
Inquartato nel 1º e 4º d'azzurro a tre gigli d'oro alla bordura spinata composta d'argento e rosso, nel 2º di nero con un leone d'oro, armato e lampassato di rosso e nel 3º d'argento con un leone di rosso armato, coronato e lampassato d'oro
|
| Filippo (1389-1415), conte di Nevers e Rethel, figlio di Filippo II di Borgogna.
Inquartato nel 1º e 4º d'azzurro a tre gigli d'oro con la bordura composta d'argento e rosso, nel 2º e 3º d'oro a leone nero armato, coronato e lampassato di rosso, portato poi da:
|
| Giovanni (1415-1491), conte d'Étampes, Nevers, Rethel e d'Eu, figlio cadetto di Filippo di Nevers.
Inquartato nel 1º d'azzurro a tre gigli d'oro alla bordura composta d'argento e rosso, nel 2º di rosso a tre rastrelli d'oro, nel 3º d'azzurro seminato di gigli d'oro al lambello di rosso con ogni pendente caricato di tre castelli d'oro, nel 4º di nero con un leone d'oro armato e lampassato di rosso.
|
Dinastia di Évreux-Navarra
Stemma | Nome del principe e blasonatura |
| Luigi (1276-1319), conte d'Évreux, figlio di Filippo III di Francia
D'azzurro seminato di gigli d'oro con una banda composta d'argento e rosso.
|
| Filippo III (1306-1343), conte d'Évreux e re di Navarra, figlio di Luigi d'Évreux e marito di Giovanna II di Navarra
Inquartato nel 1º e 4º d'azzurro seminato di gigli d'oro, alla banda composta di rosso e d'argento, nel 2º e 3º di rosso alla catena d'oro posta in orlo, in croce e in decusse, caricata nel cuore di uno smeraldo al naturale
|
| Carlo II il Malvagio (1332-1387), conte d'Évreux e re di Navarra, figli di Filippo III di Navarra e Giovanna II di Navarra
Inquartato nel 1º e 4º di rosso alla catena d'oro posta in orlo, in croce e in decusse, caricata nel cuore di uno smeraldo al naturale, nel 2º e 3º d'azzurro seminato di gigli d'oro con una banda composta di rosso e d'argento, portato anche da:
|
| Carlo (1361-1425), prima di divenire re di Navarra come Carlo III nel 1387, figlio di Carlo II di Navarra.
Inquartato nel 1º e 4º di rosso alla catena d'oro posta in orlo, in croce e in decusse, caricata nel cuore di uno smeraldo al naturale, nel 2º e 3º d'azzurro seminato di gigli d'oro alla banda composta d'argento e rosso, al lambello d'argento.
|
| Pietro di Navarra (1366-1412), conte di Mortain, figlio di Carlo II di Navarra.
Inquartato nel 1º e 4º di rosso alla catena d'oro posta in orlo, in croce e in decusse, caricata nel cuore di uno smeraldo al naturale, nel 2º e 3º d'azzurro, a tre gigli d'oro con una banda composta di rosso e argento, il tutto alla bordura spinata d'argento.
Inquartato nel 1º e 4º di rosso alla catena d'oro posta in orlo, in croce e in decusse, caricata nel cuore di uno smeraldo al naturale, nel 2º e 3º d'azzurro, a tre gigli d'oro con una banda composta di rosso e argento, il tutto alla bordura d'argento.
|
| Carlo (1305-1336), conte d'Étampes, figlio di Luigi d'Évreux
D'azzurro seminato di gigli d'oro con una banda composta d'argento, caricato da una moscatura d'armellino, e di rosso.
|
| Luigi d'Étampes († 1400), conte d'Étampes, figlio di Carlo d'Étampes
D'azzurro seminato di gigli d'oro con una banda composta d'argento, caricato da una moscatura d'armellino, e di ross, caricato di un castello d'oro.
|
Linea principale dei duchi di Borbone
Stemma | Nome del principe e blasonatura |
| Roberto (1256-1317), conte di Clermont e signore di Borbone, figlio di Luigi IX di Francia, fondatore della casata dei Borbone.
D'azzurro seminato di gigli d'oro alla banda di rosso, portato anche dai duchi di Borbone fino al 1420:
|
| Giovanni I (1381-1434), duca di Borbone
D'azzurro a tre gigli d'oro alla banda di rosso, portato poi dai duchi di Borbone fino al 1589
|
| Luigi (1388-1404), signore di Beaujeu, figlio di Luigi II di Borbone.
D'azzurro a tre gigli d'oro alla banda di rosso caricata di tre delfini d'oro
|
| Pietro (1438-1503), signore di Beaujeu prima di divenire duca di Borbone come Pietro II, figlio di Carlo I di Borbone
D'azzurro a tre gigli d'oro alla banda di rosso caricata al franco quartiere d'oro con un leone di nero al lambello di rosso a cinque pendenti.
|
| Anna (1461 † 1522), reggente per il fratello Carlo VIII di Francia, figlia di Luigi XI di Francia e moglie di Pietro di Beaujeu.
Partito d'azzurro a tre gigli d'oro alla banda di rosso e d'azzurro a tre gigli d'oro.
|
| Luigi I († 1486), conte di Montpensier, delfino d'Alvernia, figlio di Giovanni I di Borbone
Fino al 1428: d'azzurro a tre gigli d'oro alla banda spinata di rosso.
dal 1428: D'azzurro a tre gigli d'oro alla banda di rosso caricata al franco quartiere d'oro al delfino azzurro.
|
| Gilberto (1443-1496), conte di Montpensier, delfino d'Alvernia, figlio di Luigi I di Montpensier.
Inquartato nel 1º e 4º d'azzurro a tre gigli d'oro alla banda di rosso e nel 2º e 3º d'oro al delfino azzurro.
|
Ramo cadetto di La Marche e Vendôme
Stemma | Nome del principe e blasonatura |
| Giacomo I di Borbone-La Marche (1319-1362), conte di La Marche, figlio di Luigi I di Borbone
D'azzurro seminato di gigli d'oro alla banda di rosso caricata di tre leoncelli d'argento (o tre leoni illeoparditi d'argento), portato anche dal figlio Giovanni ( 1344- 1393).
|
| Giacomo II (1319-1362), conte di La Marche e re consorte di Napoli, figlio di Giovanni I di Borbone-La Marche.
Inquartato nel 1º e 4º interzato in palo in I fasciato d'argento e di rosso di otto pezzi, in II d'azzurro seminato di gigli d'oro al lambello di rosso e in III d'argento con la croce potenziata d'oro, accantonata da quattro crocette dello stesso, nel 2º e 3º d'azzurro seminato di gigli d'oro alla banda di rosso.
|
| Luigi I (1376-1446), conte di Vendôme, figlio di Giovanni di La Marche.
Inquartato nel 1º e 4º d'azzurro seminato di gigli d'oro, nel 2º e 3º d'argento al capo di rosso, al leone d'azzurro armato, lampassato e coronato d'oro attraversante, sul tutto una barra rossa con tre leoni d'argento.
|
| Giovanni VIII (1319-1362), conte di Vendôme, figlio si Luigi I di Vendôme
|
| Antonio (1518-1562), re di Navarra, duca di Borbone e di Vendôme
Inquartato, nel 1º e 4º di rosso alla catena d'oro posta in orlo, in croce e in decusse, caricata nel cuore di uno smeraldo al naturale, nel 2º d'azzurro a tre gigli d'oro alla banda di rosso, nel 4º d'oro con due buoi di rossi cornati collarinati e clarinati d'azzurro, passanti l'uno sull'altro. Portato anche da suo figlio Enrico III di Navarra fino alla sua ascesa al trono come Enrico IV di Francia nel 1589.
|
| Luigi (1473-1520), principe di La Roche-sur-Yon, figlio di Giovanni VIII di Vendôme
D'azzurro a tre gigli d'oro con un bastone scorciato di rosso caricato al franco quartiere di un crescente d'argento, portato poi dai duchi di Montpensier suoi discendenti.
|
| Carlo (1515-1565), principe di La Roche-sur-Yon, figlio di Luigi
Inquartato nel 1º e 4º d'azzurro a tre gigli d'oro con un bastone scorciato di rosso caricato al franco quartiere di un crescente d'argento e nel 2º e 3º d'azzurro a tre gigli d'oro con un bastone scorciato di rosso.
|
| Francesco I (1491-1545), conte di Saint-Pol, duca d'Estouteville, figlio di Francesco di Borbone-Vendôme
Inquartato nel 1º e 4º d'azzurro a tre gigli d'oro con una banda di rosso, nel 2º e 3º d'argento al leone di rosso con la coda forcata, armato, lampassato e coronato d'oro.
|
| Francesco II (1536-1546), conte di Saint-Pol e duca d'Estouteville, figlio di Francesco I di Saint-Pol
Inquartato nel 1º e 4º d'azzurro a tre gigli d'oro con una banda rossa, nel 2º e 3º fasciato di rosso e d'argento di otto pezzi al leone di nero, armato, lampassato e coronato d'oro.
|
| Francesco (1519-1546), conte d'Enghien, figlio di Carlo di Vendôme
Inquartato nel 1º e 4º d'azzurro a tre gigli d'oro con una banda rossa, nel 2º e 3º d'azzurro a tre gigli d'oro alla bordura rossa caricata di otto bisanti d'argento, portato poi da:
|
Dinastia reale dei Borbone
Stemma | Nome del principe e blasonatura |
| Enrico IV (1553-1610), re di Francia e Navarra
Partito d'azurro a tre gigli d'oro e di rosso alla catena d'oro posta in orlo, in croce e in decusse, caricata nel cuore di uno smeraldo al naturale, portato poi dai re di Francia fino al 1830.
|
| Gastone (1608-1660), duca d'Orléans, figlio di Enrico IV;
D'azurro a tre gigli d'oro al lambello d'argento, portato poi dai duchi d'Orléans.
|
| Filippo (1683-1746), duca d'Angiò, poi re di Spagna come Filippo V nel 1700, figlio di Luigi, il Gran Delfino, a sua volta figlio del Re Sole.
prima del 1700: d'azzurro a tre gigli d'oro alla bordura di rosso
Fondatore del casato di Borbone-Spagna.
|
| Carlo (1686-1714), duca di Berry, figlio del Gran Delfino e nipote del Re Sole
D'azurro a tre gigli d'oro alla bordura spinata di rosso.
|
| Carlo (1778-1820), duca di Berry, figlio di re Carlo X
D'azurro a tre gigli d'oro alla bordura merlata di rosso.
|
| Cesare (1594-1665), duca di Vendôme, figlio illegittimo di Enrico IV di Francia e Gabrielle d'Estrées
d'azurro a tre gigli d'oro al controbastone scorciato di rosso, portato poi da:
- i suoi discendenti, i duchi di Vendôme;
- i figli illegittimi del Re Sole:
|
Dinastia di Borbone-Spagna
Stemma | Nome del principe e blasonatura |
| Filippo (1683-1746), duca d'Angiò, poi re Filippo V di Spagna dal 1700, figlio di Luigi, il Gran Delfino (a sua volta figlio di Luigi XIV il Re Sole.
Partito di uno e troncato di due: nel 1º partito: in I d'oro a quattro pali di rosso, in II inquartato in decusse d'oro, a quattro pali di rosso, e d'argento all'aquila di nero membrata di rosso; nel 2º partito: in I di rosso alla fascia d'argento, in II d'azzurro, a tre gigli d'oro, alla bordura composta di rosso e d'argento; nel 3º d'azzurro seminato di gigli d'oro al lambello di rosso; nel 4º d'oro, a sei torte poste in orlo, le cinque inferiori di rosso e quella in capo d'azzurro a tre gigli d'oro; nel 5º tagliato: in I bandato d'oro e d'azzurro, alla bordura di rosso, in II d'oro, al leone di nero armato e lampassato di rosso; nel 6º trinciato: in I di nero, al leoned'oro, armato e lampassato di rosso, in II d'argento, all'aquila di rosso membrata, armata e rostrata d'oro; sul tutto inquartato: nel 1º e 4º di rosso, al castello d'oro aperto e finestrato d'azzurro; nel 2º e 3º d'argento, al leone di rosso, armato, coronato e lampassato d'oro; innestato in punta d'argento alla mela granata fogliata di due pezzi di verde, aperta di rosso; sul tutto del tutto d'azzurro, a tre gigli d'oro, alla bordura di rosso, portato poi dai suoi figli:
|
| Carlo III (1716-1788), re di Napoli e Sicilia, poi re di Spagna, figlio di Filippo V di Spagna.
Partito di uno e troncato di due: nel 1º partito: in I d'oro a quattro pali di rosso, in II inquartato in decusse d'oro, a quattro pali di rosso, e d'argento all'aquila di nero membrata di rosso; nel 2º partito: in I di rosso alla fascia d'argento, in II d'azzurro, a tre gigli d'oro, alla bordura composta di rosso e d'argento; nel 3º d'oro a sei gigli d'azzurro posti 3, 2 e 1; nel 4º d'oro, a sei torte poste in orlo, le cinque inferiori di rosso e quella in capo d'azzurro a tre gigli d'oro; nel 5º tagliato: in I bandato d'oro e d'azzurro, alla bordura di rosso, in II d'oro, al leone di nero armato e lampassato di rosso; nel 6º trinciato: in I di nero, al leoned'oro, armato e lampassato di rosso, in II d'argento, all'aquila di rosso membrata, armata e rostrata d'oro; sul tutto inquartato: nel 1º e 4º di rosso, al castello d'oro aperto e finestrato d'azzurro; nel 2º e 3º d'argento, al leone di rosso, armato, coronato e lampassato d'oro; innestato in punta d'argento alla mela granata fogliata di due pezzi di verde, aperta di rosso; sul tutto del tutto d'azzurro, a tre gigli d'oro, alla bordura di rosso, portato poi da:
|
| Alfonso XII (1716-1788), re di Spagna, figlio di Isabella II e Francesco di Borbone.
Inquartato; nel 1º di rosso al castello d'oro, aperto e finestrato d'azzurro, nel 2º d'argento al leone di rosso lampassato, coronato e armato d'oro, nel 3º d'oro a quattro pali di rosso, nel 4º di rosso alla catena d'oro posta in orlo, in croce e in decusse, caricata nel cuore di uno smeraldo al naturale, iinnestato in punta d'argento alla mela granata fogliata di due pezzi di verde, aperta di rosso; sul tutto d'azzurro a tre gigli d'oro con bordura di rosso, portato poi da:
|
| pretendenti Carlisti dopo il 1883; e re Alfonso XIII dopo il 1936
Inquartato; nel 1º di rosso al castello d'oro, aperto e finestrato d'azzurro, nel 2º d'argento al leone di rosso lampassato, coronato e armato d'oro, nel 3º d'oro a quattro pali di rosso, nel 4º di rosso alla catena d'oro posta in orlo, in croce e in decusse, caricata nel cuore di uno smeraldo al naturale, innestato in punta d'argento alla mela granata fogliata di due pezzi di verde, aperta di rosso; sul tutto d'azzurro a tre gigli d'oro
|
| Alfonso (1936-1989), "duca d'Angiò" e di Cadice, nipote di Alfonso XIII.
Partito: nel 1º d'azzurro a tre gigli d'oro; nel 2º inquartato, in I di rosso al castello d'oro aperto e finestrato d'azzurro, in II d'argento al leone di rosso lampassato, coronato e armato d'oro, in III d'oro a quattro pali di rosso, in IV di rosso alla catena d'oro posta in orlo, in croce e in decusse, caricata nel cuore di uno smeraldo al naturale, innestato in punta d'argento calla mela granata fogliata di due pezzi di verde, aperta di rosso
|
| Borbone-Due Sicilie, re delle Due Sicilie.
Interzato in palo: nel 1º troncato: in I d'oro a sei gigli d'azzurro posti 3, 2, 1, in II d'argento con quattro scudetti d'azzurro posti in croce, i due ai fianchi coricati, ciascuno caricato da cinque bisanti d'argento posti in decusse, alla bordura di rosso caricata di otto castelli d'oro; nel 2º troncato: in I inquartato di rosso, al castello d'oro, e d'argento, al leone di rosso armato, lampassato e coronato d'oro; in II d'azzurro seminato di gigli d'oro con un lambello di rosso; nel 3º d'oro a sei torte, le cinque più basse di rosso e quella in capo d'azzurro a tre gigli d'oro; sul tutto, d'azzurro a tre gigli d'oro e alla bordura di rosso.
|
| Borbone-Due Sicilie |
| Duchi di Parma dal 1748 al 1802
Partito, nel 1º d'oro a sei gigli d'azzurro posti 3, 2, 1, nel 2º d'argento con una croce potenziata di rosso, accantonata da quattro aquile di nero rostrate e armate d'oro; sul tutto, inquartato; nel 1º e 4º di rosso al castello d'oro aperto e finestrato d'azzurro, nel 2º e 3º d'argento al leone di rosso lampassato, coronato e armato d'oro; innestato in punta d'argento calla mela granata fogliata di due pezzi di verde, aperta di rosso; sul tutto d'azzurro a tre gigli d'oro alla bordura di rosso
|
| Duchi di Parma dal 1847 al 1860
Partito di due e spaccato di due: nel 1º d'oro a sei gigli d'azzurro posti 3, 2, 1; nel 2º partito: nel 1º d'argento con una croce potenziata di rosso, accantonata da quattro aquile di nero rostrate e armate d'oro, nel 2º d'azzurro, al leone bandato di rosso e d'argento, coronato d'oro; nel 3º partito: nel 1º d'oro a sei torte, le cinque più basse di rosso e quella in capo d'azzurro a tre gigli d'oro, nel 2º troncato di rosso e d'oro, alla pianta di spino nero, fiorito d'argento, sradicata e composta di sei rami (uno verticale e cinque orizzontali, due dei quali rivolti a sinistra e tre a destra) attraversante sul tutto in palo; nel 4º d'oro all'aquila di nero, sul tutto di rosso alla croce d'argento; nel 5º di rosso alla fascia d'argento; nel 6º cinque punti d'argento equipollenti a quattro di rosso, col capo dell'impero; nel 7º di rosso alla croce d'oro accantonata da quattro B affrontati d'oro; nell'8º inquartato, nel 1º e 4º palato d'oro e d'azzurro, alla fascia in divisa d'argento attraversante sul tutto, nel 2º e 3º fasciato ondato d'oro e d'azzurro; sul tutto inquartato, nel 1º e 4º di rosso, al castello d'oro aperto e finestrato d'azzurro; nel 2º e 3º d'argento, al leone di rosso, armato, coronato e lampassato d'oro; innestato in punta d'argento alla mela granata fogliata di due pezzi di verde, aperta di rosso; sul tutto del tutto d'azzurro, a tre gigli d'oro, alla bordura di rosso caricata da otto conchiglie d'argento
|
Dinastia di Borbone-Condé
Stemma | Nome del principe e blasonatura |
| Luigi I (1530-1569), principe di Condé, figlio di Carlo IV di Borbone.
D'azzurro a tre gigli d'oro con la banda rossa carica al franco quartiere di un bisante d'argento, portato poi da:
|
| Enrico II (1588-1646), principe di Condé, figlio di Enrico I.
D'azzurro a tre gigli d'oro con un bastone rosso, portato poi dai principi di Condé.
|
| duchi d'Enghien, figli primogeniti dei principi di Condé.
D'azzurro a tre gigli d'oro con un bastone rosso e un lambello d'argento.
|
| Francesco di Borbone-Conti (1558-1614), principe di Conti, figlio di Luigi I di de Condé.
Inquartato, in 1 e 4 d'azzurro a tre gigli d'oro con la banda rossa, in 2 e 3 d'azzurro a tre gigli d'oro con la bordura rossa con otto bisanti d'argento.
|
| Armando di Borbone-Conti (1626-1666), principe di Conti, figlio di Enrico II di Condé
D'azzurro a tre gigli d'oro con il bastone rosso e la bordura rossa, portato poi dai principi di Conti.
|
Ramo dei baroni di Busset e Châlus
Figure | Nome del principe et blasonatura |
| La casata dei Borbone-Busset parte da Luigi di Borbone (1438-1482), vescovo di Liège, figlio di Carlo I di Borbone. Luigi ebbe un figlio illegittimo, Pietro, barone di Busseto (1464-1530), detto il Gran Bastardo di Liegi
D'azzurro seminato di gigli d'oro, con una banda di rosso; il capo d'argento con la croce potenziata d'oro con quattro crocette dello stesso agli angoli (Gerusalemme).
| |
| D'azzurro seminato di gigli d'oro, con un bastone di rosso; il capo d'argento con la croce potenziata d'oro con quattro crocette dello stesso agli angoli (Gerusalemme). | |
| D'azzurro seminato di gigli d'oro, con un bastone di rosso (alla morte dell'ultimo Condé). |
Dinastia d'Angiò-Sicilia
Stemma | Nome del principe e blasonatura |
| Carlo I d'Angiò (1226-1285)
Fino al 1277: d'azzurro seminato di gigli d'oro al lambello rosso.
Dal 1277: partito in 1 d'azzurro seminato di gigli d'oro al lambello rosso e in 2 d'argento alla croce potenziata d'oro con quattro croci agli angoli dello stesso, portato poi da:
|
| Carlo di Calabria (1298 † 1328), figlio ed erede di Roberto di Napoli
Partito in 1 d'azzurro seminato di gigli d'oro al lambello di rosso, in 2 d'argento alla croce potenziata d'oro con tre crocette dello stesso agli angoli, con bordura d'argento.
|
| Carlo Martello (1271-1295), re d'Ungheria, figlio di Carlo II d'Angiò.
Inquartato in 1 e 4 d'azzurro seminato di gigli d'oro e in 2 e 3 fasciato di rosso e argento in otto pezzi.
|
| Carlo Roberto (1288-1342), re d'Ungheria, figlio di Carlo Martello.
Partito in 1 fasciato di rosso e argento in otto pezzi e in 2 azzurro seminato di gigli d'oro al lambello di rosso.
|
| Luigi (1326-1382), re d'Ungheria e Polonia, figlio di Carlo Roberto
Inquartato: in 1 partito, fasciato di rosso e argento in otto pezzi e d'azzurro seminato di gigli d'oro al lambello di rosso, in 2 di rosso con un'aquila d'argentomembrata e coronata d'oro, in 3 di rosso con la croce patriarcale d'argento su un colle verde e in 4 d'azzurro a tre teste di leopardo d'oro con la lingua rossa.
|
| Andrea (1327-1345), re di Napoli, figlio di Carlo Roberto e sposo di Giovanna I di Napoli.
Tripartito in palo: in 1 fasciato di rosso e argento di otto pezzi, in 2 d'agento alla croce potenziata d'oro con quattro croci dello stesso agli angoli, in 3 d'azzurro seminato di gigli d'oro al lambello di rosso, portato poi da:
|
| Filippo I (1278-1332), principe di Taranto, figlio di Carlo II
Fino al 1313: d'azzurro seminato di gigli d'oro al lambello di rosso e alla banda d'argento, portato poi da:
- Filippo (1297-1330), figlio di primo letto di Filippo I.
Dopo il 1313: partito in 1 d'azzurro seminato di gigli d'oro al lambello di rosso e alla banda d'argento, in 2 di rosso alla croce d'oro con agli angoli quattro bisanti d'oro caricati di un bisante rosso con una croce d'ore, attorno ai quali stanno quattro crocette d'oro, portato poi da:
|
| Giovanni (1294-1336), duca di Durazzo, figlio di Carlo II d'Angiò
D'azzurro seminato di gigli d'oro al lambello di rosso, con la bordura composta di rosso e argento, portato poi da:
|
Dinastia di Courtenay
Stemma | Nome del principe e blasonatura |
| Pietro I (1126-1183), signore di Courtenay, figlio di Luigi VI di Francia.
D'oro a tre torte rosse, portato poi da:
|
| Pietro II (1155-1219), signore di Courtenay, imperatore latino di Costantinopoli
Di rosso alla croce d'oro con agli angoli quattro bisanti d'oro caricati di un bisante rosso con una croce d'ore, attorno ai quali stanno quattro crocette d'oro, portato poi da:
|
| Roberto I (1168-1239), signore di Champignelles-en-Puisaye, figlio di Pietro I di Courtenay.
D'oro a aux tre torte rosse e al lambello a cinque pendenti azzurro, portato poi da:
- i signori di Champilles fino al 1324, quando divennero capi della casata di Courtenay.
|
Dinastia di Dreux
Ramo di Beu
Ramo di Dreux-Bretagna
Figura | Nome del principe e blasonatura |
| Pietro Mauclerc (1191–1250), duca di Bretagna e conte di Richmond.
Inscaccato d'oro e azzurro alla bordura rossa, con il franco quartiere d'armellino.
|
| Giovanni (1266-1334), conte di Richmond (1306-1334), figlio di Giovanni II di Bretagna.
Inscaccato d'oro e azzurro alla bordura rossa ai leopardi d'oro, con il franco quartiere d'armellino.
|
| Pietro (1269–1312), visconte di Leon (1306-1334), figlio di Giovanni II di Bretagna.
Fino al 1316: inscaccato d'oro e azzurro alla bordura rossa con otto brisure d'argento, con il franco quartiere d'armellino.
Dal 1316: d'armellino alla bordura rossa con bisanti d'argento.
|
| Giovanni III (1286-1341), duca di Bretagna.
Armellino piano, portato poi da:
- i duchi di Bretagna fino al 1514.
|
| Guy VII (1287-1331), conte di Penthièvre e visconte di Limoges, figlio di Arturo II di Bretagna.
D'armellino alla bordura rossa.
|
| Giovanna (1319-1384), contessa di Penthièvre e viscontessa di Limoges, figlia di Guy VII di Limoges.
Partito d'armellino piano e d'armellino a bordura rossa.
|
| Giovanni (1294-1345), conte di Montfort, figlio di Arturo II di Bretagna.
D'armellino alla bordura rossa con leopardi d'oro.
|
| Arturo III (1393-1458), conte di Richmond, prima di divenire, nel 1457, duca di Bretagna.
D'armellino allambello rosso, con ogni pendente con tre leopardi d'oro.
|
| Pietro II (1418-1457), conte di Guincamp, prima di divenire duca di Bretagna nel 1450
D'armellino al lambello d'azzurro, con ogni pendente portante tre gigli d'oro incolonnati.
|
| Riccardo (1395-1438), conte d'Étampes, di Vertus, di Benon e di Mantes, figlio di Giovanni IV di Bretagna e padre di Francesco II di Bretagna.
D'armellino alla bordura smeriglaita di rosso.
|
| Francesco (1435-1488), conte d'Étampes, prima di divenire duca di Bretagna come Francesco II nel 1450.
D'armellino al lambello d'azzurro con ogni pendente portante un giglio d'oro e con un sopra-lambello d'argento.
|
| Anna di Bretagna (1477-1514), figlia di Francesco II di Bretagna, duchessa di Bretagna e regina di Francia in quanto sposa rima di Carlo VIII, poi di Luigi XII.
Fino al 1491: inquartato in 1 e 4 d'armellino, in 2 e 3 d'oro con tre pali rossi.
Dal 1491: partito d'azzurro a tre gigli d'oro e d'armellino piano.
|
Ramo di Machecoul
Ramo di Goëllo-Avagour
Stemma | Nome del principe e blasonatura |
| Francesco I d'Avaugour (1462-1510), conte di Vertus e Goëllo e barone d'Avaugour, figlio di Francesco II di Bretagna.
Inquartato in 1 e 4 d'armellino, in 2 e 3 inquartato: in 1 e 4 d'azzurro a tre gigli d'oro con lambello d'argento, in 2 e 3 d'argento al serpente azzurro coronato d'oro mangiante un uomo in carnagione; sul tutto d'argento a capo rosso.
|
Dinastia di Vermandois
Dinastia di Borgogna
Stemma | Nome del principe e blasonatura |
| Oddone II (1118-1162), duca di Borgogna
Bandato d'oro e azzurro a sei pezzi, con la bordura di rosso, portato poi dai duchi di Borgogna fino al 1361
|
| Oddone (1230-1269), conte di Nevers, d'Auxerre e di Tonnerre, figlio ed erede di Ugo IV di Borgogna.
Bandato d'oro e azzurro a sei pezzi, con la bordura dentata di rosso, portato poi da:
|
| Filippo (1323-1346), figlio di Oddone IV di Borgogna
Bandato d'oro e azzurro a sei pezzi, con la bordura di rosso e un giglio d'oro al franco quartiere interno.
|
| Luigi (1297-1316), principe di Morée, terzo figlio di Roberto II di Borgogna.
Bandato d'oro e azzurro a sei pezzi, con la bordura di rosso, col franco quartier di rosso alla croce d'oro.
|
| Alessandro (1170-1205), signore di Montagu, figlio di Ugo III di Borgogna
Bandato d'oro e azzurro a sei pezzi, con la bordura di rosso e il franco quartiere d'armellino, portato anche dai conti di Montagu suoi discendenti.
|
| Guigues VI (1184-1237), delfino di Viennois, figlio di Ugo III di Borgogna
D'oro a delfino azzurro, cestato, barbato, alettato, spasimato e orecchiuto di rosso gueules, porato anche dai delfini di Viennois suoi discendenti.
|
La Dinastia di Portogallo
Linea principale
Stemma | Nome del principe e blasonatura |
| Alfonso I (1094-1185), re del Portogallo.
D'argento con la croce d'azzurro.
|
| Sancho I (1154-1211), re del Portogallo.
D'argento con cinque scudi azzurri disposti in croce seminati di bisanti d'argento, portato anche da:
|
| Alfonso III (1210-1279), re del Portogallo e dell'Algarve.
D'argento a cinque scudi azzurri in croce seminti di bisanti d'argento, con la bordura rossa con undici castelli d'oro, portato anche dai re del Portogallo suoi successori fino a Ferdinando I.
|
Ramo d'Aviz
Stemma | Nome del principe e blasonatura |
| Giovanni I del Portogallo, figlio illegittimo di Pietro I del Portogallo e Teresa Lourenço.
d'argento con cinque scudi azzurri disposti in croce e seminati di bisanti d'argento, alla bordura rossa, con 10 castelli dorati e quattro mezzi gigli verdi sui lati
- Portato anche dai re suoi successori fino a Giovanni II
|
| Pietro (1392-1449), duca di Coimbra, figlio di Giovanni I del Portogallo. |
| Enrico il Navigatore (1394-1460) duca di Viseu, figlio di Giovanni I del Portogallo. |
| Giovanni (1400-1442), principe del Portogallo, figlio di Giovanni I del Portogallo. |
| Ferdinando (1402-1443) , principe del Portogallo de Portugal, figlio di Giovanni I del Portogallo |
| Giovanni II del Portogallo
D'argento a cinque scudi azzurri disposti in croce seminati di bisanti d'argento, con la bordura rossa carica di sette castelli d'oro, portato poi dai re del Portogallo suoi successori fino alla fine della monarchia.
|
Ramo di Braganza
Stemma | Nome del principe e blasonatura |
| Duchi di Braganza, discendenti di Alfonso I di Braganza, figlio illegittimo di Giovanni I del Portogallo e Beatrice Pereira, figlia ed ereditiera di Nuño Álvares Pereira
arma iniziale: d'argento con un saltiere rosso carico di cinque scudi azzurri seminati di bisanti d'argento
altra arma prima del 1481: d'argento, al saltiere rosso carico di cinque scudi d'argento circondati da castelli d'oro e quattro mezzi gigli verdi, ciascuno scudo con cinque scudi azzurri seminati di bisanti d'argento.
arma alternativa dal 1481: 'd'argento, al saltiere rosso carico di cinque scudi d'argento alla bordura rossa con otto castelli d'oro, ciascuno scudo con cinque scudi azzurri seminati di bisanti d'argento e una barra nera.
Arma dei duchi come membri della casata di Portogallo, dal 1495 al 1640: d'argento a cinque scudi azzurri in croce con 5 bisanti d'argento, più duepartiti in alto a destra e sinistra, in 1 d'oro a pali rossi, in inquartato a X, in 1 e 4 d'argento con l'aquila nera ein 2 e 3 oro a pali rossi; sugli scudi azzurri e sotto i partiti, un lambello d'oro; bordura rossa con castelli d'oro.
Arma dei duchi come principi reali di Portogallo, dal 1640 d'argento a cinque scudi azzurri seminati di bisanti d'argento in croce, il bordo rosso a castelli d'oro e un lambello dorato sul tutto.
|
Dinastia reale di Braganza-Portogallo
Stemma | Nome del principe e blasonatura |
| Re del Portogallo dei Braganza
D'argento a cinque scudi azzurri in croce seminati di bisanti d'argento, il bordo rosso a 7 castelli d'oro.
|
| Eredi al trono dei Braganza: Principe erede (dal 1640 al 1645), Principe del Brasile (dal 1645 al 1808), Principe Reale (dal 1808).
D'argento a cinque scudi azzurri in croce seminati di bisanti d'argento, il bordo rosso a 7 castelli d'oro e un lambello dorato sul tutto.
|
| Figli primogeniti dei principi del Portogallo dei Braganza: Principe di Beira (dal 1734).
D'argento a cinque scudi azzurri in croce seminati di bisanti d'argento, il bordo rosso a 7 castelli d'oro e un lambello dorato sul tutto con ogni piede portante una rosa rossa a foglie verdi.
|
Dinastia imperiale del Brasile
Stemma | Nome del principe e blasonatura |
| Imperatori del Brasile Braganza
Di verde, con una sfera armillare d'oro su una croce dell'ordine di Cristo, circondato da un anello azzurro a bordi d'argento e con venti stelle dello stesso.
|
| Capi della casata imperiale degli Orléans-Braganza
Di verde, con una sfera armillare d'oro su una croce dell'ordine di Cristo, circondato da un anello azzurro a bordi d'argento e con venti stelle dello stesso; sul tutto, d'azzurro a tre gigli d'oro con un lambello d'argento.
|
| Ereditieri del Brasile: Principi Imperiali
Di verde al lambello d'argento, con una sfera armillare d'oro su una croce dell'ordine di Cristo, circondato da un anello azzurro a bordi d'argento e con venti stelle dello stesso; sul tutto, d'azzurro a tre gigli d'oro con un lambello d'argento.
|
Branche cadette
Stemma | Nome del principe e blasonatura |
| Conti di Vimioso, nati da Alfonso, vescovo d'Évora e figlio naturale di Alfonso, marchese di Valencia (figlio di Alfonso I di Braganza).
D'argento, a saltiere rosso, con cinque scudi azzurri con cinque bisanti d'argento e con quattro croci d'argento.
|
| Conti di Faro, discesi da Alfonso, terzo figlio di Ferdinando I di Braganza
Inquartato in saltiere d'argento e d'oro, al saltiere rosso con cinque scudi azzurri a cinque bisanti d'argento.
|
| Duchi di Cadaval, discesi da Álvaro, quarto figlio di Ferdinando I di Braganza
Arma di Alvaro dopo il suo matrimonio con Filippa di Mello: inquartato, in 1 e 4 d'argento a saltiere di rosso con cinque scudi azzurri con cinque bisanti d'argento, in 2 e 3 d'oro con sei rettangoli rossi carichi di un bisante d'argento.
Arma dei discendenti di Alvaro dal 1555: d'argento a saltiere di rosso con cinque scudi azzurri con cinque bisanti d'argento e con quattro croci d'argento
|
| Duchi di Lafões, discendenti di Michele di Braganza, figlio illegittimo di re Pietro II del Portogallo;
Prima arma di Michele: d'argento a cinque scudi azzurri in croce con cinque bisanti d'argento, la bordura rossa con castelli d'oro e una banda nera.
Arma di Michele dopo il matrimonio con Luisa di Susa e poi dei duchi di Lafões: partito, in 1: d'argento a cinque scudi azzurri in croce con cinque bisanti d'argento, la bordura rossa a 7 castelli d'oro e una banda nera sul tutto; in 2: inquartato, in 1 e 4 d'argento a cinque scudi azzurri in croce con cinque bisanti d'argento, la bordura rossa a 7 castelli d'oro e una banda nera sul tutto, in 2 e 3 di rosso con una croce arrotondata vuota d'argento.
|
Voci correlate