martedì 24 febbraio 2015

Estgot. Capitolo 33. Catabasi



C'era un terzo libro, che sporgeva leggermente meno degli altri, e non aveva alcun titolo, se non le iniziali della sua proprietaria MBR (Margaret Burke Roche).



Waldemar provò ad estrarlo, ma incontrò una certa resistenza, finché non sentì scattare una molla ed azionarsi un meccanismo. 
Vide che quel ramo della libreria incominciava a ruotare in senso orario.
Sorpreso, indietreggiò di alcuni passi.
La libreria continuò a ruotare fino a quando non ebbe percorso un angolo di 90 gradi, disponendosi perpendicolarmente al resto del muro.
Dietro vi era un corridoio malmesso, freddo, ma fiocamente illuminato.



I muri erano ricoperti di carta da parati stracciata e i pavimenti erano polverosi.
Il corridoio continuava fino alla parete, dove uno specchio rifletteva la luce proveniente dalla finestra della stanza di dietro.
Era una luce blu, come quella della notte fredda e nevosa che aveva avvolto il tetro maniero di Sleepy Provicende.



Si avvicinò in direzione dello specchio, che creava l'illusione del proseguimento di quell'angusto corridoio.
Chiaramente doveva esserci un altro passaggio segreto dietro a quello specchio.
Guardò ai lati dello specchio alla ricerca di qualcosa che avrebbe potuto azionare un meccanismo di apertura.



Trovò quasi subito quello che cercava: tra le tante decorazioni della carta da parati c'era quella che lui stava cercando: un arazzo che rappresentava il simbolo del Drago Rosso con la Fiamma.



Le sue mani sfiorarono con delicatezza il punto in cui la fiamma fuoriusciva dalla bocca del drago. 
Si accorse che proprio in quel punto c'era un pulsante.
Decise che valeva la pena rischiare e lo premette senza esitazione.
Lo specchio allora si sollevò e finalmente Waldemar poté vedere quello che c'era dietro: una scala molto ripida, che scendeva in profondità, lungo uno stretto cunicolo arcuato.



Aveva con sé una torcia elettrica carica e quando illuminò il fondo di quella galleria, vide che c'erano altre scale.
Pareva che la discesa, la catabasi, dovesse durare all'infinito.
Incominciò a scendere, incurante del freddo e della claustrofobia.
Dopo un periodo di tempo imprecisato giunse finalmente alla fine delle scale.
Da lì una specie di catacomba si dipartiva orizzontalmente.



Bisognava stare molto attenti a non perdersi, ma per fortuna le diramazioni dal corridoio principale erano molto più strette e quindi facilmente riconoscibili e memorizzabili.
Andò avanti per un bel po', finché non gli parve di scorgere un'ombra in lontananza.
Era una figura femminile vestita di bianco, con lunghi capelli sciolti, chiarissimi, e per un istante Waldemar ebbe l'impressione che si trattasse di un fantasma, o peggio ancora di una banshee pronta a terrorizzarlo col suo urlo diabolico.
In quel momento, forse più che in ogni altra occasione nella sua vita, Roman Waldemar ebbe paura e temette di essere destinato a soccombere.









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