mercoledì 11 aprile 2012

Gothian. Capitolo 40. Ellis e Bial: l'addio.


Da quando era giunta alla Vedetta Lathearica, Ellis Eclionner aveva trascorso molti giorni in volontario isolamento e meditazione.


La Vedetta era una fortezza situata in riva all'Oceano Orientale, a sud della Grande Muraglia e ad est dela Sublime Porta, tra la pineta e il mare. 


Era una costruzione antichissima, di grande fascino.


Il silenzio della stanza personale di Ellis, profumata di incensi, venne interrotto da una implorazione:
«Maestà, vi prego tornate in voi!»
 La voce dell'eunuco Bial era roca, ed egli si passava nervosamente le mani tra i lunghi capelli neri, che sul suo corpo snello e androgino lo facevano apparire una triste odalisca.


«Ho già deciso»
Nelle parole di Ellis c’era la tranquilla fermezza di chi aveva preso una decisone irrevocabile.
Bial non capiva.
Ellis, perché lo fai?
Provò a ripetere per l'ennesima volta le solite obiezioni.
«Mia signora, al di là della Grande Muraglia troverete solo nemici! Da decenni covano il desiderio di vendetta contro l'Impero. Non ci hanno perdonato l'aggressione ad Elenna sul Dhain, nell'anno della Primavera di sangue.»
La sovrana pareva una statua, nella sua bellezza sovrumana: il suo collo alto e sottile era coperto di ricami neri, ed il suo volto dai tratti aristocratici era immobile, e non lasciava trasparire emozioni.


«Non entrerò come una conquistatrice, ma come una supplice. Come ultimo mio atto politico, offrirò le mie legioni per proteggere la Federazione Keltar dalla grave minaccia che viene da Nord, da Gothian...»
L'eunuco non era convinto. Secondo i Servizi Segreti che lui dirigeva da diciotto anni, i Keltar non avrebbero affatto gradito che quindici legioni di Lathear alle dipendenze di Ellis varcassero la Sublime Porta per giungere in loro "soccorso".
Espresse questo suo pensiero all'impeatrice madre, la quale non si scompose.
«Mio padre e mio fratello mi aiuteranno»
«E come? Sono loro che hanno partecipato alla spedizione di Elenna sul Dhain! Le loro legioni hanno violato il patto! Hanno sulla coscienza la Primavera di Sangue!»
«E allora li aiuterò a ripulirsi la coscienza! E' la loro ultima occasione per redimersi, ed anche la mia»
La sua voce calma era qualcosa a cui Bial si doveva abituare, ma non ne avrebbe avuto il tempo.
Nobile semplicità e serena grandezza: Ellis non è mai stata così bella.
Bial non credeva di poter provare attrazione per una donna, ma avrebbe ingannato se stesso se non avesse ammesso che in quegli ultimi mesi ciò che provava per lei era diventato un sentimento importante.
Sapeva che ogni suo discorso ormai era inutile, eppure continuava a ribattere:
«Lo Sciancato e l'Eremita non sono affidabili. Mi è giunta voce che potrebbero persino sostenere un candidato al trono diverso da Elner. Siamo vicini a scoprire un segreto che ci è stato abilmente nascosto per diciotto anni. Masrek potrebbe aver avuto altri figli, forse anche legittimi!»
Ellis scrollò le spalle, e con un secco gesto del capo spostò i cepelli che le erano scesi sulla fronte.
«Masrek si trova a Colonia Fluvia. Tra pochi giorni gli parlerò e chiariremo tutto! Ho atteso fin troppo questo momento!»

L’eunuco scosse la testa: «Vi fidate troppo di Masrek. I tanti anni di eremitaggio potrebbero averlo cambiato. Se gli affidere il comando delle legioni, tutto il Continente sprofonderà nell’anarchia, e la Vedetta Lathearica brucerà come tutte le altre fortezze, fino alla stessa Lathena! »
Ellis annuì, con gli occhi lucidi: «Lathena… la città dai cieli di zaffiro… che io non vedrò mai più»


Quel tono così rassegnato e definitivo preoccupava l'eunuco più di ogni altra cosa.
«Voi potete vincere la guerra e tornare a Lathena da Imperatrice Regnante!»
La risposta di Ellis fu rapida e incontrovertibile:
«No! Lascerò ad altri il compito di vincere questa guerra, ammesso che vincere le guerre sia un merito. Ora io ora sono un’altra persona, ho altre speranze.  Devo porre rimedio a tutto il male che ho fatto. Ho commesso peccati imperdonabili, guidata solo dalla lussuria, dalla rabbia, dall’invidia, dalla superbia e dalla sete di potere! E ora cosa sono… Bial guardami mentre ti parlo! Guardami in faccia... non vedi i segni del male sul mio viso?»
Bial non li vedeva.
«Maestà, voi siete più bella che mai: non vedete che meraviglia vi restituisce il vostro specchio di argento?»
La donna scosse il capo: «Guarda meglio. Vedrai nel mio volto le ferite dell'anima»
Bial era sempre più sconvolto:
«Ma... se per caso Masrek non volesse collaborate? » si azzardò a chiedere, con un filo di voce.
Ellis pareva aver contemplato anche questa eventualità.
«Se lui non vuole, allora, per me, finisce qui» ebbe un attimo di smarrimento, poi: «Ti lascerò un testamento, ci saranno le mie ultime volontà, ed eredità per tutti, riconoscimenti e lasciti per ognuno di voi, e in particolare per te, amico mio. Io esco di scena, esco dalla Grande Storia, forse, ma non dalla storia di questa famiglia, gli Eclionner, che cercano un riscatto dopo mille anni di dispotismo e prevaricazione. Dobbiamo tutti pagare, ed io più di tutti gli altri!»
Parlava mantenendo gli occhi fissi, che non guardavano nulla, ma riflettevano la profondità del suo pensiero. Non c’erano più le pagliuzze violacee di rabbia, anzi, l’indaco degli Eclionner quella sera si era attenuato e addolcito in una sorta di color lavanda.
Bisognerebbe ritrarla ora, scolpirne ora l’effigie: rimarrebbe un’icona nei millenni.


«Non potete parlare sul serio, Maestà»
Ellis sorrise e gli accarezzò il volto: «Amico mio, qualunque cosa mi accada, racconta la mia vita ai posteri, fa’ che conoscano chi ero, nel bene e nel male, senza trascurare nulla. E’ l’ultimo mio desiderio, prima di iniziare questa avventura senza ritorno…»
Bial chinò il capo, per nascondere le lacrime che rigavano il suo ancor efebico viso da fanciulla: «Maestà… voi siete tutta la mia vita»
La sovrana finalmente lo guardò, e anche i suoi occhi blu si sciolsero in lacrime, ma continuò a sorridere nel pianto, e poi, abbracciò l’amico di sempre.
Si scambiarono, sussurrandole, parole dolcissime.
Poi Ellis abbandonò l’abbraccio e tornò ad essere statuaria e determinata:
 «Domattina mi guarderai per l’ultima volta mentre me ne andrò via. Ma non ti abbandonerò mai del tutto: entrerò nei tuoi pensieri, in una notte che non dormi, e mi sentirai vicina. Entrerò dentro ai tuoi sogni, quando sarà già mattino, e per quel giorno tu mi porterai con te...»


N.d.A.

Ellis Eclionner è ritratta in questo capitolo come una Dark Lady o una Dark Queen, una regina delle tenebre. Nei capitoli successivi sarà invece interpretata da Eva Green nel ruolo della fata Morgana di Avalon in "Camelot".
La Vedetta Lathearica è ispirata come posizione nella mappa alla città alta di Ancona e come roccaforte al Castello Aragonese di Ischia, che compare anche nella foto.
Lathena ha "i cieli di zaffiro" così come Bandalong, la capitale del pianeta Tleilax nell'universo di Dune di Frank Herbert, ha "i cieli carneliani" cioè del colore della corniola.
Il tema dell'espiazione delle colpe non solo proprie, ma anche degli antenati, avvicina Ellis Eclionner alla figura di Ermengarda, nell'Adelchi: "tu della rea progenie degli oppressor discesa... te collocò la provvida sventura infra gli oppressi / muori compianta e placida, scendi a dormir con essi / alle incolpate ceneri nessuno insulterà".
Le due righe finali del capitolo sono state ispirate dalla canzone "Non è mai un errore" di Raf.



martedì 10 aprile 2012

Elizabeth von Wittelsbach: la vera storia (1° parte)

Elisabetta Amalia von Wittelsbach (Monaco di Baviera24 dicembre 1837 – Ginevra10 settembre 1898) nata duchessa in Baviera, fu imperatrice d'Austria e regina di Boemia e d'Ungheria, come consorte di Francesco Giuseppe d'Asburgo-Lorena (1830-1916).



Figlia del duca Massimiliano Giuseppe di Baviera, trascorse la sua infanzia serenamente a Monaco nel palazzo di famiglia, mentre i mesi estivi erano trascorsi nel castello di Possenhofen, una residenza a cui la giovane, molto amante della natura, era profondamente legata. Di animo sensibile, non amava i formalismi di corte, e preferiva occuparsi di iniziative di sostegno ai poveri e agli infermi, piuttosto che prendere parte alla vita mondana.



Nell'inverno 1853 erano in corso alcune trattative fra la madre di Elisabetta, Ludovica, e sua sorella, l'arciduchessa Sofia, per far sposare la figlia della prima, Elena, col figlio della seconda, Francesco Giuseppe, divenuto imperatore d'Austria nel 1848 a soli 18 anni. L'incontro  tra le due famiglie avvenne il 16 agosto 1853.  Fin da quel primo e formale incontro, fu evidente ai presenti che Francesco Giuseppe si era infatuato non di Elena, ma della più giovane e "acerba" sorella Elisabetta (quindicenne). L'arciduchessa Sofia scrisse in merito: «La cara piccina non aveva la minima idea dell'impressione da lei destata in Franzi. Fino all'istante in cui la madre le parlò apertamente, Sissi era solo intimidita e intimorita dalla gente che stava intorno».
 File:Empress Elisabeth of Austria3.jpg


Il giorno dopo Francesco Giuseppe disse alla madre che la sua scelta era caduta su Elisabetta, nonostante l'arciduchessa Sofia preferisse Elena. Nel ricevimento dato quella sera, l'imperatore ballò il cotillon con Elisabetta, un chiaro segno per tutti. Anche durante la cena del 18 agosto, compleanno di Francesco Giuseppe, Elisabetta fu fatta sedere accanto a lui. Il giorno seguente Ludovica, per conto dell'imperatore, chiese a Elisabetta se era condiscendente alle nozze e ottenuto il consenso, lo comunicò per iscritto alla sorella Sofia. Da quel momento fino al 31 agosto, la coppia di fidanzati trascorse molto tempo insieme e si mostrò pubblicamente.

Francesco Giuseppe ed Elisabetta (1854).
Intanto iniziarono le trattative con la Santa Sede per ottenere la necessaria dispensa papale, poiché gli sposi erano primi cugini. Questa stretta parentela, come di consueto per quel tempo, non fu tenuta di conto, nonostante diversi membri della famiglia Wittelsbach avessero già mostrato le tare ereditarie della loro dinastia.
Francesco Giuseppe era dunque infatuato di Elisabetta, ma non ci sono fonti che dicano cosa provasse lei per il giovane imperatore. Le storie d'amore dei film e delle fiction che sono state create riguardo a Sissi, sono completamente inventate.

File:KaiserFranzjosef1853-1-.jpg

 Le nozze furono celebrate con grande sfarzo il 24 aprile 1854, di sera, nella Chiesa degli Agostiniani


Fine prima parte.

lunedì 9 aprile 2012

Gothian. Capitolo 39. Alienor, Lilieth e il Pirata proseguono il viaggio

Alienor si trovava sulla prora, intenta ad osservare il paesaggio. Dopo giorni di navigazione, infatti, erano giunti alla confluenza.
Nel punto in cui il fiume Tadnius sfociava nel grande fiume Amnis, le acque blu scure del primo rimanevano per un lungo tratto separate da quelle gialle e torbide del secondo.



 Il fiume era immenso. 
Alienor lo contemplava con stupore. Nemmeno il Dhain era così largo.
«Prendi un altro po’ di chinino» le disse Lilieth porgendole una boccetta «Voi Alfar non siete vaccinati contro le febbri trasmesse dalle zanzare e dai miasmi di questo luogo»
La principessa bevve l’amara pozione, continuando a fissare le acque dei due fiumi.
«Lo sai come chiamano questo posto?» chiese Vyghar il Pirata: «Le Porte degli Inferi! Il rischio è lasciarsi inghiottire dalle correnti, e sprofondare nelle acque scure. Solo navigatori esperti come me possono attraversare l'Amnis in questo punto maledetto!»
Alienor era sempre irritata dalle vanterie di Vyghar, anche se in fondo ormai incominciava a trovarlo interessante: «Da noi invece, a nord, il fiume Dhain non presenta simili pericoli. Gli Alfar sono molto precisi nelle loro vie di comunicazione, e l'estuario del Dhain è un luogo sicuro»
Vyghar non perse l'occasione per una battuta: «Un luogo sicuro? Che strano, mi pare di ricordare che è proprio lì che vi ho rapita! Ah ah!»


Lilieth intervenne per evitare l'ennesimo battibecco tra i due:
«La sicurezza non è una caratteristica della Federazione Keltar da molto tempo! Nessun luogo è sicuro, in questa pianura, tranne la Contea di Keltar-Senia e la casa di Lady Arriellyn, mia madre, che è il luogo dove faremo la nostra prima tappa»
Alienor si illuminò:
«Ho sentito molto parlare della Contessa di Keltar-Senia. Dicono che nasconda grandi segreti»
Lilieth dovette ammettere che era così.
Alienor capiva che c'erano molte cose da dire al riguardo, ma Lilieth non era pronta.
Ancora non vuole sbilanciarsi...
Vyghar cercò di sdrammatizzare la situazione:
«Mia cara Lilieth, a tua madre prenderà un colpo quando ti vedrà arrivare dopo quasi diciotto anni! Crederà di vedere un fantasma!»
Non poterono fare a meno di sorridere.
Poi Lilieth e Vyghar si allontanarono per confabulare tra loro.
Alienor invece rimase a contemplare il paesaggio.
Le piacevano quelle zone.
Il mio viaggio verso il Sud riprende, ma questa volta senza obblighi di matrimonio.
Sarà tutto molto più interessante…
Ormai il sole era riuscito a scacciare le ultime nebbie ed Alienor vide finalmente la grande Pianura Amnisiana estendersi a perdita d'occhio.



Quando la luce del sole divenne troppo luminosa e calda, Alienor andò a sedersi all’ombra dell'albero maestro.
Continuò ad osservare i paesaggi della Federazione Keltar.
Il fiume era solcato da molte barche e navi.
Vide anche una città portuale, in lontananza.
Il vicecomandante Lorran Plum, che osservava con attenzione il porto, le disse che era la città di Tadnia.



«Non rischiamo di farci scoprire dai Keltar? Se ci identificano come pirati è finita!» disse Alienor, meravigliandosi poi del fatto di stare dalla parte dei pirati che l'avevano rapita, e di non desiderare affatto di essere "liberata".
«Qui la gente ha imparato a farsi gli affari suoi! E' una terra di mercanti e di contadini, che difendono i propri affari e non vogliono guai!»
La risposta di Lorran era sensata, ma Alienor non poté fare a meno di pensare alla storia di quel popolo.
«Un tempo i Keltar erano un popolo di guerrieri temuti in tutto il continente » 
Lorran sollevò una mano e la fece roteare in aria, come a dire che di tempo ne era passato molto da quei tempi, e moltissima acqua sotto i ponti.
«Dai tempi di re Vorkidex sono passati mille anni! I Keltar non sono più un popolo, sono gente sperduta sulla terra... non hanno più nemmeno il ricordo di una patria, e forse non è un male, questo, perché in fondo sono gente libera, non hanno padroni...  »
Alienor annuì. 
«Ma non sono nemmeno dei Barbari. In fondo la Federazione è composta di Ducati ed è presieduta da un Arciduca!»
Lorran rise:
«L'Arciduca di Floriana non conta niente! I Keltar non hanno difese militari degne di questo nome. No, il vero potere, da queste parti, è un altro...» e guardò Alienor per vedere se la principessa indovinava.
Il sole le faceva brillare i biondi capelli, sparsi dal vento in mille dolci nodi.




«I druidi! Sono loro ciò che tiene uniti i Keltar! Mio padre diceva che attendono un Profeta, è così?»
Lorran annuì:
«Così dicono le loro profezie. Qualcuno verrà, e li guiderà alla vittoria. Così fu promesso loro  dagli Dei, nel giorno dell'antico Patto. E da allora essi attendono questo Profeta, e lo chiamano in molti modi: il Principe Promesso, il Figlio dei Cento Re...»
Alienor ascoltava interessata.
«Io credo che Lilieth sia convinta che suo figlio sia il Principe Promesso»
Lorran si strinse le spalle:
«Questo è tutto da dimostrare!» sbottò «non è né necessario, né sufficiente essere discendenti di re, per compiere grandi imprese! Per ora Marvin Vorkidian è solo un diplomatico, e per quanto ne so, non sa nemmeno sollevare una spada!»
La principessa sorrise, perché aveva colto una nota di gelosia nella voce del giovane pirata:
«Lorran…. » gli disse abbassando la voce «Secondo te tra Vyghar e Lilieth c'è qualcosa? Prometto che non le dirò niente!» 
Lui rise:
«Mia principessa, qui non siamo a corte... non si fanno pettegolezzi sulle navi, dicono che porti male!»
Alienor, imbarazzata, arrossì, ma volle lo stesso rispondere a tono:
 «Porta male anche dimenticarsi dei sentimenti, pirata!»
E decise di chiudere lì il discorso raggiungendo Lilieth, rimasta sola sulla prua.
Indossava un diadema regale. Era un dono di Vyghar, una corona identica a quella indossata dalla moglie di Vorkidex, la bella Ygerne, ultima regina del Keltar.
Era il massimo segno della regalità.
«Come mai hai deciso di indossare il diadema proprio oggi?» le chiese Alienor.
Lilieth la guardò con dolcezza, e le accarezzò i capelli.
«Perché sono tornata nella mia terra. Dopo quasi diciotto anni, finalmente rivedo le praterie sconfinate, dove corrono mandrie di armenti, liberi nei vasti spazi. Sempre una pianura, sempre una campagna, questo luogo mi ride al cuore, o piange...»
I suoi occhi erano lucidi, e verdi come le praterie che stava osservando.


Alienor non poté fare a meno di notare il portamento nobile di Lilieth, e la sua compostezza, anche in quel momento così commovente.
«Stai pensando a tuo figlio, vero?»
Lilieth sorrise ed annuì:
«Avrei tanto voluto vederlo... ma sento che le nostre strade si sfioreranno soltanto. Lui sta andando incontro al suo destino, e noi al nostro. Nemmeno i discendenti dei re possono scegliersi la loro sorte, anzi. Noi abbiamo dei doveri in più, Alienor. I privilegi del passato, si devono scontare con le responsabilità del presente e del futuro: a noi è richiesto un sacrificio. Per salvare i nostri popoli, dobbiamo rinunciare a tutto ciò che abbiamo di più caro e sacro...»
Alienor si ricordò che suo padre le aveva detto qualcosa di simile, nel loro ultimo incontro.
Ricorda chi sei, e cosa rappresenti!
Erano passati pochi mesi da allora, eppure in quel momento sentì di essere profondamente cambiata.
«Solo adesso me ne rendo conto, Lilieth... guardando te, vedendo il tuo esempio... tu non hai avuto alcun privilegio dalla tua stirpe, ma soltanto dolore, eppure quando ti guardo io vedo una regina... quello che una vera regina dovrebbe essere... pronta ad esserlo fino in fondo, fino al sacrificio di sé»
Lilieth annuì:
«Il destino mi ha sottratto un figlio, ma mi ha donato una figlia. Non avere paura Alienor, io ti proteggerò. Ci faremo forza insieme, nei tempi difficili che verranno. Sopravviveremo, e contribuiremo a fondare un mondo migliore. Noi, che abbiamo rinunciato ai privilegi, che non abbiamo comandato, che non abbiamo desiderato il potere, noi che non abbiamo mai avuto un regno, un giorno, la Storia ci chiamerà regine!»


N.d.A.

La prima foto, nella realtà, mostra la confluenza del Rio Negro nel Rio delle Amazzoni presso la località di Manaus in Brasile.
Lord Vyghar di Linthael è interpretato da Johnny Depp nel ruolo di Jack Sparrow.
Sir Lorran Plum è interpretato da Orlando Bloom nel ruolo di Will Turner.
La principessa Alienor di Alfarian è interpretata da Isabel Lucas e la sua descrizione è ispirata a quella di Laura nel Canzoniere di Petrarca: "Erano i capei d'oro a l'aura sparsi / che 'n mille dolci nodi gli avolgea / e  'l vago lume oltra misura ardea / di quei begli occhi, ch'or ne son sì scarsi".
Gli attributi con cui viene nominato Marvin Vorkidian sono ispirati da diverse opere: il termine "Figlio di Cento Re" appartiene al ciclo fantasy di Avalon, capolavoro di Marion Zimmer Bradley, completato da Diana L. Paxton. Il termine "Il Profeta dei Keltar" (che era il titolo iniziale del mio manoscritto) era una rimodulazione del titolo del romanzo "Messia di Dune" di Frank Herbert, che più volte ho indicato come una delle mie principali fonti di ispirazione. Il termine "Principe promesso" è tratto dai romanzi di George Martin, con riferimento ad una profezia interna alla dinastia Targaryen, che assieme ai Lannister ha ispirato la dinastia Eclionner in questo mio romanzo. L'identità del Principe Promesso pare riferirsi ad un figlio di Rhaegar Targaryen.
Ygerne è il nome celtico di Igraine Pendragon, madre di re Artù di Camelot.
Lilieth Vorkidian è interpretata da Claire Forlani, nel ruolo di Igraine di Cornovaglia.

domenica 8 aprile 2012

Giovanna la Pazza, regina di Castiglia

Giovanna di Trastàmara, detta la Pazza, (Toledo6 novembre 1479 – Tordesillas12 aprile 1555), figlia di Isabella di Castiglia e di Ferdinando d'Aragona fu:
- Duchessa di Borgogna e delle Fiandre dal 1496 al 1506, in seguito al matrimonio con Filippo I d'Asburgo.
- Principessa delle Asturie dal 1498 al 1504 (titolo che spetta all'erede presuntivo), in seguito alla morte del fratello Juan e della sorella Isabella.
- Regina di Castiglia e di Leon dal 1504 al 1555, in seguito alla morte della madre Isabella
- Regina di Aragona e di Navarra dal 1516 al 1555, in seguito alla morte del padre Ferdinando

File:Meister der Magdalenenlegende 002.jpgDal 1506 al 1555, i suoi titoli furono solo nominali, essendo stata giudicata malata di mente e rinchiusa a vita nella fortezza di Tordesillas.

Il potere effettivo fu esercitato dal padre Ferdinando d'Aragona fino al 1516 e poi dal figlio Carlo, primo re di Spagna e imperatore del Sacro Romano Impero.

Giovanna era la terza figlia dei Re Cattolici, e divenne loro erede dopo che la sorella maggiore e il fratello maggiore morirono.

All'epoca era già sposata con Filippo d'Asburgo, figlio dell'imperatore Massimiliano I, arciduca d'Austria, e di Maria di Borgogna, duchessa delle Fiandre, a cui ho dedicato un post alcuni mesi fa.

Di temperamento ribelle e anticonformista, Giovanna era entrata in conflitto con i genitori e con la Chiesa cattolica, criticando i metodi dell'Inquisizione e la persecuzione degli Ebrei e dei musulmani.



Nessuno si aspettava che la regina Isabella avesse fatto testamento a favore di Giovanna, considerati i pessimi rapporti che intercorrevano tra madre e figlia. Forse Isabella sperava che l'influenza di Filippo, marito di Giovanna, avrebbe permesso a quest'ultima di assumere atteggiamenti più conformisti alla politica religiosa dei Re Cattolici.

E così, alla morte di Isabella, nel 1504, Filippo e Giovanna furono incoronati Re e Regina di Castiglia, contro la volontà di Ferdinando d'Aragona, che in questo modo perdeva l'influenza esercitata per trent'anni sulla Castiglia, in quanto marito della defunta Isabella.

File:PhillippeJeanne.jpg

Giovanna e Filippo, come si è detto, ebbero sei figli:



Giovanna era innamoratissima del marito Filippo, detto "il Bello", che però la tradiva.


I tradimenti del marito provocavano violente scene di gelosia da parte di Giovanna, che fin da bambina aveva mostrato un carattere che alternava momenti di irascibilità a momenti di grande malinconia, sintomi inquadrabili nell'ambito di una depressione bipolare, un disturbo dell'umore che però non ha niente a che vedere con la pazzia.


Filippo morì giovanissimo nel 1506, colto da malore dopo un esercizio sportivo.
Da quel momento, tutte le azioni di Giovanna vennero strumentalizzate dal padre di lei, Ferdinando il Cattolico, re d'Aragona, al fine di dimostrarne la pazzia per ottenere la reggenza sulla Castiglia.

Cosa accadde veramente a Giovanna? Possiamo tentare una ricostruzione per punti.

1) Giovanna sicuramente aveva un temperamento ribelle, anticonformista e irascibile, ma non era pazza.

2) Giovanna soffriva di crisi depressive, legate alle gravidanze, ai tradimenti del marito e poi alla morte del marito stesso, ma era comunque perfettamente lucida e capace di intendere e di volere.

3) Alcuni suoi comportamenti dopo la morte di Filippo vennero ingigantiti dai suoi nemici politici.
- Fu criticata la scelta di far imbalsamare il corpo di Filippo, ma all'epoca si ricorreva di frequente a questa procedura quando la distanza dal luogo del decesso (Burgos) a quello di sepoltura (Granada) era molto lunga, e la salma rischiava di danneggiarsi.
- Fu criticato il fatto che il corteo funebre sia stato molto lungo e si sia tenuto di notte. Riguardo alla lunghezza, Giovanna scelse Granada come luogo di sepoltura in quanto lì già era stata sepolta la regina Isabella, ed era dunque un atto di omaggio alla madre. Il fatto che si fosse tenuto di notte era dovuto al fatto, ovvio, che la salma di giorno avrebbe subìto un deterioramento maggiore a causa delle più alte temperature.

4) Subito dopo i funerali di Filippo, con un vero e proprio colpo di stato, Ferdinando d'Aragona, con l'appoggio dell'Inquisizione, fece arrestare Giovanna con l'accusa di "pazzia", e la fece rinchiudere nella fortezza di Tordesillas, nella quale la regina rimase "ospite" per i successivi 50 anni della sua lunga vita.


La prigionia di Giovanna a Tordesillas fu estremamente dura e resa ancora più difficile sia dal rigoroso isolamento a cui fu sottoposta, sia dai tentativi di costringerla a pratiche religiose, come la confessione, che ella ostinatamente rifiutava.
Alla morte di Ferdinando, Giovanna ereditò solo formalmente la corona aragonese, ma il testamento del re stabiliva che tutta la Spagna sarebbe stata governata dal primo figlio maschio di Giovanna, Carlo d'Asburgo, che non vedeva la madre da dieci anni e che desiderava diventare subito re.
Carlo confermò dunque la "pazzia" della madre, e nominò suo carceriere un suo fedelissimo, il marchese di Denia. Costui manifestò uno zelo esemplare nella sua funzione di carceriere-aguzzino, come dimostra la corrispondenza intrattenuta con Carlo, nella quale a volte gli ricordava che prima dei sentimenti filiali dovevano venire gli interessi politici: a volte suggeriva di applicare alla Regina la tortura perché questa sarebbe stata utile alla sua salvezza spirituale. Il marchese allontanava persino quei frati che, messi vicino alla Regina nel tentativo di convertirla, ne divenivano, invece, amici e difensori, come accadde per frate Juan di Avila. Di tutto veniva sempre informato il figlio Carlo.


Nel maggio 1520 scoppiò la cosiddetta rivolta dei Comuneros, un movimento politico che mirava a rovesciare il regime di Carlo V e a sovvertire l'ordine costituito. Nell'agosto dello stesso anno i rivoltosi occuparono Tordesillas, allontanarono il Denia e chiesero a Giovanna il suo sostegno.
 Giovanna apparve a tutti perfettamente lucida e consapevole della situazione. Ricevette diverse volte i rappresentanti degli insorti, ma non accettò di mettersi in guerra contro il figlio e rifiutò di firmare qualsiasi documento che legittimasse la ribellione.
Tutte le testimonianze concordano nel riferire che la regina Giovanna era perfettamente sana, a livello sia fisico che mentale.
 Lo stesso vescovo di Tolosa, raccolte le testimonianze alcuni religiosi, comunicava a Carlo che tutti concordavano nell'affermare la sanità mentale di Giovanna precisandogli anche che: «…vostra altezza ha usurpato il titolo reale e ha tenuto prigioniera a forza la regina, che è del tutto assennata, sotto il pretesto che sia folle…»
Carlo, ormai divenuto anche imperatore del Sacro Romano Impero e signore delle Americhe centro-meridionali, (famosa la sua frase "nel mio impero il sole non tramonta", in quanto se tramontava in Europa, risorgeva poi in America e viceversa), dopo il 1520 fu ancora più spietato con la madre.
Giovanna fu ricacciata in una seconda prigionia, ancora più dura e crudele della precedente, sempre sotto la custodia del marchese di Denia.
Per ironia della sorte, nonostante le dure vessazioni, Giovanna visse molto a lungo, al 
contrario dei suoi figli. Carlo V attese per decenni la morte della madre, ma mentre la 
salute fisica di Giovanna meravigliava tutta l'Europa, le condizioni fisiche 
dell'imperatore declinarono a causa di un tumore alla prostata.
Giovanna morì venerdì 12 aprile 1555, a 75 anni, dopo avere rifiutato per l'ennesima volta la confessione, assistita da Francisco de Borja, che testimoniò la sua lucidità. Il suo corpo uscì finalmente da Tordesillas, in quanto Giovanna aveva fatto richiesta di essere sepolta nella Cappella Reale della cattedrale di Granada, insieme all'amato marito Filippo e ai genitori, i Re Cattolici.
Nemmeno un anno dopo, Carlo V dovette abdicare, perché l'ipertrofia prostatica, all'epoca inoperabile, gli causava atroci sofferenze, e si ritirò nel convento di Yuste, nella desolata regione dell'Estremadura, dove morì nel 1558.




sabato 7 aprile 2012

Gothian. Capitolo 38. Marigold affronta un pericoloso avversario

Dopo aver appreso dell'incontro di Elner XI con padre Mollander e delle accuse che il sacerdote le aveva rivolto, la contessa Marigold di Gothian andò su tutte le furie, e pretese immediatamente, ed ottenne, una udienza dall'anziano Priore della Grande Canonica.



Quando si trovarono finalmente faccia a faccia, non persero tempo a fingere di ignorare ciò che sapevano benissimo l'uno dell'altra.
«Alla fine ci incontriamo» disse la Dama Gialla calcando la pronuncia sulla parola "fine".
L'idea che quel dialogo dovesse avere qualcosa di "definitivo" doveva essere ben presente anche all'anziano sacerdote:
 «Ho fatto di tutto per ritardare questo incontro, perché ne conosco i rischi. Ma sono gravemente malato, e ormai la salute mi concede poco tempo e non potevo più rimandare»
La contessa lo fissò con sguardo assassino:
«Se la malattia vi concede poco tempo, state sicuro che io ve ne concederò ancora di meno, dopo che avete cercato di mettermi in cattiva luce agli occhi dell'imperatore»
Padre Mollander la fissò con eguale durezza:
 «Gli ho semplicemente ricordato i guai che causaste al suo antenato. Non riuscirete a strumentalizzare di nuovo la dinastia Eclionner!»
Il volto del Priore della Grande Canonica esprimeva il massimo disgusto.



Marigold lo guardò con perplessità: «Posso capire che voi ce l'abbiate con me, perché minaccio il vostro potere. Ma non capisco perché tramate per mettere Marvin Vorkidian sul trono. Che vantaggi può dare la stirpe del luminoso Belenos a gente della vostra razza, che pratica la magia nera?»
Mollander parve divertito:
«Della nostra razza, mia cara! Siamo fin troppo simili! Possiamo anche darci del tu! E' come se ti avessi sempre conosciuta, Edwina! Le tue stregonerie e maledizioni sono note, ma le mie cognizioni sono quelle di un esorcista esperto in necromanzia, il che mi rende molto più potente di quanto credi. Potrai anche uccidere il mio vecchio corpo, violando il Patto, ma non ti libererai mai del mio spirito. Servo Belenos per non finire all'Inferno, ma siccome anche le porte del Cielo mi sono chiuse per le mie pratiche di magia nera, il mio spirito è destinato a vagare in questo mondo, e a tormentare i sonni e i sogni degli assassini come te!»
La Dama Gialla non si lasciò intimidire:
«Conosco l'Antico Patto meglio di te. Io c'ero quando fu siglato! Mi erano state date delle garanzie di non interferenza da parte dei sacerdoti di Lathena. Sei tu, quindi ad aver violato il Patto per primo. E visto che ti piace chiamarmi col mio vecchio nome, Edwina Ataris, ti servirà ricordare che sono la figlia di Atar e la suprema Custode del Fuoco Segreto! Non ho paura di niente e di nessuno, sia esso corpo o spirito!»
Il Priore rise: «Ah ah! Il Fuoco Segreto! Il colore splendente! Il nome Marigold! L’immagine dorata della Dama Gialla! Ti piace questo ruolo, ti diverti vero?»
Marigold rise:
«Sì, mi diverto... e mi divertirò ancora di più quando vedrò questo luogo prendere fuoco per un provvidenziale incendio!» 



Il Priore capì le intenzioni della Dama: «Edwina Ataris, credi forse che dando fuoco a questo luogo sacro tu possa acquisire credito presso l'imperatore? Già quando sposasti Arexatan attirasti su di te e su di lui l'odio di molti, perché straniera e strega, e avida di potere. Certo, dopo la morte del tuo primo marito, sei stata abile ad allearti col Conte di Gothian, ma non credere che Fenrik si accontenterà del Nord. Lui vuole il potere su tutto! Il guaio dei figli dei demoni è che non possono accettare di spartire il potere con nessuno!»
Marigold annuì:
«Conosco i rischi di questa partita, e conosco le mie risorse. In mille anni ho avuto il tempo di chiarirmi le idee. Tu invece, dopo una breve vita inutilmente spesa in cospirazioni contro di me, morirai prima ancora che la Conflagrazione Universale abbia inizio!»
Mollander la guardò con espressione delusa: «Vedo che non credi al fatto che il mio spirito potrà veramente perseguitarti dopo la mia morte. Ciò dimostra come in questi mille anni, tu non abbia speso neanche un minuto per studiare il Libro della Legge dei Morti, il Necronomicon!»



Marigold scosse il capo: «Non credo a una sola parola di quel libro! E' opera della fantasia malata di qualche mortale come te. Io credo nella vita, nel godersi la vita! E intendo farlo!»
Mollander la fissò con occhi vitrei:
«Ah sì? E come? Alleandoti con i non-morti di Fenrik? I suoi vampiri Albini sono pronti e hanno molta sete. I suoi zombie Ghoul hanno fame! E le creature ibernate che si risveglieranno, sono potenti. Solo un grande esorcista come me potrebbe proteggere la Dinastia da questi demoni! Credi che ti basterà l'aiuto di Atar per "goderti la vita?"»
La Dama Gialla aveva già pensato anche a questo:
«Elner è quasi pronto: i ricordi di Arexatan si risveglieranno in lui, e così il supremo potere di Eclion, a cui il padre di Fenrik, Gothar è gerarchicamente inferiore. Fenrik quindi non costituisce un pericolo!»
Il Priore sospirò:
 «A meno che Gothar non faccia ricorso direttamente al Principe dei Demoni, al dio del Male, Deva Ahriman, che ascolta sempre le preghiere dei malvagi, purché non ci sia in loro nemmeno un briciolo di bontà!»
La Contessa di Gothian percepì un senso di pericolo.
«Anche Eclion intercederà presso Ahriman! E allora vedremo a chi darà ascolto il Supremo Maligno!»
Il vecchio prete scrollò le spalle:
«E tu credi che Eclion sia più malvagio di Gothar? Non credo proprio! Stai dando troppe cose per scontate, Dama Gialla! In mille anni avresti avuto il tempo per organizzare un piano migliore. Forse ti ho sopravvalutata. Credevo che tu fossi più intelligente»
Marigold ne aveva abbastanza.
Mollander aveva violato il Patto solo perché non aveva nulla da perdere, essendo malato terminale, ma la punzione che la Dama Gialla aveva in serbo non riguardava solo lui. Tutti i Canonici andavano puniti.
Purtroppo Ulume era in missione, assieme a Sulmen e Grizinga, i più pericolosi, ma intanto l'eliminazione di Mollander e dei suoi novizi sarebbe stato un importante punto di partenza.
Scatenò tutto il fuoco che aveva in corpo e diede inizio all'incendio della Grande Canonica.



Il Priore non emise un solo lamento, mentre le fiamme lo trasformavano in cenere.
Marigold era immune al fuoco.
 Il Fuoco cammina con me!
Nessuno poteva vederla: i Canonici vedevano solo il fuoco.
La figlia di Atar poté così uscire tranquillamente, prima che la struttura di quel grande tempio crollasse, e non ne rimanesse altro che polvere.


N.d.A.

Marigold di Gothian, alias Edwina Ataris, è intepretata da Charlize Theron nel ruolo della regina Ravenna in "Biancaneve e il cacciatore" con Kristen Stewart.
Il priore Izumir Mollander è interpretato da Christopher Lee nel ruolo del lord sith Darth Tyranus alias Conte Dooku in Guerre Stellari.
L'idea che dopo l'uccisione lo spirito sopravviva più forte è ispirata in modo particolare da quanto accade, sempre in Star Wars, al personaggio di Obi Wan Kenobi anziano (sir Alec Guinness), che dopo essere stato ucciso da lord Darth Vader (o Fener) acquisisce una sorta di immortalità.
Il ruolo di Marigold come "custode del fuoco segreto" si rifà alla famosa frase che Gandalf pronuncia prima di combattere con il Balrog. Non a caso Gandalf è anche il custode segreto dell'Anello del Fuoco, affidatogli dal re degli elfi della costa, Cirdan il Carpentiere (o il Timoniere), signore dei Rifugi Oscuri. Gli altri due anelli sono custoditi da Elrond e da Galadriel.
La frase "Fuoco cammina con me" è il titolo di un film di David Linch che fa da prequel alla serie "Twin Peaks". In tale film si mostra la vita di Laura Palmer, la cui morte darà poi inizio ai misteri della serie tv che ebbe grande seguito negli anni '90. Di David Linch segnalo anche il film "Dune", tratto dal romanzo capolavoro di Frank Herbert, che ha ispirato gran parte del mio romanzo: numerosi sono infatti i tratti in comune tra Paul Atreides e Marvin Vorkidian.
Il Priorato della Grande Canonica richiama vagamente qualche eco del Priorato di Sion. L'incendio del priorato è ispirato alla frase "there's a fire in the priory" di una canzone di Rufus Wainwright, al quale debbo peraltro anche l'ispirazione del nome Marigold, che compare nella canzone "Rebel prince".


venerdì 6 aprile 2012

Gli ultimi anni di regno di Isabella di Castiglia

Come accade per tutti i sovrani, gli ultimi dieci anni di regno di Isabella la Cattolica, tra il 1494 e il 1504, sono incentrati sul problema della successione al trono di Castiglia.



Isabella di Castiglia e suo marito Ferdinando d'Aragona ebbero cinque figli, di cui però un solo maschio, che morì giovane.
Ecco i figli dei Re Cattolici:

File:Los Reyes Católicos y la infanta doña Juana.jpg


La politica matrimoniale seguita dai Re Cattolici aveva come obiettivo quello di stabilire delle solide alleanze in funzione anti-francese.
Per questo i figli di Isabella si imparentarono con le famiglie reali di Portogallo, Austria e Inghilterra.

La morte dell'Infante don Juan, però, mise in discussione tutta questa politica, perché i mariti delle altre figlie avrebbero potuto aspirare a sottomettere la Castiglia ai loro regni. 

L'anno seguente, 1498, morì anche la primogenita. Addolorata per la morte dei due figli prediletti, e gravata da problemi di salute, Isabella accentuò negli ultimi anni la sua religiosità, e fece testamento, mantenendo però segreto il nome dell'erede.



Tutti davano per scontato che Isabella avesse nominato erede il marito Ferdinando, che di fatto governava insieme a lei da trent'anni.




Ferdinando controllava, tramite l'Aragona, anche il regno di Napoli e Sicilia, oltre che la Sardegna e le Baleari, e si considerava a buon diritto il signore del Mediterraneo. Riteneva che i suoi contributi alla grandezza del regno di Castiglia, compresa la conquista di Granada e della Navarra, gli dovessero essere debitamente riconosciuti nominandolo erede del regno.


Questo però non accadde.


E' un grande dilemma per gli storici capire il motivo per cui Isabella, nel testamento, escluse il marito, a cui in apparenza era tanto legata, e lasciò tutto alla figlia Giovanna, così diversa da lei e con la quale non aveva mai avuto buoni rapporti. Giovanna era infatti contraria alla politica clericale della madre, e rifiutava persino i sacramenti, in modo particolare la confessione.
Per questo tutti erano convinti che alla morte di Isabella, ormai prossima a causa di un tumore all'utero, a regnare sarebbe stato il marito Ferdinando d'Aragona.




File:Isabella by Bigarny01.jpg


Negli ultimi anni di vita, molti motivi di amarezza derivarono a Isabella dalle divergenze con Cristoforo Colombo riguardo al governo di Hispaniola, cioè l'insieme delle prime zone americane colonizzate dagli spagnoli. Al ritorno dal suo penultimo viaggio in America, nel 1500, Colombo fu arrestato con l'accusa di abuso di potere, torture alle popolazioni indigene e traffico di schiavi.



Dopo sei settimane di durissima detenzione,
Colombo ottenne la grazia da parte dei Re Cattolici, ma perse sia il titolo di Ammiraglio sia quello di Governatore di Hispaniola. 


Tuttavia, dopo un colloquio privato con Isabella, Colombo ottenne il permesso di compiere un ultimo viaggio esplorativo nelle Americhe.


Al suo ritorno, Colombo si recò a Medina del Campo, dove Isabella si era ritirata nel 1504 a causa dell'acutizzarsi della sua malattia, (un tumore all'utero). Dopo un lungo e affettuoso colloquio,
Isabella perdonò Colombo e sarebbe stata forse pronta a reintegrarlo nella carica di Ammiraglio, ma la morte la colse pochi giorni dopo.



La Regina Cattolica aveva espresso il desiderio di essere sepolta a Granada, dove era stata costruita una Cappella Reale. Per questo, un lunghissimo corteo funebre attraversò la Spagna e portò il feretro dal castello di Medina del Campo alla città araba riconquistata, Granada appunto, dove ancor oggi si trova la tomba dei Re Cattolici e dei loro figli.


File:Capilla real tombs.jpg

Dopo i funerali solenni, si aprì il testamento che, con grande sorpresa di tutti, escludeva il marito Ferdinando dalla successione (qui sotto possiamo vedere il testamento scritto, firmato e autenticato con sigillo reale dalla stessa Isabella) e nominava erede universale, come si è detto...


File:Testamento Isabel Catolica.jpg


...la figlia Giovanna, moglie di Filippo I d'Asburgo, duca di Borgogna e delle Fiandre e signore dei Paesi Bassi, figlio dell'imperatore Massimiliano d'Asburgo, arciduca d'Austria.


Alla regina Giovanna, successivamente detta "la Pazza", sarà dedicato il prossimo post storico.