Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
mercoledì 6 luglio 2016
Il Trono del Toro. Capitolo 4. Catreus e Indis
Non appena il principe Catreus
ebbe varcato la soglia del suo sontuoso appartamento, trovò ad attenderlo sua
moglie e i suoi figli.
La principessa consorte Indis era
una donna sui trent’anni, alta, magra, molto bella, dai lunghi capelli neri
arricciati e profumati, dai seni generosi messi in bella mostra, secondo la
moda cretese, e dal corpo ancora perfetto nonostante le sue quattro gravidanze.
Aveva l’espressione adirata delle
grandi occasioni, ma la sua rabbia era momentaneamente dissimulata a causa della
presenza dei figli.
«Salutate vostro padre» ordinò
loro.
Il primogenito Althaménes, di
quattordici anni, salutò per primo il padre, molto formalmente, e fu congedato
con altrettanta formalità.
Le tre figlie Afrosina, Erope e
Climéne, di dodici, dieci e otto anni furono invece baciate con molto affetto
dal padre.
Poi Indis ordinò anche a loro di
ritirarsi.
Solo allora, quando nessuno fu più
nelle vicinanze, ella si scagliò letteralmente contro il marito e lo
schiaffeggiò in pieno viso.
«Te ne sei portato a casa un
altro, eh? La notizia ha già fatto il giro del Palazzo! Sarai contento! Sembra
che tu ti diverta a coprire la nostra famiglia di ridicolo! Non capisci che
così fai il gioco di quella sgualdrina di Pasìfae…»
«Lascia stare Pasifae! Se non se
ne lamenta mio padre, non vedo perché tu debba intrometterti…»
«Ah, e la difendi anche! Ma non ti
sei accorto che lei e quella strega di Circe stanno tramando per farti
diseredare!»
«Sono chiacchiere. Pasifae è la
madre delle mie amate sorelle e del mio fratello minore…»
«Ah, sì… ed è anche un
bell’esempio per loro! Ma io mi chiedo come fai a sopportare che il ruolo che
era di tua madre sia disonorato da quella cagna straniera!»
«Mia madre è morta da quasi
vent’anni! Pasifae mi è stata vicina nei momenti difficili, io le voglio bene»
«Vicina? Brillante eufemismo per
dire che ti ha portato a letto senza tanti complimenti quando eri ancora un
adolescente…»
«Anche lei era un’adolescente! Era
una straniera, mio padre l’aveva sposata solo per motivi politici, la trascurava
già allora, e lei doveva badare anche a sua sorella… E poi, per gli Dei, è
successo tutto tanto tempo fa… possibile che tu non sappia fare altro che
serbare rancore… Io ti concedo la libertà di schiaffeggiarmi e parlarmi in
questo modo, perché a Creta le donne sono sacre, ma tu non rispetti le altre
donne della famiglia e in più mi offendi… non sei onesta!»
«Tu mi accusi di non essere
onesta! Proprio tu! Dopo tutto quello che mi hai fatto sopportare in quindici
anni di matrimonio! Ti ho dato quattro figli, e tu non sai neanche che
esistono… Anzi, dai voce alle superstizioni di quello stupido indovino su
Althamenes e lo tratti come un appestato! Prometti in spose le nostre figlie ai
barbari Achei! E come se non bastasse riempi il Palazzo dei tuoi favoriti…
mentre tutti ci ridono dietro e tramano alle nostre spalle!»
«Ora basta! Indis, io ti ho sempre
lasciato libera di fare quel che ti pare, di dire quel che ti pare, di urlare,
di starnazzare come un’anatra ogni volta che…»
«Tu anatra non me lo dici!» strillò
Indis e gli saltò addosso cercando di graffiarlo con le sue unghie lunghe e
laccate.
Lui la bloccò su un divano, si dimenarono per un po’, poi, come sempre accadeva alla fine delle loro liti, incominciarono a palpeggiarsi e a fare l’amore.
Dopo, sdraiati su un letto dalle
coperte di seta rossa, rimasero per molti minuti in silenzio a guardare il
soffitto dipinto.
Indis respirava sommessamente, il marito la baciò sulla
fronte.
«Ho paura…» disse infine lei.
«Di cosa?»
«Tuo padre sta invecchiando… Le congiure
di palazzo non si contano. Abbiamo nemici dappertutto, dentro e fuori Creta»
«Ma siamo i più forti. La nostra
guardia reale è fidata, la nostra flotta domina i mari. Il regno è saldo, e lo
è anche la dinastia»
«Tu vedi tutto molto semplice, ma
non è semplice. Mi giungono voci ogni giorno su una possibile nuova gravidanza
di Pasifae. E il padre forse non è il re. Se fosse vero, si scatenerebbe
l’inferno»
«Ti preoccupi troppo di Pasifae»
Lei si appoggiò a un gomito:
«Pasifae rappresenta una fazione potente, quella degli stranieri Achei e dei mercanti che vogliono commerciare con i popoli del nord-ovest, invece che con quelli del sud est. Ormai il puro sangue minoico si sta perdendo. Stiamo diventando minoranza in casa nostra»
«Pasifae rappresenta una fazione potente, quella degli stranieri Achei e dei mercanti che vogliono commerciare con i popoli del nord-ovest, invece che con quelli del sud est. Ormai il puro sangue minoico si sta perdendo. Stiamo diventando minoranza in casa nostra»
«Non è affatto vero! Dai troppo
ascolto alle chiacchiere!»
«Le chiacchiere ? Quali chiacchiere ? Tutti dicono che
l’Impero di Creta è all’apogeo, che ha raggiunto il massimo splendore. Ma se è
così, allora non ci resta che la decadenza»
«Mia cara, il tuo pessimismo non
ha limiti. La decadenza può durare secoli, e accadere con tale lentezza che
nessuno se ne accorgerebbe»
Indis sospirò:
«Spero che tu abbia ragione. Ma il mio istinto mi dice che non è così»
«Spero che tu abbia ragione. Ma il mio istinto mi dice che non è così»
«Istinto! Ci vorrebbe più
razionalità da parte tua!»
«Le mie percezioni non mi hanno
mai ingannata. Devi stare in guardia. Soprattutto da Pasifae, da Circe e dai
loro amanti»
«Lo farò… ora dormiamo, cara…
siamo tutti molto stanchi…»
Il Trono del Toro. Capitolo 3. Edelmas, Thyles e Maeris
Davanti alla porta, ad attendere Amasis, c’era un ometto grassoccio, dall’aria effeminata e petulante, dal viso rotondo truccato e dalla parrucca riccioluta color porpora.
Indossava una sontuosa tunica di seta verde e dorata, con decorazioni elaborate, e una mantellina viola, anch’essa di seta, ma imbottita.
Gabaal si inchinò profondamente davanti a lui, e fece segno ad Amasis di fare altrettanto, per quanto il ragazzo fosse stupito che un simile personaggio godesse di tale autorità.
«Che la benedizione della Grande Madre e del Sacro Toro sia con te, giovane apprendista» sentenziò con una vocina stridula l’ometto effeminato «Noi, l’illustre Edelmas, ti diamo il benvenuto nella Casa dei Novizi, che la grazia del re Minosse ci concede di dirigere da molti anni, con la protezione particolare del divino principe Catreus» si schiarì la voce, poi disse seccamente «Alzatevi! Tu Gabaal, puoi tornare ai tuoi alloggi. Ora il ragazzo è di mia esclusiva competenza».
La voce si era fatta aspra e il viso minaccioso.
Amasis capì subito che quell’ometto non era certo da sottovalutare. Salutò Gabaal con una stretta di mano, e il vecchio schiavo gli disse: «Spero di rivederti alla reggia, tra qualche anno! Sii forte, ragazzo!»
Edelmas batté le mani, stizzito, e subito Gabaal se ne andò, mentre accorsero due giovani, di circa sedici anni, e di bell’aspetto, dalla pelle olivastra e dai lunghi capelli neri.
«Questi sono Maeris e Thyles, i capoclasse. Ti illustreranno tutto quello che devi sapere, per ora. Arrivederci, giovane apprendista» e con questo se ne andò verso un piccolo corteo di ometti simili a lui, che lo attendeva nel buio dello stanzone d’ingresso.
Maeris e Thyles subito sogghignarono.
«Scommetto che non avevi mai visto un eunuco in vita tua» disse Maeris, il più basso dei due, quello dall’aria più furba.
«Un… cosa?» fece Amasis disorientato.
«Uno senza le palle, mi capisci?»
«Senza le… Ma perché è senza?»
«Che domanda stupida! Gliele hanno tolte! Tu credi che Catreus lasci i suoi tesorucci in balia di questi fin…»
«Basta Maeris!» intervenne Thyles: «L’hai già sconvolto abbastanza. Adesso portiamolo nella sua camera… perché sai, Amasis, qui ognuno di noi ha una stanzetta tutta per sé. Siamo schiavi di lusso, noialtri!»
Maeris intervenne di nuovo:
«Sì, ma deve stare attento lo stesso agli eunuchi. Sono subdoli, freddi, intriganti, specialmente quelli del tutto evirati, come Edelmas. Non sono aggressivi, ma consumano le loro vendette con spietatezza impassibile. Insomma, sono più pericolosi proprio perché non hanno il c...>>
Thyles sbuffò:
<<Basta!>>
<<No lasciami finire! Gli eunuchi sono ancora più pericolosi delle donne, proprio perché tra le gambe non hanno niente.
E poi… per dirla tutta… il nobile Catreus non vede di buon occhio che i suoi pupilli dormano assieme, specie a quest’età così piena di… ah… turbamenti… soprattutto quando non c’è una femmina nel raggio di un miglio»
Thyles si spazientì:
«Non metterla subito su questo tono, Maeris… se no gli fai paura… non vedi che occhi sbarrati che ha?»
In effetti Amasis era sempre più spaventato.
Maeris rise: «Oh, due occhioni neri che saranno tanto piaciuti al nobile…»
«Basta!» esclamò Thyles «non devi dire certe cose. Tutte le volte ti diverti a terrorizzare i novizi e ad alludere a cose false e che comunque non sono in grado di capire»
«Sarà meglio che si sbrighi a capire, se vuole fare strada nella Reggia e non essere venduto agli acrobati dell’arena» fece Maeris.
«Sì, ma questo ragazzino non sa nemmeno in che mondo vive. Ha bisogno di tempo per rendersi conto di certe cose» rispose Thyles e poi, rivolto ad Amasis: «Su vieni, e cerca di farti forza da solo, perché qui nessuno ti aiuterà: è una scuola molto competitiva, c’è gente ambiziosa, e i professori sono severi. Ma tu devi solo pensare al risultato finale: se sarai bravo, diventerai uno scriba e magari dignitario di corte del principe Catreus. Ma se fallirai, sarai venduto agli acrobati dell’arena, e finirai infilzato nelle corna di un toro. Dipende tutto dalla tua forza di volontà: qui, in questo posto, chi non si salva da sé, non lo salva nessuno!»
«Farà la fine che faremo noi, se Catreus continua a ignorarci» sbottò Maeris.
Thyles sospirò, accennando a un sorriso:
«Non dare retta a Maeris… gli piace troppo scherzare su cose serie. Se lo sentisse Edelmas lo farebbe fustigare. Certe cose si pensano, ma non si dicono. Presto capirai cosa intendo»
Amasis non era uno sciocco: aveva ascoltato allusioni di un certo tipo fin dal mattino e aveva incominciato a capire il criterio in base al quale il principe Catreus sceglieva i suoi futuri collaboratori, e la cosa non gli piacque affatto.
Avrebbe voluto fuggire, ma dove sarebbe andato? Non aveva nessuno al mondo, sarebbe morto di fame…
No, per il momento doveva soggiacere a questa disciplina.
La sua cameretta era accogliente e profumata: per uno come lui che era abituato a dormire nelle stalle, era un salto di qualità notevole. Ma a quale prezzo!
I due capiclasse lo salutarono, e dissero che per quel giorno avrebbe potuto riposarsi.
«Da domani comincerai le lezioni. E ti dovrai far trovare pronto e rapido a capire!».
Chiusero la porta, e lo lasciarono da solo con le sue paure.
Foto del 1991, io al matrimonio di mia cugina Valeria
Mia cugina mi ha inviato questa foto in occasione del suo 25esimo anniversario di matrimonio. Io ovviamente sono quello sulla destra, all'epoca avevo gusti di vestiario piuttosto discutibili, ero molto magro e avevo uno splendido sorriso :-)
Mia cugina Valeria si è mantenuta bellissima come nella foto!
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