La Corte Vehmica o Sacra Vehme o Vehme (anche Vehmegericht, Fehmgericht) è il nome dato ad un sistema giudiziario attivo durante il medioevo in Vestfalia, nell'attuale Germania, basato su una organizzazione fraternale di giudici di legge chiamati "giudici liberi" (tedesco: Freischöffen o Francese: francs-juges). Il luogo di riunione delle corti era a Dortmund. I procedimenti erano talvolta segreti, condotti da "corti segrete", "corti silenziose" (tedesco: Stillgericht) o "corti proibite" (tedesco: verbotene Gerichte). Nel basso medioevo le corti avevano giurisdizione su tutti i crimini e coloro che erano condannati dal tribunale venivano eliminati in maniera segreta. Dopo l'esecuzione della pena di morte, i corpi venivano appesi su un albero come monito.
Etimologia
L'origine del termine è incerto, ma sembra entri nell'Alto tedesco medio dal Basso tedesco. La parola vëme appare per la prima volta nella letteratura alto medio tedesca del XIII secolo come un nome con il significato di "punizione". Un documento datato 1251 fa riferimeneto alla locuzione: illud occultum judicium quod vulgariter vehma seu vridinch appellari consuevit ("questa è giustizia celata, che di comune abitudine ci si riferisce come vehma o vridinc").
Storia
Le corti vehmiche Vestfaliane si svilupparono nell'alto medioevo dalle "libere corti", con una giurisdizione entro la libera contea (Freigrafschaft). Dopo la riforma del XIV secolo del Sacro Romano Impero (la Bolla d'oro del 1356) i langraviati persero molto del loro potere e queste corti sparirono ad eccezione della Vestfalia dove conservarono la loro autorità e si trasformarono in corti vehmiche. La prima sede fu a Dortmund, ma con il crescere dell'influenza di Colonia, si spostarono ad Arnsberg nel 1437. Furono abolite da Jérôme Bonaparte, Re di Vestfalia nel 1811. L'ultimo Freigrad morì nel 1835.
Uso moderno del termine
Con l'abbandono delle corti vehmiche, il termine acquisisce una connotazione di giustizia mafiosa e linciaggio. Nel tedesco moderno, la compitazione di Feme è molto comune. Altre varianti sono: Fehme, Feime, Veme. Il verbo verfemen è di uso comune e significa ostracizzare.
Hans Kelsen, il grande giurista viennese che elaborò la "dottrina pura" del diritto, cita un caso di un'organizzazione segreta che aveva eseguito la condanna a morte di un uomo ritenuto nemico della patria, qualificando l'atto come "assassinio della santa Veme".[1]
La Vehme nella cultura di massa
- Nel romanzo Vanity Fair di William Makepeace Thackeray se ne fa menzione.
- C'è un riferimento nel romanzo Uno studio in rosso di Arthur Conan Doyle.
- Nel 2012 si scopre un testo di Alexandre Dumas che la menziona come termine di paragone per far comprendere meglio l'organizzazione della Camorra ottocentesca di Napoli[2].
- Nel racconto "Doppio sogno" (Traumnovelle), di Arthur Schnitzler, si fa riferimento a due figure mascherate da giudici della Veme.
- Alla Sacra Vehme è affidato un ruolo centrale nello svolgimento del romanzo "Il mercante di libri maledetti" di Marcello Simoni, pubblicato nel 2011 da Newton Compton Editori, vincitore del Premio Bancarella 2012.
- L'episodio 12 della terza stagione della serie TV "The Blacklist" si intitola "The Vehme", e racconta di un gruppo criminale che si autodenominava "Vehme".