Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
lunedì 1 aprile 2024
Significato della frase "Non ci sono parti" che la Reverenda Madre dice a lady Jessica nel finale di Dune 2
domenica 3 marzo 2024
La Quarta Era. Capitolo 3. Gimli biasima "le giovani generazioni".
Per prima cosa, Thorin III Elminpietra, figlio di Dain II Pièdiferro, Re sotto la Montagna, Sovrano e Autocrate di Erebor, dei Colli Ferrosi e di tutte le Regge dei Nani, appena giunto a Minas Tirith per i funerali del Grande Re Supremo, il sire Aragorn Elessar di Arnor e Gondor, volle rendere omaggio al mitico eroe Gimli, che era rimasto nella capitale degli Uomini insieme all'amico Legolas, pur avendo sempre da ridire su tutto.
<<Oh, avanti, Gimli, non hai fatto altro che lamentarti dal primo momento in cui ho messo piede a Minas Tirith!>>
Il vecchio nano guerriero si accigliò:
<<Perché sono l'unico che ha ancora il coraggio di dire le cose come stanno! E non solo riguardo alla Famiglia Reale. Ma guardati intorno! Guarda i cortigiani! Quando vedo questo branco di smidollati e di damerini mi viene quasi nostalgia dei tempi di Sauron!>>
Thorin gli lanciò un'occhiataccia;
<<Li colpevolizzi perché preferiscono la pace alla guerra? I tempi sono cambiati, per fortuna, e le nuove generazioni sono cresciute in un'epoca spensierata...>>
<<Troppo spensierata! Guarda le loro mani: si vede che non hanno mai impugnato un'arma come si deve! E poi guarda come si rasano! Persino i Nani! Questo è osceno, è blasfemo e oltraggioso! Vorrebbero assomigliare agli elfi, ma sembrano solo delle brutte femminucce! Una generazione di fighette! Se penso che i loro bisnonni sono caduti in battaglia e i loro nonni hanno ricostruito il reame dal nulla... e tutto per cosa? Per consegnare il regno a questi paggetti implumi, a questi evirati cantori?
Bah, credo che Aragorn sia morto di dolore, nel vedere com'erano diventati molli ed esangui i suoi sudditi!>>
Durin sospirò:
<<Aragorn è morto di vecchiaia. Aveva visto 210 primavere. Troppe, anche per un erede di Numenor>>
<<Ma cosa stai dicendo? Io ne ho viste più di 300 e sono ancora nel fiore degli anni!>>
Detto questo, Gimli cominciò a tossire violentemente, tanto da traballare fino quasi ad inciampare sulla lunga barba bianca.
<<Se non ti calmi, rischi di andare a far compagnia al re nel palazzo dei morti!
Il tempo passa per tutti, anche per i nani di Erebor!>>
Gimli si schiarì la voce:
<<La verità è che vi state rammollendo! Anche voi, là sotto la montagna.
Fate la bella vita con l'oro di Scudodiquercia e dei suoi compagni e intanto le miniere sono abbandonate. Non si trova più un fabbro o un gioielliere degni di questo nome.
L'ultima volta che sono stato ad Erebor ho visto poi una cosa senza precedenti.
Giovani nani completamente glabri! Depilati persino nelle mani!
<<Ma non ci sei, per fortuna! E comunque, se ti fa tanto orrore questa giovane generazione, perché non sei andato a governare come mio reggente le Caverne Scintillanti di Aglarond, invece di trastullarti e banchettare nell'ozio a Minas Tirith?>>
Il volto di Gimli abbandonò lo sdegno e l'ira e assunse un'espressione inizialmente imbarazzata e sorpresa, che però poi divenne ancor più grave e severa, come tutte le volte in cui stava per esprimere qualcosa della massima importanza:
<<Aglarond è un dominio condiviso: ne ho la Signoria, conferitami sia dal defunto Elessar, sia da te, questo è vero, ma tu avresti dovuto concedermi la piena sovranità, riconoscendomi come un Principe dei Nani, un tuo pari, un re, insomma. Invece ti sei autoproclamato Autocrate di tutte le Regge dei Nani, quasi tu fossi Durin il Senzamorte risorto, quello atteso dalle antiche profezie.
Inoltre le Caverne Scintillanti se la cavano benissimo anche senza il sottoscritto, ma la mia permanenza qui non è stata una scelta dettata dall'ozio e dai fasti della corte.
<<"Quel ragazzo" ha 108 anni ed è il nuovo Re Supremo. E tu sai benissimo che non è mai sembrato stupido. Quanto a Legolas, dovresti lodare la sua gentilezza verso la Regina Vedova! Con tutto il rispetto, dama Arwen potrebbe sembrare sua nonna ormai>>
Gimli lo fulminò con lo sguardo:
<<Tu non capisci niente di bellezza elfica! La regina Arwen discende da tutte le stirpi reali degli Eldar: in lei c'è la bellezza dei Teleri, tramite Luthien, e quella dei Noldor e dei Vanyar, tramite lady Galadriel, che era sua nonna. Ah, conservo ancora una ciocca di capelli della regina di Lothlorien, che ella stessa mi donò...>>
<<Conosco la storia>> tagliò corto Elminpietra.
Gimli si fece paonazzo per l'indignazione:
<<Tu non conosci un c... ehm, un bel niente! Non hai mai visto lo splendore di Caras Galadhon! Non hai mai udito la dolcezza della voce di lady Galadriel, né contemplato la sua sublime regalità! Non hai mai sentito il profumo degli elanor appena sbocciati... ah, tu non puoi capire! Adesso non c'è più niente di tutto questo. Ogni magia ha lasciato quei luoghi da molto tempo. Ma negli occhi della regina Arwen c'è ancora un barlume dell'antico splendore...>>
<<E allora non puoi biasimare Legolas se è affascinato da tale barlume. Lascia che la sua vicinanza lenisca il dolore di Arwen Undomiel. Ci sono ben altre preoccupazioni, ora, su cui faresti bene a concentrarti anche tu>>
Gimli sospirò:
<<Sono al corrente di tutto, ma non riesco a farmi un'opinione chiara sui problemi di oggi. Vedi, una volta era evidente chi fosse il Nemico!
Per la prima volta Durin annuì.
<<Il pericolo è concreto. Gli eredi di Sauron sono tra noi, nella setta nei Numenoreani Neri, ma non riusciamo a riconoscerli, perché si celano dietro a forme rassicuranti e persino attraenti>>
Quel pensiero trasmise a Gimli una malinconia che da qualche tempo turbava il suo spirito:
<<Già. Almeno una volta la malvagità aveva il coraggio di uscire allo scoperto. Ora invece si rintana dietro all'ipocrisia, tanto che i peggiori potrebbero essere proprio quelli che predicano il bene. Dobbiamo essere molto cauti, perché questa volta abbiamo a che fare con nemici molto più astuti!
domenica 18 febbraio 2024
La Quarta Era. Capitolo 2. Eldarion e Silmarien
Chiunque guardasse il nuovo re, Eldarion, figlio di re Elessar e della regina Arwen, gli avrebbe dato al massimo venticinque anni, forse meno.
E invece ne aveva centodiciotto.
Era nato durante il secondo anno di regno di suo padre, insieme alla sua gemella, la principessa Ancalime.
Nessuna premonizione di Arwen aveva previsto un parto gemellare: Eldarion, l'erede maschio del Regno Unito di Arnor e Gondor, era il principe che era stato promesso nelle profezie degli Elfi e dei Dunedain legati all'Antica Via, e per questo era stato accolto con grandi festeggiamenti.
Ancalime, che era uscita per prima dal ventre della madre, aveva suscitato fin dall'inizio incredulità e scalpore, e persino una certa inquietudine, perché lo scostamento dalle profezie era considerato un segnale di malaugurio.
Questo diverso trattamento aveva profondamente influenzato lo sviluppo di entrambi.
Eldarion era, prima di ogni altra cosa, il figlio e l'erede. Non era mai esistito autonomamente. Chiunque lo guardasse non poteva fare a meno di pensare a suo padre, a sua madre, ai suoi illustri antenati o al compito che lo attendeva, chiedendosi se ne fosse all'altezza.
Chi conosceva le imprese di Aragorn Elessar, o quelle di Elrond, o dei principi di Andunie, della Casa di Elendil, non poteva che considerare difficile che quel "ragazzo", nato nella bambagia e cresciuto in un'epoca di pace e ricchezza, potesse riuscire ad eguagliare l'eroismo e la grandezza di suo padre, o la millenaria saggezza carismatica dei suoi elfici antenati materni.
Chi non conosceva le leggende, vedeva semplicemente un giovane che ai loro occhi sembrava un eterno ventenne, privo di esperienza.
Il popolo di Gondor non riusciva proprio ad accettare l'idea che il suddetto "ragazzo" fosse diventato prima un uomo, poi un anziano, pur mantenendo le sembianze di un giovane e infine un vecchio vero e proprio, nell'anima.
E questo accentuava il problema principale e cioè il fatto di essere stato principe ereditario per troppo tempo.
Giungo al Trono vecchio e stanco, disilluso, senza alcun desiderio di regnare. L'entusiasmo giovanile è passato da così tanto tempo che fatico a ricordarlo.
Era un pensiero pericoloso, che Eldarion non aveva mai espresso a nessuno, nemmeno a suo padre.
Forse il Ramingo mi avrebbe capito, ma non il Re. Lui vedeva solo il bene, poiché era un uomo senza macchia, un uomo che non conosceva certe cose, certe meschinità e non solo non le conosceva, ma non poteva nemmeno immaginare che esistessero.
Per tanto tempo suo padre Aragorn era vissuto nell'ombra, prima che il destino lo chiamasse alle grandi imprese che lo avevano portato alla gloria e al regno.
Intere generazioni sono nate, cresciute e decedute durante il suo regno. Nemmeno i più vecchi ricordano i tempi in cui Elessar non era il Re, i tempi in cui Gondor era limitato alla sola roccaforte bianca.
Ancalime avrebbe reclamato il seggio nero. Arwen gliel'avrebbe ceduto e Silmarien non avrebbe avuto nulla da obiettare.
Più diretto era stato Gimli, forse il più simpatico tra gli amici di suo padre. Un giorno, dopo troppe pinte di birra, il vecchio nano si era lasciato sfuggire una frase rivelatrice: <<Non è colpa tua ragazzo! Le grandi cose le abbiamo già fatte tutte noi... abbiamo raggiunto la vetta e adesso si può solo scendere>>
Poi però la sua brama di azione e di allenamento cresce di giorno in giorno. Sembra quasi che abbia nostalgia delle guerre. Non è pronto per andare all'Ovest, e mia madre si sta appoggiando a lui.
Ogni volta che Eldarion faceva notare all'elfo che l'eccessiva vicinanza alla Regina Vedova poteva essere mal equivocata, Legolas assumeva un'aria di disappunto che valeva più di mille parole.
Era davvero un dono, quello concesso ai discendenti di Numenor e ai Mezzelfi?
Vivere sì, ma non ad ogni costo. Regnare, sì, ma non su un reame che ha dimenticato la sua storia e perduto la sua identità.
Ma c'era un altro motivo di preoccupazione.
I miei figli sembrano più vecchi di me. La loro madre non era una Dunedain e loro non hanno avuto il dono. Credevo fosse meglio per loro, ma poi li ho visti declinare e indebolirsi, e guardarmi con il risentimento di chi si sente escluso da un diritto di eredità ancestrale.
La moglie di Eldarion era morta da tempo.
Lui l'aveva amata perdutamente, anche se all'inizio le nozze erano state favorite da ragioni politiche.
Si chiamava Anduril, "Fiamma dell'Occidente", come la spada di Elessar, ed era di nobile stirpe, primogenita di Faramir, primo ministro di Gondor, e di sua moglie Eowyn, principessa di Rohan.
Era stata un'unione felice, benedetta da figli e figlie, per molti anni, ma poi era accaduto l'inevitabile: mentre lui si manteneva giovane, per il sangue elfico e numenoreano che scorreva nelle sue vene, lei deperiva con l'età. Non per questo Eldarion l'aveva amata di meno, ma era stato straziante perderla così, un poco alla volta, giorno per giorno.
Mia madre mi aveva messo in guardia. "Il dolore non appartiene ai morti, ma ai sopravvissuti"
Ecco perché sua madre in quel momento cercava il conforto di Legolas: lui era vissuto a lungo quasi quanto lei, e aveva condiviso gli anni dell'ombra prima di quelli della gloria.
Io, Arwen, Legolas e Gimli siamo gli ultimi sopravvissuti di un mondo che non c'è più. Io sono il più giovane, e Legolas partirà per l'Ovest. Alla fine resterò soltanto io.
English version
Anyone looking at the new king, Eldarion, son of King Elessar and Queen Arwen, would have given him twenty-five years at most, perhaps less.
And instead he was one hundred and eighteen.
He was born during the second year of his father's reign, along with his twin, Princess Ancalime.
No premonition of Arwen had foreseen a twin birth: Eldarion, the male heir of the United Kingdom of Arnor and Gondor, was the prince who had been promised in the prophecies of the Elves and Dunedain linked to the Ancient Way, and for this reason he had been welcomed with great celebrations.
Ancalime, who was the first to emerge from her mother's womb, had aroused disbelief and uproar from the beginning, and even a certain uneasiness, because deviation from the prophecies was considered a sign of bad omen.
And so, Eldarion had received far more attention than his twin from the beginning, even though the King and Queen tried to treat them fairly.
She would make a great warrior, if they let her, Eldarion thought, and she would make a great Queen too, if I gave up the throne.
Eldarion had been on the verge of signing and sealing an edict to this effect, but then he had reflected and concluded that Ancalime was too power-hungry to be a just ruler, there was too much anger and too much greed in her.
Eldarion understood this: Ancalime, at first, simply asked for justice and fairness, and equal treatment and opportunity. After all, she was the twin, she was the same age as Eldarion, and so why discard her from the beginning from the possibility of succession?
This different treatment had profoundly influenced the development of both.
Eldarion was, above all else, the son and heir. It had never existed independently. Anyone who looked at him could not help but think of his father, his mother, his illustrious ancestors or the task that awaited him, wondering if he was up to it.
There was a huge expectation of him, and in the long run this had become a burden.
Those who knew the exploits of Aragorn Elessar, or those of Elrond, or of the princes of Andunie, of the House of Elendil, could only consider it difficult that that "boy", born in cotton wool and raised in an era of peace and wealth, could be able to match the heroism and greatness of his father, or the thousand-year-old charismatic wisdom of his elven maternal ancestors.
Those who didn't know the legends simply saw a young man who in their eyes seemed like an eternal twenty-year-old, with no experience.
The people of Gondor just couldn't accept the idea that the aforementioned "boy" had become first a man, then an old man, while maintaining the appearance of a young man and finally a real old man in his soul.
And this accentuated the main problem, namely the fact that he had been crown prince for too long.
I come to the Throne old and tired, disillusioned, with no desire to reign. The youthful enthusiasm is so long gone that I struggle to remember it.
Only a fool, at this age, can believe that power is something desirable, or even just useful for doing good.
I have seen too many failures and too many useless "victories" to understand that the world can truly be improved thanks to the good will of a single honest man in a society made corrupt by indolence.
It was a dangerous thought, one that Eldarion had never expressed to anyone, not even his father.
Perhaps the Ranger would have understood me, but not the King. He saw only the good, since he was a man without blemish, a man who did not know certain things, certain meannesses and not only did he not know them, but he could not even imagine that they existed.
For a long time his father Aragorn had lived in the shadows, before fate called him to the great deeds that had brought him glory and kingdom.
Entire generations were born, raised and died during his reign. Not even the oldest remember the times when Elessar was not King, the times when Gondor was limited to the white stronghold alone.
And now that Elessar had met his mortal fate, the people of Minas Tirith were left astonished, confused, as if the sun had failed.
Could Gondor exist without King Elessar? Almost everyone wondered that.
Now I am called to give them an answer, to prove that Gondor might even become better if men of good will would join me in ruling the kingdom.
Eldarion sighed and looked towards the back of the great audience hall.
The High White Throne of Gondor seemed shrouded in shadow, and the black seat of the Stewards, occupied throughout the kingdom by Queen Arwen, stood out the most.
Ancalime would have claimed the black seat. Arwen would have given it to him and Silmarien would have had no objection.
Ancalime leads the war party. I, on the other hand, have always hated guns. I was poor as a knight and even worse as a duelist in tournaments.
No one had the courage to mock him, at least not in the presence of his father, but the King was aware of the embarrassment generated by that situation.
When his gaze fell on Eldarion, there was still benevolence and tenderness, as if he were looking at a child who had never grown up.
Merry Brandybuck said it well, when she whispered to me that it was the same look with which the old King looked at the Hobbits.
Poor Merry, for him it was a compliment!
Gimli, perhaps the nicest of his father's friends, had been more direct. One day, after too many pints of beer, the old dwarf let slip a revealing phrase: <<It's not your fault, boy! We have already done all the great things... we have reached the top and now we can only go down>>
Already. You could only go down.
Legolas said nothing, but his eyes showed both apprehension and pain.
There had been a time when Eldarion had had boundless admiration for his father's elf friend. Although the relationship between Legolas's family and Arwen's was quite distant, the elf had always been like an uncle to Eldarion and a role model to follow.
But then his hunger for action and training grows day by day. It almost seems like he is nostalgic for wars. He's not ready to go West, and my mother is leaning on him.
Every time Eldarion pointed out to the elf that excessive closeness to the Dowager Queen could be misunderstood, Legolas assumed an air of disappointment that was worth a thousand words.
Only my father, among men, had earned his complete respect. And, among the women, my sister Silmarien, the youngest and most beautiful. Legolas helps my mother, but his gaze falls on my sister.
Silmarien had also remained young in spirit, unlike Eldarion and Ancalime. She was the most "elven" of the children of Aragorn and Arwen.
In her there was the love for elves inherited from the Princes of Andunie, who lived in the lost Numenor.
Ancalime, on the other hand, was cynical and disillusioned towards the Elves who remained in Middle-earth.
Eldarion tried to mediate between the two factions led by his sisters.
He tried to be equidistant, but sometimes this ended up displeasing everyone, he had experienced this many times, during his attempts at mediation, when he was only the heir to the throne.
Longevity has led me to wisdom and patience, but this gift comes at a price.
The world changes and I'm left behind.
Young people mistake my prudence for cowardice and cowardice.
They consider my meditations as a lack of initiative and argumentation.
They don't know that my memory is full of too many memories, too many mournings, too many regrets for the good times gone by, for everything that will not return, everything that is lost forever.
What do they know how beautiful Middle-earth was when I was young? What do they know about how pure the air was and how clear the water was, before every wild land became land to be cultivated or built on?
Nothing. They knew nothing about it, nor could they know it. They weren't interested in the past: they only looked forward.
Maybe they are right. Maybe I'm just a nostalgic reactionary in a changing world that is increasingly alien to me.
Was it really a gift, the one given to the descendants of Numenor and the Half-elves?
Living yes, but not at any cost. Reign, yes, but not over a realm that has forgotten its history and lost its identity.
That was the point. The Tree of Gondor had withered again. Everyone said that the cause was the death of the old King and perhaps it was partly true, but the main reason was another.
We have lost the connection with our roots and we didn't even realize it.
Yet one of the King's mottos was "deep roots do not freeze".
The connection between the roots and the trunk is breaking.
No one knew this better than him, not even his sisters, who were not responsible for the succession.
I know the fragility of the United Kingdom of Arnor and Gondor. Only I see the cracks.
But there was another cause for concern.
My kids look older than me. Their mother was not a Dunedain and they did not have the gift. I thought it was better for them, but then I saw them decline and weaken, and look at me with the resentment of those who feel excluded from an ancestral inheritance right.
Eldarion's wife was long dead.
He had loved her madly, even if at the beginning the wedding had been favored by political reasons.
Her name was Anduril, "Flame of the West", like the sword of Elessar, and she was of noble lineage, eldest daughter of Faramir, prime minister of Gondor, and his wife Eowyn, princess of Rohan.
It had been a happy union, blessed with sons and daughters, for many years, but then the inevitable had happened: while he remained young, due to the Elven and Numenorean blood that flowed in his veins, she wasted away with age. That didn't make Eldarion love her any less, but it had been heartbreaking to lose her like this, little by little, day by day.
My mother had warned me. "Pain does not belong to the dead, but to the survivors"
That was why his mother sought Legolas's comfort at that moment: he had lived almost as long as she had, and had shared the years of shadow before those of glory.
I, Arwen, Legolas and Gimli are the last survivors of a world that no longer exists. I am the youngest, and Legolas will leave for the West. In the end only me will remain.
giovedì 8 febbraio 2024
La Quarta Era. Capitolo 1. La morte del Re
Ma anche dopo il giorno del matrimonio e dell'incoronazione, il nome da lei prediletto per rivolgersi al suo sposo era sempre rimasto Estel, "speranza", in lingua elfica sindarin.
Così era stato chiamato e cresciuto a Imladris il figlio di Arathorn e Gilraen, quando ancora gli Eldar non avevano lasciato la Terra di Mezzo.
"Se non troverai la forza di dirgli addio adesso" l'aveva avvertita Elrond in quei giorni ormai lontani "dovrai farlo comunque, quando sarà più penoso, dopo una vita trascorsa insieme. Siete infatti destinati a separarvi: se non sarà la tua partenza ora, sarà la morte a farlo, poiché nulla di umano può durare per sempre".
Per gli elfi era indiscutibile la certezza che l'eternità fosse un loro esclusivo privilegio, tra i Figli di Iluvatar.
E se ti sbagliassi, padre? Se gli uomini, dopo la morte, fossero destinati a vivere ancora, e a incontrarsi di nuovo, da un'altra parte, in un altro tempo e in un luogo che noi non possiamo nemmeno immaginare?
Per gli elfi caduti in battaglia o periti di morte violenta, vi erano le Aule di Mandos, ma nessuno sapeva quale fosse la sorte degli uomini, dopo il trapasso.
Forse un giorno Iluvatar manderà qualcuno per annunciarlo. Per adesso, ognuno di noi può soltanto aggrapparsi alle proprie speranze e a ciò che sente nel cuore.
Speranza. Estel.
Rammentò le parole di Gilaren, l'amata madre di Aragorn, che le era stata amica nei tempi remoti:
Onen i-Estel Edain, ú-chebin estel anim. Ho dato la speranza agli uomini, non ne ho conservata per me.
Chi conobbe Luthien Tinuviel disse che io ero uguale a lei. E dunque non è forse possibile che lo spirito della mia antenata sia rivissuto in me, come quello di Beren sia rinato in Aragorn e morto nuovamente con lui, per poi un giorno ritornare e incontrarmi ancora?
Questi erano i suoi pensieri, mentre il vento scorreva attraverso il suo velo nero e modellava le vesti del lutto, davanti al sepolcro di Elessar, re di Arnor e Gondor, che si era spento infine, carico d'anni, dopo aver vissuto e regnato sulla Terra di Mezzo più di tutti i Dunedain della stirpe reale di Numenor.
Correva l'anno 122 della Quarta Era del Sole e della Luna, nel Regno Unito di Arnor e Gondor, nella Terra di Mezzo, nel mondo di Arda.
Erano passati così in fretta i secoli, dopo i giorni trionfali in cui il Nemico era stato sconfitto per sempre e gli ultimi portatori degli Anelli del Potere erano partiti per l'ovest, per Valinor e Aman, le Terre Imperiture.
E non è stata forse quella un'altra morte? Andare verso il tramonto nelle terre degli immortali non è in fondo come passare a miglior vita, in un altrove da cui non si può più fare ritorno?
Se infatti vi era per lei ancora speranza di ritrovare Aragorn in un'altra vita, non ve n'era nessuna di poter rivedere suo padre e sua madre, i suoi fratelli e tutti gli elfi che le erano stati amici e parenti, prima di partire per l'estremo occidente.
Forse fu quella consapevolezza a farle volgere spontaneamente lo sguardo verso Legolas, che sostava poco distante, assorto in profondi pensieri.
Non era invecchiato di un giorno, né avrebbe dovuto, poiché a differenza di lei non aveva scelto una vita mortale.
Eppure la sua tristezza era grande, come mai prima d'allora, forse perché si avvicinava anche per lui il momento di prendere una grave decisione.
Aewen gli si avvicinò e gli parlò sottovoce:
<<Ora rimanete soltanto tu e Gimli, nella Terra di Mezzo, tra coloro che ebbero l'onore e il coraggio di far parte della Compagnia dell'Anello. Sarebbe troppo chiedervi di restare qui, come aiuto e conforto ad Eldarion, ora che il peso della corona grava sul suo capo?>>
Legolas sospirò e per lunghi momenti tenne chiusi gli occhi, come se fosse consapevole che quanto stava per dire non sarebbe piaciuto alla regina vedova Undomiel, che pur avendo scelto la natura umana, conservava ancora la bellezza elfica dei Primogeniti.
<<A lungo Eldarion è stato preparato per il compito che ora lo attende. Tutto ciò che sapevo, gliel'ho già insegnato, e così ha fatto Gimli, e prima di lui tutti coloro che fecero parte della Compagnia e decisero di non partire con Elrond e Galadriel. Ma tu sai bene, mia regina, che si trattò soltanto di un rinvio. Per quanto grande sia il mio amore per la Terra di Mezzo, non posso fingere che essa sia cambiata.
Questa è l'era degli uomini ed è destino che tutti gli elfi desiderino sempre di più recarsi nel luogo dove fin dall'inizio furono invitati dai Valar>>
Così infatti era accaduto anche ai più restii alla partenza e cioè agli Elfi Silvani, che mai prima di allora avevano sentito il bisogno di mettersi in mare e fare vela verso occidente.
Ma quello era il segno dei tempi.
Lui lo sa. Il tempo degli elfi è finito. Persino il superbo Thranduil lasciò il reame boscoso, e tutta la sua gente lo seguì. Persino il venerabile Cirdan lasciò ad altri il compito di sovrintendere alla creazione delle navi e dopo millenni decise di solcare il grande mare.
Come posso sperare di convincere Legolas a indugiare ancora in un luogo che non gli appartiene più e che sente ormai estraneo?
Annuì, cercando di non rivelare la propria commozione:
<<Non a lungo saresti costretto a tardare, Legolas Verdefoglia, se anche avessi il cuore di attendere che la luce di Arwen Undomiel si spenga. So quello che dicono di me: "E' ormai fredda e grigia come una notte d'inverno senza stelle". La morte mi si approssima, già ne sento i crudeli assalti e ne odo le orme.
Troppo a lungo ho vissuto, ho visto troppe partenze, troppe volte ho detto addio a coloro che amavo.
Non vuoi dunque risparmiare, ai pochi giorni che restano a questa mortale, la pena di doversi separare da te, ultimo della mia gente tra coloro che mi sono amici e quasi fratelli? Cos'è un anno degli uomini per un immortale? Solo un battito di ciglia. Ed io non ti chiedo di più>>