mercoledì 1 gennaio 2020

Vite quasi parallele. Capitolo 42. Scene da un matrimonio

Come previsto, anche il caso della scomparsa di Federico Traversari fu insabbiato a dovere dall'ispettore Tartaglia, dal giudice istruttore De Gubernatis e dal senatore Baroni, i potenti cognati di Ettore Ricci, mentre la signorina De Toschi cercava, dal suo salottino, di minimizzare l'accaduto.
Ma questa volta Ettore capì subito di trovarsi in un mare di guai:
<<C'è qualcuno che vuol farsi interprete dei miei desideri, andando troppo oltre. Certo, io odiavo Federico, per forza, era l'amante di mia moglie, ma siccome avevano fatto tutto con grande discrezione, non desideravo certo la sua morte, anche perché io non sono a mia volta un marito esemplare, e Diana ha avuto il buon senso di non fare mai storie per i miei tradimenti.
Ma adesso la gente è convinta che sia stato io a far uccidere Traversari, e credo che ne siano convinti anche molti miei sostenitori. Insomma è uno scandalo, l'ennesimo scandalo, ed io non so nemmeno a chi dare la colpa>>
Il problema è che il colpevole era proprio colui col quale Ettore si stava confidando, il suo apparentemente fedelissimo braccio destro Michele Braghiri, che cercava in segreto di spodestarlo dalla guida del clan Ricci-Orsini, con una strategia mirata a indebolire sia la potenza dei Ricci che la rispettabilità dei Conti Orsini di Casemurate.
Lo scandalo che si era abbattuto sulla moglie di Ettore, la contessa Diana Orsini, era stato devastante, ma era ben poca cosa rispetto al suo dolore.
Un nuovo lutto si era abbattuto su di lei: dopo aver perso la sorella minore, il fratello e il padre, ora aveva perduto l'uomo che amava, e si era ritirata ancora una volta nella sua stanza "di vecchie pietre" a danzare con i suoi fantasmi.
Questa volta il colpo era stato ancora più duro e a farne le spese fu, come era inevitabile, ciò che rimaneva del suo matrimonio con Ettore.
Quando lui si presentò nella stanza di Diana dopo la morte di Federico, capì subito che, almeno nella sostanza, si era giunti alla fine.
Diana lo aveva scrutato in silenzio per un po', poi aveva sentenziato:
<<E' difficile credere che stavolta tu non c'entri per niente. E io non so nemmeno cosa sia meglio credere, perché se veramente non sono stati i tuoi scagnozzi a uccidere Federico dietro tuo ordine, allora vuol dire che tu hai perso il controllo della situazione e che quindi la nostra stessa famiglia è vulnerabile. Ti sei circondato di collaboratori inaffidabili, primi tra tutti i coniugi Braghiri: lui è un invidioso viscido verme e lei una strega spiona e traditrice. Fosse per me li avrei cacciati da un pezzo. Ma tu, nonostante tutte le arie da uomo astuto che ti dai, alla fine sei solo un ingenuo>>
Ettore non aveva mai dubitato della fedeltà dei coniugi Braghiri:
<<Non vedo perché Michele e Ida dovrebbero tradirci! Tutto quello che sono lo devono a noi, e se noi cadiamo, loro cadrebbero con noi!>>
Diana scosse il capo:
<<Ci scommetto la testa che Michele ha alterato la contabilità in modo che, se dovessero esserci delle contestazioni, tu risulteresti colpevole e lui addirittura vittima degna di risarcimento. Sono capaci di tutto. Il loro obiettivo è di far sposare la nostra Margherita con quello sbruffone di loro figlio Massimo, e te lo dico adesso: io non lo permetterò mai! Dovranno passare sul mio cadavere! Margherita, Silvia e Isabella saranno libere di sposare chiunque tranne Massimo Braghiri>>
Ettore sbuffò:
<<Sposeranno chi dico io!>>
A quel punto Diana ebbe una crisi di nervi destinata a passare alla storia.
Si gettò addosso al marito e lo prese a calci, pugni e unghiate.
<<Sposeranno chi vogliono loro! Non ci saranno più matrimoni combinati come il nostro, in questa famiglia! Mai più! Mai! Mai!>>
Quando la governante Ida Braghiri entrò nella stanza, Diana prese un vaso e glielo tirò in testa:
<<Strega! Lo so che tu e tuoi marito ci state ammazzando uno alla volta. Ma ti giuro che non vi prenderete niente: né la mia casa, né la mai famiglia, né la mia Contea. Non ti voglio più tra i piedi, lurida assassina!>>
La Braghiri batté in ritirata.
Ettore Ricci approfittò di quel diversivo per darsela a gambe.
Da quel giorno tutto cambiò.
Diana si vestì a lutto, per onorare la scomparsa dell'amante, e non uscì quasi mai dalla sua stanza, per lunghissimo tempo.
Assunse una cameriera personale del tutto indipendente da Ida Braghiri, che estromise dai piani superiori della Villa.
Ma soprattutto smise di parlare a Ettore, e ammise l'ingresso alla sua stanza soltanto alla cameriera, alle figlie e alla contessa madre Emilia.
Lassù nelle stanze dove erano vissuti gli antichi conti di Casemurate, Diana rimase, ancora una volta, a danzare con i suoi fantasmi, quelli che aveva perduto e quelli che aveva trovato, e quelli che l'avevano amata di più.
Quelli che se se n'erano andati da così tanto tempo che lei non riusciva nemmeno a ricordarne il nome, facevano danzare la sua ombra sulle vecchie pietre umide, e le scrollavano di dosso tutta la sofferenza e il tormento.
E lei non voleva più uscire da lì, lei non voleva più andarsene da lì.
E i fantasmi danzavano per tutto il giorno e la notte, dall'inverno all'estate e dall'estate all'inverno, fino a che le mura stesse della sua casa creparono e si riempirono di muschio.
E lei non voleva uscire, lei non voleva andarsene.
Tutto il suo riscatto dipendeva dalle sue figlie e dalle loro scelte.
Loro avrebbero trovato il coraggio e i mezzi per fare giustizia.
Diana sapeva che avrebbe dovuto attendere che i suoi nemici facessero un passo falso : solo allora avrebbe potuto prendersi la sua rivincita.
Sapeva inoltre che l'attesa sarebbe durata a lungo, e per anni ella attese, e attese, e attese...
Nella vita bisogna saper attendere.


High in the halls of the kings who are gone
Jenny would dance with her ghosts
The ones she had lost and the ones she had found
And the ones who had loved her the most
The ones who'd been gone for so very long
She couldn't remember their names
They spun her around on the damp old stones
Spun away all her sorrow and pain
And she never wanted to leave, never wanted to leave
Never wanted to leave, never wanted to leave
They danced through the day
And into the night through the snow that swept through the hall
From winter to summer then winter again
'Til the walls did crumble and fall
And she never wanted to leave, never wanted to leave
Never wanted to leave, never wanted to leave
And she never wanted to leave, never wanted to leave
Never wanted to leave, never wanted to leave
High in the halls of the kings who are gone
Jenny would dance with her ghosts
The ones she had lost and the ones she had found
And the ones
Who had loved her the most.