Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
martedì 16 maggio 2017
Quadri
The Lily Pool - 1905 | Tom Clifton Butterfield #UnitedKingdom, 1856-1937
Lillies by Walter Crane (1845–1915).
Legh Mulhall Kilpin, Gate of the Infinite; c. 1910
John William Waterhouse "The Lady of Shalott" (1894).
Love’s Messenger, 1885, Marie Spartali Stillman (1884-1927)
John William Waterhouse "The soul of the rose"
Victor Nizovtsev - Mermaid
Le Pho (French-Vietnamese, 1907-2001): Nostalgie, 1938. Silk, 60.5 x 46 cm
Oriental Poppies - circa 1915 | Laura Muntz Lyall #English, 1860-1930
Evelyn De Morgan, "Hope in a Prison of Despair"
Forest Path | Mikhail Konstantinovich Klodt#Russian, 1832-1902
Francesco Hayez, Malinconia (dal 1840 al 1841)
René Magritte _ Il Castello dei Pirenei, 1959
Vite quasi parallele. Capitolo 65. Tre cugini e una Galassia
Era la Notte di San Lorenzo del 1983 quando i tre nipoti di Ettore Ricci e Diana Orsini, ossia Fabrizio Spreti, Alessio Zanetti e Riccardo Monterovere, figli delle tre considerevoli sorelle Ricci-Orsini, Margherita, Isabella e Silvia, trascorsero un'intera notte ad osservare le stelle, sotto la guida esperta del professor Francesco Monterovere, padre di Riccardo, e in compagnia di sua moglie Silvia e della madre di lei, Diana.
Si erano sistemati in mezzo ad una radura, in un grande prato dove Diana lasciava liberi di crescere i fiori di campo, in maniera completamente naturale e spontanea.
Misero una coperta sul prato e un cesto con alcune provviste, poi attesero che il crepuscolo sfumasse nell'oltremare concavo, nell'indaco, nei passi freddi delle tenebre.
E tornarono nel cielo ad ardere le favole...
Fabrizio e Alessio, che adoravano lo zio Francesco, si erano già messi a fargli domande di astronomia.
Alessio poi era il più appassionato di fantascienza e spesso indicava il cielo stellato dicendo:
<<Quello è l'Impero Galattico>>
Riccardo, pur essendo un fan di Guerre Stellari e dei cartoni animati giapponesi, era anche, tra i tre cugini, quello più interessato agli elementi estetici e simbolici, e per questo colse un discorso di sua nonna Diana:
<<Per ogni stella cadente dovete esprimere un desiderio. Anche io lo feci da bambina, quando avevo più o meno la vostra età. Espressi un desiderio, chiedendo tanti anni di vita quante stelle nel cielo, ma dimenticai di chiedere che fossero anni di giovinezza>>
Silvia recitava la poesia di Pascoli, X agosto, che ricordava la notte in cui era stato ucciso il padre del poeta:
<<San Lorenzo, io lo so perché tanto di stelle nell'aria tranquilla arde e cade, perché sì gran pianto nel concavo cielo sfavilla.
Tornava una rondine al tetto, l'uccisero, cadde tra spini, portava nel becco un insetto, la cena dei suoi rondinini...
Tornava un uomo al suo nido, l'uccisero, disse: "Perdono!" e restò negli aperti occhi un grido. Portava due bambole in dono...
E tu cielo, dall'alto dei mondi sereni, infinito, immortale, d'un pianto di stelle lo inondi quest'atomo opaco del male>>
Riccardo, che era fortunatamente ancora troppo piccolo per poter sviluppare una qualsiasi forma di pessimismo, chiese: <<Perché il poeta chiama la Terra "Atomo opaco del Male"?>>
Silvia gli scompigliò i folti capelli: <<Un giorno capirai, ma spero sarà il più tardi possibile>>
Fabrizio era un naturalista e frequentava già il liceo scientifico, per cui era molto preparato:
<<Quella è l'Orsa Maggiore. La riconosco dal Carro>>
Francesco Monterovere annuì:
<<Il Carro comprende la zona della schiena e della coda dell'Orsa Maggiore.
Ora, se consideriamo la punta più avanzata del Carro, procedendo da essa verso l'ultima stella della coda del Carro dell'Orsa Minore, si arriva alla Stella Polare, quella che indica dove si trova il Nord>>
Fabrizio annuì e poi indicò un altro gruppo di stelle:
<<Quelle sono le Pleiadi>>
A Silvia venne in mente il Gelsomino Notturno, sempre di Pascoli ("E s'aprono i fiori notturni nell'ora che penso ai miei cari") e ricordava che le Pleiadi erano rese poeticamente con una metafora agreste: "La chioccetta per l'aia azzurra va col suo pigolio di stelle"
Ma i nomi ricordavano più che altro le raccolte poetiche dannunziane: Maia, Alcyone, Elettra, Merope e Asterope.
Alle altre il Vate non era giunto.
Ma Silvia preferiva comunque Pascoli, il Veggente, e ricordò La mia sera:
<<Là, voci di tenebra azzurra, mi sembrano canti di culla che fanno ch'io torni com'era. Sentivo mia madre, poi nulla, sul far della sera>>
Ma la notte ormai era avanzata.
Il buio del cielo era perfetto, grazie all'assenza di inquinamento atmosferico e di luci artificiali.
Per questa ragione le "placide stelle" si vedevano con un'incredibile nitidezza, come oggi non è più possibile neppure lontanamente immaginare, a meno che non ci si trovi nel bel mezzo di un deserto.
Oggi, notti magiche come quella, non ce ne sono più.
Era come essere in un planetario.
E la Via Lattea assumeva realmente le forme di una Galassia.
Quella notte rimase nella memoria dei tre cugini come una sorta di magica iniziazione ai misteri dell'universo, in quell'oscuro silenzio, illuminato solo dalle stelle.
Francesco Monterovere disse:
<<Osservate la Via Lattea. E' la nostra Galassia, ma nell'universo ce ne sono altri milioni. E forse esistono altri universi>>
Riccardo non capiva bene, ma poneva domande interessanti:
<<In che senso?>>
Francesco era impressionato:
<<Nessun filosofo e nessuno scienziato ti darebbero sull'argomento la stessa risposta. Del resto, non sappiamo nemmeno cosa significhi il concetto stesso di esistenza. Cosa vuol dire "esistere"?>>
Alessio allora intervenne:
<<Tu che risposta daresti, zio?>>
Francesco era nel suo centro:
<<Cartesio diceva: "Penso, dunque sono". Altri dicevano che essere significava essere percepiti da altri. Io dico che è un compromesso tra la coscienza di sé e il principio di realtà>>
A quel punto intervenne Diana:
<<Non sempre la realtà è all'altezza delle aspettative>>
Francesco ne convenne:
<<E' vero, ed è per questo che molti si creano i loro mondi immaginari utopici, per sfuggire alle proprie convinzioni eccessivamente distopiche. Ma può essere pericoloso.
La realtà è lì ed è quella che è. Non possiamo sostituire un'illusione con un'altra illusione>>
Silvia allora chiese:
<<Tra le illusioni ci metti anche la religione?>>
Suo marito rispose:
<<Non tutte le religioni. Solo quelle rivelate, quelle cioè che non prevedono una conoscenza superiore per gli Iniziati.
Le religioni rivelate non hanno svelato il mistero. Le domande più importanti sono rimaste senza risposta. Il mistero è oltre e può essere qualsiasi cosa: qualunque bene, qualunque male, qualunque dio, qualunque diavolo>>
Questa frase ispirò sua suocera:
<<Per quel che può valere, secondo me la risposta è una sola e cioè che la vita è una fregatura, ideata da una mente sadica e folle, anche se devo ammettere che c'è del metodo in questa follia>>
I tre cugini si scambiarono un'occhiata di intesa, perché avevano già sentito molte frasi simili dalla loro nonna materna, e persino alcune più catastrofiste e blasfeme.
Si poteva sempre fare affidamento sul pessimismo radicale di nonna Diana.
Ma sapeva anche mostrare la saggezza di Fabio Massimo il Temporeggiatore:
<<Sopravviviamo oggi per combattere domani, da una posizione di forza>>
Lei aveva visto la guerra vera, e aveva combattuto innumerevoli battaglie per tenere in piedi la propria famiglia.
Percepiva l'avvicinarsi di altre battaglie, anche se non subito.
Quella notte era tutto ancora perfetto.
Forse fu l'ultima notte completamente felice, per tutti loro, (dopo quella dell'anno precedente in cui l'Italia aveva gloriosamente vinto i Mondiali di Calcio in Spagna).
Una notte senza l'ombra di una nuvola, nemmeno in senso metaforico.
Ancora le stelle non erano velate.
Nulla si scuoteva a est.
Nessun insonne malanimo.
L'occhio del nemico, per il momento, non si era ancora fissato sul clan Ricci-Orsini-Monterovere.
A distanza di oltre trent'anni, Riccardo avrebbe ricordato, riguardo a quella notte, soprattutto la comprensione di trovarsi in un minuscolo punto dell'universo, un'aiuola "che ci fa tanto feroci", una "cellula di miele di una sfera lanciata nello spazio", apparentemente così trascurabile da far apparire meschine tutte le sue preoccupazioni.
Ricordava la voce di sua madre che era ancora così giovane e così bella, e lo sguardo di suo padre, che contemplava l'immensità dell'universo, sostenendone il peso.
Si sentiva scivolare dolcemente nel sonno, o forse era soltanto una magia, in quella valle di elfi e fate, e la voce di sua madre, come una nenia, ripeteva in sogno gli ultimi versi del X Agosto:
"E tu cielo, dall'alto dei mondi sereni, infinito, immortale, d'un pianto di stelle lo inondi, quest'atomo opaco del male",
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