sabato 15 ottobre 2022

Recensione complessiva de "Gli Anelli del Potere - The Rings of Powers" da parte di un tolkieniano ortodosso, ma non fondamentalista.



Ora che la prima stagione de Gli Anelli del Potere si è conclusa è tempo di esprimere una valutazione complessiva della serie tv.
Alla luce dell'ottavo ed ultimo episodio, così ricco di avvenimenti e colpi di scena, si possono capire meglio alcune dinamiche precedenti, e correggere il tiro nei confronti di alcune questioni di cui si è molto discusso nel corso di questa prima stagione.
Si è detto e si è scritto, anche da parte mia, che il ritmo delle puntate precedenti era stato troppo lento ed ora viene da pensare che, considerando il ritmo e la rapidità con cui si sono svolti gli eventi cruciali nell'ultima puntata (svelamento di Sauron, sua collaborazione con Celebrimbor, suo smascheramento da parte di Galadriel e forgiatura degli Anelli del Potere) tutto questo materiale poteva essere distribuito nelle puntate precedenti, magari tagliando alcune scene meno importanti ed allora ci sarebbe stato un entusiasmo maggiore da parte degli spettatori.
Ma cerchiamo di andare con ordine, partendo dall'inizio, un mese e mezzo fa.

L'aspettativa era enorme: Prime Video e Amazon Originals hanno investito una somma colossale in questa serie, per fare di essa una specie di "nave ammiraglia" della flotta destinata, almeno nelle intenzioni, a sfidare colossi come Netflix, HBO, Disney+ (con Lucasfilm incorporata). 
Tutti i pregi e i difetti della serie si sono manifestati già dalle prime due puntate, trasmesse insieme il 2 settembre 2022, trentanovesimo anniversario della morte di J.R.R. Tolkien, e vista da ben 25 milioni di telespettatori, molti dei quali hanno reagito negativamente (per usare un eufemismo), abbandonando la visione della serie per motivi di cui parleremo.
Le polemiche hanno tenuto banco fino alla seconda puntata, della quale non è stata resa nota l'audience (almeno per quanto ne sappiamo), dopodiché è subentrato un dibattito tra pochi eletti, con il sospetto che alcuni difensori d'ufficio fossero in qualche modo collegati con la casa produttrice, specialmente sui social media, primo tra tutti Twitter, da cui è emerso che il numero di commenti era nettamente inferiore e molto meno entusiasta del principale concorrente, The House of the Dragon, della HBO.
Teniamo subito a precisare che chi scrive appartiene alla fascia di spettatori che ha continuato e continuerà a vedere The Rings of Power, augurandosi che possa raggiungere la quinta serie, cosa non scontata, e che gli autori e i produttori ascoltino le critiche costruttive e ponderate di chi vuole evitare che, per dirla con un proverbio del passato, si butti via l'acqua sporca col bambino dentro, perché riteniamo che nonostante tutto, è possibile rimediare a gran parte degli errori commessi in questa prima stagione.
Ma entriamo ora nel merito della recensione vera e propria, esaminando tutti i vari aspetti.

I personaggi e le linee narrative

Gli eventi si svolgono durante la Seconda Era della Terra di Mezzo (o per meglio dire, di Arda, l'universo creato dalla mente geniale del professor Tolkien) e quindi più di tremila anni prima degli eventi de Il Signore degli Anelli, che si colloca al termine della Terza Era.
Un prequel, dunque, molto lontano nel tempo, che lasciava ampio margine di autonomia narrativa, dal momento che non c'era un romanzo vero e proprio a cui ispirarsi, ma una serie di informazioni che sono contenute nelle Appendici dello stesso SdA (che ci offre una cronologia molto chiara) e nelle opere edite a cura di Christopher Tolkien, figlio del Professore, escluso però Il Silmarillion di cui la Tolkien Estate ha preferito conservare i diritti televisivi (per fortuna).
Tra queste opere menzioniamo I racconti incompiuti, I racconti ritrovati e I racconti perduti.
Il materiale da cui trarre ispirazione quindi c'era ed aveva una sua struttura solida e di grande pregio.
Purtroppo, per motivi a nostro avviso poco comprensibili, si è scelto invece di attingere a qualcosa che abbiamo ironicamente definito "I racconti mai scritti", il che vuol dire che riguardo alla trama ci si è presi troppe libertà rispetto al canone tolkieniano.
Chi scrive è un tolkieniano ortodosso, ma non fondamentalista, nel senso che, pur considerando gli scritti di Tolkien una sorta di Bibbia personale, letta, studiata e interpretata secondo l'esegesi canonica del devoto figlio del Professore, ammette che, per esigenze di copione e di ricezione del pubblico, è ammissibile apportare delle modifiche, ma solo se è davvero necessario.
Qui invece, e dispiace dirlo, ci sono stati dei veri e propri stravolgimenti che non erano affatto necessari.
La Cronologia di Tolkien è stata compressa e nel contempo annacquata con apporti alquanto discutibili: eventi distanti mille anni sono stati resi contemporanei, e questo lo si sarebbe anche potuto capire se non ci fosse stato, però, l'inserimento di linee narrative completamente inventate, con personaggi altrettanto inventati, che hanno accentuato le perplessità del pubblico dei tolkieniani (più o meno esperti), e che in buona parte mancano di quel necessario carisma per convincere gli altri spettatori, o per lo meno creare una sufficiente empatia, anche per ragioni che riguardano la scelta del cast, ma su questo punto è necessario un discorso a parte, essendoci state polemiche su questioni politicamente sensibili.
La scelta di focalizzare l'attenzione sul personaggio della nobile elfa Galadriel è giusta, perché in effetti, nel canone tolkieniano, lei è presente fin dai primordi ed è un personaggio in perenne trasformazione, con molti lati oscuri, molti conflitti interiori e persino alcune ambiguità di fondo, che soltanto l'età, plurimillenaria, (seppur perennemente giovane nell'aspetto, come tutti gli Elfi tolkieniani) le permetterà di superare, giungendo alla massima saggezza e positività.
Ma questa è la Galadriel degli scritti di Tolkien, della quale viene descritta l'impulsività giovanile e l'indubbio coraggio, ma di cui non si dice nulla dell'aspetto sul quale invece la serie tv ha puntato, e cioè la destrezza nel maneggiare le armi e persino nel condurre gli eserciti.
E il motivo non è certo quello che alcuni credono, e cioè che Tolkien relegasse i personaggi femminili a ruoli stereotipati: non è così, basti pensare all'importanza che ha attribuito ad Eowin, la principessa guerriera di Rohan.
Gli autori della sceneggiatura hanno deciso che da giovane Galadriel fosse come Eowin, decisione che può avere varie e comprensibili motivazioni, ma il cui esito è discutibile, perché il personaggio che emerge dalle azioni e dalle parole della serie, è troppo stereotipato e piatto per suscitare empatia oppure ammirazione, oppure anche avversione emotivamente partecipata.
Certo, un po' di evoluzione c'è, alla fine, però si poteva rendere meglio dal punto di vista psicologico e questo mancato approfondimento caratterizza anche altri personaggi ed è dovuto, come è stato chiaro fin dall'inizio, al fatto che la qualità letteraria dei dialoghi è deludente: troppi luoghi comuni, troppe frasi fatte che sfiorano pericolosamente la banalità, e questo è un imperdonabile dilettantismo, forse l'elemento più grave di tutti, un'offesa all'originalità di Tolkien, che sapeva dosare nella giusta misura l'umorismo con la commozione, l'epicità con la tragedia, la fragilità con il coraggio, l'apparente leggerezza con l'abissale profondità. Dov'è andato a finire tutto questo?
Nelle prime puntate emerge solo il forte legame col fratello Finrod (di cui è sottinteso il nome e la cui morte viene descritta in maniera imprecisa per il fatto che Amazon Prime non possiede i diritti sul Silmarillion e non può entrare nello specifico degli eventi della Prima Era) e dunque l'unico movente dell'ostinazione di Galadriel è la vendetta contro Sauron (il grande assente che abbiamo atteso per otto puntate) che all'inizio la fa apparire spietata, ostinata e fastidiosa persino all'amico e parente Elrond e al re Gil-Galad, mentre solo più avanti viene detto, così, en passant, che il marito Celeborn è dato per morto in battaglia, cosa palesemente falsa, ma inserita forse per lasciare più libertà sentimentale al personaggio che però fino ad ora non ha mostrato attrazione per nessuno, se non, forse, per il misterioso Halbrand, uno dei personaggi sulla cui identità si è molto discusso, e che infatti si è rivelato essere ciò che molti sospettavano che fosse
Usare il nome "Annatar", seguendo il canone tolkieniano, avrebbe certamente svelato le carte fin dall'inizio e quindi comprendiamo la ragione del cambio di nome e dell'assenza del personaggio che si cela dietro le sue avvenenti sembianze.
Ritorneremo su di lui, ma prima vogliamo parlare degli altri personaggi, partendo da quelli "canonici".
Elrond è abbastanza coerente con la caratterizzazione datagli da Tolkien, soprattutto per la sua saggezza e la sua amicizia con i Nani, e i dialoghi tra lui e Durin IV sono buoni, divertenti e a tratti persino profondi, specialmente quando Elrond parla di suo padre Earendil il Marinaio, un argomento che andava sviluppato maggiormente nella linea narrativa di Numenor.
Al riguardo c'era una possibilità: la grande statua del porto di Numenor rappresentava proprio Earendil, ma ci viene detto solo nei "trivia" mentre avrebbe meritato una menzione esplicita.
Altra occasione perduta per parlare della famiglia di Elrond (senza bisogno di citare il Silmarillion), è nella scena in cui Galadriel parla con Elendil, (di cui però si tace il rango di Principe di Andunie, facendolo sembrare un semplice capitano di vascello) e commenta un affresco raffigurante Elros Tar-Minyatur, primo re di Numenor, figlio di Earendil ed Elwing, e fratello gemello di Elrond, che al contrario di quest'ultimo scelse una vita mortale. Era l'occasione per parlare di uno degli elementi più suggestivi della famiglia di Earendil, e invece Galadriel liquida il tutto con una battuta del tipo "Elros era una persona, ma io preferisco Elrond, suo fratello". Capiamo le esigenze della "brevitas", ma siccome si è dedicato fin troppo tempo a personaggi non canonici di cui si poteva fare benissimo a meno, era preferibile approfondire la vita, la storia e la personalità dei due gemelli Mezzelfi e del loro legame con la stirpe di Numenor.
C'è un elemento involontariamente comico nell'amicizia tra Galadriel ed Elrond ed è il fatto che sembrano coetanei e pare quasi che il secondo abbia un debole per lei, quando invece sappiamo (o dovremmo sapere, visto che nemmeno Peter Jackson, nella sua grandezza, si è soffermato sull'argomento), che Elrond sposerà Celebrian, la figlia di Galadriel e Celeborn, che all'epoca non era ancora nata. Forse era in quel momento che si sarebbe dovuto dire che Celeborn era apparentemente caduta in battaglia (elemento creato solo dalla serie tv) ed Elrond pareva fare gli occhi dolci alla futura suocera, che però lo considera un semplice "letterato". 
Si è mostrata molta allergia agli alberi genealogici, trascurando elementi fondamentali nei rapporti tra i vari personaggi canonici tolkieniani.
Sia Elrond che Galadriel erano membri della Famiglia Reale dei Noldor, e l'importanza dei loro incarichi derivava anche da questo, e questo legame, pur essendo materia del Silmarillion e quindi fuori dal copyright, era un argomento ampiamente trattato nelle famose Appendici e nei Racconti Incompiuti.
Da lì apprendiamo che erano anche cugini di Gil-Galad e di Celebrimbor.
Le linee narrative di entrambi meritavano un approfondimento, che si spera potrà esserci nella prossima stagione. Per Tolkien il regno di Gil-Galad fu l'età dell'oro per gli Elfi della Terra di Mezzo, tanto che il Lindon ci viene presentato come una sorta di Camelot e proprio nei capitoli iniziali del Signore degli Anelli viene citata un'opera poetica sull'argomento della grandezza di questo Alto Re e della sua morte gloriosa, dopo un regno durato tre millenni (il più lungo nella storia elfica della Terra di Mezzo, cioè tutta la Seconda Era). C'è una grande nostalgia in questo poema, che traspare bene dalla traduzione classica il cui incipit già ci conduce verso un passato eden a cui non si può fare ritorno: "Gil-Galad sugli Elfi solea regnare / quando i giorni erano giovani e belli [...] ora tristi cantano i menestrelli / del suo regno perduto tra i monti e il mare". Bastano queste parole per evocare un'Età dell'Oro irreparabilmente distrutta, ma non per colpa di Gil-Galad, bensì di Celebrimbor, nipote di quel Feanor che per gli Elfi fu sotto molti aspetti la causa di tutti i mali (ma anche di tutte le avventure). 
Tutto questo non traspare in maniera sufficiente e anzi la trama viene ribaltata introducendo un elemento non canonico e non necessario, ossia una presunta malattia degli Elfi che solo il mithril potrebbe guarire, se fuso in una lega metallica con oro e argento di Valinor.
La domanda che ogni tolkieniano degno di questo nome si è posta è molto semplice: "Perché?"
Che bisogno c'era di inventarsi questa cosa?
Forse per introdurre i Nani nella linea narrativa di Elrond e Celebrimbor, e nel contempo mostrare il risveglio del Balrog, e possiamo quindi comprendere che c'erano buone intenzioni che in parte sono state condivisibili.
Tuttavia la questione della "malattia" sminuisce un elemento morale di una certa rilevanza.
Tolkien attribuisce la causa della rovina di Moria e dell'Eregioni a due aspetti moralmente deprecabili: l'avidità di ricchezze dei Nani di Moria e l'avidità di potere degli Elfi dell'Eregion, e in particolare di Celebrimbor, che viene ingannato da Sauron in persona sotto le mentite spoglie di Annatar, qui chiamato Halbrand, il quale in effetti come fabbro se la cava molto bene e mostra di avere straordinarie capacità di sopravvivenza e combattimento.
Chi altri avrebbe potuto essere Sauron? Non certo lo Sconosciuto, il cui modo di atteggiarsi ricorda troppo la mirabile interpretazione di Ian McKellen per non capire che abbiamo a che fare con un giovane Gandalf improbabilmente piombato dal cielo dentro un meteorite (anche qui si rasenta il ridicolo), ma concediamo pure questa libertà se ci offre il piacere di vedere com'è nata l'amicizia tra gli Hobbit e lo stregone, anche se i primi sono ancora Harfoot (Pelopiedi) e il secondo è un po' troppo lento ad imparare. Questa linea narrativa è molto slegata dalle altre e, per quanto buffa, a volte è troppo lenta e carente di avvenimenti più significativi.
Non ci è dato alcun indizio sui tre personaggi androgini detti Mistici (totalmente non canonici e di dubbia necessità). Sono tre sacerdotesse malvage che attendono l'arrivo di Sauron, ma sbagliano clamorosamente nell'identificarlo, rivelandosi poco sagaci e sostanzialmente inutili. Le intenzioni degli autori erano quelle di depistare lo spettatore, anche se l'effetto percepito è più quello di aver allungato ulteriormente il brodo di una linea narrativa già fin troppo diluita, o per insaporire il suddetto brodo, con risultati però non eccelsi.

Ammettiamolo: nelle prime puntate la sensazione è che non succeda quasi mai niente di rilevante, e che tutto ciò che accade sia finalizzato più che altro a farci conoscere i personaggi e a farci fare una specie di giro turistico panoramico per apprezzare i meravigliosi panorami e paesaggi, e la maestria con cui si è costruita una scenografia davvero spettacolare. 
Questo è certamente uno dei punti di forza della serie e di certo siamo grati per la possibilità che ci è stata offerta di osservare e apprezzare questi effetti speciali di altissimo livello.
Il problema è che si è investito troppo sull'aspetto scenografico e troppo poco sulla sceneggiatura e sul montaggio.

Il primo evento profondamente emozionante è quello legato alla linea narrativa degli Orchi del Sud che, capeggiati dal misterioso elfo malvagio Adar, riescono a fondare il regno di Mordor facendo esplodere il Monte Fato.
Questa linea si intreccia bene con le altre, ma non è esente da elementi che possono dar adito a una certa perplessità che coinvolge sia personaggi canonici completamente stravolti come la regina Tar-Miriel e l'onnipresente Galadriel, Elendil e Isildur, sia personaggi nuovi, in particolare Bronwin, suo figlio Theo, e l'elfo che si innamora della donna, Arondir.
Possiamo trovare interessante l'aver voluto approfondire il carattere di Tar-Miriel, introducendola durante una fase di Reggenza, con il padre Tar-Palantir ancora vivo, ma non più presente a se stesso (questa sorte toccò a Tar-Atanamir, ma queste sono minuzie da esperti).
Si è voluto fare anche di Miriel una guerriera coraggiosa che guida gli eserciti in guerra, e guai a dire che è l'esatto contrario della descrizione che ne dà Tolkien, pena l'accusa di sessismo che vogliamo assolutamente evitare.
Lungi da noi prestare il fianco a queste polemiche, ma riteniamo doveroso almeno osservare che l'attribuzione della futura debolezza di Miriel rispetto a Pharazon, (che forse ha accelerato la dipartita del Re) ad un accecamento della nuova Regina derivato dall'esposizione alla luce dell'esplosione del Monte Fato è una trovata quantomeno bizzarra, anche perché gli altri non hanno riportato quel danno, specialmente Galadriel che è rimasta impavida (e imprudente) di fronte all'ondata di fuoco e non ha riportato alcuna ustione e persino nessun danno ai capelli, superando in questo le capacità conservative di Daenerys Targaryen. 

Ma passando agli altri personaggi, già si è detto il nostro pensiero riguardo ad Elendil, ma non ancora quello riguardo ad Isildur.
E qui però si incomincia a camminare sulle sabbie mobili perché prima occorre affrontare il discorso della credibilità dei personaggi per quanto riguarda il loro aspetto fisico. 
Elendil ed Isildur dovrebbero essere padre e figlio, ma non sembrano nemmeno cugini di terzo grado.
Si dirà che Isildur potrebbe assomigliare alla madre, su cui purtroppo Tolkien non ha lasciato alcuno scritto e che quindi possiamo immaginarci molto simile all'attore che interpreta il futuro Re da cui discende Aragorn. Non compare il fratello Anarion, mentre compare una sorella che è la gioia e l'orgoglio del padre. Tuttavia Anarion viene menzionato rapidamente e non si capisce bene dove sia e perché, cosa che peraltro vale un po' per tutti i personaggi, compresi alcuni protagonisti.
Isildur è caratterizzato in maniera peculiare: è impacciato, insicuro, non stimato dal padre se non quando viene dato per morto, un po' come se fosse il Faramir della situazione.
Forse si è scelto di dare di lui questa immagine per giustificare il fatto che, pur essendo destinato a tagliare la mano di Sauron, sentirà la necessità di fare uso dell'Anello un po' come se fosse una dipendenza da sostanze dovuta ad una fragilità interiore. E' stato suggerito da altri, ma non è da escludere che si sia ragionato in questi termini per inserire un elemento di attualità sociale e riguardo a questo sospendiamo il giudizio in attesa della seconda stagione, che attendiamo con molto desiderio, sulla scia dell'effetto energizzante dell'ultimo episodio della prima.
Arondir va bene, però avremmo preferito che avesse i capelli lunghi secondo la moda elfica, perché ridurre gli Elfi a uomini con le orecchie a punta ci è parso un po' semplicistico.
Bronwin e Theo appaiono di minore utilità, in particolare quest'ultimo. Poi chi lo sa, magari diventerà il Re Stregone di Angmar, da grande...  tutto può succedere e tutto fa brodo, ma l'importante è non allungarlo troppo, questo brodo, specie se questo va a discapito dei personaggi carismatici.

Molto interessante è invece il personaggio di Adar, il "Padre" degli Orchi, tramite il quale gli autori della serie hanno affrontato una tematica che Tolkien non ebbe il tempo di chiarire, e cioè l'origine stessa degli Orchi. Una delle spiegazioni che si trovano negli scritti del Professore di Oxford è che si tratti di elfi torturati e resi malvagi dalle arti oscure, ma la questione resta piuttosto fumosa e lo stesso scrittore ne era consapevole, tanto che questo fu uno dei motivi per cui non pubblicò "Il Silmarillion" in vita (l'edizione avvenne a cura del figlio Christopher, come poi quella di tutte le altre opere postume) e lasciò incompiuti molti racconti. C'erano inoltre altri scritti che fornivano altre spiegazioni e anche su questo si è svolta l'enciclopedica attività filologica di Christopher Tolkien.
Riguardo alle versioni contraddittorie si è molto dibattuto e un interessante approfondimento riguardante su questo tema e sul dialogo tra Galadriel e Adar si può trovare presso il seguente link:  

https://tolkienitalia.net/lo-specchio-di-galadriel/?fbclid=IwAR0vrImVrhmK7-8rvn9KrPXmXsLEX_0PlcxooZnngTBnK82sIA4UqGt1F3U

Un altro tema originale che è stato affrontato riguarda l'origine del regno di Mordor, perennemente coperto dalle nubi in seguito all'eruzione del Monte Fato.
Scrive Cristina Nadotti su La Repubblica, che "La spettacolarità della scena e il suo impatto drammatico ha portato molti (i forum e gli appassionati di Tolkien sono una comunità attivissima e molto vasta) a chiedersi se dietro a questa trasformazione fantastica di un paesaggio possa però esserci un fondo di verità e se le eruzioni vulcaniche esplosive possano davvero essere innescate.
I vulcani eruttano roccia fusa, chiamata magma, a temperature comprese tra 700 e 1.300 °C. Le eruzioni vulcaniche possono essere effusive, formando colate di lava, o esplosive, quando vengono espulsi nell'atmosfera grandi frammenti di magma e roccia, ceneri fini e gas vulcanici. Quella del "Mount Doom", o Orodruin ne Gli Anelli del Potere, è raffigurata come eruzione esplosiva di tipo idro-magmatico, causata da grande abbondanza di gas vulcanici nel magma. Queste eruzioni si verificano quando il magma entra in contatto con acqua - come le acque sotterranee, gli oceani, i laghi, i fiumi, i ghiacciai o le lastre di ghiaccio - che si surriscalda fino a diventare vapore. L'energia termica del magma si trasforma così in energia meccanica esplosiva nel vapore".

[Work in progress: la pagina sarà aggiornata fino ad avere una recensione completa: questa è solo una prima bozza che ho voluto condividere con voi]











venerdì 7 ottobre 2022

Da qui all'Incoronazione. L'Operazione "Golden Orb" e la "Slim Monarchy". Le prossime riforme di re Carlo III che cambieranno il volto della Monarchia britannica

 


Ora che è terminato il periodo di lutto, re Carlo III e la sua famiglia hanno ripreso la loro attività istituzionale.
Il Re e la Regina Consorte, si sono ufficialmente trasferiti a Buckingham Palace. 
E' stata diffusa una nuova foto di Carlo III accanto alla celebre “red box”, la scatola rossa che viene consegnata al monarca ogni mattina, affinché prenda visione e firmi i documenti amministrativi del Governo britannico e di quelli riguardanti il Commonwealth.
Ci sono state anche alcune piccole, ma significative decisioni riguardanti sia il nuovo monogramma reale una C e una R sovrapposte (Carolus Rex) e una corona in stile Tudor che li sovrasta.
I lettori diranno che si tratta di un dettaglio trascurabile, e invece anche questo semplice atto è stato osservato e commentato al microscopio dall'informazione, sempre alla ricerca delle crepe nell'edificio della monarchia britannica. Alcuni titoli di articoli sono oggettivamente ridicoli, del tipo: "Ha copiato la firma di Cristiano Ronaldo" (di cui probabilmente Carlo III ignora persino l'esistenza") oppure "Carlo sceglie la corona di Enrico VIII. Camilla teme la sorte di Anna Bolena" ed altre simili amenità, a cui è meglio non concedere ulteriore spazio).




Nei giorni successivi è stata presentata la prima moneta da 5 sterline con l'effigie di re Carlo III.






La dicitura ai margini contiene abbreviazioni con il seguente significato complessivo:

Charles III Dei Gratia Rex Fidei Defensor

Carlo III è fautore di una monarchia più snella, a partire da un concetto più circoscritto di Famiglia Reale, come ha mostrato la prima fotografia ufficiale, dove, il Re è insieme alla Regina consorte, all’erede al trono William e alla moglie Kate, prontamente nominati Principi di Galles.




Oltre a loro e ai "principini" figli dei Galles, rimarranno membri "senior" pochissimi altri che ricoprono dignitosamente incarichi ufficiali, dalla principessa Anna al figlio Edoardo e moglie Sophie, per i quali potrebbe arrivare, come riconoscimento futuro per l'impegno dimostrato, il Ducato di Edimburgo.

Insomma, una monarchia non certo ‘borghese’ come quelle scandinave, ma meno soggetta alle temperie, agli scandali e al gossip che hanno scosso la famiglia allargata dei Windsor. La regina Camilla, detestata e vituperata dai sudditi ai tempi del divorzio di Carlo e poi della morte di Diana, sembra essere ormai risolta con una pacifica riabilitazione collettiva, non solo perché è evidente che la vera storia d’amore nella vita del nuovo re è sempre stata quella con l’attuale consorte, ma anche perché, saggiamente, la regina  Elisabetta, ha saputo riconoscere e premiare l'effetto rasserenante che la nuora ha sempre avuto riguardo alle insicurezze e agli sbalzi di umore dell'allora Principe di Galles. Per questo Elisabetta ha accompagnato l’ingresso della seconda moglie di Carlo nella vita familiare ed istituzionale, sanzionando pochi mesi fa il riconoscimento di Camilla conferendole la suprema onorificenza britannica, l'Ordine della Giarrettiera, e soprattutto inserendo nel comunicato ufficiale di Buckingham Palace per il Giubileo di Platino: “E’ mio sincero desiderio che diventi Regina consorte”.

Ma ci sono aspetti più concreti per i quali il regno di Carlo III rappresenta una svolta, infatti
ha preso il via, per i membri della monarchia britannica, la nuova politica di "spending review", a livello di sprechi e privilegi che dovranno essere necessariamente ridimensionati e in certi casi tagliati del tutto. L'obiettivo di questa inusuale manovra potrebbe giovare all’immagine della Famiglia Reale, ma anche alle casse di Buckingham Palace, che risentono della crisi degli ultimi due anni. 

Tra i membri reali, chi ha accolto positivamente la novità è la sorella di re Carlo, la principessa Anna, che lo ha dimostrato nel suo recente viaggio a New York, con un volo economico ed ecologico, in quanto la Princess Royal non ha viaggiato con un aereo privato, bensì con un volo di linea, portandosi dietro - da sola - il bagaglio a mano. Ma Anna non è la sola a corte a fare dei compromessi. 

Anche la regina consorte Camilla ha deciso di rompere la tradizione rinunciando alle dame di compagnia e mantenendo soltanto una ristretta squadra di assistenti che, in caso di bisogno, le possono dar sostegno. 
Inoltre, a condividere con Carlo la convinzione che i tagli alle spese fossero necessari, erano stati, da tempo, il principe William e sua moglie Kate, la nuova Principessa di Galles, che, tra le altre cose, già mesi fa avevano cominciato a cercare una dimora più piccola e meno sfarzosa di Kensington Palace, la loro residenza ufficiale londinese.
Si tratta dell'Adelaide Cottage, nei pressi del castello di Windsor.

Re Carlo ha dovuto compiere una scelta dolorosa, ossia licenziare parte del personale della sua precedente residenza, Clarence House. Alcuni membri dello staff che hanno contribuito al miglioramento dell'immagine di Carlo sono stati comunque premiati con il dislocamento presso altri importanti uffici e pochi "happy few" sono stati prescelti per integrare lo staff di Buckingham Palace.

Il Re per ora si trova a Balmoral (la residenza preferita della sua defunta madre, che secondo alcuni potrebbe diventare, un giorno, un museo pubblico in onore di Elisabetta II, che lì ha trascorso gli ultimi giorni della sua lunga vita.






Ma i maggiori risparmi si vedranno a partire dalla operazione “Golden Orb” ossia “Globo d’Oro” (simbolo del potere regale) che porterà all’Incoronazione del nuovo sovrano. Per ora trapelano solo dettagli, alcuni da confermare. Si era ipotizzato che la cerimonia potesse tenersi il prossimo 2 giugno, una data dal profondo valore storico, poiché segnerà i 70 anni dall’incoronazione, nel 1953, della regina Elisabetta. Successivamente è stato reso noto che la cerimonia avrà luogo il 6 maggio 2023 presso l'Abbazia di Westminster.




L’evento sarà più breve, non sarà una cerimonia in grande, avrà costi più contenuti e terrà conto delle diverse comunità e confessioni religiose presenti nel regno. Del resto Carlo è il sovrano più anziano a essere incoronato, quindi sarebbe meglio evitare di perdere tempo. Inoltre non possiamo sottovalutare le difficoltà dei nostri tempi, che avrebbero spinto il nuovo re a optare per una cerimonia più essenziale, senza rinunciare, però, alla solennità e al rispetto della tradizione, caratteristiche d’obbligo in simili circostanze.
Il trono su cui prenderà posto il re dovrà poggiare sulla celebre “Pietra del Destino” (conosciuta anche come "Pietra di Scone") in arenaria rossa, dal peso di 152 chilogrammi. La pietra, arrivata in Scozia nel 700 d.C circa., è custodita dal 1996 nel Castello di Edimburgo ed è un emblema leggendario, usato durante le incoronazioni dei monarchi scozzesi a Scone. Proprio secondo la leggenda su quella pietra Giacobbe avrebbe avuto la visione della Scala, collegamento tra il Cielo e la Terra, su cui salivano e scendevano gli angeli.

Una delle poche sicurezze che abbiamo in merito all’operazione “Golden Orb”, ovvero il fatto che l’incoronazione di Carlo si svolgerà nel 2023, lo dobbiamo a un curioso fatto di cronaca, riguardante Edward Fitzalan-Howard, Duca di Norfolk, il quale, fermato per non aver rispettato un semaforo rossi, si è giustificato sostenendo di essere molto impegnato con i preparativi per la cerimonia "che si terrà l'anni prossimo". Infatti, poiché il suo ducato è il più antico del Regno, il Duca di Norfolk è per tradizione il Primo Pari tra i Lords e ricopre il ruolo di Earl Marshal, (Gran Maresciallo della Corona) e pertanto ha l’incarico di presiedere ai preparativi per le esequie dei sovrani e a quelli per le incoronazioni dei successori.

La prima riforma istituzionale della Corona promossa da re Carlo III riguarda la funzione di Viceré (o "reggente in assenza"), che viene temporaneamente affidata ai parenti più stretti del sovrano qualora quest'ultimo si trovasse all'estero o fosse transitoriamente impossibilitato a svolgere il suo ruolo.
Di questi tempi turbolenti la Gran Bretagna sembra cambiare primo ministro alla velocità della luce (Liz Truss è durata solo 44 giorni) e cosa succederebbe se Rishi Sunak, il premier appena insediato, dovesse dimettersi in assenza di Carlo? Potrebbe riceve l’incarico nientemeno che dal duca di York, allontanato dalla vita pubblica dopo lo scandalo legato alla prostituzione minorile, o dal duca di Sussex che non risiede nemmeno più nel Regno Unito. Perché? A causa dei Regency Acts del 1937 e del 1953. Leggi troppo vecchie che non rispecchiano l’attuale assetto della famiglia reale. Riguardano l’organo definito Consiglio di Stato che comprende, oltre al coniuge del sovrano, i primi quattro eredi in linea di successione al trono che abbiano un’età maggiore di 25 anni. Questi sono: William, Principe di Galles; Harry, Duca di Sussex,; Andrea Duca di York e la principessa Beatrice. Un paradosso. Perché due di loro sono fuori dai giochi e Beatrice non è neppure considerata una working royal e infatti non percepisce alcun stipendio. Questi quattro più Camilla potrebbero svolgere i doveri costituzionali del re se lui non fosse in grado, per qualsivoglia ragione.
La questione è arrivata anche a Westminster. Alla Camera Alta il visconte di Stansgate ha chiesto se non fosse opportuno intervenire sul Consiglio di Stato visto che Carlo III si imbarcherà presto in una serie di viaggi intorno al mondo. Un altro Lord ha risposto ambiguamente, lasciando intendere però che il sovrano sia ben consapevole del problema e che verrà affrontato molto presto. È la prima volta che la questione Harry & Andrea viene affrontata in Parlamento.
Secondo fonti del Daily Mail la modifica del Regency Act era stata discussa da Carlo con la regina Elisabetta che era d’accordo nel modificarla. Ma invece di escludere persone specifiche dal Consiglio di Stato il re sarà in grado, con le nuove norme, di nominare altri consiglieri, a prescindere dalla loro posizione in linea di successione. In questo modo (forse) nessuno si offenderà e Carlo avrà eliminato le sue due spine nel fianco, il figlio Harry e il fratello Andrea.
I nuovi membri del Consiglio di Stato saranno Anna, Principessa Reale ed Edoardo, Conte di Wessex, sui quali il Re ripone la sua massima fiducia.
Il Governo ha già fatto sapere che sosterrà la riforma presso la Camera dei Comuni.

Ma la strada che attende Carlo III sarà in salita. In molti si chiedono se il nuovo Re riuscirà a mantenere vivo il Commonwealth,  e cioè a mantenere legami, anche leggeri, tra il Regno Unito e le ex colonie che un tempo costituirono l'Impero Britannico, dissoltosi durante i regni di Giorgio VI ed Elisabetta II, la quale ha gestito con saggezza la delicata fase di transizione, nonostante gli attriti, le tensioni e i comprensibili risentimenti degli stati che hanno ottenuto l'indipendenza o assunto la forma repubblicana. Tuttora, su 56 nazioni aderenti al Commonwealth, 15 riconoscono il monarca inglese come proprio Capo dello Stato. Carlo III dovrà far fronte alle tendenze centrifughe che ultimamente si sono manifestate nei Territori d'Oltremare, ossia alcune isole o penisole del mar dei Caraibi

Ma la maggiore preoccupazione per il nuovo sovrano riguarderà, come già è accaduto per sua madre, le spinte centrifughe in agguato anche all’interno dello stesso Regno Unito, che, in seguito alla legge sulla Devolution fortemente voluta da Tony Blair, ha consentito alle nazioni di Scozia, Galles e Irlanda del Nord il diritto di secessione tramite referendum. Sarebbe la disgregazione finale del Regno Unito, che si ridurrebbe alla sola Inghilterra. Carlo III sale al trono nel pieno delle scosse di assestamento del dopo Brexit, che hanno rimesso in discussione l’equilibrio tra le quattro nazioni. La Scozia non voleva staccarsi dall’Unione europea. Gli scozzesi hanno giudicato l’esito del referendum del 2016 come una autolesionistica scelta della maggioranza inglese. I suoi governanti, membri dello Scottish National Party, chiedono di nuovo un referendum sull’indipendenza. L’Ulster poi sta sperimentando le conseguenze negative dell’uscita dall’UE, che ha lasciato le sei contee britanniche del Nord Irlanda come un ibrido, mezzo dentro e mezzo fuori. Sono in molti ormai a Belfast a pensare e ad auspicare che alla fine si faccia anche qui un altro referendum, questa volta per l'unificazione con la Repubblica d’Irlanda, quella di Dublino.  

Insomma, scenari da far tremare i polsi, mentre re Carlo ha già una età in cui anche i più accaniti stakanovisti cedono alla pensione. Ma l’adrenalina di essere finalmente arrivato al traguardo lo sostiene brillantemente, come si è visto in queste prime giornate. Il suo regno non potrà essere lungo per ragioni anagrafiche e William appare come un giudizioso erede, che può contare sulla popolarità della moglie Kate, la quale finora non ha sbagliato un colpo, grazie alla solidità dell’impegno nello svolgere bene la sua parte, senza strafare e senza sbavature. Ora è Kate la Principessa del Galles, e inevitabile sarà il confronto tra lei e l'ancora amata Diana, il cui mito l'ha resa una delle icone più celebrate nel recente immaginario collettivo.

La storia corre veloce, le nuove generazioni già si preparano. Long live the King, Dio salvi re Carlo III. Lunga vita al Re!















Re Carlo III del Regno Unito appartiene ufficialmente alla Casa Reale di Windsor, che in precedenza si chiamava Casa di Sassonia-Coburgo-Gotha, il cui cognome era Wettin. Era la stirpe del principe Alberto, consorte della regina Vittoria, ultima sovrana britannica della Casa di Hannover o di Brunsvik-Luneburg, il cui cognome era Welfen. Ma il padre di re Carlo III era il principe Filippo Mountbatten, un cognome inglesizzato da Battenberg, e infatti la madre di Filippo era Alice di Battenberg. Ma il padre di Filippo era il principe Andrea di Grecia e Danimarca e apparteneva alla Casa Reale di Schleswig-Holstein-Sonderburg-Glucksburg, il cui cognome era Oldenburg.
Di conseguenza, re Carlo III, in linea maschile patrilineare è uno Schleswig-Holstein del ramo Sonderburg-Glucksburg che ha regnato su tutta la Scandinavia e ne porta ancora i segni nel suo stemma.





Aggiorniamo la situazione riguardante lo status dei singoli membri della Famiglia Reale.

Il Principe di Galles, William e la Principessa di Galles, Kate, ricevono in appannaggio come residenza di campagna la Royal Lodge presso il comprensorio reale di Windsor.

Il Duca di York, precedente inquilino della Royal Lodge, risiederà nel palazzetto di Frogmore, sempre all'interno del comprensorio reale di Windsor, ma di dimensioni più modeste e minori spese di manutenzione. La residenza sarà condivisa con la Duchessa di York, Sarah e con la figlia Eugenia, il marito di lei e i loro figli.

Il Duca di Sussex riceverà un equo indennizzo per la cessione della residenza di Frogmore e qualora dovesse ritornare a risiedere con la famiglia nel Regno Unito avrà una residenza confacente ai doveri che accetterà di seguire. Entrambi i suoi figli, pur non avendo i genitori il titolo di Altezza Reale, sono comunque riconosciuti a tutti gli effetti come Principi del Regno Unito, inseriti nella linea di successione e con la possibilità di svolgere, se lo vorranno, attività pubblica remunerata.

Il principe Edoardo, già Conte di Wessex, è nominato Duca di Edimburgo secondo la parola data da Sua Maestà il Re al defunto padre Filippo e allo stesso Edoardo, di modo che il Ducato sia assegnato alla linea di discendenza dei Mountbatten-Windsor.




















P.S.
Carlo è un nome regale che si ricollega a una lunga tradizione risalente a Carlo Magno, la cui incoronazione imperiale avvenne il 25 dicembre 800 d.C. da parte di papa Leone III che dopo averlo benedetto e riconsacrato re dei Franchi, dei Longobardi, dei Teutoni e degli Italici, gli pose un diadema sul capo proclamandolo Imperatore dei Romani con la seguente formula beneaugurale, in latino e in caso dativo:

"Carolo Augusto a Deo coronato piissimo et pacifico Imperatori Romanorum vita et victoria!" )

La cerimonia probabilmente non fu sontuosa come appare nei quadri di età romantica o nelle raffigurazioni tradizionali, ma nell'immaginario collettivo è rimasta "il prototipo" delle incoronazioni nella civiltà Occidentale.











La centralità dell'incoronazione nella vita degli stati monarchici occidentali si affermò solo in età medievale, come diretta continuazione delle tradizioni romano-bizantine. 
Trait-d'union fra Oriente e Occidente fu la celebre Corona Ferrea, un diadema dalle origini leggendarie carico di significati religiosi e di simbolismi. Secondo la tradizione la lamina di ferro che la circonda al suo interno fu ricavata da un chiodo della Vera Croce di Cristo. La forte sacralità di questo diadema ne fece un segno potente di regalità, tale che il suo utilizzo nelle solenni incoronazioni dei re d'Italia si protrasse anche dopo la fondazione dell'Impero Carolingio che fu la base di partenza per il successivo Sacro Romano Impero, formalmente fondato da Ottone I il Grande. 

Già a partire dai Carolingi si affermò la tradizione della triplice incoronazione: per accedere alla dignità imperiale. Era infatti necessario, per il futuro imperatore, ricevere prima la corona di Germania, poi quella d'Italia – la Corona ferrea - e infine, a Roma, quella imperiale dalle mani del papa. 
L'incoronazione a re d'Italia, Rex Langobardorum et Italicorum, generalmente aveva luogo a Pavia (dove si trovava il palazzo Reale) nella basilica di San Michele Maggiore o, più raramente, come narra Galvano Fiamma, a Milano, a fianco della basilica di Sant'Ambrogio: qui il sovrano riceveva la Corona ferrea dopo aver abbracciato una colonna di marmo. Diversamente l'imperatore Corrado III di Svevia fu invece incoronato a Monza nel 1128.
Ma la diffusione in Occidente di riti d'incoronazione propri della monarchia bizantina non è legata soltanto alla Corona ferrea. 

Celebre fu il battesimo del re dei Franchi Clodoveo I, avvenuta nel 497 a Reims. Secondo la tradizione lo Spirito Santo o un angelo sotto forma di una colomba recò al vescovo san Remigio la santa Ampolla contenente l'olio crismale, con il quale il re fu battezzato. Da allora i re di Francia da Ludovico il Pio fino a Carlo X, furono incoronati a Reims e unti con l'olio della santa Ampolla.