Nell'autunno del 1986, Roberto Monterovere incominciò le scuole medie e fu subito una doccia fredda, per non dire gelida.
La maggior parte dei compagni di classe provenivano da altre scuole elementari e dunque lui non conosceva quasi nessuno, a parte poche persone che comunque avrebbero avuto un grande rilievo negli anni seguenti.
Ma prima di parlare di questi personaggi, è bene mettere in chiaro che tipo di "clima" si respirava in quella classe.All'epoca il termine "bullismo" era poco diffuso, anche se fu chiaro fin dall'inizio chi era il bulletto e quali erano i suoi complici.
Martino Aspide, il bullo della 1° E era un prepotente e il suo atteggiamento era arrogante, presuntuoso e strafottente: si divertiva moltissimo a umiliare tutti coloro che non gli andavano a genio, prendendoli in giro in maniera costante e persecutoria.
La cosa incredibile era che gli altri non solo lo lasciavano fare, ma provavano una certa ammirazione nei suoi confronti.
Roberto non riusciva a capire come fosse possibile che un simile personaggio potesse comportarsi in quel modo senza che nessuno si ribellasse.
All'inizio il giovane Monterovere aveva cercato di sondare il terreno per vedere se era possibile creare una maggioranza che si opponesse al gruppetto di Aspide e dei suoi fedelissimi, ma quasi tutti avevano paura di farselo nemico.
La cosa si sarebbe anche potuta comprendere se Aspide fosse stato un violento a livello fisico, ma non essendo questo il caso, l'omertà generale che gli permetteva di esercitare la sua leadership bullistica era in gran parte fondata sul fatto che tutti cercavano di farselo amico.
Perché accadeva questo?
La domanda tormentava Roberto.
La domanda tormentava Roberto.
Molto dipendeva dalla composizione di quella classe "pollaio": un'accozzaglia di trenta alunni che si era subito frammentata in gruppetti omogenei, reciprocamente diffidenti, ma soprattutto già stratificati secondo una gerarchia di caste che andava, dal basso verso l'altro, dal "Club degli sfigati" al "Circolo dei Fighi".
Il gruppetto a cui apparteneva Roberto era intermedio, e per essere sinceri, l'unico motivo perché lui e i suoi amici non erano precipitati nel "Club degli Sfigati" stava nel fatto che ognuno di loro poteva contare su una famiglia potente alle spalle e su numerosi appoggi all'interno del corpo insegnante.
Per esempio, l'insegnante di italiano era Anna De Gubernatis, moglie del Sommo Poeta Adriano Trombatore e cugina di primo grado di Silvia Ricci-Orsini.
A differenza di sua sorella Elisabetta, moglie di Massimo Braghiri, la professoressa Anna Trombatore era in ottimi rapporti con i Monterovere e stravedeva per Roberto.
Il secondo componente del gruppetto era Ludovico Corzani, figlio di un illustre ingegnere (dirigente del Rotary Club) e di una brillante pittrice, entrambi frequentatori assidui del salotto di Silvia Monterovere. Ludovico era simpatico, ma molto suscettibile e se si convinceva che qualcuno lo prendesse in giro per via dei capelli rossastri arruffati, non esitava a passare "alle vie di fatto", e nel menare fendenti era un asso.
L'amicizia di Ludovico, che fu suo compagno di banco sia alle medie che al liceo, garantiva a Roberto un valido appoggio e una protezione efficace contro i tipi maneschi.
Ma nel gruppo vi era anche un terzo componente, Daniele Destri, un biondino esile e riccioluto, figlio di un alto funzionario statale e della professoressa di educazione fisica, che in gioventù era stata in collegio con Silvia Ricci-Orsini. Daniele era un ragazzo oggettivamente effeminato, che nutriva nei confronti di Roberto un'adorazione che suscitava l'ilarità e le maldicenze dei bulli.
La cosa suscitò sorpresa e sgomento nel giovane Monterovere, che era arrivato all'età di 11 anni senza sapere, né sospettare, né mai lontanamente immaginare l'esistenza stessa degli omosessuali.
Fino a quel momento le sue conoscenze in materia di educazione sessuale erano quasi zero, e quelle poche derivavano dal fatto che in campagna aveva visto gli accoppiamenti dei galli con le galline e aveva ipotizzato che qualcosa di altrettanto bestiale accadesse agli umani quando volevano generare un figlio.
Al contrario l'amore, per come lo percepiva Roberto, era avvolto in un'aura di sacralità quasi stilnovistica, per cui le compagne di classe nei confronti delle quali, alla fine delle elementari, aveva provato i suoi primi innamoramenti, erano come angeli irraggiungibili, di fronte a cui si doveva abbassare rispettosamente lo sguardo, e dunque esse non potevano nemmeno immaginare i sentimenti del loro dantesco ammiratore.
Nella classe 1° E , a destare subito l'attenzione di Roberto fu una certa Aurora Visconti, molto bella, intelligente e raffinata, di cui peraltro conosceva alcuni familiari materni: la madre di Aurora era infatti una parente acquisita di Maria Teresa Ricci, una delle sorelle di Ettore.
Questo dettaglio si rivelerà molto importante in seguito, e dunque ci ritorneremo più avanti. Per ora basti pensare che Roberto, per timidezza e senso di inadeguatezza, nascondeva così bene il suo sentimento per Aurora, da apparire del tutto disinteressato nei confronti delle ragazze.
Tutto ciò non fece altro che alimentare le prese in giro di Martino Aspide, che si avvaleva di una terminologia brutalmente volgare che pose fine in maniera sudicia e rivoltante all'ingenuità gentile di un'infanzia che al giorno d'oggi, nell'era di internet, sarebbe del tutto inimmaginabile.
La reazione di Roberto e di Daniele fu quella di riferire il tutto ai genitori, i quali a loro volta fecero presente la questione a chi di dovere per far rispettare la disciplina.
Diversa fu invece la reazione di Ludovico, che aspettò Martino Aspide sotto casa e lo prese a pugni.
Questa duplice rappresaglia conferì una certa rispettabilità al trio Corzani, Destri e Monterovere, che venne soprannominato "il Triangolo delle Bermuda", in relazione alle innumerevoli calamità che accadevano a chi si inoltrava a navigare all'interno del triangolo stesso.