venerdì 24 febbraio 2012

Mary of Teck, la Kate Middleton del secolo scorso.


Mary of Teck (1867-1953) fu regina consorte di Gran Bretagna tra il 1910 e il 1936. Prima fu Principessa del Galles, tra il 1901 e il 1910 e prima ancora Duchessa di York tra il 1889 e il 1901.
Ripercorriamo per immagini le fasi della sua ascesa. Ecco Mary il giorno del matrimonio col principe George, duca di York, figlio del principe del Galles, Edoardo VII a sua volta figlio della regina Vittoria. Diciamo che Mary all'epoca era l'equivalente di Kate Middleton.


Mary, Duchessa di York, nel 1899:


Mary, Principessa del Galles nel 1901, dopo la morte della regina Vittoria:


Mary, Regina di Gran Bretagna e Irlanda, imperatrice delle Indie, nel 1910, dopo la morte di Edoardo VII:


Mary, Regina Madre del Regno Unito, nel 1936, dopo la morte del marito Giorgio V:


Mary con le nipoti. Riconoscete la ragazza sulla destra nella foto qui sotto?


Questa ragazzina adesso ha 86 anni, mentre la sorella minore è morta dieci anni fa, e la nonna cinquanta anni fa. La ragazza è Elisabetta II del Regno Unito, con la sorella Margaret.
Mary divenne "Regina Nonna" del Regno Unito, nel 1952, durante i funerali del figlio Giorgio VI, in compagnia della nuora Elizabeth e delle nipoti Elisabetta e Margaret:

La Queen Mary morì un anno dopo, a 84 anni.
Qui sotto la famosa Queen Mary, uno dei transatlantici più grandi del mondo, dedicato a Mary of Teck:

giovedì 23 febbraio 2012

Gothian. Capitolo 16. Alienor e Vyghar: la Principessa e il Pirata


La flotta pirata fece vela in direzione della diroccata fortezza di Linthael.
 Un tempo doveva essere stato un castello fiorente, ma ormai ne rimanevano soltanto le rovine.


Lì, su quei monti rocciosi e aridi, dove il vento del nord spazzava via anche gli alberi, erano approdati, inerpicandosi verso il covo segreto.
Alienor era distrutta, le dolevano le ossa, i piedi erano ricoperti di vesciche, la gola era inaridita dalla sete e la borraccia conteneva poca acqua. Il cibo che le davano era disgustoso e nauseante.
Se vado avanti così, sarò morta entro pochi giorni.
Da un lato la cosa non la spaventava, anzi, le pareva una liberazione. Dall’altro lato però riteneva profondamente ingiusto morire così giovane, senza aver conosciuto le gioie della vita, e in particolare l’amore.
Almeno non mi hanno inflitto violenza. Merito del Pirata Gentiluomo!


Il capo dei pirati, Vyghar di Linthael, ogni tanto tentava goffamente di essere gentile, e la proteggeva dalla massa degli altri uomini, che erano come tante belve affamate.
Parlavano dei dialetti a lei sconosciuti, erano quasi tutti dei Mezzosangue.
La vita non è stata generosa con loro… nessuno vuole avere a che fare con i Mezzosangue…
Se il mondo li respingeva, allora essi imparavano ad odiare il mondo, e a non avere pietà.
Ma nemmeno i miei antenati, i Re Barbari del passato, conoscevano la pietà.
Alienor l’aveva sempre saputo: discendere da quei re, significava portare nel proprio sangue l’eredità della barbarie con cui essi avevano ucciso, violentato, saccheggiato, distrutto.
Forse io devo scontare la pena anche per loro…
Si guardò intorno, le montagne erano alte e ricoperte di arbusti… solo in certi punti c’era ancora il bosco. Non a caso quelle montagne erano chiamate i Denti del Drago. Erano un luogo impervio, duro, sassoso. Nessuno aveva mai voluto colonizzare territori come questi: i pochi sentieri erano stati creati dai fuorilegge, che qui da sempre si nascondevano e da qui partivano per compiere le loro razzie.
Qualcuno mi starà cercando? Almeno mio padre, avrà mandato i suoi uomini migliori a salvarmi… ma Ser Gahel potrebbe averlo depistato! 


Come posso essere stata innamorata di un simile traditore?
Era bello, Ser Gahel, ma nascondeva un'anima vile.
Al contrario, lei sentiva si sentiva ora esteriormente mostruosa, e anche se non si era potuta guardare allo specchio, immaginava l’orribile spettacolo che doveva mostrare così ridotta.
Ho dato troppa importanza alla bellezza, e solo ora mi rendo conto che basta un niente per perderla e rimanere a mani vuote!


Ma in fondo, ormai, anche quello contava poco. Se la morte era vicina, come Alienor pensava, allora tutto il resto era vano.
Ho avuto una bella vita? Sì, sono stata una privilegiata…e se metto in una bilancia le gioie da una parte e i dolori dall’altra, persino ora riesco ad ottenere almeno un pareggio…
E se la morte le appariva come una soluzione, rimaneva l’eterno dubbio: cosa c’era dopo?
Alienor non aveva mai mostrato molta devozione nei confronti degli Dei degli Alfar, così come non si era convertita alla religione dei Lathear.
Spero che dopo la morte non ci sia più niente. Un eterno nulla, una quiete che nessuno possa turbare.
E se così non fosse stato? Se avevano ragione i preti o i druidi o gli altri sacerdoti… come l’avrebbero giudicata gli Dei… in particolare Eclion, il sole!
Ammesso che Eclion sia veramente il dio del sole!


Le sembrava impossibile che quel punto rosso che stava incominciando a tramontare fra le creste dei monti potesse essere un dio.
Ah, ecco come è andata a finire la tanto sbandierata profezia… Se tutti quei veggenti potessero sapere come è ridotta la Fanciulla delle nevi…
Alienor si chiedeva come erano potuti essere tutti così sciocchi da credere a una cosa simile.
Ad un certo punto sentì che da dietro la stava raggiungendo Vyghar. 
«Cara principessa, benvenuta nella mia umile dimora!»
Alienor lo guardò poco convinta:
«Io vedo solo un ammasso di rovine»
Il pirata le rivolse un'occhiataccia sdegnata: «Il castello di Linthael fu costruito quando ancora i vostri Alfar vivevano nelle caverne!»
La principessa continuò a fissare il rudere:
«Può essere, ma ormai esiste più nessun castello!»
Vyghar le puntò in faccia un indice accusatorio:
«Se non esiste più nessun castello, devo dire grazie a vostro nonno Harald! Dopo la battaglia di Elenna sul Dhain, l'anno della Primavera di Sangue, re Harald sguinzagliò i suoi Alfar alla ricerca di Sephir Eclionner, che a quanto pare se l'era data a gambe... anche se in realtà una delle sue gambe era messa piuttosto male... ah ah! Ma questo non c'entra, o meglio, potrebbe entrarci in futuro... lo Sciancato mi ha fatto una bella offerta per voi! Ma sto divagando... dicevo che quella marmaglia Alfar giunse fin qui, al castello dei miei avi e...»
E qui lo sguardo del pirata si fece improvvisamente serio.
«...e lo incendiarono...»


Alienor, provò un senso di vergogna per la barbarie del re suo nonno:
«Perché lo fecero?» 
Il pirata scrollò le spalle:
«Avevamo dato asilo a Sephir Eclionner! Quel maledetto Sciancato era stato messo in salvo dagli Albini del Conte di Gothian, che lo portarono qui, perché... beh, il perché non è affar vostro...!»
La principessa era rimasta colpita dal riferimento a Lord Fenrik:
«Allora è vera questa storia del Conte che ha risparmiato Sephir Eclionner! E dire che Marigold aveva sempre negato...»
Vyghar le lanciò un'occhiataccia:
«Benvenuta nel mondo reale, Altezza! Nel mondo dove non ci si può e non ci si deve fidare di nessuno! Guardate cosa resta del castello dei miei avi... ecco, dei miei genitori non restano nemmeno le ossa! Io ero in barca, a pescare con alcuni amici: e vidi da lontano la fine della mia casa e della mia stirpe... e questo solo perché mia madre era... no, lasciamo perdere... queste cose non vi riguardano. L'unica cosa che vi riguarda è che vostro nonno è stato l'esecutore materiale della rovina della mia famiglia e dei suoi possedimenti»
Non c'era altro da aggiungere. Alienor sapeva che nessuna parola avrebbe potuto cancellare quel peccato originale. 
Vyghar scosse la testa: «Non ce l'ho con voi. Persino Sephir Eclionner è soltanto uno dei mille tasselli di un mosaico che voi non conoscete e forse nessuno conosce del tutto, tranne la Dama Gialla. Se persino io a volte non riesco a capire chi siano i miei committenti e quali siano i loro piani, come potete pensare di capirlo voi? Io ormai mi limito solo a contare i soldi: è un’attività che trovo estremamente divertente, specie quando sono dei dobloni d’oro. E non mi importa se in quei dobloni ci sia la faccia di Ellis o quella di vostro padre. E’ l’oro quello che conta!»
Alienor era urtata da quel cinismo materialista: «Ci sono cose che valgono di più dell’oro!»
 «Sì certo, Altezza, ma costano un sacco di soldi!»
La principessa non poté evitare di sorridere alla battuta:
 «E il gioco del Trono non vi attira?»
Il pirata le rivolse un sorriso di ammirazione:
«Un gioco per menti raffinate, mia dolce Alienor. Io avrei anche qualche titolo per parteciparvi, ma ho imparato a stare al mio posto. Il mio gioco è contare i soldi, e il vostro è quello di essere una pedina in una partita a scacchi che dura da quasi mille anni!»
La principessa ricambiò il sorriso:
«Persino una pedina può dare scacco al Re!»
Il pirata rise: «Ah, ahSono contento che abbiate ancora intuizioni interessanti. L’ironia potrebbe salvarvi dalla follia, o dalla consunzione. Ma non fatevi troppe illusioni: avete ben altri nemici, oltre ad Ellis: gente che lavora nell’ombra, che ci può divorare tutti in un solo boccone!»
«E voi da che parte state?»
«Dalla parte di chi mi paga meglio, naturalmente!»
Alienor non ebbe più la forza di replicare, anche perché il pirata, pur nella sua durezza, aveva parlato fin troppo onestamente.




mercoledì 22 febbraio 2012

Elisabetta I Tudor, la Regina Vergine (forse)

Elisabetta I Tudor (Greenwich7 settembre 1533 – Londra24 marzo 1603) fu regina d'Inghilterra e d'Irlanda dal 17 novembre 1558 fino alla morte.



Figlia di Enrico VIII e della seconda moglie Anna Bolena, dopo la decapitazione della madre fu dichiarata illegittima, perse il titolo di principessa e fu cresciuta in esilio nel palazzo di Hatfield.
Dopo la morte del padre nel 1547 e del fratello Edoardo VI nel 1554, salì al trono la sorellastra Maria I, figlia di Caterina d'Aragona, e quindi cattolica e nemica della protestante Elisabetta.
Il marito di Maria, Filippo II di Spagna, e con lui tutto il partito "cattolico", considerava Elisabetta come il centro di tutte le congiure per deporre Maria, che ne ordinò l'arresto e la fece rinchiudere nella Torre di Londra in attesa di giudizio.Quando ormai Elisabetta temeva di subire la stessa sorte di sua madre Anna Bolena, la regina Maria si ammalò di tumore all'utero e alle ovaie (inizialmente scambiato per una gravidanza) e per non presentarsi a Dio con la morte della sorella sulla coscienza, si rifiutò di firmarne la condanna a morte, nonostante le insistenze del capo del partito cattolico, il Duca di Norfork.
Elisabetta fu dunque scarcerata, mentre Maria, agonizzante, fu abbandonata dal marito e dagli alleati.
Alla morte di Maria, nel 1558, Elisabetta, come ultima dei figli di Enrico VIII Tudor, fu riconosciuta unica legittima erede al trono e il 15 gennaio del 1559 fu incoronata regina d'Inghilterra e Irlanda.

File:Elizabeth I in coronation robes.jpg 

Nella prima parte del suo regno, Elisabetta dovette affrontare alcuni problemi molto gravi:
1) la guerra mossa dalla Scozia, governata dalla reggente cattolica Marie de Guise, madre di Mary Stuart.
2) l'opposizione interna da parte del partito cattolico legato al Duca di Norfolk, il vero uomo forte del regno
3) le pressioni esterne affinché sposasse Filippo II di Spagna o Enrico d'Anjou, fratello del re di Francia
Chi ha visto il film "Elizabeth" con Cate Blanchett, sicuramente ricorderà questi elementi essenziali.

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Dopo aver sconfitto la Scozia, di fatto rendendola satellite all'Inghilterra e preparando la nascita del Regno Unito, Elisabetta decise di non sposarsi e riuscì a sconfiggere la ribellione fomentata dal Duca di Norfolk.
In quegli anni contrasse il vaiolo, che le deturpò il viso ed i capelli. Da quel momento dovette truccarsi molto pesantemente per mascherare le cicatrici, e dovette indossare parrucche molto elaborate.



La seconda fase del suo regno fu caratterizzata dai seguenti problemi:
1) i rapporti sempre più tesi con la cugina Mary Stuart (Maria Stuarda), regina di Scozia
2) le minacce provenienti dalla Spagna di Filippo II
3) il rapporto sentimentale con Sir Walter Raleigh, navigatore e fondatore della prima colonia inglese sul suolo americano, chiamata Virginia, in onore della "Regina Vergine".



Sulla questione della verginità di Elisabetta si sono scritti fiumi di inchiostro. Al di là dell'aspetto di "gossip" che può caratterizzare questo discorso, la rilevanza storica risiede nel fatto che la regina volle creare un culto della propria personalità che facesse della sua presunta verginità una caratteristica quasi divina, tenendo presente che la chiesa anglicana aveva fortemente limitato il culto della Vergine Maria.
E' opinione maggioritaria che Elisabetta abbia avuto almeno tre amanti nel senso pieno del termine, e cioè lord Robert Dudley, conte di Leicester, Sir Walter Raleigh e lord Robert Deveraux, conte di Essex.
Nel 1587 Elisabetta scampò ad un attentato ordito dagli Spagnoli con la complicità di Maria Stuarda.
Il tribunale condannò la regina di Scozia a morte, ma Elisabetta cercò di opporsi a tale condanna, per tre ragioni: Maria era sua cugina, in quanto nipote di Margaret Tudor; Maria era una regina regnante, e la sua decapitazione avrebbe creato un pericoloso precedente, dal momento che prima di allora nessun sovrano regnante era mai stato condannato a morte; infine, Maria era alleata della Spagna, che avrebbe usato la sua morte come pretesto per attaccare l'Inghilterra.
Di queste tematiche si occupa il secondo film che Cate Blachett ha interpretato nel ruolo di Elisabetta e cioè "The Golden Age".



Elisabetta non riuscì a impedire la decapitazione di Maria Stuarda e questo provocò la dichiarazione di guerra da parte della Spagna. Il re Filippo II inviò la sua potentissima flotta, l'Invincibile Armada, per invadere militarmente l'Inghilterra.
Contrariamente ad ogni previsione, la flotta spagnola fu sconfitta da quella inglese, comandata da Charles Howard, I conte di Nottingham e da Francis Drake, aiutati dal maltempo. L'Armada fu costretta a ritornare in Spagna e la vittoria aumentò molto la popolarità di Elisabetta.
Si è soliti considerare la vittoria di Elisabetta sulla flotta spagnola come la data di inizio del dominio inglese sui mari e di conseguenza dell'impero britannico.

File:Darnley stage 3.jpg

L'ultima parte del regno di Elisabetta fu caratterizzata dal tentativo di riconciliazione tra protestanti e cattolici, e dal rafforzamento della monarchia secondo criteri assolutistici. Per rafforzare il suo potere, Elisabetta si alleò con la piccola nobiltà di campagna, la "gentry", alla quale furono vendute le terre pubbliche, con notevoli introiti per le casse dello stato.
In seguito alla rivolta in Irland, Elisabetta spedì il suo favorito, il conte di Essex, a riportare l'ordine. Essex però, dopo molti insuccessi, tornò anticipatamente a Londra e fece irruzione nel palazzo reale, arrivando fino alle stanze private della regina, per denunciare un complotto contro di lui, ordito dal segretario di Elisabetta, Robert Cecil.
Elisabetta, sconvolta da questo comportamento e convinta da Cecil della colpevolezza di Essex nel fallimento della campagna irlandese, lo condannò a morte nel 1601.
Dopo questo atto, che le venne comunicato mentre suonava il virginale, Elisabetta cadde in una spirale depressiva dalla quale non si riprese mai più.
Con l'imconbere della la vecchiaia e della morte, la regina dovette occuparsi della successione. Paradossalmente l'erede legittimo era Giacomo Stuart, re di Scozia e figlio di Maria Stuarda, la presunta traditrice fatta condannare.
Consapevole della fine della dinastia Tudor e dell'avvento della dinastia Stuart, Elisabetta non fece testamento, accettando implicitamente la successione di Giacomo Stuart, appoggiato dall'onnipotente Robert Cecil, nell'ottica dellaa creazione di un regno unito che tenesse insieme Inghilterra, Scozia e Irlanda.
Ecco l'ultimo ritratto di Elisabetta, settantenne, "tra il Tempo e la Morte":
                                                                                                                                                                 
File:Elizabeth-I-Allegorical-Po.jpg0

Nel 1603  la profonda crisi depressiva di cui soffriva da due anni si aggravò a tal punto che ella smise di mangiare e di bere, e dopo essere stata immobile per ore davanti ad una finestra del Palazzo di Richmond, si distese infine nel letto, vestita, pronunciando la famosa frase "Chiamatemi un prete: ho intenzione di morire".
Elisabetta volle essere seppellita nell'abbazia di Westminster, di fianco alla sorella Maria I. L'iscrizione sulla loro tomba recita: "Compagne nel trono e nella tomba, qui noi due sorelle, Elisabetta e Maria, riposiamo, nella speranza di un'unica resurrezione".



martedì 21 febbraio 2012

Gothian. Capitolo 15. Marvin entra al servizio del Duca di Amnisia


Il Palazzo Ducale di Amnisia era una capolavoro di eleganza e di stile: slanciato e raffinato, imponente e cesellato nei particolari, era stato costruito alcuni secoli prima nell’isola più grande della città lagunare, accanto alla Cattedrale, la sfarzosa Basilica, dalle cupole dorate e dall’altissimo campanile.



Il Palazzo aveva tre piani e due facciate, rivolte l’una verso la piazza e l’altra verso la Darsena, nella quale confluivano tutti i canali di Amnisia. La sua forma era quadrangolare e nel cortile interno, interamente pavimentato, c’era una grande vasca con lo scopo di raccogliere l’acqua piovana, di grande importanza, data la scarsità dei pozzi di acqua dolce. Ovviamente l’acqua raccolta veniva bollita prima di diventare potabile o comunque utilizzabile. Normalmente, comunque, la maggior parte dell’acqua dolce veniva portata in città via nave, dalle colonie di Amnisia sulla terraferma. Erano avamposti perfettamente fortificati e ben difesi, proprio per evitare che la città potesse essere “presa per sete” da un esercito assediante.


Lo stile architettonico del palazzo ducale era molto simile a quello delle residenze nobiliari di Lathéna, soprattutto a quelle costruite nell’epoca aurea imperiale, alcuni secoli prima, sotto il lungo e felice regno di Wechtigar XIV il Grande, tra il 661 e il 715 dopo la fondazione dell’Impero. La moda che si era imposta durante quell’epoca aveva come caratteristica uno spiccato preziosismo e decorativismo, unito alla ricerca del movimento, della leggerezza e della verticalità. In quel periodo il Ducato di Amnisia era una provincia dell’Impero e il Duca veniva scelto dall’Imperatore tra una rosa di cinque nomi indicati dal Consiglio dei Decurioni amnisiani, di cui cinque appartenevano a famiglie di aristocratici Keltar e gli altri cinque a famiglie di burocrati Lathear. La carica di Duca, all’epoca, durava dieci anni e non era rinnovabile. Solitamente l’Imperatore sceglieva in alternanza, dopo un Duca Keltar, un Duca Lathear e in questo modo si manteneva un certo equilibrio politico.
Sia al piano terra che al primo piano vi erano dei colonnati di marmo bianco con capitelli elaborati e volte a tutto sesto nel piano terra e a sesto acuto nel primo piano. Al di sopra di essi poggiava l’enorme corpo del palazzo, dalla facciata in marmi intarsiati in disegni geometrici, con grandi finestre ogivali e un enorme balcone centrale. Il tutto era sovrastato da una serie di guglie che creavano una sorta di “merlatura” del soffitto.
Sopra al portone campeggiava lo stemma del Ducato, uno scudo con un’anguilla d’argento in campo azzurro, circondato da rami di quercia e sovrastato da un diadema. Dallo stemma partiva l’asta della bandiera della Federazione Keltar, un drago azzurro in campo verde con la testa verso destra, a simboleggiare il fiume Amnis.



Marvin, dopo aver mostrato alle guardie ducali il suo documento di assunzione e di convoca, poté entrare nell’androne, dove chiese all’usciere in che luogo solitamente venivano ricevuti i neoassunti. L’usciere lo guardò per un attimo dall’alto in basso, con aria di disapprovazione evidentemente dovuta al fatto che il ragazzo era un Mezzosangue. Dopo questa spiacevole accoglienza, fu indirizzato al secondo piano lungo uno scalone laterale che portava a un corridoio pieno di uffici, ma notò che le istruzioni date dall’usciere erano sbagliate.
Vide passare un cameriere in livrea, al quale chiese dove avrebbe potuto essere ricevuto. Molto freddamente gli fu indicato il terzo ufficio dopo l’angolo di sinistra. Lì avrebbe trovato il responsabile del personale, tale Padre Sùlmen, un Lathear, sacerdote del Clero appartenente all’Ordine della Grande Canonica.
Dopo aver finalmente trovato la porta dell’ufficio, Marvin bussò e una voce secca e metallica gli disse <<Avanti!>>
Il ragazzo aprì la porta e vide uno studio di medie dimensioni, molto sobrio, con soltanto una scrivania, un seggio dietro di essa e due sedie piccole di fronte. Il sacerdote era magrissimo, di media altezza, calvo, con zigomi sporgenti, sguardo gelido e occhi indagatori.
«Padre Sulmen?»



«E voi sareste?» domandò con voce metallica.
«Mi chiamo Marvin Vorkidian »
«Ah…» socchiuse gli occhi con l’aria di chi la sa lunga «…il nipote di Lady Ariellin...»
Marvin annuì, anche se non gli piaceva essere considerato in base alle proprie parentele.
Perché il Duca ha affidato la direzione del personale ad un sacerdote Lathear?
Forse il potere del Duca Gallrian aveva dei limiti, e non ci sarebbe stato da stupirsi se Padre Sulmen fosse stato imposto nel suo ruolo dall’Imperatrice in persona, o dallo stesso Priore della Grande Canonica, il potentissimo Padre Izùmir Mollànder, che era stato il precettore di Ellis.
Marvin non si lasciò intimidire: «Ho superato l'esame per diventare diplomatico presso la Cancelleria»
«Uhm…» borbottò Sulmen «beh, ancora gli incarichi non sono stati definiti… comunque ne parlerò personalmente col Duca. Nel frattempo,  ragazzo,  potrai renderti utile aiutando i nostri archivisti a mettere un po’ d’ordine tra le carte dell’Amministrazione...»
La delusione di Marvin fu evidente e il reverendo Sulmen lo osservò, vagamente divertito.
Peggio di così non poteva cominciare…
Non aveva certo studiato la retorica per diventare un inserviente.
«Puoi andare» gli disse e con la mano destra lo congedò indicandogli la porta.
Il caso volle che, mentre usciva triste e abbattuto e prima ancora di chiudere la porta dietro di sé, Marvin si scontrasse con un plotone di guardie armate al cui centro spiccava un uomo grasso e panciuto, dai capelli castano-rossicci e dalla barba dello stesso colore, ma leggermente ingrigita, vestito di seta e oro.


Le guardie tentarono di spintonare Marvin lontano dal potente personaggio, ma costui con un solo gesto le fermò: «Abbiamo una nuova recluta, vedo, Padre Sulmen!»
«Ehm, sì Vostra Grazia» borbottò Sulmen facendo capolino dalla porta: «uno scrivano… lo stavo giusto mandando agli archivi»
«Ma è un Mezzosangue, come ha fatto a passare le selezioni? »
«Pare abbia degli agganci… Vostra Grazia mi capisce…»
«Ah, sì? » e poi rivolse l’attenzione al giovane «Come ti chiami, ragazzo?»
«Marvin Vorkidian, Vostra Grazia»
Il personaggio importante di colpo cambiò espressione e alla diffidenza subentrò un sorriso molto cordiale: «Ah! Il nipote di Lady Ariellin… ma che piacere avervi tra noi!  Se solo avessi saputo che entravate in servizio oggi, avrei organizzato un colloquio con me personalmente. Ma forse qualcuno si è… come dire… dimenticato di riferirmelo» e fissò con rimprovero Padre Sulmen , poi, di nuovo rivolto a Marvin: «Voi non mi avete mai visto di persona, perché chiudo sempre le tende delle mie carrozze. Comunque, credo ormai che abbiate capito che sono Lord Gallrian de Bors, Duca di Amnisia!»
Marvin si inchinò baciò l’anello della mano che il Lord gli aveva teso, e poi lo guardò con la speranza che rimediasse all'accoglienza gelida degli altri.



Il Duca intervenne: «Sicuramente il nostro buon Padre Sulmen deve avervi confuso con qualcun altro… io conosco troppo bene il nobile casato dei Vorkidian per potermi essere dimenticato di voi, giovane Marvin e credo proprio che agli archivi sareste sprecato» e diede nuovamente un’occhiataccia al prete «Ma il destino ha prontamente ristabilito la giustizia, facendoci incontrare. Da questo momento voi sarete alle mie dirette dipendenze. Troverò io un incarico degno di voi e della vostra stirpe. Vostro padre era un mio buon amico!».
C’era qualcosa di teatrale nel modo di atteggiarsi del Duca.
Possibile che non sapesse che mio padre era Masrek Eclionner, il fratello di Ellis?






Sarebbe stato interessante sapere in che rapporti era il Duca con la Reggente imperiale. Marvin faceva fatica a pensare ad Ellis come a sua zia, eppure lo era.
Ma sarà al corrente della mia esistenza?
Forse il Duca di Amnisia sapeva tutto. Bisognava essere molto prudenti con lui.
Lord Gallrian gli poggiò una mano sulla spalla:
 «Farò in modo che il figlio del mio caro amico possa continuare la carriera del padre e rendere lustro al cognome della madre»
Quella frase era allusiva:
Il cognome della madre... l'unico che si può pronunciare senza pericoli.
Marvin era frastornato, sia dalla doccia gelida di Padre Sulmen che dalla gentilezza ostentata del Duca
«Lo spero, Vostra Grazia. Sarà un onore per me servirvi!»
Il Duca lo guardò sorridendo: «E’ incredibile vedere come in te i lineamenti di tuo padre e di tua madre si siano fusi così armoniosamente» Un complimento che di fatto non diceva nulla, ma poteva alludere a molte cose che era opportuno passare sotto silenzio, ma poi aggiunse:  «Sai, tua madre mi era molto cara!»

Marvin pensò che il Duca avrebbe potuto risparmiarsi quella frase, ma Lord Gallrian continuò imperterrito:
«Ah, caro amico, un’ultima cosa: d’ora in avanti, per qualunque questione, rivolgetevi direttamente a me! Padre Sulmen è esonerato dall’incarico di occuparsi del vostro reclutamento».
Detto questo se ne andò, seguito dalle sue guardie, e lasciò Marvin solo assieme a Padre Sulmen, che si era alzato e sostava davanti alla porta del suo ufficio.
Il sacerdote osservò Marvin con un’aria delusa e vagamente preoccupata: «Non rallegrarti troppo per le promesse del Duca, ragazzo! Lord Gallrian manda spesso i suoi uomini in missioni molto pericolose. Se tua nonna Lady Ariellin sapesse quali progetti ha per te il Duca, verrebbe qui a implorarmi perché ti rimandassi tra le scartoffie degli archivi: noiose, ma sicure!»
Quel prete era un enigma.
«Non capisco di cosa stiate parlando, Padre»
Sulmen scosse il capo e scrollò le spalle: «Lo capirai ben presto. In ogni caso l’Ordine della Grande Canonica, a cui appartengo, ti terrà d'occhio, perché ti sei scelto gli alleati sbagliati, quelli che ti tradiranno»
Marvin si sentì accapponare la pelle:.
«State accusando il Duca di tradimento?»
Sulmen inarcò le sopracciglia e sospirò: «Voglio solo metterti in guardia. Ti era stata concessa una vita protetta e tranquilla, in modo che non interferissi con eventi più grandi di te. Ma Eclion ha voluto diversamente, e forse non solo lui»



Marvin sgranò gli occhi, profondamente scosso da quelle parole: «Vi prego, Padre, spiegatemi cosa intendete dire!»
«Non posso. E comunque ormai è troppo tardi: il Duca ti ha visto e da questo momento tutti i meccanismi si stanno già muovendo secondo le peggiori previsioni»
«Insomma, se volete aiutarmi, perché non mi dite nulla? Quali meccanismi? E quali previsioni?» insistette Marvin.
«Sei stato appena arruolato nell’esercito perdente. Questa è l’unica verità che ti è concesso sapere».
Detto ciò, gli chiuse la porta in faccia.
Marvin, sconvolto e disorientato, rinunciò ad insistere con le domande.
Tutti mi nascondono qualcosa, tutti vogliono manovrarmi, tutti sanno tutto di meed io non so nulla di loro...


N.d.E.

Lord Gallrian de Bors è rappresentato da Mace Tyrell de "Il trono di spade" ("A game of thrones") di George Martin.
Marvin Vorkidian è rappresentato da Renly Baratheon de "Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco" ("A Song of Ice and Fire".



lunedì 20 febbraio 2012

Versailles durante il regno di Maria Antonietta

Figlia di Maria Teresa d'Austria e moglie di Luigi XVI di Francia, Maria Antonietta d'Asburgo-Lorena (Vienna2 novembre 1755 – Parigi16 ottobre 1793) fu regina di Francia dal 10 maggio 1774 al 21 settembre 1792.

File:Louise Elisabeth Vigée-Lebrun - Marie-Antoinette dit « à la Rose » - Google Art Project.jpg

                                                    
































Nella reggia di Versailles, la regina scelse di abitare nel palazzo de Petit Trianon, costruito per Madame de Pompadour, la favorita di Luigi XV, nonno di Luigi XVI. 
Maria Antonietta curò la realizzazione del giardino, un luogo idillico e pittoresco, dove fu realizzato un villaggio in miniatura. Ecco la villetta rustica che fece da sfondo ai convegni d'amore della regina con...

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...con il suo amante, il Conte Hans-Axel di Fersen(Stoccolma4 settembre 1755 – Stoccolma20 giugno 1810)
                                                                                                                                                                 
File:Hans Axel von Fersen2.jpg

Fersen riuscì a fuggire da Versailles prima dell'arresto della regina, e tornò in Svezia.
Così scrisse dopo l'esecuzione di Maria Antonietta;
« Colei per la quale vivevo, poiché non ho mai smesso di amarla, colei che amavo così tanto, per la quale avrei dato mille vite, non c'è più. Oh, mio Dio! Perché distruggermi così, cosa ho fatto per meritare la Tua ira? Lei non c'è più. Sono in un'agonia di dolore e non so come faccia a sopportare la mia sofferenza. È tanto profonda e nulla la cancellerà mai. Lei sarà sempre presente nella mia memoria e non smetterò mai di rimpiangerla»
Ma lo attendeva una sorte ancora peggiore della sua amata. Fersen muore massacrato dalla popolazione svedese ai funerali del principe svedese Carlo Augusto. La folla lo accusava (sbagliando) di aver avvelenato il principe.

Tornando ai giardini del Petit Trianon di Versailles possiamo osservare il tempietto dell'Amore:
                                                                                                      

e il laghetto interno al giardino:



Yolande-Martine-Gabrielle de Polastron, Duchessa di Polignac  (Parigi8 settembre 1749 – Vienna9 dicembre 1793) era la dama di compagnia e la migliore amica di Maria Antonietta.

File:Duchess de Polignac.jpg

Si è detto che la duchessa di Polignac sia stata l'anima nera di Maria Antonietta: l'avrebbe consigliata male, facendole assumere un atteggiamento sprezzante durante la carestia che precedette la rivoluzione, e l'avrebbe spinta a indebitarsi con il gioco d'azzardo. Inoltre, all'inizio della rivoluzione, la Polignac fuggì in Austria, lasciando la regina in balia del governo rivoluzionario.
La presunta perfidia della Polignac è stata pienamente resa sempre nel cartone animato di Lady Oscar, dove divenne il secondo personaggio "cattivo" dopo la contessa Du Barry.

La duchessa di Polignac morì pochi mesi dopo la regina, per una grave forma di tubercolosi.
Nessuno dei personaggi di corte ebbe dunque una fine lieta, e pagò molto cari i privilegi con cui, per anni, era vissuto sulle spalle di un popolo affamato.