L'atmosfera magica e raffinata del Savoy Hotel di Londra deriva dall'armonizzazione di due elementi molto diversi tra loro, ma entrambi presenti nella giusta misura, ossia l'estetica della Belle Epoque e il comfort del XXI secolo.
Quando Roberto ne fu ospite per due settimane nell'agosto del 1992, si era ancora nel secolo scorso, anzi, nello scorso millennio (e anche questa considerazione ci fa sentire sufficientemente attempati), ma i comfort erano così avveniristici che era come se si fosse già entrati nel secolo nuovo e nel millennio nuovo.
Ma andiamo con ordine.
Le suites prenotate dai Visconti per Aurora, Roberto e Battista erano diverse tra loro, ma comunque di alto livello.
Il livello di partenza era quello delle camere normali, che comunque avevano già una qualità molto elevata.
Al secondo livello c'erano le suites da due o tre stanze e al terzo c'erano le royal suites, che erano proprio dei grandi appartamenti di lusso.
Le stanze normali, si trovano soprattutto nell'edificio anteriore, con vista sullo Strand, mentre le suites si trovano nell'edificio retrostante, con vista sul Tamigi.
Una caratteristica dell'Hotel era quella di avere anche le suite "a tema", dal cui nome si potevano dedurre le qualità.
Per esempio la suite di Roberto era, almeno all'epoca, un bilocale Edwardian Spring River View, il che implicava colori primaverili, stile floreale edoardiano, ampia vetrata con splendida vista sul Tamigi (naturalmente all'epoca non c'erano ancora il London Eye e il Millennium Bridge), camera da letto matrimoniale ampia e spaziosa, con armadi a muro, un salotto luminoso con divano, poltrone, tavolino, frigobar e scrivania appoggiata alla vetrata, e un bagno lussuoso, con una enorme vasca con diversi tipi di idromassaggio, ampio box doccia, due lavandini e due specchi, il che gli fece capire meglio gli standard a cui Aurora era abituata.
La suite di Aurora era un trilocale Luxury Rococò River View, più grande, sfrarzosa e con più comfort: il bagno era a dir poco principesco.
Quella di Battista era più più piccola e più spartana, una Art Deco River View in stile geometrico e avanguardista.
Il vertice del lusso era naturalmente quello della Royal Suite, che era un vero e proprio appartamento, così straordinariamente elegante e pieno di comfort che soltanto qualche sceicco arabo, oligarca russo o lord inglese che avesse fatto buoni investimenti avrebbe potuto permettersi.
All'epoca era occupato proprio da un giovane rampollo di qualche stirpe importante, di vent'anni circa, e la sua presenza lì non era un caso.
Per riuscire ad orientarsi all'interno del Savoy, all'inizio era necessaria una mappa, o in alternativa, una persona che avesse già avuto la fortuna di trascorrere un periodo di tempo in quel paradiso terrestre.
Aurora fece dunque da guida a Roberto.
Gli spiegò che l'Hotel prendeva il nome dal fatto che lì in passato c'era una residenza dei Duchi di Savoia, poi divenuti Principi di Piemonte e Re di Sardegna, che vi fecero costruire anche una cappella reale.
L'Hotel occupava un intero isolato, compreso tra il viale dello Strand, la Carting Lane, il Savoy place, cioè l'entrata nel retro e la Savoy street, parallela alla Lancaster Way, continuazione del Waterloo Bridge.
Comprendeva molti edifici, collegati tra loro per mezzo di passaggi interni ed esterni.
C'era persino un Teatro, a cui si accedeva da Carting Lane.
Dietro al teatro c'era una delle sale più belle del Savoy e cioè il Thames Foyer, col suo gazebo centrale in stile libery e la cupola a vetrata sovrastante.
Era una stanza dove si respirava un'aria magica, come se veramente si fosse ancora ai tempi del regno di Edoardo VII, quando Londra era il centro dell'universo.
Il Savoy Compound comprendeva anche il Casino Royale di Londra.
Dietro al Casino c'era l'edificio della Savoy Spa, con la piscina, la palestra, e il centro benessere con sauna e hammam.
Sarebbe troppo complesso descrivere subito tutto nel dettaglio, per cui, almeno all'inizio, è preferibile concentrarsi su alcuni luoghi emblematici e mappe di riferimento.
In questa specie di palazzo reale, Roberto si sentiva come una versione maschile di Cenerentola, e temeva che tutto, allo scoccare della mezzanotte, si sarebbe trasformato in una zucca.
E lui non avrebbe lasciato una scarpetta, ma uno scarpone di taglia 42.A Roberto, pur di stare insieme ad Aurora, sarebbe bastato anche un sottoscala.
Il vero paradiso terrestre era essere con lei, non importava dove.
Ma lei era abituata a vivere nel lusso, e questo implicava la disponibilità di enormi somme di denaro, che andava in qualche modo o ereditato per pura fortuna e amministrato con oculatezza o guadagnato con grandi sacrifici.
Era quello il suo punto principale di preoccupazione: lui preferiva avere più tempo libero e meno lusso, non era disposto a diventare una di quelle persone che si identificano con il proprio lavoro, a meno che quel lavoro non fosse una vocazione.
Insomma la domanda era sempre quella: perché proprio io sono stato scelto da Aurora?
Più ci pensava e più rimaneva senza risposta.
Certo, lui era innamorato perso, era dolce, docile, disposto a tutto per lei, ma tantissimi altri, migliori di lui, lo sarebbero stati con una ragazza così bella e oltre tutto anche ricca, elegante, intelligente, colta e nobile.
E invece lei non aveva accettato il corteggiamento di nessun altro e aveva aspettato per sei anni che lui fosse pronto.
Quelle sue insicurezze aumentarono quando scesero nella dinner room per cenare.
Durante la cena, infatti l'attenzione di Aurora e Roberto fu catalizzata dall'ingresso di un giovane uomo, biondissimo, quasi etereo, con occhi celesti, tratti dolci e lievemente effemminati, ma comunque di angelica bellezza, che sembrava uscito dall'Ottocento per l'eccentricità del suo aspetto e abbigliamento.
La capigliatura era lunga e ondulata, più simile a quella di una donna, e indossava una specie di camicia bianca con un fiocco di pizzo e anche i polsini lo erano.
Insomma era un aspetto efebico, ma un po' troppo androgino, anche se la sicurezza e la disinvoltura con cui si presentava al mondo, rendevano meno equivoci tutti questi particolari.
Battista, che conosceva tutti i camerieri e si era già informato chi fosse quel personaggio, assunse un'espressione di grande deferenza e poi dichiarò:
<<E' l'attuale inquilino della Royal Suite, Sua Grazia l'onorevole lord Waldemar Richmond-Stuart, sedicesimo Duca di Ravensbourne, Pari del Regno Unito, Cavaliere di Gran Croce dell'Impero Britannico. Nelle sue vene scorre il sangue degli Stuart, il Sangue Reale, tramite uno dei figlio illegittimi di re Carlo II>>
Aurora ne fu meravigliata:
<<E' molto giovane per essere un Duca>>
Battista, che sapeva già tutto, svelò ogni particolare:
<<Suo padre è morto di infarto a giugno e lui ha ereditato tutto: titolo, seggio alla Camera dei Lords, castello di Ravensbourne, terre sconfinate, ricchezze ancor più sconfinate.
Ah, dimenticavo di dirvi che sua madre è italiana! Chi l'avrebbe mai potuto pensare, vero, considerando che è così biondo... e biondo naturale, intendo dire.
Sua madre è una nobildonna lombarda, credo imparentata con i Borromeo.
Lui sa parlare l'italiano altrettanto bene che l'inglese, è bilingue.
Poi ne conosce tante altre, intendiamoci.
Avrete senz'altro modo di parlare con lui, è una persona che ama intrattenersi con interlocutori di alto livello come voi certamente siete.
C'è una cosa strana però: è il classico Principe Azzurro, ma è ancora single!>>
Roberto, gelosissimo e pure invidioso, ne aveva già le tasche piene:
<<Se uno così è ancora ufficialmente single, c'è una sola spiegazione. E' sicuramente gay, ma non lo dice per non far soffrire sua madre>>
Aurora sorrise:
<<Staremo a vedere>>
Roberto annuì.
Però poi ricordò la profezia della sacerdotessa Elvira:
"Tu conoscerai il piacere e lo perderai. Tu conoscerai l'amore e lo perderai. Tu conoscerai la felicità e la perderai.
Tu ti sentirai un Principe, ma un giorno verrà qualcuno più grande di te e migliore di te, e ti porterà via ciò che hai di più caro.
E quando non ti resteranno più lacrime, perché il tuo corpo e il tuo spirito saranno prosciugati, allora l'Iniziato ti svelerà i Misteri, ti cingerà la veste, e ti porterà dove tu non vorrai"
Alla fine, quando Battista tornò al suo tavolo, Roberto dovette ammettere;
<<Lui sarebbe un buon partito per te. Avreste dei figli meravigliosi.
Biondi naturali, come dice il nostro Battista, mettendo in ridicolo la mia tinta.
Aurora, io non ti merito. Ci penso sempre e non riesco a darmi una spiegazione: perché mi hai scelto, perché hai atteso me per sei anni? Le risposte che hai dato non mi hanno convinto.
Lo dico a costo di apparire un insicuro, perché in realtà lo sono, così come sono vulnerabile e inetto>>
Lei aveva sorriso:
<<Sei spietato con te stesso. Non ho mai conosciuto una persona così pronta a rivelare i propri difetti e a condannarli apertamente.
Però io non credo che questo sia un segno di insicurezza, anzi, penso che ci voglia molta forza d'animo per guardare in faccia ciò che consideriamo un difetto e per assumere, contro se stessi, il ruolo di pubblica accusa.
E questa è già in parte una risposta: ho sempre ammirato il fatto che tu accettassi le critiche altrui e persino le prese in giro, senza scomporti, con una specie di "divina indifferenza">>
Lui scosse il capo:
<<Non era indifferenza, e sicuramente non era "divina". No, era soltanto il fatto che ciò che gli altri dicevano era qualcosa che conoscevo già, oppure una falsità verosimile, facile da attribuire a un inetto, per non usare termini più volgari anche se più efficaci.
In ogni caso io ci stavo male, ma sapevo che lamentarmi o reagire con violenza non avrebbe migliorato la situazione>>
Aurora sospirò:
<<Un inetto, tu dici. Ma soltanto nelle questioni pratiche, perché in tutto il resto non lo sei affatto. Vedi, io non ho bisogno di sposare un uomo "pratico": sono ricca e se ho bisogno di qualcuno che si occupi di questioni pratiche, lo chiamo e lo pago, punto.
Ma un ragazzo come te non lo trovo da nessuna parte. E quando dico "come te" intendo tutta la personalità nel suo complesso, compresi quelli che tu consideri difetti>>
Roberto non era convinto:
<<Potresti trovare ragazzi infinitamente più belli e di sicuro sessualmente più preparati.
E magari anche più prestigiosi, come l'onorevole lord Waldemar>>
Aurora scosse il capo:
<<Più belli, ma tremendamente vanitosi, più belli ma egocentrici, più belli ma stupidi, più belli ma ignoranti, più belli ma noiosi, più belli ma rozzi, più belli ma incapaci di accettare i miei difetti, quelli che non si vedono, ma ci sono.
Più esperti sessualmente, ma più incapaci di amare, più esperti sessualmente ma inclini alla violenza, più esperti sessualmente ma solo su ciò che piace a loro.
Più prestigiosi, ma in un ambiente che non è il mio, più prestigiosi, ma con la puzza sotto il naso, più prestigiosi, ma con più obblighi sociali noiosissimi, più prestigiosi ma con famiglie che non conosco e che forse non mi reputerebbero all'altezza.
Potrei andare avanti per ore, ma credo che questa risposta ti offra spunti di riflessione sufficienti per un po'.
E concludo dicendo che proprio perché ho studiato i tuoi comportamenti per tanto tempo, sono riuscita a indovinare ciò che poi si è rivelato giusto.
La mia scelta, per quanto inizialmente influenzata dall'interesse di mia madre nei confronti della tua famiglia, è stata molto ponderata, ed io ero sicura che un giorno anche tu ti accorgessi di me, e del fatto che siamo destinati l'uno all'altra e se tu mi lasciassi io non potrei più vivere>>
Roberto aveva nella mente un'altra domanda:
Cosa c'era tra te e Felix. Hai forse detto anche a lui le stesse parole dolci che ora dici a me?
Ma non poteva chiederglielo, perché Aurora non meritava un'offesa tanto grande come il sospetto che ci fosse stato, anche solo a parole o nella fantasia, un incesto tra lei e il cugino.
<<Anch'io non potrei più vivere se tu mi lasciassi. E' per questo che ho paura, perché un giorno o l'altro potresti conoscere qualcuno che ha tutti i pregi che tu mi hai attribuito, ma che è anche più bello, più bravo a letto e magari ha anche altre qualità. Può succedere, e io vivrò nel terrore, con questa spada di Damocle sulla testa, per sempre>>
Aurora divenne seria:
<<E' il prezzo che si paga quando si mette il proprio cuore nelle mani di un altro.
Vale per tutti e vale anche per me. Questa spada di Damocle è anche sulla mia testa.
Tu ritieni che sia più probabile che io mi innamori di un altro, rispetto all'eventualità che sia tu a innamorarti di un'altra, ma dovresti aver capito, non fosse altro che per la mia testardaggine, che io tendo sempre a perseverare nei miei comportamenti.
Ma leggo nei tuoi occhi una domanda che tu temi di esprimere, per paura che io me ne abbia a male.
Ti chiedi cosa c'è stato tra me e mio cugino e hai paura che io possa comportarmi con te allo stesso modo in cui mi sono comportata con Felix.
Sì, ho visto giusto, e rispondo subito anche a questa domanda inespressa, ma facile da intuire.
Non c'è mai stato niente di incestuoso tra me e lui, e io gli ho sempre detto che dovevamo trovare ognuno la propria strada. Lui ce l'aveva con te da anni, perché sapeva che io provavo sempre più interesse per te, un interesse che con gli anni è diventato attrazione e poi innamoramento e, quando ho avuto modo di conoscerti, è diventato amore.
Felix lo sapeva da anni e non l'ha mai voluto accettare, ma io non gli ho mai mentito, e in generale io preferisco non mentire>>
Roberto sapeva di non poter chiedere di più, per cui si limitò a esprimere un pensiero che gli era venuto in mente mentre lei parlava:
<<Io ti credo e ti ringrazio per avermi parlato con tanta franchezza.
Il fatto è che io, prima di conoscere che persona meravigliosa tu sei, credevo che questo tipo di amore, come quello che ora ci unisce, esistesse solo nei romanzi o nei film o nelle serie televisive.
Sul serio, per me questo amore così romantico e perfetto non poteva esistere nella realtà.
Io vengo da una famiglia dove non ci sono stati amori travolgenti.
I miei genitori si vogliono bene, ma, come si suol dire, tamquam frater et soror e questo da prima che mia madre non fosse più in età fertile.
Certo, non me l'hanno detto esplicitamente, ma io l'ho capito.
Nessuna grande passione, però, niente di paragonabile con ciò che c'è tra noi>>
Aurora aveva ascoltato con particolare interesse:
<<Forse è perché i tuoi si sono sposati tardi e hanno vissuto i loro sentimenti nella maniera più controllata che si acquisisce con l'età.
Comunque, è sempre meglio di quel che c'è stato tra i miei, e cioè una grande passione all'inizio, e poi più niente. Quando mio padre ha capito che mia madre non era nelle condizioni di avere altri figli, ha perso interesse, e lei non se n'è particolarmente dispiaciuta.
I miei è come se fossero separati, non fanno neanche finta di nasconderlo.
Magari fossero "tamquam frater et soror", dico sul serio, sarebbe un grande conforto se almeno fosse così.
Ma non dobbiamo essere pessimisti solo perché i nostri genitori o i nostri nonni non sono stati un modello di amore romantico passionale ed eterno: questo tipo di amore è molto raro, e anch'io, in certi momenti di sconforto, ho temuto che esistesse solo nei romanzi, o al cinema o in televisione, ma poi ho capito che il vero amore è quello che riesce a sopravvivere alla quotidianità.
Siamo stati cresciuti con finali del tipo: e vissero felici e contenti.
Nessuno ci è certo venuto a raccontare se Cenerentola ha provato una delusione tremenda sentendo russare sonoramente il suo principe azzurro, o comunque dovendo fare i conti con certe sgradevolezze che fanno parte della nostra corporeità e quotidianità.
L'amore può reggere a questo?
Certo, l'amore deve reggere a questo, altrimenti non è amore, ma soltanto un'attrazione passeggera. Però per capirlo bisogna prima mettersi reciprocamente alla prova.
Io credo che noi una prima prova importante l'abbiamo superata: tu hai accettato con molta gentilezza e signorilità certi miei comportamenti avrebbero suscitato sdegno, disgusto o ilarità in altri, e io credo di averti dimostrato che, al contrario di quello che crede Felix, non sono venuta qui per valutare quella che tu chiami "esperienza sessuale" o "essere bravi a letto".
Siamo entrambi abbastanza fantasiosi per riuscire a procurarci piacere a vicenda senza necessariamente avere un rapporto sessuale, completo o incompleto che sia.
L'immaginazione è il più grande afrodisiaco, non trovi?>>
Roberto sorrise e annuì:
<<E' una delle poche certezze che sorreggono la mia esistenza>>