Ospite fissa agli eventi mondani dell’Alta società ferrarese,
la signorina Carlotta Luisa De Toschi, detta la Grande Mademoiselle, era un’anziana nubile di buona famiglia e di
ostentate origini fiorentine (anche se tutti sapevano che era nata e cresciuta
a Ferrara), unica figlia ed erede del glorioso e compianto generale Ardito De
Toschi e della nobildonna Violetta Ozzani di Fossalta, la sorella del defunto
Conte Vittorio.
Di Violetta Ozzani poco si sapeva, essendo morta poco dopo la nascita di Carlotta.
Del compianto generale De Toschi, fiorentino spirito bizzarro, invece, erano note tutte le gesta
compiute nella sua lunghissima vita, decantate dalla moltitudine di attendenti
che si erano succeduti al suo servizio per poi elevarsi in luminose carriere
nei più svariati ambiti dell’Alta società.
Ardito De Toschi, nato a Firenze nel 1895, era stato in
gioventù allievo ufficiale all’Accademia di Modena, poi tenente nella Guerra di
Libia e, durante la Grande Guerra, Cavaliere di Vittorio Veneto (medaglia d’oro,
secondo le leggende più accreditate).
Era stato tra i più fedeli sostenitori di D'Annunzio durante l'impresa di Fiume.
Nazionalista, monarchico e fascista, il milite De Toschi fece rapida carriera.
Eroe della spedizione spagnola a fianco
dei sostenitori franchisti (“fu anche grazie al babbo che la Spagna fu
salvata dai comunisti” soleva rammentare sua figlia Carlotta), ottenne il grado di
maggiore nella guerra d’Abissinia. Colonnello nella conquista dell’Albania, fu
promosso generale durante la campagna di Grecia nella Seconda Guerra Mondiale.
Si distinse poi in modo particolare ad El Alamein, anche se pochi ricordavano che cosa avesse fatto esattamente e taluni osavano persino insinuare di non averlo mai visto nei paraggi.
Monarchico fedele e devoto, dopo l’8 settembre aveva
raggiunto, con la famiglia, il Re e
Badoglio a Brindisi e poi a Salerno, dove fu decorato nuovamente al valor
militare.
Membro dello Stato Maggiore sotto i governi Badoglio e
Bonomi, si dimise sdegnato quando si formò il governo Parri (“mai con i comunisti!” soleva ripetere la signorina Carlotta).
Da allora si congedò dal servizio alla Patria, amareggiato
per la vittoria della vituperata Repubblica, e prese dimora a Ferrara, la città
della sua defunta moglie, dove la figlia Carlotta, laureata summa cum laude in Lettere Classiche aveva ottenuto l’incarico di
docente di Latino e Greco presso il Liceo Ginnasio.
A tal proposito, nella città della bassa emiliana si narra ancora
questo simpatico aneddoto.
Laureatasi a 23 anni in Lettere Classiche a Bologna nel 1940,
la signorina Carlotta aveva sostenuto a Roma il concorso per la docenza
superiore: in tale occasione, agli orali, ella sarebbe stata accompagnata “dal
babbo” in alta uniforme e decorazioni militari, che con aria cupa e vagamente
minacciosa avrebbe così apostrofato (con spiccato accento toscano) la
commissione d’esame:
«Chodesta è la mi’ unicha figliola! Che Dio la benedicha! Trattatemela
bene o chonoscerete la lealtà degl’atthendhenti del scenerale De Toschi!»
Inutile dire che la “cara figliola” passò l’esame col
massimo dei voti.
I suoi primi studenti giuravano che la signorina Carlotta all’inizio
della carriera fosse bellissima: si elogiavano i suoi lunghi boccoli biondi, gli occhi color acquamarina, e il fisico fin troppo prosperoso.
Eppure l'allora quindicenne Giulia Federici, che andava a ripetizione di latino e
greco da lei, insieme all’amica Virginia Ozzani di Fossalta, (nipote della Signorina) nei tardi anni Cinquanta, ne aveva un ricordo meno idealizzato.
La ricordava piuttosto gonfia, con occhi bovini, doppio mento, naso lungo, voce catarrosa, afflitta da raffreddori perenni e da una bronchite cronica dovuta alla sua passione per il fumo (“con una mano
teneva la sigaretta e con l’altra il fazzoletto da naso”).
Che fosse una mangiatrice da competizione era cosa nota: in
particolare era ghiotta di salumi e insaccati, e tra i regali più graditi che
potesse ricevere vi erano prosciutti, mortadelle, cotechini, zamponi e salsicce,
o, come lei diceva: “salcicce”.
Giulia l’aveva imparato a sue spese. Una volta infatti,
pensando di farle cosa gradita, le aveva regalato per Natale alcuni libri di
cultura letteraria e classica. La signorina Carlotta, gelida e quasi offesa,
non li aveva neppure scartati. Il Natale successivo alcuni giurarono di avere
ricevuto gli stessi libri in regalo dalla signorina.
Per Pasqua, tenendo conto dell'abitudine della signorina ad agghindarsi con gioielli come se fosse una dama di Versailles, (si narrava che avesse una collezione di perle e di diamanti di valore incalcolabile, per lo più depositata nella Bancaccia dove lavorava suo cugino Carlo Ozzani di Fossalta) Giulia le aveva regalato una spilla: questa
volta la signorina aveva mostrato un qualche segno di apprezzamento, ma subito,
quasi in lacrime, aveva dichiarato che, onde evitare che il regalo portasse
sfortuna, c’erano solo due soluzioni: o lei stessa avrebbe dovuto dare 50 lire
a Giulia, oppure avrebbe dovuto farsi pungere dalla spilla.
Preferì farsi pungere.
La madre di Giulia, che aveva capito l’antifona, il Natale successivo le
regalò un cesto pieno di salumi e formaggi, e la signorina la baciò e
l’abbracciò più volte, piangendo a dirotto per la gioia.
A scuola era il terrore dei suoi studenti, mentre con quelli
di ripetizione privata soleva mostrarsi materna, specialmente se erano figli di
medici, avvocati, notai, dentisti, ma anche, non si sapeva mai, di idraulici,
elettricisti, muratori e altri professionisti di comprovata utilità.
Teneva le ripetizioni tutto il pomeriggio in uno stanzino a
piano terra della sua villa, freddissimo e scomodo.
Nessuno mai ebbe accesso al piano nobile, il “sancta sanctorum”,
dove l’anziano generale-padre trascorreva la sua dignitosa vecchiaia.
Alle 5 in punto del pomeriggio la governante, signora
Gelsomina, madre del parroco locale, le portava il tè e le sigarette.
Ogni mattina la signorina Carlotta e la signora Gelsomina
si recavano a messa alle 6, con l’automobile di proprietà dei Conti Ozzani, mandata
apposta quotidianamente dalla loro Villa di campagna, con tanto di autista, poiché
la signorina, pur avendo la patente, non possedeva mezzi né guidava mai,
adducendo un gravissimo e indefinibile problema alla vista, di cui peraltro non si aveva nessun riscontro.
Dopo la Santa Messa, le due pie donne si recavano al
cimitero, a portare fiori sulla tomba della defunta madre della signorina, la povera signora Violetta Ozzani di Fossalta.
Poi, con l’anima monda dai peccati, la signorina si recava a terrorizzare i malcapitati studenti.
Se prendeva in antipatia uno di questi, per lui era finita.
Tartassato, rimandato, bocciato, costretto a cambiare istituto, quasi sempre lo
sventurato finiva per abbandonare gli studi.
Se al contrario prendeva uno studente in simpatia, costui si
diplomava a pieni voti, e gli si apriva un avvenire florido, sostenuto dai vari
“attendenti del babbo” infiltrati in ogni angolo dell’Alta Società.
Esempio di tale simpatia era l’Onorevole Avvocato Gian
Matteo Carlini, democristiano, eterno e onnipotente Sottosegretario alla
Difesa.
In verità la signorina De Toschi, pur essendo in grande
amicizia con i politici democristiani (ai quali faceva capire strizzando
l’occhiolino che era dalla loro parte), aveva confidato ad un imprecisato
“attendente del babbo” di aver continuato a votare lealmente il Partito
Monarchico.
Ma non era tanto il voto politico a costituire il grande
mistero della signorina De Toschi, quanto la sua vita sentimentale.
Su questa materia si favoleggiavano le più disparate
leggende.
Carlotta De Toschi infatti non era solo una mangiatrice di salumi, ma anche una divoratrice di uomini.
Innanzi tutto era assodato che la signorina aveva una speciale
attrazione per gli uomini più giovani di lei, molto forzuti e robusti, in genere lavoratori manuali,
meglio se poco istruiti.
Ai tempi dell’università aveva preso una sbandata per un
aitante giovanotto, che ella presentò al padre prima come studente di
ingegneria, poi come diplomato geometra, infine, quando la nuda verità non
poteva essere più nascosta, come muratore.
Di costui non si seppe più niente, anche se molti dicono che
una sera fu preso a bastonate da alcuni individui non identificati.
Il secondo grande amore della signorina fu, manco a dirlo,
un altro muratore, che era marito di una collega di italiano con gli stessi
gusti “ruspanti”, che divenne la sua migliore amica.
Costei si chiamava Liliana e il marito Primo o Priamo o
Priapo…non è dato sapere con esattezza, comunque si diceva che fosse un nome
ben rappresentativo del personaggio.
La signora Liliana era donna di buon cuore e spesso invitava
a pranzi luculliani la vorace signorina De Toschi, la quale, non paga di
ingozzarsi di tortellini e piadine al salame, si mangiava con gli occhi pure il
carissimo Priamo o Priapo.
Accadde poi che la signora Liliana morisse di una leucemia
fulminante.
Da quel momento la signorina De Toschi fu in prima fila a
consolare l’inconsolabile vedovo.
Dopo alcuni mesi la si vide indossare la pelliccia che era
stata della signora Liliana, e poi la collana di turchese, sempre della
defunta, e gli orecchini di corallo, e il collier d’oro bianco e via dicendo.
Quando l’intera eredità della compianta Liliana fu
incamerata in casa De Toschi, escluso il vedovo, la grande storia d’amore finì,
ufficialmente perché “il babbo non voleva”, ma secondo altri perché le doti
priapiche del suddetto Priapo non soddisfacevano più la pia signorina.
Il terzo grande amore fu per un operaio dei Conti Ozzani, tale Sergio Bruni: il
futuro marito di Giulia Federici, quello che doveva servire da copertura allo "scandalo" della relazione tra Giulia e Alessio Ozzani di Fossalta, e al frutto che ne era stato concepito.
Ma nonostante i numerosi amanti, la signorina Carlotta soleva ripetere che
"l'unico uomo della mia vita resterà sempre il Babbo".
Per tale ragione, si faceva sempre ritrarre con a fianco un'immagine del marziale genitore, specie quando, alla tenera età di 103 anni, si era finalmente deciso a togliere le tende da questa valle di lacrime.
La signorina Carlotta, inconsolabile, e già anziana di suo, aveva accentuato la venerazione per il defunto padre, idealizzandone le doti di militare e di stratega.
<<
Ricordo come se fosse ieri il giorno in cui ricevette i complimenti di Rommel! Ah, quelli sì che erano tempi!>>
Lei stessa aveva modi piuttosto marziali.
Una volta, quando le fu offerto un bicchiere di rosolio, lo rifiutò sdegnata, proclamando a gran voce:
<<Questa è una bevanda da collegiali! Portatemi subito della grappa!>>
Ippolito Ozzani di Fossalta + Valeria Serbelloni
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Vittorio Ozzani di Fossalta + Adelaide Aldrovandi Violetta + Gen. DeToschi
1892- 1948 | 1899-1994 1909-1929 1895-1978
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| Carlotta De Toschi
| 1929
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Umberto Carlo Grazia Laura Margherita
1915-1986 1917-1995 1919-1997 1921-1998 1923 -2000
+ + +
Claudia Adriano Trombadore Giuseppe Papisco
Protonotari 1912 – 1987 1916-1998
Bonaccorsi | divorzio 1975 | | risposatosi poi con
1919-2000 --------------------------------------------------
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---------------------------- Piergiuseppe Benedetta Goffredo +
| | 1944 1947 1949 Serena Sarpi
Alessio Virginia + 1937
1940-1999 1942 Massimo Piccioni |
+ 1940 | Bramante
Esther ---------------------------------------------- 1967
Rubini | |
1943-1999 Alberto Piccioni Cristina Piccioni
(+ Giulia 1970 1975
Federici
1942)
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Roberto
1962
“L’Erede”