lunedì 5 luglio 2021

Vite quasi parallele. Capitolo 144. La versione di Aurora


Dopo aver pranzato all'Orangerie Restaurant di Kensington Palace, Aurora e Roberto avevano proseguito il loro itinerario in direzione Chelsea-North Kensington-Notting Hillimboccando la Portobello Roadlunghissima, colorata, con mercatini e negozi caratteristici di ogni genere, in cui è possibile, se si ha tempo e voglia di cercare, trovare oggetti unici, antichi e preziosi, considerati irreperibili o fuori catalogo in qualsiasi altra parte del mondo. 
I due fidanzati trascorsero il pomeriggio passando al setaccio gran parte dei negozi che vendevano oggetti da collezione e quasi tutte le librerie.



















Questa ricerca durò fino al tramonto. A quel punto, erano troppo stanchi e carichi di sacchetti e borsoni per procedere oltre e rimandarono le altre tappe previste all'escursione successiva, quella al Regent's Park.
Aurora chiamò il suo autista che era sempre nei paraggi, come gli altri addetti alla sicurezza, e fecero ritorno al Savoy.
Si fecero portare la cena nella Suite di Aurora, dove ormai il fidanzato passava la maggior parte del tempo.
Mentre cenava con lei, Roberto era felice, e nel contempo incredulo: stava vivendo una specie di sogno a occhi aperti, qualcosa di troppo bello per essere vero.
A volte era tentato di darsi un pizzicotto per vedere se stava sognando e riusciva a risvegliarsi.
Gli era venuto persino il dubbio di essere morto e di trovarsi in Paradiso.
Da giorni la sua mente era assillata da pensieri simili, e gli ronzava nelle orecchie un un corollario della legge di Murphy, secondo cui: "Se una cosa è troppo bella per essere vera, allora non è vera". 
A meno che le ragioni di tanta fortuna sfacciata gli fossero tenute rigorosamente nascoste.
In tal caso non aveva fretta di conoscere i retroscena: preferiva godersi la situazione finché durava.
Eppure la prudenza e il buon senso campagnolo delle memorie ancestrali (da Ettore Ricci risalendo all'indietro nel tempo), continuavano a lanciargli messaggi molto chiari, con un unico significato: di fronte a condizioni troppo vantaggiose, non si poteva eludere l'eterna domanda: "Dove sta la fregatura?"

Roberto aveva appreso molto presto, nella vita, questo approccio disincantato e quasi cinico nei confronti della realtà, non solo ascoltando le "perle di saggezza" di Ettore Ricci, ma anche le provocazioni tranchant di Diana Orsini.
E ogni volta che parlava con sua nonna di persone considerate da entrambi troppo fortunate, lei rispondeva con un sorriso complice:
 "Ah, ma non è mica finita! La fortuna è una ruota che gira. Adesso va bene per loro. Ma ad ogni giro può succedere di tutto.
 Io sono vissuta abbastanza a lungo per prendere atto di una cosa: i conti si fanno alla fine e il significato di un'intera esistenza può cambiare anche nel momento dell'ultimo respiro".
E la cosa più inquietante è che tale asserzione trovava conferme quasi sempre.
Chi fa affidamento solo sulla fortuna, non va lontano, però certamente un "bonus" di fortuna, nella vita, è necessario.
Ecco, era lì il problema. 
Roberto temeva di aver già esaurito il suo "bonus" di fortuna, e di conseguenza si sentiva come chi prende a prestito denaro da un usuraio e inizia a godersi la vita come se non ci fosse un domani.
Ma il domani c'è, e "ha già le sue inquietudini", senza bisogno che noi gliene creiamo delle nuove comportandoci in maniera dissennata.
E tuttavia parlare di prudenza, senno e saggezza a un adolescente equivale a parlarne con un muro.
L'adolescente può sempre obiettare con una domanda lecita: "E se non ci fosse nessuna fregatura? Se fosse tutto vero? Se non si trattasse solo di fortuna?"
Roberto ci rimuginava su da molto tempo, chiedendosi continuamente quali fossero i pensieri, i sentimenti, le emozioni e i segreti che passavano nella mente di Aurora, i cui tratti angelici lasciavano però trapelare un lato oscuro di cui lui sapeva poco, ma a sufficienza per averne un po' paura.
Si ritrovava a contemplarla, chiedendosi:
E' questo lo sguardo della Fortuna? Luminoso, angelico e nello tempo malizioso e ambiguo?




Roberto arrivava comunque sempre alla stessa conclusione: possiamo anche vincere alla Lotteria di Capodanno ed essere molto oculati nel gestire ciò che è stato vinto, ma garanzie sul futuro non ne abbiamo.
E' un'ovvietà, ma quasi tutti se la dimenticano, e danno per scontato ciò che la sorte a loro ha offerto.

Roberto però esagerava nel versante opposto: era a tal punto consapevole della fortuna di avere Aurora al suo fianco, che nonostante tutte le prove d'amore e le rassicurazioni, continuava a credere che non potesse durare a lungo.
E così gli si riproponevano continuamente i dubbi riguardanti la sincerità di Aurora nei suoi confronti.

E qui ci sia consentito di arrivare ai limiti estremi della narratologia riferendo alcuni colloqui che abbiamo avuto con le nostre due fonti principali di testimonianza diretta degli eventi narrati, che sono nello stesso tempo due personaggi di primo piano in questa narrazione e cioè Roberto e la stessa Aurora.

All'incirca due anni fa, mentre Roberto ci raccontava la sua vacanza londinese del '92, soffermandosi sui dubbi di cui parlavamo prima, gli abbiamo chiesto di darci un'anticipazione, una sorta di prolessi narrativa.
La sua reazione, com'era da prevedersi, fu quella di sfoderare il "sorriso arcaico", da maestro zen, o da Monna Lisa del Giocondo, e di rispondere mantenendosi sul vago e usando "la Voce", ossia la dizione depurata da ogni accento e impostata su una tonalità baritonale tendente al basso, armoniosa e fluida:
"Quando ho deciso di raccontarvi la mia relazione con Aurora, è stato anche per cercare di capire se la mia memoria stesse trascurando qualcosa, un dato necessario, un tassello mancante, "il punto morto del mondo, l'anello che non tiene", ma credo di dovermi rassegnare al fatto che alcune questioni, ai miei occhi, resteranno sempre un mistero.
E l'Ignoto fa paura più del diavolo.
Forse è per questo che non mi piacciono i misteri irrisolti, se non c'è modo di scoprirli in questa vita, ed è sempre per questo che alla fine ho accettato l'offerta degli Iniziati, perché mi avrebbero insegnato tutte le tecniche per svelare i Misteri. 
Quindi lo confesso apertamente: sono un Iniziato "di rango segreto" e su questo non voglio dare anticipazioni, limitandomi a dire che tale aspetto sarà trattato nella terza parte del mio resoconto, che spero voi chiamerete, parafrasando Musil: Verso l'Impero Millenario"

Noi avevamo già l'intenzione di suddividere il romanzo in tre parti: la prima chiamata Gli illustri antenati e arriverà fino alla morte di Ettore Ricci nel 1991, la seconda, di cui ora stiamo elaborando questa prima stesura (chiedendo perdono ai lettori per tutti gli errori di ortografia e a volte anche di morfologia, sintassi e stilistica, che abbiamo scoperto nelle varie riletture) si chiamerà, probabilmente, La falsa primavera e si concluderà con la morte di Diana Orsini nel 2011. E infine ci sarà la terza parte che, seguendo il suggerimento di Roberto, chiameremo Verso l'Impero Millenario, e sarà lì che alcuni Misteri saranno svelati, o almeno così ci hanno promesso le nostre fonti.
Aggiungiamo che questa nostra narrazione è un umile tentativo di mettere insieme, con risultati un po' caotici, lo ammettiamo e ne siamo consapevoli, alcuni aspetti delle opere principali dei grandi autori leggendo i quali abbiamo appreso le infinite possibilità della narrazione pseudo-biografica, della saga familiare, dell'introspezione psicologica, della satira sociale e del cosiddetto "realismo magico" nei suoi vari filoni e generi (giallo, nero, gotico, sovrannaturale con un pizzico di fantasy).
E questi grandi autori sono Proust, Musil, Garcia Marquez, Gadda, Huysmans, ma anche Zola nel suo ciclo dei Rougon-Maquart, a cui abbiamo voluto accostare, con immensa presunzione, i Ricci-Orsini, Tolkien per la Contea, Frank Herbert (il Profeta) e altri autori più recenti  di cui si parlerà in seguito, come Mordecai Richler, autore de "La versione di Barney" e di "Solomon Gursky è stato qui" (questi ultimi due romanzi, specialmente il secondo, hanno avuto un'influenza enorme anche nello spingerci a intraprendere questa avventura narrativa).

Abbiamo continuato ad incalzare Roberto sulla questione delle anticipazioni riguardanti Aurora, che lui non voleva dare, e di cui ha detto soltanto ciò che segue:
"Riguardo al mistero di Aurora, per molto tempo ho ripetuto a me stesso che non è necessario e forse nemmeno giusto che due persone che si amano sappiano tutto ciò che passa per la mente dell'altra persona, specie nei primi mesi, forse anche nei primi anni.
Parole sagge, voi direte, ma io vi dico che esiste un rischio, forse il rischio più grave, e cioè quello di idealizzare la persona amata e di accorgersi troppo tardi che ci ha nascosto qualcosa di rilevante"
Il problema era che Roberto stava menando il can per l'aia, per cui cercammo di torchiarlo, con metodi da ispettore di polizia, ma con risultati incerti.
Roberto volle prima inquadrare il discorso nell'ambito di una cornice ben precisa, per poi discostarsene:
"Io ho idealizzato Aurora, forse perché ho interiorizzato i valori della civiltà cortese e cavalleresca al suo apogeo, dallo Stilnovo fino al Petrarca.
Ma a voler essere sinceri fino in fondo, è stato il cinema a creare in me e in tante altre persone, aspettative stereotipate, che portano a porre la persona amata su un piedistallo eccessivamente alto.
Eppure sapevo bene che una relazione reale non è come quelle dei film, con lui e lei che si incontrano, si innamorano, vanno a letto, fanno prodezze, vengono nello stesso preciso istante, ripetono l'operazione subito dopo, ma con più dolcezza e la mattina dopo senza neanche essersi lavati i denti. E poi, sì, certo, lui e lei dovranno affrontare problemi apparentemente insormontabili... 
...che poi però vengono perfettamente risolti entro la fine del secondo tempo"

Fece una pausa ad effetto, sempre con quel maledetto sorriso arcaico, fin troppo compiaciuto della propria arguzia, e poi ha asserito:
"Se volete una storia così scontata, guardatevi un film con Julia Roberts"




E qui noi lo inchiodammo, chiedendogli se per caso si stava riferendo a "Notting Hill".
Il sorriso scomparve:
"Quello con Hugh Grant? L'ho visto, ma non ricordo assolutamente niente, se non che Aurora, quand'eravamo all'università, mi costrinse a viva forza ad andare a vederlo con lei.
Non ricordo nemmeno l'anno, forse il '99, mi pare che vivessimo a Milano. 
So solo alla fine del secondo tempo, Aurora, commossa, mormorò: 
E' andata così anche per noi, almeno all'inizio, vero?"
A me sembrava proprio di no: avevamo passato un pomeriggio da quelle parti, d'accordo, ma mi pareva molto riduttivo, semplicistico, banalizzante il fatto di paragonare il nostro sentimento a quella storia stucchevole. 
Mi limitai a sorridere in un modo che non voleva dire assolutamente nulla, e forse lei ci rimase male. Ma questo dubbio mi viene solo adesso"
Si è fermato per un attimo per riflettere, massaggiandosi la fronte, forse per tenere a bada l'incipiente cefalea tensiva che lo tormentava da una vita.
E infine ci spiazzò:
"Non avete ancora chiesto ad Aurora la sua versione dei fatti?"




La risposta era no.
Lui alzò l'indice della mano destra, intimandoci:
<<E allora dovrete farlo, se non altro per chiedere il suo permesso di pubblicare tutto il mio vaniloquio. Tornate solo quando lei vi avrà risposto e autorizzato!>>

Non è stato facile convincere Aurora, quella di oggi, caratterialmente molto diversa da quella di allora, anche se fisicamente identica, a collaborare al nostro tentativo di ricostruire gli eventi mirabili e terribili che portarono agli esiti clamorosi che tutti noi conosciamo.
Innanzi tutto dobbiamo dire che il tempo, su di lei, non ha lasciato tracce.
Eterna giovinezza... c'entreranno gli Iniziati?
Preferiamo non soffermarci, per il momento, su questo interrogativo.
E' meglio riferire ciò che lei ci disse.
All'inizio la convincemmo soltanto a confermare o a smentire ciò che Roberto aveva raccontato sulla nascita della loro relazione e su come andarono le cose in quel lontano 1992.
Aurora adesso dirige le imprese dei suoi genitori: suo padre è morto, sua madre non è più molto lucida.
In compenso lei ha una figlia il cui padre è il suo attuale compagno, conosciuto sul lavoro.
Informiamo i lettori che la relazione tra Aurora e Roberto si è conclusa nel 2002, sopravvivendo ad ostacoli enormi, ma naufragando di fronte a un'evidenza che non si poteva più far finta di ignorare e cioè il fatto che lui non voleva avere figli, mentre lei sì.




Uno dei primi commenti di Aurora, dopo aver ascoltato la versione del suo ormai da lungo tempo ex fidanzato, fu la seguente: 
"Ah, quindi Roberto ha deciso di vuotare il sacco!
Immagino che avrete capito il suo metodo di raccontare le cose: dicendo mezze verità e ricamandoci sopra. 
Se vi chiedete quanto ci sia di vero in ciò che vi dice, cercate di capire quale parte del suo discorso è il tessuto reale e quale è il ricamo, frutto artistico della sua inesauribile vena creativa.
Gli voglio ancora bene, ma ora che amo un altro sono riuscita a raggiungere quel livello di obiettività che mi permette di ricostruire le cose in maniera tale da poter essere per voi ciò che lui tiene per sé, ossia la voce della sua coscienza.

I ricordi di Roberto, in generale, sono alterati da alcuni aspetti del suo carattere: il primo è la tendenza a ironizzare su tutto, compreso se stesso, e ridicolizzare chi gli sta antipatico, il secondo è il vittimismo paranoico (come sua madre, come sua nonna, come la madre di sua nonna, è una tara genetica di cui è ben consapevole), a causa del quale lui vede complotti, congiure e cospirazioni dappertutto, ovviamente tutte finalizzate a distruggerlo, anche a quanto pare non ci sono riusciti;
il terzo è il catastrofismo (come suo padre, suo zio Lorenzo, suo nonno Romano, il bisnonno Enrico ecc. ecc. fino a risalire al primo dei Monterovere, la stirpe di cui lui è e sarà l'ultimo) per il quale lui sarebbe sempre moribondo, la sua famiglia sempre in decadenza, la Civiltà Occidentale sull'orlo del precipizio, e l'umanità intera prossima all'estinzione.
Immagino che voi abbiate accettato tutto questo in nome del Patto Narrativo, dico bene?
Ecco, se l'avete fatto, siate pronti ad andare oltre l'Orizzonte di Attesa>>
Concordiamo con Aurora, al riguardo, e per questo le abbiamo chiesto se c'erano state delle alterazioni di questo genere nel ricordo di come iniziò la loro relazione e di come si svolse nell'estate del '92.
"Il suo racconto sulla nostra storia è partito ridicolizzando mio cugino, cosa del resto abbastanza facile e anche condivisibile, ma ha dimenticato di dire che all'inizio si finse amico di Felix e frequentò il suo ambiente proprio per avere più possibilità di vedermi e frequentarmi, quando ancora mio padre non lo vedeva di buon occhio.
E a proposito di mio padre, Roberto lo ha ridicolizzato troppo nel racconto della mia festa di compleanno a Bertinoro, e questo lo trovo di cattivo gusto, perché è morto da poco e de mortuis nihil nisi bonum, anche se mi rendo conto che se dovesse rispettare questa regola non avrebbe molto da raccontare"

Anche su questo concordiamo con lei.
"Poi, in maniera vittimistica, ha attribuito alla relazione con me, e alla questione del Savoy, tutte le disgrazie che gli sono capitate dopo, e durante le quali, tenetelo bene a mente, io sono stata l'unica a difenderlo sempre e comunque a spada tratta, per anni.
Le ragioni di quelle avversità sono molteplici, ma lui da per scontato il fatto che il conflitto con i suoi ex amici e due suoi professori (quello di matematica e quella di disegno tecnico) sia colpa degli Iniziati, il che è ridicolo oltre che falso.

Non intendo parlare degli Iniziati, e vi consiglio di stare molto attenti a trattare questo argomento, perché esistono davvero e Roberto stesso ha aderito all'Ordine, e vi racconterà solo quello che il Consiglio gli ha permesso di raccontare.
Se direte altro o farete troppe inchieste sull'argomento, sarà a vostro rischio e pericolo.

Quello che invece io dirò è che Roberto si era fatto dei nemici per conto suo, che avrebbero agito comunque contro di lui, anche senza bisogno che qualche Iniziato soffiasse sul fuoco.
E questi nemici se li è fatti non per cattiveria, ma per ingenuità, imprudenza, imperizia e una certa piccola negligenza nel rispettare alcuni regolamenti o convenzioni di vario genere.
Tutto ciò, paradossalmente, è dovuto al fatto che spesso sottostima l'efficacia delle sue parole.
Vi faccio alcuni esempi di sue abilità che non tutti hanno apprezzato, per ovvi motivi.

Lui sapeva fare le imitazioni di tutti, sia compagni che professori, era bravissimo in questo, e mi faceva morir dal ridere,
Il suo umorismo, la sua ironia, il suo istrionismo sono tra le cose che mi hanno fatto innamorare di lui: io desideravo stare sempre con qualcuno che riuscisse a divertirmi e a farmi ridere fino alle estreme conseguenze, ed ammetto che è vera la storia della nostra prima passeggiata nel parco al ritorno da scuola e anche di quella famosa, e per me esilarante disavventura a Mayfair
Come vedete mi assumo le mie responsabilità e non nascondo niente di ciò che sono e di ciò che voglio. Questo valga per considerare onesta e credibile la testimonianza che vi offro.

Oltre alle imitazioni, sapeva disegnare le caricature e scrivere articoli di satira: era un vero artista, anche in quel campo, e se vantava in maniera spudorata.
Le sue imitazioni, le sue vignette e le sue satire erano molto divertenti, ma non sempre per coloro che erano imitati e ridicolizzati. 

Roberto è anche autoironico, per esorcizzare le sue paure e le sue ansie, e quindi per lui è terapeutico raccontare in maniera divertente le cose, aggiungendoci sale e pepe, e altre spezie e ingredienti ispiratigli da chissà chi: lui la chiama Lust zu fabulieren, che secondo Goethe è il piacere di raccontare storie interessanti o intriganti.
E' un affabulatore.
Ma se aggiunge troppo sale o troppo pepe in storie che riguardando anche qualcun altro, questo qualcuno potrebbe non apprezzare.

E col tempo incominciarono ad essere tanti quelli che si sentivano irrisi senza pietà, ma sappiamo tutti che durante l'adolescenza non ci si rende conto che anche una battuta o una semplice parola possono ferire qualcuno lasciandogli una cicatrice per sempre.
E questa sua fantasia vulcanica, sempre in ebollizione, lo portava ad altri virtuosismi linguistici.
Attribuiva a tutti un soprannome ridicolo e lo sceglieva così bene che quel soprannome rimaneva appiccicato ad alcuni di loro per decenni, lo giuro, sono chiamati così anche adesso"

Le abbiamo chiesto un esempio:
"Mi viene in mente un caso assurdo, un nonsense vero e proprio.
Uno dei nostri compagni, un tipo con una faccia un po' losca, ma che non era poi cattivo.
Una volta, dopo le vacanze di Natale, si era messo rompere le scatole a tutti raccontando la sua settimana bianca, vantandosi di com'era bello il posto dov'era andato a sciare e cioè Arabba.
Da allora in avanti Roberto, con la massima serietà, si è rivolto a lui chiamandolo Barabba, e vi giuro che quel nome si adattava to-tal-men-te alla faccia losca di quel ragazzo, che però in realtà era innocuo, ma alla fine tutta la scuola lo chiamava Barabba. 
Lo chiamano così anche adesso che è un padre di famiglia, divorziato, ma pur sempre padre.
Sono passati trent'anni e lui è ancora Barabba".
Immaginiamo che non sia molto felice di esserlo e questo è solo un caso, chissà quanti altri ce ne saranno stati. Aurora ha proseguito:
"Alcuni stavano al gioco. Altri non l'hanno presa bene e si sono vendicati."
Avevamo sospettato che potesse essere andata così.

A quel punto Aurora entrò nel merito di ciò che abbiamo raccontato negli ultimi capitoli:
"La nostra vacanza a Londra, dove siamo stati felici, completamente e perdutamente, è raccontata però in maniera tale che per ogni piacere che abbiamo provato, lui ha sentito il bisogno di chiedere scusa, più o meno implicitamente, a voi interlocutori, come se io, a metà strada tra Eva tentatrice e una Lolita qualunque, avessi traviato la sua anima candida dalla retta via, determinando la sua cacciata dall'Eden e la rovina della sua salute mentale, della sua famiglia e di tutto il genere umano."






Abbiamo riso e poi le abbiamo chiesto se la sua anima fosse più o meno candida, e se aveva "bisogno" di essere traviata, o lo fosse già stata di per sé.
Ecco la risposta di Aurora:
"Diciamo che Roberto, in pubblico si presenta come un liberale laico senza pregiudizi, ma nel privato è stato per molto tempo un puritano, un bacchettone schifiltoso, con una vera e propria fobia verso il nudo, lo giuro, e nei confronti di qualsiasi tipo di rapporto sessuale o "atto impuro".
Per lui dovrebbero esserci solo tenerezza, dolcezza, romanticismo,"dolci baci e languide carezze", abbracci e così via, il che è bello, ma non ci si può fermare lì in eterno.
Quando l'ho conosciuto era mentalmente un bambino che rifiutava di crescere, e quando ci siamo lasciati era come se fosse passato direttamente da una sterminata adolescenza a una precoce senilità.
I figli adesso non li vuole, una volta li avrebbe accettati, ma a patto che ce li portasse la cicogna.
Voi ridete, ma lui era messo proprio così.
Il sesso per lui era una era una cosa sporca, come tutta la sfera basso-corporale.
Non sapeva quasi niente sull'argomento e io sono stata comprensiva, perché ho capito che il blocco psicologico derivava non solo dal fatto che per i suoi genitori e i suoi nonni la sfera sessale era marginale o inesistente o comunque una cosa da plebei, ma anche dalla fimosi curata male nel primo intervento senza anestesia.
Su tutto questo, devo ammetterlo, è stato molto onesto e sincero.
Il problema, però, era che quella motivazione concretamente fondata gli serviva da alibi per evitare l'ansia da prestazione che i primi rapporti sessuali scatenano ineluttabilmente, soprattutto negli uomini.
 Alla fine, due anni dopo, l'ho convinto a fare un secondo intervento, più incisivo, una volta passato l'esame di Maturità. Che bel regalo eh? La circoncisione! 
Ma poi, finalmente, dopo tre anni di attesa, e di esplorazione reciproca delle nostre zone erogene, ci siamo reciprocamente donati l'una all'altro.
Sono rimasta vergine per lui fino a 19 anni: dovrebbero beatificarmi!
Sia chiaro però che con lui rifarei tutto, perché ci siamo fatti del bene a vicenda: io ho aiutato lui a disinibirsi, e lui ha aiutato me soddisfacendo volontariamente e con crescente complicità ed entusiasmo le mie fantasie erotiche.
Mi pare che voi, invece, come narratori, abbiate preso le distanze da tutto questo, descrivendomi come una mezza pervertita. Roberto non l'avrebbe mai fatto, quindi siete pregati di correggere il tiro"

Ci siamo coperti il capo di cenere, metaforicamente, e le abbiamo chiesto se volesse smentire eventuali interpretazioni errate da parte nostra di ciò che Roberto ha raccontato.
Per un attimo abbiamo temuto che volesse metterci alla porta, ma poi alla fine il buon senso ha prevalso:
"Aprite bene le orecchie! A me non dà fastidio che Roberto parli dei miei feticismi, credo che ognuno abbia il suo, almeno nelle tentazioni, e finché non viola il Codice Penale, può anche soddisfarlo.
Voi avrete i vostri feticismi e anche Roberto ha i suoi, avendovi fornito immagini in cui nulla è lasciato al caso. 
Se non ve ne ha parlato, ve ne parlo io, perché si tratta di una cosa innocua e quasi commovente: se indossavo certi capi di abbigliamento gli provocavo lo stesso effetto di dieci Viagra.
Apprezzava molto se indossavo bluse o camicie bianche.
Vallo a capire! Forse questo indumento dava un'aria di innocenza a quella cosa per lui indecente che era il nudo completo.

Voglio fare chiarezza su una questione: io non sono sadica, sono solo masochista.
Sadico era mio cugino Felix, questo sì, come tanti altri componenti della famiglia Tartaglia.
Io non ho mai fatto del male a una mosca! Non ho mai costretto nessuno a fare niente che non volesse fare.
Sono stata onesta, oserei dire trasparente, ed ho sempre mostrato nei suoi confronti il massimo rispetto. 
E su questo punto, bisogna partire dall'inizio, e cioè dalla famosa gita a Lucca.
Non mi fido di voi come narratori, e in questo non mi fido nemmeno di Roberto, perché ne ha fatto una specie di psicodramma quando invece è stata una cosa normalissima a cui mi è parso ben felice di unirsi.
Per cui adesso registrate ciò che dico e trascrivetelo senza cambiare una virgola e cercando di correggere tutti quegli errori di ortografia che vi sfuggono anche dopo dieci riletture!"
E noi riportiamo fedelmente ciò che lei ha raccontato.







"Era il novembre 1991, era una giornata nuvolosa e abbastanza fredda, ma asciutta.
La passeggiata nel parco delle mura, non l'intera cerchia, una parte, non ricordo quale, era stata comunque lunga, tra andata e ritorno e quando arrivammo al pullman, parcheggiato di fianco ad una delle porte, la prof. di filosofia, dopo un ragionamento aristotelico, arrivò alla geniale decisione secondo cui, dal momento che in quella zona non c'erano bagni né bar o cose simili, se qualcuno doveva soddisfare un bisogno idraulico, era libero di farlo nel parco delle mura. 
Io non so quale parte dell'espressione "atti osceni in luogo pubblico" non le fosse chiara, ma  comunque, alcuni "coraggiosi", quasi tutti maschi, seguirono il suo consiglio.
Al contrario, Roberto, sempre molto ligio alla legge e alle regole, rimase seduto su una panchina, però si vedeva che era innervosito e contrariato.
A quel punto io mi sedetti di fianco a lui, ma non esordii nel modo raccontato da lui.
Gli dissi che il consiglio della prof. era assurdo e contrario alla decenza, "specialmente per le ragazze", per ovvi motivi, e che "alcune di noi, tra cui io, pensavamo di chiedere alla prof. e all'autista di fermarsi al primo bar per poter dare sollievo alla nostra vescica che sta per scoppiare e se tu vuoi aggiungerti alla delegazione, magari riusciamo ad ottenere qualcosa".
Mi pare dunque che l'approccio non sia stato così traumatizzante come lui credeva di ricordarsi. 
Tra l'altro, Roberto approvò subito: "Mi trovo nella tua stessa situazione, quindi mi aggrego a questa lodevole iniziativa". Usò queste esatte parole, me lo ricordo come se fosse ieri, perché il suo linguaggio mi metteva sempre di buon umore: riusciva a stemperare i contenuti attraverso una forma arcaizzante ed eufemistica.
Fu così che ci recammo dalla prof. la quale approvò il tutto e quando salimmo, tutti quelli che dovevano "uscire" poco dopo si sedettero davanti, e io mi sedetti di fianco a Roberto.
Il pullman partì. L'autista, come era prevedibile, disse che, siccome fermare il pullman lungo le strade normali era problematico, sarebbe stato meglio, prima imboccare l'autostrada e poi fermarci al primo autogrill.  
Come ho detto, io e Robs eravamo seduti vicini e parlavamo tranquillamente e molto cordialmente. C'era traffico per cui ci volle un'ora prima che comparisse il segnale di una stazione di servizio, credo fossimo nella zona di Prato o Pistoia, non ricordo. Quel che ricordo è che a un certo punto il traffico rallentò e poi si fermò, forse c'erano code ai caselli, per cui potete immaginare come ci sentivamo.
Paradossalmente, però, fu proprio quella situazione a creare complicità, nel senso che ci facevamo coraggio a vicenda. Roberto ovviamente non sapeva nulla del mio feticismo e lo seppe solo la sera che uscimmo insieme per la prima volta. L'unico che sapeva era Felix, mio cugino, e immagino che in quel momento fosse infuriato, ma lui aveva preferito marcare le mura di Lucca.
Lo so, questa storia è ridicola, però è vera. E per tutto il tempo in cui il pullman era fermo, io mi sono, come dire, appoggiata a Robs, anche fisicamente, e lui era lusingato del mio interesse, altro che offeso!
Certo, ci vollero dei mesi prima che trovasse il coraggio di corteggiarmi, però era evidente che io gli piacevo e che lui aveva finalmente capito di piacermi.
Forse io ero più eccitata di lui per il motivo che sapete, ma credetemi se vi dico che pure lui lo era.

Le abbiamo chiesto se voleva aggiungere altro e ne è nato un utile momento dialettico.
"I suoi ricordi, in generale, sono compromessi dal fatto che ogni sua bella esperienza è stata seguita, anche se non causata, da eventi negativi.
Lui ha interiorizzato l'idea che esista un nesso causale, ma si tratta di una fallacia argomentativa: il post hoc propter hoc."
Ci siamo complimentati con lei per la sua preparazione nell'ambito della logica, della dialettica e della retorica, e lei ne è apparsa compiaciuta.
"La nostra prof. di filosofia era molto brava, anche se nelle questioni pratiche e specialmente nelle gite scolastiche, non sapeva da che parte farsi"
Ridemmo, poi Aurora ha affrontato la questione dei sensi di colpa di Roberto quando si trovava in una condizione di privilegio o di piacere:
"Siccome nella sua vita i momenti di piacere sono stati seguiti da momenti di dolore, lui ne ha tratto l'errata conclusione secondo cui il piacere stesso sia la causa del dolore. 
Io credo che questo alimentasse il suo puritanesimo di fondo.
La sua mente o il suo inconscio, non saprei dire, seguiva questa logica palesemente errata, portandolo a credere, in maniera quasi superstiziosa, che,  la felicità non poteva che essere la premessa di un disastro.  
Questo si riflette sul modo in cui rievoca e racconta gli eventi.
Nella sua narrazione incombe sempre l'ombra della catastrofe.  
Pensateci bene.
Forse anche questo fa parte di ciò che gli Iniziati chiamano premonizione, ma spero che non sia così.
E concludo con una specie di diagnosi e di prognosi.
Lui potrebbe tornare ad essere felice, se lo volesse
Il fatto è che non lo vuole, perché ormai associa la felicità ad un successivo e inevitabile tracollo. 
E allora, dice lui, meglio non rischiare.
La felicità gli fa paura. 
Farebbe qualsiasi cosa pur di evitarla"




Così parlò "la belle Dame sans Merci".
Questa è la versione di Aurora, se così si può dire, e noi l'abbiamo riferita a Roberto in maniera molto precisa.

Lui si è accigliato, come si stesse sforzando di ricordare e poi alla fine parlò:
<<Io non ricordo i particolari che lei ha aggiunto. Probabilmente c'è stata una rimozione e credo anche di sapere il motivo. Io avevo paura di impegnarmi in una relazione. 
Aurora ha ragione su questo e aggiungerò una cosa a ciò che ha detto lei e cioè che io ho paura della felicità da quando il paradiso della mia infanzia è entrato in crisi dopo la morte di mio nonno Ettore. 
Ho sofferto così tanto che per me ogni felicità era sparita dal mondo. Credevo davvero che non sarei più stato felice, e forse non lo volevo nemmeno, se il prezzo da pagare, dopo, era la sofferenza.
Fortunatamente avevo una famiglia che voleva e poteva aiutarmi, e l'ha fatto con tale affetto e pazienza da permettermi di risollevarmi ogni volta che cadevo.
E quando c'è stata la crisi successiva, avevo al mio fianco Aurora, che è riuscita a trasmettermi il coraggio di riprovare ancora, di permettere a me stesso di lasciarmi andare, di essere felice. 
Ma io non sono nato per esserlo, e non solo per motivi genetici, contestuali e biografici. 
Nessuno può essere felice dopo aver conosciuto i Misteri.
Ci sono cose che sarebbe meglio non sapere>>

Gli abbiamo chiesto se tra queste cose c'è anche il ruolo della Fortuna:
"Il ruolo della Fortuna? Questo non è un Mistero.
Nell'immaginario consiglio di amministrazione dove si decide come sarà la nostra vita, noi siamo azionisti di minoranza.
Montale ha detto: "Vissi al cinque per cento, non aumentate la percentuale"
Nel momento stesso in cui siamo concepiti, gran parte della nostra sorte è segnata nei cromosomi.
La dotazione iniziale conta molto, sia se la fortuna ci ha ignorati, sia se ci ha dato troppo.
La fortuna è come un debito: più si tarda a pagarlo, più gli interessi si sommano al captale iniziale e generano interessi più alti. 
Conoscete la formula dell'interesse composto
A Milano, con mia grande sofferenza, dovetti studiare anche la matematica finanziaria (oltre alla statistica e al calcolo delle probabilità) e devo dire che il montante dell'interesse composto è una metafora efficace del redde rationem, la resa dei conti, che arriva per tutti, prima o poi, ed è molto superiore a ciò che si era ricevuto all'inizio".

Di nuovo si è fermato e i suoi occhi erano persi in qualche zona remota dell'Iperuranio, ragion per cui, quando riprese a parlare, con voce roca e distante, sembrava rivolgersi a qualche entità superiore:
"Io non so esattamente quanto sia alto il mio debito contratto con la fortuna, ma di certo non l'ho saldato.
Non riesco ad attribuire il giusto peso ad alcuni elementi, e la memoria si rifiuta di aiutarmi.
E' selettiva. Il ricordo non coincide con il fatto in sé, perché nel cercare di ricostruirlo e di raccontarlo, noi lo modifichiamo.

Sono, nel mio piccolo, uno storico e gli storici diffidano moltissimo dei "testimoni oculari"perché sono quelli più propensi a ingigantire o a minimizzare, a drammatizzare o a ridicolizzare.
Lo fanno in maniera innocente, perché ognuno ha percepito l'evento in modo diverso, ma ciò che loro ricordano non è la verità.
Queste considerazioni possono spiegare, in parte, perché la mia versione e quella di Aurora a volte sono discordanti"

Gli venne in mente il passo di una canzone che Aurora gli aveva fatto ascoltare e che lui per molto tempo non aveva giudicato rilevante, salvo poi ricredersi, nel momento in cui aveva tentato di capire ciò che lei non gli aveva detto chiaramente:
"Non è la verità / che più la dici e più la dici mai / è l'illusione mia che è vera / E che scorre fiera tra le dita della vita / passa il suono e belle immagini di noi / Meravigliosa confusione / tra i dialoghi e le pose / E ogni peso appassionato / è un soffio ma non la verità / che è sempre un'altra storia ma non lei / Lei che tra i baci miei è d'amore..."
Aveva già citato altre volte questa canzone, e noi l'abbiamo riportato, per quanto il suo significato continui a rimanere piuttosto vago. 
Gli abbiamo chiesto che legame ci fosse tra quei versi e la nostra narrazione.
"Non l'avete ancora capito?" ha detto lui "Non importa. Prima o poi lo capirete"