La notizia era attesa da moltissimo tempo, eppure, quando alle 6.36 del 17 agosto 1992, il venerabile Francis George Burke-Roche, Maestro dei Maestri dell'Ordine degli Iniziati, esalò il suo ultimo respiro, tutti gli appartenenti all'Ordine e i loro confidenti provarono un senso di momentaneo smarrimento.
A dire il vero, non proprio tutti, poiché Lorenzo Monterovere fu pervaso da un'ondata di euforia mai sperimentata in precedenza.
Finalmente l'attesa è finita!
Era tutta la vita che aspettava quel momento.
Burke-Roche era l'ultimo ostacolo ai progetti che lui e Albedo portavano avanti da sempre.
La successione al vertice dell'Ordine era una pura formalità e il consigliere Fernando Albedo aveva già la maggioranza dei voti del Consiglio Ristretto, che lo avrebbe nominato ufficialmente Gran Maestro alla prima riunione dopo le esequie del defunto.
E Lorenzo sarebbe diventato il presidente della Confraternita del Serpente Rosso e soprattutto il direttore generale del Programma Genetico e avrebbe potuto apportare, con cautela, qualche piccola, ma importante modifica che aveva in mente, per cercare di ricomporre la frattura con la Fratellanza Bianca.
Ma bisognava agire con molta attenzione e prudenza. Non era stato facile arrivare fino a lì.
Lorenzo aveva cinquant'anni esatti e per i primi vent'anni della sua vita era stato, all'interno della famiglia Monterovere, l'ultima ruota del carro.
Suo nonno Enrico, quando tornava ubriaco dall'osteria, si divertiva a stuzzicarlo dicendogli, in un dialetto imbastardito, che era "l'utma scureza ad Biribesk", suscitando l'ilarità generale, specie quella di suo fratello Francesco e di sua sorella Enrichetta.
Poi, quando ormai il vecchio nonno ubriacone era morto e il severissimo padre avviato sulla strada della nevrosi fobico-ossessiva e dell'ipocondria, il talento straordinario di Lorenzo negli studi umanistici emerse in maniera prorompente, specie negli anni universitari: l'ottima media e la rapidità del curriculm gli era valsa numerose borse di studio.
Dopo le lauree, con lode, in Lettere Classiche e in Filosofia, con tesi così raffinate da meritare la pubblicazione nelle riviste accademiche, aveva vinto una ulteriore borsa di studio per il Dottorato di Ricerca in Filosofia teoretica ad Hannover, nel Land della Bassa Sassonia.
Era stato lì che aveva conosciuto il suo primo maestro e benefattore, l'illustre professor Erich von Tomaten, da tutti considerato "il Filosofo Metafisico" per eccellenza.
Quando Tomaten aveva saputo che la famiglia di Lorenzo risiedeva a Faenza e stava lavorando alla canalizzazione delle acque nella Romagna Centrale, non vi erano stati più dubbi riguardo al fatto che Lorenzo era degno di entrare a far parte dell'Ordine degli Iniziati.
Tomaten aveva raccontato a Lorenzo tutti i mirabili e terribili eventi avvenuti quando era in Italia ai tempi della Linea Gotica, e l'allievo aveva ascoltato con meraviglia e crescente curiosità.
Maestro e discepolo si erano trovati in perfetta sintonia nel condividere un sogno, quello della Nuova Camelot, e dell'Impero Millenario.
Tomaten apparteneva alla generazione di Iniziati che ancora credeva nell'Antica Via: i suoi modelli di riferimento erano quelli della tradizione germanica e celtica, che in Lorenzo si affiancarono a quelli della tradizione greco-romana e giudaico-cristiana.
Dopo l'Iniziazione e l'iscrizione alla Confraternita del Serpente Rosso, Lorenzo era stato raccomandato all'attenzione del consigliere Albedo, già allora direttore del Programma Genetico, con l'obiettivo di potenziare le capacità mentali e la salute generale.
La metodologia di Albedo però era diversa: guardava alle nuove scoperte scientifiche e tecnologiche.
All'inizio Lorenzo non ne era entusiasta, ma nemmeno pregiudizialmente contrario.
Albedo gli aveva assegnato missioni delicate e pericolose, tutte coronate da successi indiscutibili.
Poi erano seguiti quelli che Lorenzo chiamava "gli anni dell'attesa", ed erano stati estenuanti.
Certo, l'insegnamento a Bologna, presso la cui Università deteneva la cattedra di Storia delle religioni, gli aveva permesso di conoscere allievi promettenti, tra cui alcuni futuri Iniziati.
Però, ad essere sinceri, tutto il peso burocratico connesso all'insegnamento, aveva incominciato a diventare opprimente.
E persino il suo ruolo di Maestro e la sua specializzazione nel cosiddetto "insegnamento profondo", stavano incominciando a prosciugare le sue energie.
Non poteva fare il "talent scout" per tutta la vita: aveva bisogno di un incarico esecutivo di grande prestigio e il consigliere Albedo glielo aveva promesso: "Quando io diventerò il Maestro dei Maestri, tu mi succederai alla guida del Programma Genetico".
Quello era l'accordo.
Ma non avevano fatto i conti con la longevità del venerabile Francis Burke-Roche e l'ostinazione con cui la sua confraternita, l'Aristocrazia Nera, frenava le innovazioni del Programma Genetico.
Quell'attesa era diventata esasperante, soprattutto negli ultimi anni, quando la malattia di Burke-Roche, pur essendo grave, non riusciva proprio ad assestare il colpo di grazia al Grande Maestro.
Quando Albedo gli comunicò la notizia del decesso del Venerabile, Lorenzo pianse lacrime di gioia.
Finalmente!
Lorenzo fu uno dei primi a recarsi alla camera ardente, allestita in gran segreto nel palazzo reale di Sandringham, nel Norfolk, su suggerimento della principessa Alessandra, l'onorevole lady Ogilvy, che aveva ottenuto l'autorizzazione telefonica di Sua Maestà.
Poiché la maggior parte dei comuni mortali riteneva che Francis George Burke-Roche fosse morto nel 1958, non c'era pericolo che qualche profano si insinuasse tra gli Iniziati.
E infatti quel giorno, quando Lorenzo entrò nella sala, vi trovò, oltre al feretro, fortunatamente chiuso, del defunto Venerabile, "i soliti ignoti" ossia i membri del Consiglio Ristretto, tra cui lo stesso Albedo, raggiante e ossequiato; i rappresentanti delle varie Confraternite (Aristocrazia Nera, Fratellanza Bianca, Serpente Rosso e gli Eterni); e infine alcuni membri della famiglia Burke-Roche, tra cui Jessica, i suoi nonni e il suo fidanzato, lord Waldemar Richmond, Duca di Ravensbourne, più l'immancabile principessa Alessandra di Kent, che sprizzava gioia da tutti i pori.
Per lei i funerali erano più divertenti dei matrimoni, perché oltre ad essere eventi mondani di tutto rispetto, erano accompagnati dalla gioiosa constatazione, da parte dell'onorevole lady Ogilvy, di essere sopravvissuta a qualche odiato nemico o pericoloso rivale o persino amico o parente non abbastanza riguardoso nei suoi confronti (categoria che comprendeva di fatto tutti gli amici e i parenti dei coniugi Ogilvy). Riteneva inoltre che il nero da lutto le donasse particolarmente.
In quel caso poi, la Principessa aveva avuto l'onore di presiedere il ricevimento a nome della Famiglia Reale, facendosi aiutare da qualche altra vecchia cariatide dell'aristocrazia britannica.
Ma il più felice di tutti era Lorenzo.
Per quell'occasione, pregustata da decenni, aveva già scelto un completo color indaco tendente al viola scuro, che teneva sempre nel doppio fondo della valigia, e che provocò la disapprovazione di lady Fermoy e qualche sorriso tra alcune inconsapevoli future vittime dell'epurazione che Albedo e il suo discepolo avevano in mente.
Dopo aver ossequiato il nuovo Maestro dei Maestri, Lorenzo recitò con grande perizia la parte dell'addolorato amico di famiglia dei Burke-Roche, ottenendo sincere lacrime di commozione da parte dei nonni di Jessica, la quale osservava la scena con divertito apprezzamento.
Era arrivata da poco, con l'auto blu del futuro marito, ma senza autista: guidava lei, naturalmente.
Indossava un abito nero con gonna lunga, spacco laterale vertiginoso e occhiali scuri d'ordinanza, ed era radiosa, come se la morte del bisnonno l'avesse sollevata da un peso di cui solo lei e il suo Maestro erano stati pienamente consapevoli.
E infatti, non appena fu possibile svincolarsi dai vari obblighi di circostanza, Lorenzo prese Jessica a braccetto, e insieme si recarono in un cortile interno, per confessarsi i reciproci pensieri, perché in fin dei conti soltanto lei, la sua allieva prediletta, che amava come una figlia, poteva capire il suo stato d'animo.
Lei gli si rivolse con la consueta complicità:
<<Oggi sembri un gatto che ha appena mangiato un canarino>>
Un lampo felino negli occhi di lui le fece capire che aveva ragione:
<<L'attesa durava da sempre... ed io ero stanco ed affamato, amica mia. Assetato, pure, ma "ora la sete mi sarà lieve, meno acre la ruggine">>
Lei apprezzò la sua sincerità in salsa montaliana e confessò a sua volta:
<<E non eri l'unico ad attendere. Mi pare che la morte del Venerabile abbia fatto contenti tutti. Voleva venire persino mia cugina, la Principessa di Galles, (in fondo lei è nata proprio qui), ma sua nonna, lady Fermoy, ha posto il veto. Siamo proprio una "famiglia unita", non c'è che dire!
Non avevo mai visto tanta allegria. Il bisnonno Francis non era certo una persona amabile.
Pensa che non ha voluto vedermi nemmeno in punto di morte.
Del resto, c'era da aspettarselo: erano anni che non voleva più avere niente a che fare con me, e tutto questo perché mi sono "permessa" di essere ciò che il Programma Genetico aveva previsto che fossi.
Una volta tanto che le cose erano andate secondo gli auspici, perché negarmi la possibilità di ricevere un adeguato insegnamento dal miglior Maestro dell'Ordine?
Ovviamente è una domanda retorica: tu sei il braccio destro di Albedo e tra il venerabile bisnonno e Albedo c'era una faida in corso, ed io, diventando tua allieva, non mi sono prestata a quel tipo di mentalità.
Con questo non sto assolvendo Albedo, sto solo dicendo che non volevo trascorrere la vita nel rancore, e non avevo il diritto di seppellire sotto terra i talenti che ho ricevuto in dono.
Mi dispiace solo che i miei nonni si siano trovati tra l'incudine e il martello: non volevano offendere Francis, ma ti assicuro che sono sempre stati dalla nostra parte>>
Lorenzo lo sapeva bene:
<<Tuo nonno Edgar si è comportato con grande dignità, considerando tutto ciò che ha sofferto, per non parlare del fatto che suo padre ha sempre cercato di mettergli i bastoni tra le ruote>>
Jessica sapeva che il Maestro si attendeva una risposta che gli desse l'imbeccata per un successivo discorso, e lei sapeva quale:
<<Forse gli ricordava troppo la giovane fanciulla indifesa di Baltimora con cui l'aveva concepito e penso che valesse la stessa cosa anche nei mei confronti, nonostante io tenti in tutti i modi di non assomigliare a lei!>>
Lorenzo sorrise:
<<Sei mille volte meglio, non temere. E comunque non noto alcuna somiglianza>> mentì <<ma credo che il Venerabile non vi volesse vedere per marcare ulteriormente la sua presa di distanza dal Programma Genetico.
Da anni la sua fazione manifesta un crescente scetticismo nei confronti delle idee di Albedo.
Il nuovo Venerabile trova irritante la loro mancanza di fede>>
Jessica aveva paura di Albedo:
<<Mi chiedo come riesci ad ammansirlo>>
Lorenzo partiva sempre dal presupposto che le conversazioni fossero spiate e le telefonate fossero intercettate, per cui gettava sempre acqua sul fuoco:
<<Albedo è molto gentile con chi è gentile con lui. E' un comportamento equo>>
Jessica l'aveva capito da tempo:
<<E adesso, cosa succederà?>>
Lorenzo era elettrizzato:
<<Adesso, mia cara Jessica, è finalmente giunto il nostro momento. Albedo è già, di fatto, il nuovo Maestro dei Maestri, ed io avrò la direzione del Programma Genetico e di tutte le aziende e le fondazioni da esso controllate.
Non posso però far saltare la mia copertura a Bologna: un mio trasferimento darebbe troppo nell'occhio. E poi c'è quell'altra ragione che tu conosci e di cui dobbiamo parlare.
Per questo mi sarebbe di grandissimo aiuto se tu accettassi di assumere il ruolo di vicedirettrice della Tessier-Ashpool Corporation con delega alla supervisione della Sezione Sperimentale, quella della clonazione umana.
Del resto, detieni la quota di maggioranza dell'azienda che fu di tua madre ed è giunto il momento che tu porti a termine ciò che lei, purtroppo...>>
Lasciò in sospeso il discorso: sarebbe stato offensivo nei confronti di Jessica fingere che sua madre Marie Gabrielle Tessier-Ashpool fosse morta per una "tragica fatalità".
Lei capì le implicazioni del discorso:
<<Sì, è il momento. Alla sede di Londra della Tessier-Ashpool mi conoscono tutti e credo che se lo aspettino. Mi atterrò scrupolosamente al piano che abbiamo elaborato, specie per la parte che riguarda...>>
E si guardò intorno, perché anche i muri avevano orecchie.
Lui annuì:
<<Certo, non preoccuparti: è stato tutto concordato nel dettaglio, ma è ora che la sperimentazione diventi pienamente operativa, abbiamo aspettato fin troppo a lungo>>
Jessica si rese conto di avere tra le mani una responsabilità immensa:
<<E se le altre fazioni dovessero creare dei problemi?>>
Lorenzo sorrise, pregustando la ghiotta notizia:
<<Non li creeranno. Albedo ha preso accordi con i suoi alleati.
Ci sarà un'epurazione di tutti coloro che non sostengono con sufficiente fervore la nostra linea.
Non se l'aspettano, credono che io sia inoffensivo, ma si sbagliano.
Tutti quelli che per decenni mi hanno guardato con sospetto e disapprovazione saranno retrocessi a mansioni noiose, faticose o disgustose: come i comuni mortali, e mi ringrazieranno, per essere stato così indulgente.
Gli altri si adegueranno, specie quando capiranno che Albedo ed io abbiamo creato un vero e proprio esercito di infiltrati in ogni contesto dove la situazione è incerta.
Da oggi ciascuno avrà ciò che gli spetta, nel bene e nel male. Unicuique suum...>>
Jessica vide negli occhi del Maestro un lampo della parte meno nota della sua personalità, e cioè quella della belva feroce che si annidava nella mente e nel corpo di tutti i Monterovere, come lui stesso le aveva confessato dopo una delle sue famigerate esplosioni d'ira:
<<Non ne dubito. I Monterovere pagano sempre i loro debiti, nel bene e nel male, ed io ormai mi sento una di voi>>
Il Maestro ne fu compiaciuto:
<<Sei la mia gemma più preziosa, Jessica: non dimenticarlo mai. Sposerai mio nipote e comanderai tu, lui penderà dalle tue labbra e i vostri figli potranno aspirare alla grandezza.
La tua generazione assisterà a molti cambiamenti, ma tu sarai preparata a dare un contributo decisivo al Nuovo Ordine Mondiale che stiamo costruendo.
Noi siamo il fuoco sotto la cenere. Noi siamo quello che può succedere, e che succederà>>
L'entusiasmo di Lorenzo era contagioso.
Jessica si sentì pervadere da un'improvviso senso di aspettativa:
<<Tra quanto tempo l'Impero Millenario sarà svelato al mondo?>>
Era una domanda azzardata.
Lorenzo rispose con solennità:
<<Dipende dall'esito del nostro esperimento.
Dovremo dimostrare che il Programma Genetico è l'unica risposta possibile al pericolo dell'esercito di automi e di cyborg che la Silicon Valley creerà quando sfodererà la sua arma più micidiale.
Ovviamente sarà una battaglia silenziosa: è fondamentale che lo sia.
Finiranno tutti nella trappola senza nemmeno accorgersene e quello sarà il momento in cui potremo venire allo scoperto, con gradualità, ma in maniera sistematica e costante.
Non posso dirti la data esatta, ma orientativamente, ci vorranno all'incirca trent'anni, massimo quaranta.
I segni dei tempi ci indicheranno il momento esatto in cui avranno luogo le battaglie decisive.
Sì, è un periodo lungo, ma noi Iniziati abbiamo la vita più lunga, per cui ci saremo quando l'Ordine pianterà la sua bandiera su San Francisco.
A quel punto noi presenteremo i nostri candidati per i ruoli chiave dell'Impero Millenario>>
Jessica ci aveva messo molto tempo a capire la complessità del piano, e persino a distinguere chi fossero le diverse parti in causa, "noi" e "loro", dal momento che in ogni guerra si finisce per diventare come la parte peggiore di quelli contro cui si combatte, eppure amava quell'aura cavalleresca e medievaleggiante che circondava il Grande Disegno nell'ottica monteroveriana:
<<Ti vedo bene nel ruolo di Merlino. Dovrai farti crescere una lunga barba bianca, quando sarà il momento>>
Lorenzo rise:
<<Ah, no, la barba non fa per me. Ma l'idea di diventare il futuro Merlino mi pare allettante.
E tu quale parte preferisci: Viviana, Morgana o Ginevra?>>
Jessica mostrò al suo Maestro il Lato Oscuro che a lui piaceva tanto:
<<Tutte e tre, ma senza le loro debolezze>>
Lorenzo non poté fare a meno di rivedere nello sguardo di lei quello dell'illustre bisnonna che non si doveva nominare.
Le assomiglia, eccome.
Si sentì quasi in colpa per averla destinata ad arpionare suo nipote.
Ma quel vanesio ha bisogno di una come lei, che gli insegni come si sta al mondo.
Certo, Aurora avrebbe reso felice quello scapestrato, ma Jessica lo avrebbe fatto crescere.
Non ci si poteva opporre a una come lei.
<<Raggiungerai tutti i tuoi obiettivi. Su questo non ho mai avuto dubbi>>
Ne era assolutamente convinto.
Tutti gli altri miei discepoli acquistano personalità solo se gli do un copione da recitare, senza il quale tornerebbero ad essere tremendamente ordinari.
Ma Jessica non aveva bisogno di copioni.
In tutti questi anni non ho trovato in lei alcuna debolezza. Le sue emozioni non pregiudicano mai la giustezza delle scelte e delle azioni. E' un caso unico in tutta la storia del Programma Genetico.
Le aspettative erano alte, ma lei era andata oltre.
Sarà così anche con le altre?
Jessica gli lesse nel pensiero:
<<Non credo si possa ricreare quello che c'era tra noi. I ricordi ci rendono unici, anche quando la biologia ci fa sembrare identici>>
Lorenzo annuì:
<<Lo credo anch'io, ma l'importanza scientifica di ciò che stiamo facendo è indiscutibile e...>>
Lei terminò la frase
<<... "e i presupposti da cui muoviamo non sono arbitrari". Però poi nella pratica può succedere di tutto. Sono preoccupata, e anche un po' gelosa, ma capisco che l'esperimento deve procedere con maggiore velocità.
Preferisci conoscerla qui o... >>
Nessuno dei due trovava le parole.
<<No, voglio che tutto si svolga come quando tu sei venuta da me, anche se...>>
La sua voce si incrinò.
Jessica intuì il suo stato d'animo e gli venne in aiuto con una delle sue battute fulminanti:
<<Tutti penseranno che stai piangendo per il Venerabile!>>
La sola idea fece tornare il sorriso nel volto di Lorenzo:
<<Mi mancheranno le tue freddure>>
Jessica sorrise:
<<E a me mancherà la voce che risponde ai miei perché...>>
Lorenzo fu travolto dalla nostalgia, come se guardasse quella scena dal futuro e gli eventi fossero ormai cristallizzati o scolpiti nel marmo.
Nessuna potrà mai essere meglio di lei. I nostri sforzi sono vani... forse gli automi hanno ragione...
Ma non poteva permettere che il sentimentalismo offuscasse la sua lucidità.
Si impose di tornare al suo serafico autocontrollo:
<<Lei come si chiama?>>
Chiamare per nome un soggetto gli conferisce il primo germoglio di dignità personale.
Jessica, naturalmente lo capì e gliene fu grata:
<<Jennifer. Scelsi io il nome: ero solo una bambina, quando Albedo mi concesse quest'unico diritto. Tutte le mie "gemelle" avrebbero avuto un nome che iniziava con J, ma non per onorare me stessa: era un modo per garantirmi che non ce ne fossero troppe.
Il suo embrione fu impiantato quindici anni fa nell'utero di una certa Claire Chantal Borderau, la seconda moglie del mio zio materno, Sir John Junior Tessier-Ashpool.
I genitori sono stati generosamente ricompensati per la collaborazione e la discrezione.
L'educazione di Jennifer è stata molto simile alla mia e a quella di Jane, compreso il trauma della morte dei genitori in un incidente stradale>>
Lorenzo divenne più viola dei suoi abiti:
<<Ehm... io avevo spiegato ad Albedo che non era necessario spingersi fino a quel punto, ma sai com'è fatto. Ha lavorato nell'Ahnenerbe, dopo che la sede fu trasferita in Argentina, nel '45, e a differenza di Tomaten, lui non era un semplice infiltrato, e ne ha condiviso i metodi>>
Jessica l'aveva già capito da tempo, ormai le "altre memorie" le avevano detto ciò che Lorenzo non aveva avuto il coraggio di confessarle:
<<Sì, anche se speravo che certi metodi si fossero un po' umanizzati. La loro sede adesso è in Antartide, vero?>>
Lorenzo annuì:
<<Sì, dopo la caduta di Videla, Albedo preferì non rischiare. Ma ormai lo sanno tutti.
E' il momento che la Tessier-Ashpool acquisisca il controllo definitivo di ciò che resta dell'Ahnenerbe del Nuovo Lebensborn. Quei nomi devono sparire: io non sono come Albedo e tu meno che mai.
Pensa che Albedo voleva comprare il castello di Wewelsburg. Ho dovuto sudare sette camicie viola per farlo ragionare.
E naturalmente lo convinsi del fatto che, al momento opportuno, avremmo dovuto acquistare, tramite una fondazione, il castello di Hohenzollern, che von Tomaten aveva scelto come modello per la "Grande Camelot".
Un unico castello, sopra a una montagna solitaria ricoperta da una foresta: tutto questo è il simbolo di ciò che siamo.
Ti affido anche questo incarico: avrai la direzione dell'ufficio Fusioni e Acquisizioni dell'azienda.
E' necessario agire in fretta, prima che arrivino i Giapponesi o i Cinesi>>
Lei sentiva il peso della responsabilità:
<<I Tedeschi non ci perdoneranno mai>>
Lorenzo scrollò le spalle:
<<Non solo loro. Credo che nessuno ci perdonerà. Ma io sono abituato ad avere contro più o meno tutti. Solo che stavolta temo che nemmeno io riuscirò a perdonarmi>>
Jessica, per sdrammatizzare, ricordò una frase a suo parere divertente:
<<Confucio diceva: "quando fai qualcosa, sappi che avrai conto chi voleva fare la stessa cosa, chi voleva fare il contrario e soprattutto quelli che non volevano far niente">>
Lui sorrise:
<<Sì, il concetto è quello. Diciamo pure che sono pronto al martirio. Il valore di un'ideale o di un sentimento è la somma dei sacrifici che si è disposti a fare per esso, compreso quello estremo, anche se non credo che ce ne sarà bisogno. Abbiamo le oligarchie dalla nostra parte, a prescindere dalla loro nazionalità.
Tomaten sosteneva che i Tedeschi hanno avuto le loro occasioni e le hanno perse, con disonore, oltre tutto. E anche i Francesi e gli Italiani>>
Jessica pose la domanda fondamentale:
<<E allora su quali basi verrà rifondato l'Impero Millenario?>>
Il Maestro non aveva dubbi:
<<L'Unione Europea è la premessa. Ma quando ci troveremo di fronte al fenomeno della globalizzazione dei mercati e delle comunicazioni, avremo bisogno di un'organizzazione più estesa, ma comunque esclusiva, e sarà la Commissione Trilaterale>>
L'allieva annuì:
<<Sì, in effetti come intelaiatura iniziale potrebbe funzionare. Cosa ne pensa David Rockefeller? E Brzezinski? E Kissinger? E gli altri Immortali? Basterebbe un loro veto per far saltare tutto. Ma per avere il loro nulla osta dovremmo fare un patto con... tu sai chi...>>
Lorenzo sorrise:
<<Questa sarà la vera sorpresa, quando il Consiglio Ristretto si riunirà per ratificare la nomina di Albedo La nuova maggioranza comprenderà, per la prima volta, anche gli Eterni, il che ci consentirà di togliere di mezzo i membri più recalcitranti dell'Aristocrazia Nera e confinare per sempre all'opposizione la Fratellanza Bianca e i suoi assurdi scrupoli morali>>
Jessica spalancò i suoi occhioni da cerbiatta:
<<Gli Eterni! Ma è troppo rischioso! Persino il venerabile Albedo non può competere con... tu sai chi...>>
Da dietro le spalle spuntò, "ubiqua ai casi e onnipresente negli affari tenebrosi", l'Onorevole Lady Ogilvy:
<<Non temere, Jessica, è tutto sotto controllo>>
A quel punto la giovane Burke-Roche, mentre faceva la riverenza alla Principessa, capì la raffinatezza della trama ordita dal venerabile Albedo e dal maestro Monterovere:
<<Quindi voi eravate d'accordo fin dall'inizio, Altezza Reale! E vostro fratello, il Duca di Kent?>>
La principessa Alessandra arricciò il suo considerevole naso windsoriano:
<<Io ero e sono l'unica, nella Famiglia, a conoscere integralmente e completamente i piani di Albedo. Non è stato facile recitare la parte della piccola fiammiferaia per tutta la vita.
Ma da adesso si cambia musica. Li faremo fuori uno per uno, hai la mia parola.
E riguardo a quell'idiota di mio fratello, naturalmente lui non sa nulla: è già tanto avergli lasciato il controllo della Massoneria britannica e di Chatham House.
Il rapporto con gli Eterni, invece, è molto più delicato. I più pericolosi sono quelli che stanno nell'ombra: ne ho una lista piena, è gente che non muore mai. Quando arrivano intorno ai cent'anni cambiano identità, e continuano a tramare in segreto.
Ma io li tengo d'occhio e li depennerò dalla mia lista uno per uno, lo giuro, uno per uno!>>
Lorenzo approvò vigorosamente, con un il consueto lampo felino negli occhi.
Jessica, ora che aveva conosciuto anche il nipote, si sentiva in diritto di affermare che i Monterovere erano come i gatti: misteriosi, buffi, imprevedibili, affamati, indomabili, eleganti, teneri, tranne quando erano a caccia, perché in quel caso diventavano feroci e spietati come giaguari.
Il Maestro si rivolse alla sua allieva, dopo aver preso congedo da lady Ogilvy:
<<Jessica, se vuoi sapere qualcosa di più sugli Eterni, leggi il romanzo Quarta fase di Raphael A. Lafferty, o se vuoi rimanere sui classici, La Fonte Sacra di Henry James potrebbe darti una prima idea, per quanto, come ho sempre cercato di insegnare a tutti i miei allievi, il genere fantastico, sia esso fantasy o fantascienza, va inteso come realismo di una realtà più grande>>.
Jessica annuì, mentre sentiva il brivido che percorre chiunque entri nella "stanza dei bottoni dell'astronave madre":
<<Albedo ha messo insieme una straordinaria concentrazione di potere. Esisterà una qualche opposizione?>>
Il Maestro annuì e si lanciò con fervore in una specie di "lectio magistralis", come era abituato a fare con gli "happy few", i discepoli detti Monteroveriani che seguivano i suoi seminari di Storia delle Religioni, nella soffitta del dipartimento di Filologia Classica:
<<Oh, sì, certo! La Fratellanza Bianca ci accusa di aver abbandonato l'Antica Via della Mano Sinistra. Non hanno torto, Albedo li ha estromessi, ma io vorrei ricucire lo strappo, e lo farò, ma in segreto.
E poi le grandi religioni tradizionali si opporranno al nostro credo.
Quelle monoteiste contesteranno la concezione "diteista", come è legittimo che sia.
E ben vengano i sani dibattiti sull'intenzione del Demiurgo, sulla natura vera o illusoria del Libero Arbitrio o sull'eventualità che Dio non sia onnipotente.
Con tutti si riuscirà dialogare, tranne che con l'Islam: per sua scelta, sarà il nostro nemico più intransigente, specie adesso che sta prendendo piede la sua ala fondamentalista, sulla scia del khomeinismo, una delle sciagure dei nostri tempi.
Io fui uno dei pochi ad avvertire il pericolo.
"Prima ci chiedono la libertà in base ai nostri principi e poi ce la tolgono in base ai loro".
E' accaduto e accadrà di nuovo.
E' il vizio di tutti i movimenti e i partiti confessionali: prima o poi accadrà anche nel mondo sunnita, persino nella laica Turchia.
Quante volte ne abbiamo parlato, con te e con Waldemar, e con tutti i miei diletti Monteroveriani.
Noi saremo diversi: nessuno sarà mai costretto a diventare un Iniziato e non toglieremo a nessuno la libertà in base ai nostri principi. Noi siamo pluralisti.
Gli stessi Iniziati, posti di fronte ai Misteri, li interpretano in maniera diversa, per cui ognuno, in fin dei conti, ed entro certi limiti di coerenza, avrà la propria Weltanschauung.
Thomas Merton, cattolico, sosteneva che "l'idea che noi ci facciamo di Dio è più rivelatrice di noi stessi che di Lui".>>
Jessica capì che era quell'ultima la frase chiave su cui meditare (ed era tramite quel tipo di frasi che Lorenzo avrebbe continuato, anche a distanza, a proporle l'insegnamento profondo).
Alla fine, l'allieva rispose:
<<Su noi Iniziati rivela il fatto che siamo diffidenti. Non pessimisti, ma diffidenti nei confronti di ciò che i nostri sensi percepiscono, e che noi potremmo fraintendere. Timeo Danaos et dona ferentis>>
Lorenzo ne convenne:
<<Sì, siamo diffidenti, e in fondo una certa diffidenza è il giusto contrappeso ai rischi dell'idealizzazione.
Lo so, è una medicina amara, ma sarà quella che permetterà a noi stessi e alla nostra civiltà di sopravvivere a tutti gli assalti che verranno da dentro e da fuori.
Molti periranno, ma i sopravvissuti potrebbero creare modelli interessanti>>