Oltre i confini romani erano presenti popolazioni nomadi di etnie molto diverse fra loro, con culture e civiltà non eterogenee. A Sud, nell'Africa Settentrionale, trovano posto i
Berberi e le tribù del
Sudan, a nord, dalla
Penisola Scandinava fino al
Mar Nero, oltre il
Reno e il
Danubio, vivevano le popolazioni nomadi dei
Germani. I Greci indicavano come barbari una serie di popoli migratori stanziati tra il
Danubio, il
Mar Nero e la zona nord-iranica. Essi erano di stirpe
scitica,
celtica e
tracia, seminomadi e dediti all'
allevamento (soprattutto equino e ovino) ed alla raccolta di frutti spontanei. I Greci li dividevano in due etnie fondamentali (in realtà piuttosto omogenee): i
Geti e i
Daci.
Gli
Sciti invece erano dei nomadi provenienti dal Nord dell'
Iran, abili arcieri a cavallo, dediti a cerimonie sciamaniche che prevedevano stati di estasi prodotta forse da sostanze allucinogene (probabilmente l'
hashish), che nei Greci destavano stupore e timore. Essi erano suddivisi in tribù guerriere che avevano in comune la lingua, la religione, le armi, le tecniche di allevamento dei cavalli da guerra e quelle di fonditori di metalli e orefici. Ritrovamenti di tumuli con ricchi corredi in oro e metallo sono avvenuti dalla
Siberia al
Caucaso, dai confini con l'
Impero Cinese all'
Iran. Le loro continue migrazioni furono il motore di tutte le migrazione dell'Eurasia centrale per tutto il primo millennio a.C., e non mancarono di preoccupare grandi imperi come quello cinese.
Analoghi per alcuni versi agli Sciti erano i
Sarmati, nomadi e cavalieri di origine nordiranica, che apparvero sulla scena del confine Europa/Asia verso il I-II secolo d.C. sospinti probabilmente da altre popolazioni asiatiche. Erano probabilmente Sarmati gli
Iazigi che si scontrarono con le truppe di
Adriano nel I secolo d.C., mentre i
Roxolani erano Sarmati stanziati tra i
Don e il
Dnepr. Sarmati erano anche gli
Alani, originari della zona adiacente al
lago d'Aral, che cercarono di insediarsi in
Cappadocia nel I secolo d.C. I Romani sottolineano nei loro trattati militari la forza di questi guerrieri, grazie all'uso dei cavalli ed alla pesante armatura in
ferro,
bronzo,
corno e
cuoio. Queste tecniche, assimilate poi in Occidente, dovevano essere nate per proteggersi dalle frecce delle altre tribù nomadi delle steppe. Una volta arrivati nel luogo degli scontri tra Persiani e Romani portò, soprattutto i primi, a ingaggiarli nei rispettivi eserciti.
Questi gruppi avevano già avuto contatti con la società romana, che aveva concesso ad alcuni gruppi di stanziarsi entro i confini come coloni, integrandoli all'interno dell'esercito, come truppe di difesa dei confini. Il fenomeno, iniziato alla fine del
II secolo si ampliò dopo la
crisi del III secolo.
Il progressivo disfacimento dell'impero romano, l'incremento della corruzione e la scarsità di mezzi per controllare e fortificare i confini, portarono al verificarsi di molte invasioni, che arrivarono anche fino alla
Pianura Padana. I Romani tentarono di aumentare le difese delle città più interne, spesso creando nuove cinte murarie o fortificando quelle già esistenti e formarono delle unità mobili dell'esercito, così facendo però persero lentamente il controllo dei confini. La pressione degli
Unni da Nord-Est obbligò le popolazioni barbariche stanziate lungo i confini a spingersi ulteriormente all'interno del territorio romano.
Invasione o migrazione?
Può suscitare curiosità il modo con il quale le invasioni barbariche vengono chiamate dai vari popoli europei: i popoli di lingua neolatina come i Francesi o gli Spagnoli usano il termine "invasione" (les grands invasions o les invasions barbares, las invasiones (de los bárbaros)). Al contrario, i popoli germanici o slavi usano il termine "migrazione" (Völkerwanderung in tedesco, Migration period in inglese o Stěhování národů in ceco).
Gli Unni
Verso la metà del IV secolo la pressione delle tribù germaniche sui confini del
Danubio e del
Reno era diventata molto forte, incalzata dagli
Unni provenienti dalla
steppa, probabilmente la stessa popolazione degli
Hsiung-Nu che nel corso del I secolo avevano insidiato l'Impero Cinese presso la
Grande Muraglia.
Il contributo degli Unni nelle invasioni barbariche si può dividere in tre fasi:
- gli Unni, migrando verso la pianura ungherese, spingono numerose popolazioni barbariche a invadere l'Impero (376-408).
- gli Unni, una volta terminata la migrazione, aiutano l'Impero a combattere i gruppi barbari entrati all'interno dell'Impero (410-439).
- gli Unni, sotto Attila, diventano nemici dell'Impero, e invadono dapprima l'Impero d'Oriente e poi quello d'Occidente (440-452).
L'avanzata degli Unni spinse i
Visigoti a chiedere all'Imperatore d'Oriente Valente di essere accolti in territorio romano, e
Valente accettò. Il maltrattamento subito dai Goti ad opera degli ufficiali romani spinse tuttavia i Goti
a rivoltarsi, e nel
378 i Visigoti sconfissero l'Imperatore d'Oriente
Valente nella
battaglia di Adrianopoli, uccidendolo. In seguito alla morte di Valente,
Graziano e
Teodosio I si divisero l'impero e quest'ultimo accettò i Visigoti, minacciosi su
Costantinopoli, come
foederati (382). I
foederati mantenevano una certa autonomia dall'Impero, non pagando tasse all'Impero, e, in cambio di un compenso - in denaro o tramite concessione di terre (
hospitalitas) -, avrebbero servito l'Impero contro gli altri barbari. Tale sistema costituiva in realtà un'arma a doppio taglio in quanto non faceva altro che sostituire l'"invasione violenta" con quella "pacifica", e avrebbe potuto portare i barbari a distruggere dall'interno l'Impero. Nel frattempo a Costantinopoli si verificò una reazione antigermanica che portò alla rovina del goto
Gainas (
magister militum praesentalis) e all'espulsione dei Germani dall'
esercito romano-orientale: i Germani furono in seguito riammessi nell'esercito d'Oriente, ma non più come
foederati autonomi condotti dai propri capi tribali bensì come mercenari condotti da generali imperiali. I Visigoti furono quindi spinti dal cambiamento della situazione in Oriente verso l'Impero d'Occidente. I Visigoti, dopo mille battaglie con gli eserciti d'Oriente e d'Occidente, dopo aver devastato i Balcani, l'Italia e la Gallia, ottennero il possesso, come
foederatidell'Impero, della
Gallia Aquitania nel 418.
Secondo la tesi di Heather, anche le invasioni del 405-408 sarebbero state provocate indirettamente dagli Unni: infatti sia i Goti di
Radagaiso, che i
Vandali, gli
Alani e i
Suebi provenivano dall'area a ovest dei
Carpazi, proprio dove si sarebbero stanziati gli Unni intorno al 410. È possibile, quindi, che sia stata la migrazione degli Unni dall'area a nord del Mar Nero alla grande pianura ungherese a provocare la seconda ondata di invasioni.
Dopo aver provocato indirettamente le crisi del 376-382 e del 405-408, gli Unni, ormai stanziati stabilmente in
Ungheria, oltre ad arrestare il flusso migratorio ai danni dell'Impero, in quanto, volendo dei sudditi da sfruttare, impedirono ogni migrazione da parte delle popolazioni sottomesse, aiutarono l'Impero d'Occidente a combattere i gruppi invasori: nel 410 alcuni mercenari unni furono inviati ad Onorio per sostenerlo contro Alarico, mentre Ezio dal 436 al 439 impiegò mercenari unni per sconfiggere in Gallia
Burgundi,
Bagaudi e
Visigoti; poiché però nessuna delle minacce esterne fu annientata definitivamente nemmeno con il sostegno degli Unni, questo aiuto compensò solo minimamente gli effetti nefasti provocati dalle invasioni del 376-382 e del 405-408
Sotto
Attila, poi, gli Unni divennero una grande minaccia per l'Impero, distogliendolo dalla lotta contro gli invasori penetrati all'interno dell'Impero nel 376-382 e nel 405-408, che in questo modo ne approfittarono per espandere ulteriormente la propria influenza.Per esempio, le
campagne balcaniche di Attila impedirono all'Impero d'Oriente di aiutare l'Impero d'Occidente in Africa contro i Vandali, e la flotta romano-orientale di 1100 navi che era stata inviata in Sicilia per riconquistare Cartagine fu richiamata precipitosamente perché Attila minacciava di conquistare persino Costantinopoli (442). Anche la
Britannia, abbandonata definitivamente dai Romani attorno al 407-409, fu invasa, attorno alla metà del secolo da genti germaniche (
Sassoni,
Angli e
Juti) che dettero vita a molte piccole entità territoriali autonome (
Sussex,
Anglia orientale,
Kentecc.), spesso in lotta fra di loro. Il generale Ezio nel 446 ricevette un disperato appello dai romano-britanni contro i nuovi invasori; Ezio, non potendo distogliere forze dalla frontiera confinante con l'Impero unno, declinò la richiesta. Ezio dovette rinunciare anche a inviare forze consistenti in Spagna contro gli
Svevi, che, sotto re
Rechila, avevano sottomesso quasi interamente la
Spagna romana, ad eccezione della
Tarraconense.
L'Impero romano d'Occidente dovette così rinunciare al gettito fiscale della Spagna e soprattutto dell'Africa, con conseguenti minori risorse a disposizione per mantenere un esercito efficiente da utilizzare contro i Barbari. Man mano che le entrate fiscali diminuivano a causa delle invasioni, l'
esercito romano si indeboliva sempre di più, agevolando un ulteriore espansione a scapito dei Romani da parte degli invasori. Nel 452 l'Impero d'Occidente aveva perso la
Britannia, una parte della
Gallia sud-occidentale ceduta ai Visigoti (
foederati dell'Impero) e una parte della
Gallia sud-orientale ceduta ai
Burgundi (
foederati dell'Impero),
quasi tutta la Spagna passata agli Svevi e le
più prospere province dell'Africa, occupate dai Vandali; le province residue erano o infestate dai ribelli separatisti
bagaudi o devastate dalle guerre del decennio precedente (ad esempio le campagne di Attila in Gallia e in Italia) e dunque non potevano più fornire un gettito fiscale paragonabile a quello precedente alle invasioni. Si può concludere che gli Unni contribuirono alla
caduta dell'Impero romano d'Occidente, non tanto direttamente (con le campagne di Attila), quanto indirettamente, giacché, causando la migrazione di Vandali, Visigoti, Burgundi e altre popolazioni all'interno dell'Impero, avevano danneggiato l'Impero romano d'Occidente molto più delle stesse campagne militari di Attila.
Comportamento romano
Secondo Guy Halsall, invece, non furono gli Unni a provocare la migrazione dei Visigoti in territorio romano nel 376, ma la colpa è da attribuire all'Imperatore Valente, le cui campagne del 369 avrebbero provocato la destabilizzazione della società gota, spingendo quest'ultimi a spingersi in territorio romano; lo stanziamento degli Unni nelle terre un tempo dei Visigoti, per Halsall, fu la conseguenza, e non la causa, della migrazione di quest'ultimi. Halsall porta come prova della sua tesi un passo della Storia Ecclesiastica di Socrate Scolastico, il quale sostiene che la rottura dei rapporti tra Fritigerno e Atanarico sarebbe avvenuta in seguito all'attacco del 369 e non nel 376, in seguito all'attacco degli Unni, come sostiene invece Ammiano.
Peter Heather non concorda con Halsall obiettando alla sua teoria che, mentre Ammiano è contemporaneo ai fatti e molto dettagliato e accurato, Socrate Scolastico era vissuto un secolo dopo i fatti ed è molto sintetico e meno accurato di Ammiano per i fatti non riguardanti la storia ecclesiastica, l'argomento principale della sua opera. Per Heather, se Ammiano e Socrate Scolastico danno una versione discordante di un avvenimento, è da ritenersi più attendibile Ammiano.
Per Halsall, anche le invasioni del 405-408 sarebbero dovute al comportamento romano, che sguarnendo il Reno di truppe, avrebbero fatto un "invito implicito" ai Barbari di migrare in territorio romano; inoltre Halsall sostiene che l'interruzione di afflusso di monete nel nord della Gallia suggerisce l'interruzione di sussidi versati ai clienti dell'Impero, che, per riappropriarsi delle ricchezze che non ricevevano più dall'Impero, avrebbero deciso di invaderlo.
Heather ha obiettato a questa teoria facendo notare che, a parte che non ci sono prove certe che i sussidi diplomatici si siano interrotti, gli invasori del Reno (Vandali, Alani, Svevi) non ricevevano sussidi dall'Impero, essendo stanziati lontani dal limes del Reno, dunque non può essere stata l'interruzione di sussidi diplomatici a spingerli a invadere l'Impero; inoltre l'attacco di Radagaiso colpì l'Italia, che era appunto l'area dove vi erano più truppe. Per Heather, anche se i disaccordi tra Impero d'Occidente e Impero d'Oriente e lo sguarnimento del Reno facilitarono gli invasori, la vera causa delle invasioni sarebbe stato la migrazione degli Unni. La teoria di Halsall è comunque valida in talune circostanze, per esempio nel caso della Britannia, dove il ritiro dei Romani, lasciando la Britannia senza difese, agevolò senza dubbio la conquista anglosassone.
Non va dimenticato che nelle stesse file dell'esercito romano militavano ormai molti barbari come mercenari: l'ereditarietà del ruolo di soldato rendeva sempre più difficile trovare persone adatte ad indossare le nuove pesanti armature che, adottate dai
Parti, erano diventate necessarie anche per i Romani, senza contare la nuova cavalleria corazzata, sempre di origine
partica, che comportava cavalli e cavalieri giganteschi.
I legionari romani, invece, erano sempre più dei commercianti, attratti dai privilegi di ogni genere che continuavano a piovere su di loro, per essere i veri arbitri dell'elezione imperiale. A questo si fece fronte, all'inizio con arruolamenti di
Germani (legalmente liberi di arruolarsi come
ausiliares, a differenza dei cittadini Romani) e poi con la stipula di contratti con gruppi di guerrieri con relative famiglie, che ricevevano terre sottratte ai cittadini oltre a somme di denaro annuali per il loro servizio.
I Visigoti
I
Visigoti, popolo di origine nordica, stanziato sulla riva destra del fiume Djnestr, furono costretti dall'avanzata travolgente degli
Unni a ripiegare oltre il confine danubiano (
376). Guidati dal loro re
Fritigerno, chiesero all'Impero d'Oriente di essere ospitati all'interno dei confini e l'Imperatore Valente accettò, secondo le fonti primarie perché intendeva usare i Visigoti come soldati mercenari, ma secondo alcune teorie perché, essendo impegnato sul fronte orientale contro la Persia, non aveva forze per respingerli. I duecentomila
Visigoti furono stanziati in
Mesia e in
Tracia, ma i maltrattamenti subiti dagli ufficiali romani, la fame e gli stenti li spinsero alla rivolta.
Dopo alcuni piccoli successi ottenuti dai generali di Valente,poco tempo dopo mosse contro le orde barbariche lo stesso imperatore
Valente, il quale nella successiva
battaglia di Adrianopoli, subì non solo una disastrosa sconfitta, ma cadde egli stesso sul campo di battaglia. I Visigoti rimasero in Mesia, compiendo ripetute razzie nelle regioni circostanti. La
battaglia di Adrianopoli (378) in primis portò all'elaborazione, da parte di Roma, di una nuova strategia di contenimento nei confronti dei barbari:
Teodosio, infatti, chiamato alla guida dell'Impero d'Oriente da Graziano dopo la morte di Valente, ed i suoi successori, incapaci di fermare le invasioni militarmente, cominciarono ad adottare una politica basata sui sistemi della
hospitalitas e della
foederatio.
Teodosio I (379-395) nel
382 accettò di concludere con i Goti un
foedus, che stabiliva che si insediassero all'interno dei confini imperiali tra Danubio e Balcani come
Foederati (alleati) di Roma. I Tervingi si sarebbero stanziati in Tracia, i Grutungi in Pannonia. I
foederati mantenevano una certa autonomia dall'Impero, non pagando tasse all'Impero, e, in cambio di un compenso - in denaro o tramite concessione di terre (
hospitalitas) -, avrebbero servito l'Impero contro gli altri barbari. Tale sistema costituiva in realtà un'arma a doppio taglio in quanto non faceva altro che sostituire l'"invasione violenta" con quella "pacifica", e avrebbe potuto portare i barbari a distruggere dall'interno l'Impero. Teodosio usò i
foederati goti nelle campagne contro gli usurpatori gallici e li difese dalle rivendicazioni dei privati cittadini che si vedevano togliere le terre (come con il massacro a
Tessalonica di settemila civili in
rappresaglia per le rivolte contro i Goti).
Con la morte di
Teodosio I e la divisione definitiva dell'
impero romano tra
Occidente ed
Oriente tra i due suoi figli
Onorio e
Arcadio, il generale visigoto
Alarico si rivoltò all'impero, penetrò in Tracia e la devastò, arrivando ad accamparsi sotto le mura di
Costantinopoli. Il generale
Stilicone si diresse contro
Alarico, ma Arcadio, spinto dal
prefetto del pretorio Flavio Rufino, nemico di Stilicone, ordinò alle truppe orientali, che formavano una parte dell'armata di Stilicone, di far ritorno in Oriente. In Oriente infatti si aveva ancora timore che in realtà Stilicone mirasse a conquistare il dominio anche di Costantinopoli tornando ad unire ancora una volta l'impero sotto un'unica guida. Nel 396
Arcadio nominò Alarico
magister militum per l'Illirico, mentre Stilicone fu dichiarato nemico pubblico dell'Oriente. Nel frattempo a Costantinopoli si verificò una reazione antigermanica che portò alla rovina del goto
Gainas (
magister militum praesentalis) e all'espulsione dei Germani dall'esercito romano-orientale: i Germani furono in seguito riammessi nell'esercito d'Oriente, ma non più come
foederati autonomi condotti dai propri capi tribali bensì come mercenari condotti da generali imperiali. I Visigoti, compreso che a causa del cambiamento della situazione non erano più ben accetti in Oriente, puntarono verso l'
Italia nel tentativo di negoziare con Onorio lo stanziamento come
foederati in un territorio qualsiasi dell'Impero d'Occidente (Alarico nel 408/409, durante le trattative con Onorio, propose il Norico). Mossi dal loro re
Alarico, giunsero in
Italia ma vennero sconfitti da Stilicone a
Pollenzo (
402), a
Verona (
403), anche se nel frattempo Stilicone cercò una mediazione tra le due parti.
Nel frattempo, l'ulteriore avanzata degli Unni verso l'Occidente portò numerose popolazioni che si trovavano lungo il medio corso del Danubio a invadere l'Impero: mentre i Goti di
Radagaiso invasero l'Italia e furono annientati da Stilicone a
Fiesole (405), Vandali, Alani e Svevi, invasero le Gallie
varcando il Reno (31 dicembre 406) approfittando della scarsa sorveglianza dei confini resa necessaria dalle campagne di Stilicone contro i Visigoti e contro Radagaiso. Nel frattempo in Britannia scoppiò una rivolta dell'esercito, che elesse usurpatore
Costantino III: questi spostò le legioni romane a difesa della Britannia in Gallia per strapparla a Onorio e per combattere gli invasori del Reno. A causa dei fallimenti di Stilicone nell'affrontare l'invasione del Reno e gli usurpatori nelle Gallie e dei tentativi di negoziazione con Alarico, Stilicone fu sospettato di aver tradito l'Impero favorendo i barbari e fu condannato alla decapitazione per ordine di
Onorio (408). Onorio però non era in grado di resistere ai Visigoti, capeggiati da
Alarico, che il 24 agosto del
410 saccheggiarono Roma.
Alarico morì mentre cercava di raggiungere l'Africa marciando in Italia Meridionale. Il suo successore, Ataulfo, condusse il popolo visigoto in Gallia. L'intenzione di Ataulfo era di ottenere un ruolo politico di primo piano nell'Impero e per questo motivo sposò Galla Placidia con l'intenzione di avere un figlio da lei e da imparentarsi con la famiglia imperiale. Tuttavia né Onorio néCostanzo, il generale romano incaricato di combattere Ataulfo, accettarono le pretese di Ataulfo, volendo sì indietro Galla Placidia ma non alla condizione di concedere al suo marito goto un ruolo preminente a corte. Sfruttando un punto debole dei Goti, ovvero la loro difficoltà di procurarsi i rifornimenti, Costanzo bloccò loro tutte le vie di comunicazione: il blocco imposto da Costanzo ai porti gallici fu tanto efficace che i Visigoti abbandonarono la Gallia e la città di Narbona per l'Hispania, nel 415. Morti Ataulfo e il suo successore Sigerico, nello stesso anno Costanzo stipulò un trattato col nuovo re visigoto Vallia: in cambio di 600000 misure di grano e del territorio della regione d'Aquitania, dai Pirenei alla Garonna, i Visigoti, in qualità di alleati ufficiali ovvero stato vassallo dell'impero (foederati), si impegnavano a combattere in nome dei Romani i Vandali, gli Alani e i Suebi, che nel 406 avevano attraversato il fiume Reno e si erano dislocati nella provincia d'Hispania. L'accordo prevedeva anche la liberazione di Galla Placidia.
foederati (alleati dell'Impero) nella Valle della Garonna, in Aquitania, dove ottennero, con il sistema dell'
hospitalitas, terre da coltivare. L'Aquitania sembra sia stata scelta da Costanzo come terra dove far insediare i Visigoti per la sua posizione strategica: infatti era vicina sia dalla Spagna, dove rimanevano da annientare i Vandali Asdingi e gli Svevi, sia dal Nord della Gallia, dove forse Costanzo intendeva impiegare i Visigoti per combattere i ribelli separatisti
Bagaudi nell'Armorica. Da allora in poi i rapporti dei Visigoti con l'Impero furono ambigui: se in taluni casi accettarono di assisterlo nelle campagne militari contro altri barbari (per esempio contro i Vandali, gli Svevi e Attila), altre volte seguirono una politica ostile ad esso, aggredendo i territori limitrofi imperiali nel tentativo di espandere la propria sfera di influenza. Fu solo con l'ascesa al trono di
Eurico (466), comunque, che i Visigoti riuscirono a conquistare tutta la Gallia imperiale a sud della Loira, oltre a quasi tutta la Spagna, e a ottenere ufficialmente l'indipendenza da esso (475).
I Visigoti avevano aperto la strada ad altre popolazioni che durante il V secolo oltrepassarono il limes reno-danubiano in più punti. Queste popolazioni germaniche possono essere distinte in occidentali e orientali. Esse non avevano come obiettivo la destabilizzazione e la guerra all'Impero romano, cercavano solo aree nelle quali insediarsi, finendo inevitabilmente a sud oltre il confine.
Gli invasori del Reno: Vandali, Alani, Svevi
Il 31 dicembre 406 Vandali (suddivisi in Asdingi e Silingi), Alani e Suebi invasero la Gallia varcando il fiume Reno. È possibile che questa invasione fosse stata scatenata dalla migrazione degli Unni nella grande pianura ungherese, avvenuta tra il 400 e il 410; infatti Vandali, Alani e Svevi vivevano proprio nella zona dove si sarebbero insediati gli Unni, e la minaccia unna potrebbe averli spinti a invadere la Gallia. A causa dello sguarnimento del limes del Reno, resosi necessario a causa dei pericoli che correva l'Italia a causa di Alarico e Radagaiso, gli invasori non trovarono opposizione devastando per due anni l'intera Gallia, per poi passare indisturbati in Spagna all'inizio del 408. Nel 411, occupata la Spagna, se la spartirono tra loro come segue:
« [I barbari] si spartirono tra loro i vari lotti delle province per insediarvisi: i Vandali [Hasding] si impadronirono della Galizia, gli Svevi di quella parte della Galizia situata lungo la costa occidentale dell'Oceano. Gli Alani ebbero la Lusitania e la Cartaginense, mentre i Vandali Siling si presero la Betica. Gli spagnoli delle città e delle roccaforti che erano sopravvissuti al disastro si arresero in schiavitù ai barbari che spadroneggiavano in tutte le province. » |
(Idazio, Cronaca.)
|
Tra il 416 e il 418 gli invasori del Reno subirono, però, la controffensiva dei Visigoti di Vallia per conto dell'Imperatore d'Occidente: vennero annientati nella Betica i Vandali Silingi mentre gli Alani subirono perdite così consistenti da giungere a implorare la protezione dei rivali Vandali Asdingi, stanziati in Galizia. Grazie a questi successi, le province ispaniche della Lusitania, della Cartaginense e della Betica tornarono sotto il controllo romano, ma il problema ispanico non si era tuttavia ancora risolto, anche perché dopo la sconfitta, Vandali Siling e Alani si coalizzarono con i Vandali Hasding, il cui re, Gunderico, divenne re dei Vandali e Alani. La nuova coalizione vandalo-alana tentò subito di espandersi in Galizia a danni degli Svevi, costringendo i Romani a intervenire nel 420: l'attacco romano non portò però all'annientamento dei Vandali, ma li spinse piuttosto in Betica, che da essi prese in nome di "Vandalucia" (Andalusia).
Nel 422 sconfissero proprio in Betica la coalizione romano-visigota, condotta dal generale Castino, forse grazie a un presunto tradimento dei Visigoti.
Lotte politiche a Ravenna distrassero parzialmente il governo centrale dalla lotta contro i Barbari, e di ciò approfittarono i Vandali rafforzati dall'unione con gli Alani. Tra il 425 e il 428 la Spagna meridionale e le Isole Baleari furono oggetto dei saccheggi dei Vandali. La necessità di trovare un insediamento più sicuro dagli attacchi dei Visigoti alleati dei Romani (e forse un presunto tradimento del comes Africae Bonifacio, che secondo fonti del VI secolo avrebbe invitato i Vandali in Africa) spinse i Vandali e gli Alani a migrare ulteriormente nel Nord Africa tra il 429 e il 430. Nel 429 i Vandali, condotti dal nuovo re Genserico, sbarcarono a Tangeri in Mauritania Tingitana e da lì marciarono verso est in direzione di Cartagine, sconfiggendo le forze romane condotte da Bonifacio e minacciando ormai da vicino la Proconsolare e la Byzacena, le province più prospere dell'Impero romano d'Occidente, dalle quali lo stato ricavava la maggior parte dei proventi. Sant'Agostino morì ottantaseienne mentre i Vandali cingevano d'assedio Ippona, la sua città (presso l'odierna Annaba in Algeria). L'Imperatore d'Oriente Teodosio II inviò tuttavia il generale Aspar in Africa per contenere l'avanzata vandala; la mossa costrinse i Vandali a negoziare: nel 435, con gli accordi di Trigezio, i Vandali ottennero dall'Impero la Mauritania e parte della Numidia, mentre le province più prospere dell'Africa romana erano per il momento salve.
Nel 439, però, Genserico, approfittando delle poche truppe poste a difesa di
Cartagine, invase le province di Byzacena e Proconsolare, occupando Cartagine (439).L'invio di una potente flotta nelle acque della Sicilia da parte dell'Imperatore Teodosio II nel tentativo di recuperare Cartagine fu vanificato dall'invasione dei Balcani da parte degli Unni di
Attila, che costrinse Teodosio II a richiamare la flotta nei Balcani, non lasciando all'Impero occidentale alcun altra scelta che negoziare una pace sfavorevole con Genserico. Il trattato di pace del 442 tra l'Impero e i Vandali prevedeva l'assegnazione ai Vandali di Byzacena, Proconsolare e parte della Numidia, in cambio della restituzione ai Romani delle Mauritanie e del resto della Numidia, province però danneggiate da anni di occupazione vandala e che quindi non potevano più fornire un grande gettito fiscale. La perdita di province così prospere (e del loro gettito fiscale) fu un duro colpo per le finanze dell'Impero romano d'Occidente, che trovatosi per questo motivo in serie difficoltà economiche, fu costretto a ridurre gli effettivi dell'esercito essendo il bilancio insufficiente per mantenerlo.
L'occasione per riprendere l'offensiva contro l'Impero per i Vandali giunse nel 455, allorché il nuovo imperatore
Petronio Massimo decise di far maritare la principessa Eudossia, figlia di Valentiniano III, con suo figlio Palladio per legittimare la sua ascesa al trono, facendo però infuriare Genserico, il cui figlio
Unerico era fidanzato con la stessa Eudossia in base al trattato del 442. I Vandali decisero di reagire con la forza: una flotta vandala sbarcò poco distante da Roma, che, dopo un breve assedio, fu
espugnata e saccheggiata. Tra i prigionieri più illustri catturati dai Vandali in quella spedizione spiccarono la vedova e le figlie di Valentiniano oltre al figlio di Ezio. Più o meno nello stesso periodo, grazie alla loro discreta capacità nell'organizzazione delle flotte, i pirati vandali compirono numerose incursioni a fini di saccheggio nel Mediterraneo occidentale e in Italia, conquistando i residui possedimenti romano-occidentali in Africa e la Sicilia, oltre a
Sardegna,
Corsica e
Baleari.
Gli Svevi
La partenza dei Vandali per l'Africa aveva lasciato la Spagna libera dai Barbari, fatta eccezione per gli Svevi in Galizia. La scarsa attenzione riservata dal governo centrale alla Spagna, dovuta alle altre diverse minacce esterne sugli altri fronti (Gallia, Africa, Illirico), permise, tuttavia, agli Svevi, sotto la guida del loro re Rechila, di espandersi su gran parte della penisola iberica: tra il 439 e il 441, essi occuparono Merida (capoluogo della Lusitania), Siviglia (441) e le province della Betica e della Cartaginense. L'unica provincia ispanica ancora rimasta sotto il controllo di Roma era la Tarraconense, che tuttavia era infestata dai separatisti Bagaudi. Furono vane le campagne successive di riconquista condotte da Ezio: se le prime due, condotte dai comandanti Asturio (442) e Merobaude (443), avevano come fine il recuperare perlomeno la Tarraconense ai Bagaudi, quella di Vito (446), più ambiziosa, tentò di recuperare la Betica e la Cartaginense, finite in mano sveva, ma, nonostante il sostegno dei Visigoti, l'esercito romano fu annientato dal nemico. Questo fallimento era attribuibile almeno in parte al fatto che Ezio non poteva concentrare tutte le sue forze nella lotta contro gli Svevi vista la minaccia unna.[29] Il regno svevo declinò poi a causa dell'ascesa dei Visigoti in Spagna, che ridussero gli Svevi al possesso della sola Galizia.
Non tutti gli Svevi erano giunti nella Spagna occidentale con i Vandali. Alcuni, con Alamanni, Marcomanni e Senoni, si insediarono nella regione attorno ad Augusta, che da essi prese il nome di Svevia.
I Franchi
I Franchi erano un gruppo etnico che comprendeva una lega di tribù di varie etnie (Sicambri, Bructeri, Catti, Cherusci, Salii, Camavi...) che, considerate singolarmente erano note ai Romani almeno dal I secolo, mentre come "Franchi" (termine che deriverebbe dalla radice tedesca "frank/frei" col significato di liberi, quindi riferibile alla federazione più che a un epiteto etnico tradizionale) si hanno notizie sul loro conto dalla metà del III secolo, anche se non appare improbabile che le prime federazioni risalissero a un periodo a cavallo tra II e III secolo. Essi, essendo privi di radici comuni, non elaborarono una memoria comunitaria sulle proprie origini (come i Goti o i Longobardi), ma tramandarono semmai un mito riguardo alla casa regnante, col mitico Meroveo. Dopo essersi distinti in numerose scorrerie, soprattutto tra il 274 e il 275, furono fatti stanziare come prigionieri nelle aree spopolate dell'Impero da Diocleziano, quali contadini e all'occorrenza soldati (notevoli erano le capacità militari di questo popolo), soprattutto nell'area della Gallia settentrionale. Già nel IV secolo si conoscono Franchi che fecero carriera nell'esercito romano arrivando anche a cariche di rilievo.
Nel V secolo i Franchi si erano stabilizzati nella Gallia centrale come foederati, incaricati di difendere la frontiera del Reno contro Alani, Suebi e Vandali. Probabilmente non tutte le tribù seguivano univocamente le decisioni generali, per cui nel 440 circa l'esercito imperiale si scontrò, vincendo, contro alcuni Franchi presso Vicus Helena (vicino l'odierna Arras), che ebbe come conseguenza la formazione di un'enclave franca attorno a Tournai, mentre altri piccoli regni si andavano creando attorno a Treviri. Alcuni Franchi parteciparono come alleati dei Romani contro Attila nella battaglia dei Campi Catalunici del 451.
Con il disfacimento dell'Impero d'Occidente i Franchi si stanziarono con maggiore libertà oltre il Reno, creando due regni principali: i Franchi dell'Ovest, i
Salii, nella valle della
Schelda tra
Cambrai,
Arras,
Tournous e
Tognres, e i Franchi dell'Est, i
Ripuari, da "ripa" (del Reno), nella
Mosella, presso
Treviri,
Magonza,
Colonia e
Metz.
I
Salii di re
Clodoveo batterono
Siagrio, semiribelle all'Impero, nel
486 presso
Soissons, che, fuggito, venne riconsegnato ai Franchi dai
Visigoti di
Alarico II della Gallia del Sud quindi giustiziato. In quel caso i Franchi, una delle popolazioni germaniche meno latinizzate, si fecero paradossalmente fautori della legalità imperiale, rendendo anche sudditanza formale a
Zenone di Costantinopoli
I Burgundi
I Burgundi nella prima metà del V secolo (411 ca.) si erano stabiliti con lo status di foederati tra Meno e Reno. Nel 411, insieme agli Alani, appoggiarono l'usurpazione diGiovino.[31] Il loro regno di Gundahar venne distrutto verso il 436 dagli Unni, allora arruolati da Ezio, ed una traccia dell'avvenimento si trova probabilmente nel Nibelungenlied, celebre saga del XII secolo che metteva per iscritto una lunga tradizione orale, dove re Gunther e la sua stirpe sono eliminati da Attila, re degli unni, come vendetta per aver fatto uccidere l'eroe Sigfrido.
Ezio permise poi (nel 443) ai Burgundi di stanziarsi tra la Saona e il Rodano, in quella che da essi prenderà il nome di Borgogna, per difendere i passi alpini. La politica di Ezio sembra essere stata, in questo frangente, di un «ritiro alla linea che va dalla ... Loira alle... Alpi, con gruppi federati [Alani e Burgundi] insediati lungo quella frontiera per difenderla».[32] I foederati Burgundi aiutarono successivamente, nel 451, Ezio a sconfiggere Attila ai Campi Catalauni, costringendo l'Unno a ritirarsi dalla Gallia. Alla notizia della detronizzazione dell'Imperatore Avito, nel 457 i Burgundi si rivoltarono e si impadronirono di Lione, non riconoscendo come imperatore Maggioriano. La rivolta venne poi sedata da Maggioriano e dal suo generale Egidio l'anno successivo. Successivamente, nel 462, per sedare la rivolta di Egidio, che non aveva riconosciuto il nuovo Imperatore Severo secessionando dall'Impero, Ricimero dovette fare concessioni territoriali importanti a Visigoti e Burgundi per ottenere il loro supporto: ai Visigoti cedette Narbona, mentre per quanto riguarda i Burgundi nominò il loro re, Gundioco, magister militum per Gallias e gli diede in sposa sua sorella, oltre a permettergli di estendere il regno burgundo su Lione e la valle del Rodano. Il loro regno resse fino al 532 quando vennero travolti dai Franchi.
I Turingi
I
Turingi dovevano essere un'etnia simile a Burgundi e Svevi. Entrarono in scena più o meno contemporaneamente alle altre popolazioni germaniche, giungendo al seguito di Attila e formando tra V e VI secolo un regno tra
Meno e
Elba, che venne assorbito dai Franchi verso il
530.
I barbari in Britannia: Pitti, Scoti, Caledoni, Frisoni, Juti, Angli e Sassoni
La necessità di difendere la
Gallia dai barbari provenienti dalla regione
renaica richiese lo spostamento di truppe militari dalla
Britannia. Quest'ultima si era difesa dai
Pitti,
Caledoni e
Scotigrazie anche al poderoso
Vallo di Adriano, ma a seguito della decisione dell'usurpatore
Costantino III di privilegiare la regione della Gallia, fu abbandonata a sé stessa, con il risultato che i Romano-britanni si rivoltarono a Costantino III nel 409, «espellendo i magistrati romani e stabilendo la forma di governo che più gli aggradava»;
[35] poco tempo dopo, nel 410, Onorio inviò una lettera alle città britanniche comunicando loro di provvedere autonomamente alle loro difese.
« [I Romano-britanni] sedettero in consiglio per decidere quale fosse il modo più spedito ed efficace per evitare il ripetersi di tanto brutali invasioni e razzie... Ed ecco che tutti i membri del consiglio, insieme al fiero tiranno, furono accecati; i guardiani ... che scelsero per difendere la nostra terra erano ... i feroci sassoni... E una nidiata di cuccioli sbucò dalla tana della barbara leonessa e si fece avanti con tre keels, come nella loro lingua chiamano le navi da guerra... Agli ordini del tiranno, subito conficcarono i loro orridi artigli sulla porzione orientale dell'isola, apparentemente battendosi per la nostra terra, in realtà per combattere contro di essa. Venuta a sapere delle fortune arrise al suo primo contingente, la madre leonessa lanciò un ancor più numerosa muta di cani al loro seguito... [Alla fine i Sassoni] si lamentarono perché il compenso mensile non era sufficiente... e giurarono che avrebbero rinnegato il patto e depredato l'intera isola, qualora non fosse giunto un compenso più generoso. E senza indugio procedettero ad attuare le loro minacce... Il fuoco, appiccato e ravvivato dalla mano degli empi venuti da oriente, divenne incendio e divampò dall'uno all'altro mare devastando le città e le campagne circostanti, e si spense solo dopo avere fatto terra bruciata di quasi tutta l'isola, fino a lambire l'Oceano a occidente con le sue rosseggianti lingue di fuoco. » |
(Gildas, Sulla rovina della Britannia.) |
Secondo
Beda, i Celti chiesero aiuto a Ezio all'epoca del suo terzo consolato (446) o, in alternativa, durante il regno congiunto di
Marciano e
Valentiniano III (450-455), ma il generale fu costretto a rifiutare per la minaccia unna. Gli invasori occuparono le terre sud-orientali dell'isola principale spingendo le popolazioni
celtiche verso nord e ovest, in
Caledonia (
Scozia), nel
Galles, in
Cornovaglia e nella
Hibernia (
Irlanda). Alcuni Celti arrivarono ad attraversare la Manica verso sud, insediandosi nella penisola dell'
Armorica, che da questa immigrazione prese il nome di
Bretagna.
Gli Angli occuparono la parte centrale e orientale dell'antica Britannia, i Sassoni quella meridionale, mentre gli Juti, in minor numero, si stanziarono nell'estremo lembo sudorientale corrispondente più o meno all'attuale
Kent. I Celti, scacciati dalle proprie terre, conservarono a lungo in maniera orale i ricordi della migrazione, che vennero redatti in forma scritta più tardi in poemi in
gallese, nei quali si parla degli scontri tra un "dragone rosso" (i Celti) e un "dragone bianco" (gli Anglo-Sassoni). Da queste opere nacque nel XII secolo la leggenda di
re Artù, che secondo alcuni potrebbe presentare i tratti di reali personaggi storici (si parla del funzionario romano in Britannia
Lucio Arctorio o di un
Aurelio Ambrosio).
Gli Unni
Migrazioni degli Unni e impiego come mercenari
Massima espansione dell'impero unno (arancione chiaro), 451 circa
Gli Unni, originari dell'Asia centrale, arrivarono in Europa nel V secolo. Nel 395 grandi concentrazioni di Unni erano ancora a nord del Mar Nero, da cui partirono in quello stesso anno incursioni che devastarono sia l'Impero romano d'Oriente che la Persia. Fu intorno all'inizio del V secolo che presumibilmente avvenne la migrazione nella grande pianura ungherese: nel 412-413, anno in cui lo storico e ambasciatore Olimpiodoro condusse un'ambasceria presso gli Unni, erano già stanziati lungo il corso medio del Danubio. Probabilmente, secondo la teoria di Heather, fu lo spostamento degli Unni a spingere Radagaiso a invadere l'Italia, Vandali, Alani, Svevi e Burgundi a invadere le Gallie, e Uldino a invadere la Tracia durante la crisi del 405-408. All'epoca dell'ambasceria di Olimpiodoro, gli Unni erano governati da molti re, ma nel giro di vent'anni, probabilmente attraverso lotte violente, il comando fu unificato sotto il comando di un unico re: Attila.
Negli anni 430 furono impiegati come mercenari dal
magister militum Ezio per le sue campagne in Gallia, ottenendo, in cambio del loro appoggio, parte della
Pannonia; grazie al sostegno degli Unni, Ezio riuscì a vincere nel 436 i
Burgundi, massacrati dall'esercito romano-unno di Ezio, ridotti all'obbedienza e insediati come
foederati intorno al
lago di Ginevra; gli Unni risultarono poi decisivi anche nella repressione della rivolta dei
bagaudi in Armorica e nelle vittorie contro i Visigoti ad
Arelate, e
a Narbona, grazie alle quali nel 439 i Visigoti accettarono la pace alle stesse condizioni del 418. La scelta di Ezio di impiegare gli Unni trovò però l'opposizione di taluni, come il vescovo
Salviano di Marsiglia, autore del
De gubernatione dei ("Il governo di Dio"), secondo cui l'impiego dei pagani Unni contro i cristiani (seppur
ariani) Visigoti non avrebbe fatto altro che provocare la perdita della protezione di Dio, perché i Romani «avevano avuto la presunzione di riporre la loro speranza negli Unni, essi invece che in Dio». Si narra che nel 439
Litorio, arrivato ormai alle porte della capitale visigota
Tolosa, che intendeva conquistare annientando completamente i Visigoti, permettesse agli Unni di compiere sacrifici alle loro divinità e di predire il futuro attraverso la scapulimanzia, suscitando lo sdegno e la condanna di scrittori cristiani come
Prospero Tirone e
Salviano, che si lamentarono anche per i saccheggi degli Unni contro gli stessi cittadini che erano tenuti a difendere. Litorio poi perse la battaglia decisiva contro i Visigoti e fu giustiziato. Secondo Salviano, la sconfitta degli arroganti Romani, adoratori degli Unni, contro i pazienti goti, timorati di Dio, oltre a costituire una giusta punizione per Litorio, confermava il passo del
Nuovo Testamento, secondo cui «chiunque si esalta sarà umiliato, e chiunque si umilia sarà esaltato.»
La situazione cambiò drasticamente quando a capo degli
Unni salì
Attila nel
445, la cui ferocia è rimasta leggendaria. Questi, già nel 441-442, quando condivideva ancora il governo con il fratello
Bleda, attaccò i territori dell'Impero romano d'Oriente approfittando dello sguarnimento del fronte danubiano dovuto all'invio di una potente flotta da parte dell'Impero d'Oriente nel tentativo di recuperare Cartagine ai Vandali. Gli Unni espugnarono rapidamente Vidimacium, Margus e Naissus, costringendo l'Impero d'Oriente a rinunciare alla guerra contro i Vandali, richiamando la flotta, e poco tempo dopo, a comprare la pace accettando di pagare un tributo di 1400 libbre d'oro all'anno. Teodosio II, però, ritornata la flotta, smise di pagare il tributo agli Unni, nella speranza che con i Balcani non sguarniti di truppe e con il potenziamento delle difese, sarebbe riuscito a respingere gli attacchi unni. Quando gli arretrati raggiunsero le 6000 libbre d'oro, nel 447, Attila protestò, e al rifiuto dell'Imperatore di sborsare le 6000 libbre d'oro in questione, il re unno reagì con la guerra. Nell'invasione del 447, Attila sconfisse più volte gli eserciti romano-orientali, non riuscendo ad espugnare Costantinopoli, ma devastando gli interi Balcani Orientali e costringendo l'Impero romano d'Oriente ad accettare una pace umiliante:
« [Tutti] i fuggiaschi dovettero essere riconsegnati agli Unni, e bisognò versare 6000 libbre d'oro per le rate arretrate del tributo; e di lì in avanti il tributo stesso sarebbe stato di 2100 libbre d'oro all'anno; per ogni prigioniero di guerra romano [preso dagli Unni] che fosse scappato e riuscito a tornare in patria senza [che per lui fosse pagato alcun] riscatto, si sarebbero versati dodici solidi ... e ... i Romani non avrebbero dovuto accogliere gli Unni fuggiaschi. » |
(Prisco, Storie.) |
Inoltre l'Impero d'Oriente dovette evacuare la zona a sud del Dabubio «larga cinque giorni di viaggio».
Carta storica che descrive l'invasione della Gallia da parte degli Unni nel 451 d.C., e la battaglia dei Campi Catalaunici. Sono mostrati i probabili itinerari, e le città conquistate o risparmiate dagli Unni.
Onoria, sorella di Valentiniano, nella primavera del 450 aveva inviato al re degli Unni una richiesta d'aiuto, insieme al proprio anello, perché voleva sottrarsi all'obbligo di fidanzamento con un
senatore: la sua non era una proposta di matrimonio, ma Attila interpretò il messaggio in questo senso, ed accettò pretendendo in dote metà dell'Impero d'Occidente. Quando Valentiniano scoprì l'intrigo, fu solo l'intervento della madre
Galla Placidia a convincerlo a mandare in esilio, piuttosto che ad uccidere Onoria, e ad inviare un messaggio ad Attila, in cui disconosceva assolutamente la legittimità della presunta proposta matrimoniale. Attila, per nulla persuaso, inviò un'ambasciata a Ravenna per affermare che Onoria non aveva alcuna colpa, che la proposta era valida dal punto di vista legale e che sarebbe venuto per esigere ciò che era un suo diritto.
Incontro tra Leone il Grande e Attila, Affresco, 1514, Stanza di Eliodoro, Palazzi Pontifici, Vaticano. L'affresco fu completato durante il pontificato di Leone X (papa dal 1513 al 1521). Secondo la leggenda, la miracolosa apparizione dei Santi Pietro e Paolo armati con spade durante l'incontro tra Papa Leone e Attila (452) avrebbe spinto il re degli Unni a ritirarsi, rinunciando al sacco di Roma.
Attila tornò in Italia nel
452 per reclamare nuovamente le sue nozze con Onoria. Attila cinse d'assedio per tre mesi
Aquileia, e, secondo la leggenda, proprio mentre era sul punto di ritirarsi, da una torre delle mura si levò in volo una cicogna bianca che abbandonò la città con il piccolo sul dorso; il superstizioso Attila a quella vista ordinò al suo esercito di rimanere: poco dopo crollò la parte delle mura dove si trovava la torre lasciata dalla
cicogna. Attila conquistò poi Milano e si stabilì per qualche tempo nel
palazzo reale. Famoso è rimasto il modo singolare con cui affermò la propria superiorità su Roma: nel palazzo reale c'era un dipinto in cui erano raffigurati i Cesari seduti in trono e ai loro piedi i principi sciti. Attila, colpito dal dipinto, lo fece modificare: i Cesari vennero raffigurati nell'atto di vuotare supplici borse d'oro davanti al trono dello stesso Attila. Attila si fermò finalmente sul
Po, dove incontrò un'ambasciata formata dal
prefetto Trigezio, il
console Avienno e
papa Leone I (la leggenda vuole che proprio il papa abbia fermato Attila mostrandogli il crocifisso). Dopo l'incontro Attila tornò indietro con le sue truppe senza pretese né sulla mano di Onoria, né sulle terre in precedenza reclamate. Sono state date diverse interpretazioni della sua azione. La fame e le malattie che accompagnavano la sua invasione potrebbero aver ridotto la sua armata allo stremo, oppure le truppe che Marciano mandò oltre il Danubio potrebbero avergli dato ragione di retrocedere, o forse entrambe le cose sono concausali alla sua ritirata. La "favola che è stata rappresentata dalla matita di
Raffaello e dallo scalpello di
Algardi" (come l'ha chiamata
Edward Gibbon) di
Prospero di Aquitania dice che il papa, aiutato da
Pietro apostolo e
Paolo di Tarso, lo convinse a girare al largo dalla città. Vari storici hanno supposto che l'ambasciata portasse un'ingente quantità d'oro al leader unno e che lo abbia persuaso ad abbandonare la sua campagna, e questo sarebbe stato perfettamente in accordo con la linea politica generalmente seguita da Attila, cioè di chiedere un riscatto per evitare le incursioni unne nei territori minacciati.
Quali che fossero le sue ragioni, Attila lasciò l'Italia e ritornò al suo palazzo attraverso il Danubio. Da lì pianificò di attaccare nuovamente Costantinopoli e reclamare il tributo che Marciano aveva tagliato. Comunque, morì nei primi mesi del
453; la tradizione, secondo Prisco, dice che la notte dopo un banchetto che celebrava il suo ultimo matrimonio (con una
gota di nome
Krimhilda, poi abbreviato con Ildiko), egli ebbe una copiosa
epistassi e morì soffocato. I suoi guerrieri, dopo aver scoperto la sua morte, si tagliarono i capelli e si sfregiarono con le loro spade in segno di lutto così che, dice
Giordane, "il più grande di tutti i guerrieri dovette essere pianto senza lamenti femminili e senza lacrime, ma con il sangue degli uomini".
Collasso del suo impero
Dopo il suo decesso, l'Impero unno si disgregò rapidamente a causa dell'incapacità dei successori di Attila di reprimere le rivolte per l'indipendenza dei sudditi degli Unni, portando alla rapida caduta dell'Impero unno. Il primo gruppo ad ottenere l'indipendenza fu quello dei
Gepidi di re Arderico, che, approfittando di una lotta per la successione tra i tre figli di Attila (
Dengizich,
Ellac e Ernac), colsero l'occasione per rivoltarsi, riuscendo a sconfiggere nel 453-454 l'esercito unno inviato per sopprimere la rivolta
presso il fiume Nedao, costringendo gli Unni a riconoscere loro l'indipendenza. Giordane scrisse che con questa vittoria Arderico «liberò non solo la sua tribù, ma anche tutti gli altri popoli oppressi» dal giogo degli Unni, ma sembra che Giordane abbia semplificato troppo la vicenda e che in realtà le lotte per l'indipendenza dei vari popoli durarono parecchi anni: infatti, la battaglia del fiume Nedao avvenne nel 453/454, ma l'Impero unno collassò definitivamente solo nel 468.Negli anni successivi tutti gli altri gruppi (come
Sciri,
Rugi,
Eruli,
Longobardi,
Ostrogoti) ottennero gradualmente l'indipendenza dagli Unni, e nel 468 gli Unni persero definitivamente la propria indipendenza, finendo per essere arruolati come mercenari dall'Impero romano d'Oriente.
Ex sudditi degli Unni
Gli Eruli
A partire dal 465 ca., collassato l'Impero unno, Sciri, Rugi e altri gruppi germanici, un tempo sudditi degli Unni, migrarono in Italia, dove vennero reclutati nell'esercito romano come mercenari dal generale romano di origini barbariche Ricimero. La vita di San Severino narra che, durante il suo viaggio in Italia, Odoacre si fermò nel Norico e incontrò Severino il quale gli predisse il suo successo.
La pesante crisi sofferta dall'
Impero romano d'Occidente culminò con la rivolta dei mercenari barbari presenti in
Italia, che, sotto la guida di
Odoacre, deposero l'ultimo
Imperatore romano d'Occidente.
Odoacre, infatti, era re degli
Eruli, e mise definitivamente fine all'esistenza ormai solo "formale" dell'Impero d'Occidente, deponendo l'imperatore fantoccio
Romolo Augusto (
476) e rispedendo le insegne imperiali a Costantinopoli da Zenone, che ringraziò conferendogli il titolo di "patrizio" e concedendogli il governo dell'
Italia, che Odoacre tenne fino al
493, quando venne sconfitto dagli
Ostrogoti di
Teodorico. L'evento della deposizione fu in realtà solo una formalità, che non destò grande scalpore tra i contemporanei, ma che è stato poi scelto dagli storiografi come evento culminante che convenzionalmente separa l'
Evo Antico dal
Medioevo.
Gli Ostrogoti
Gli Ostrogoti erano un gruppo di Goti sudditi degli Unni. Giordane scrisse che tutti i Goti (cioè gli Ostrogoti) che non avevano chiesto ospitalità all'Impero d'Oriente nel 376 e che erano finiti sotto l'egemonia degli Unni furono per lungo tempo governati dal Casato degli Amali, ma per alcuni studiosi, questa sua affermazione è di dubbia attendibilità: la sua fonte, la storia gotica di Cassiodoro, era una sorta di storia celebrativa delle gesta degli Ostrogoti e del Casato degli Amali, per cui potrebbe aver distorto, accentuandola di parecchio, l'effettiva importanza del Casato degli Amali, a cui Teodorico, il commissionatore dell'opera, apparteneva. Giordane scrive che, prima dell'ascesa al potere di Valamer Amal, zio di Teodorico, i Goti non erano affatto governati dagli Amali, e narra delle imprese di un non ben precisato re Balamber, che avrebbe sconfitto diversi capi tribali goti. Heather ha ipotizzato che questo Balamber vada identificato con Valamer, in quanto Valamer e Balam(b) er in greco si scrivono allo stesso modo, e dunque la sua "scissione" in due personaggi distinti sarebbe stato un "pasticcio" di Giordane.Secondo Heather, quindi, solo in seguito alle gesta belliche di Valamer, la dinastia degli Amali riuscì a unificare sotto il suo controllo diversi gruppi distinti di Goti, sconfiggendo i loro capi tribali; secondo lo stesso Heather, queste lotte per l'unificazione del comando sotto un unico re avvenuta tra gli Ostrogoti, sarebbe da datare in seguito al decesso di Attila, perché il re unno era troppo intelligente e carismatico per permettere un processo che rischiava di minare l'egemonia unna.
Una volta unificati sotto il comando di Valamer, gli Ostrogoti sconfissero in battaglia gli
Suebi, i quali, allora, sobillarono altri gruppi barbari, come ad esempio gli
Sciri, contro gli Ostrogoti: gli Sciri riuscirono a uccidere in battaglia Valamer, ma gli Ostrogoti riuscirono comunque a vendicare l'uccisione del loro re sconfiggendoli e sottomettendoli. Gli Svevi, gli Sciri superstiti, i
Rugi, i
Gepidi, i
Sarmati e altri gruppi di barbari, a questo punto, si coalizzarono tra di loro per cercare di contrastare l'egemonia degli Ostrogoti, ma vennero anch'essi sconfitti dagli Ostrogoti in una battaglia combattuta presso il fiume Bolia.Nel corso di queste lotte per l'egemonia nella zona, gli Ostrogoti combatterono anche contro gli
Unni, uscendone vincitori; l'aumento della potenza degli Ostrogoti e l'indebolimento degli Unni è esemplificato dagli obiettivi degli Unni nelle due campagne: se la prima volta gli Unni erano intenzionati a scontrarsi con gli Ostrogoti per sottometterli nuovamente sotto il loro giogo, nella seconda campagna, avvenuta anni dopo, cercarono semplicemente di arrestare il processo di espansione degli Ostrogoti.
Gli
Ostrogoti, stanziati nella zona dell'attuale
Serbia a seguito della disgregazione degli
Unni, furono ingaggiati dall'imperatore d'Oriente
Zenone per liberare l'Italia dal dominio di
Odoacre. Sotto la guida del loro capo
Teodorico, si trasferirono in Italia nel
489 e riuscirono a sconfiggere Odoacre. Teodorico ottenne dall'imperatore
Anastasio I il titolo di
patricius e il suo popolo ottenne pieni diritti sulle terre occupate.