Enrico Tudor (Pembroke, 28 gennaio 1457 – Richmond, 21 aprile 1509) fu, con il nome di Enrico VII, re d'Inghilterra e lord d'Irlanda dal 22 agosto 1485 fino alla sua morte. Enrico era figlio di Edmondo Tudor e di Margaret Beaufort, discendente dei Lancaster. Figura principale nella guerra delle due rose, egli conquistò la corona alla Battaglia di Bosworth Field sconfiggendo Riccardo III d'Inghilterra e ponendo fine al conflitto. La dinastia Tudor, da lui fondata sposando l'erede della fazione avversa, Elisabetta di York, figlia di Edoardo IV e di Elisabetta Woodville, avrebbe governato l'Inghilterra per oltre un secolo, fino agli inizi del Seicento[1].
Tenace uomo politico (fu soprannominato il Salomone inglese[2]), Enrico riuscì a procurare al suo paese un'influenza notevole nella politica europea, grazie soprattutto all'alleanza con la Spagna, stipulata attraverso il matrimonio del figlio Arturo con Caterina d'Aragona, figlia dei sovrani Ferdinando II d'Aragona e Isabella I di Castiglia. Dopo la morte di Arturo, Caterina venne fidanzata al secondogenito Enrico, futuro re Enrico VIII.
Caterina fu la prima delle sei mogli di Enrico VIII, da cui ebbe una figlia, la futura regina Maria I, che passò alla storia come "Bloody Mary", in quanto sotto il suo regno si ebbe l'apice delle condanne a morte, in particolare per accuse di eresia, in seguito al tentativo di restaurazione del cattolicesimo.
Dal matrimonio con Anna Bolena nacque Elisabetta I, mentre dalla terza moglie Jane Seymour nacque l'unico figlio maschio legittimo sopravvissuto a Enrico e cioè il malaticcio Edoardo VI, che regnò pochi anni, dominato dagli zii materni.
Dalle altre tre mogli non ebbe discendenza.
Enrico VIII ebbe anche due sorelle, Margaret Tudor, che sposò il re di Scozia Giacomo Stuart, da cui discese Mary Stuart (Maria Stuarda), antenata dei futuri sovrani di Gran Bretagna, mentre Mary sposò il Duca di Suffolk, da cui discese Jane Gray, che fu nominalmente regina d'Inghilterra per pochi giorni, prima di essere fatta giustiziare dalla cugina Maria I.