domenica 3 marzo 2024

La Quarta Era. Capitolo 3. Gimli biasima "le giovani generazioni".

 





Per prima cosa, Thorin III Elminpietra, figlio di Dain II Pièdiferro, Re sotto la Montagna, Sovrano e Autocrate di Erebor, dei Colli Ferrosi e di tutte le Regge dei Nani, appena giunto a Minas Tirith per i funerali del Grande Re Supremo, il sire Aragorn Elessar di Arnor e Gondor, volle rendere omaggio al mitico eroe Gimli, che era rimasto nella capitale degli Uomini insieme all'amico Legolas, pur avendo sempre da ridire su tutto.
Gimli, figlio di Gloin, era ormai molto vecchio e malandato, ma il suo orgoglio e la sua abitudine ad aver da ridire su tutto non erano cambiati:
<<Be', per dirla tutta, mio giovane cugino, non mi piace l'eccessiva confidenza che si è creata tra Legolas e la Regina Vedova>> dichiarò rivolto a Thorin III Elminpietra, Re di Erebor, che era giunto dal suo lontano reame per assistere alle esequie del grande Elessar.
<<Oh, avanti, Gimli, non hai fatto altro che lamentarti dal primo momento in cui ho messo piede a Minas Tirith!>>
Il vecchio nano guerriero si accigliò:
<<Perché sono l'unico che ha ancora il coraggio di dire le cose come stanno! E non solo riguardo alla Famiglia Reale. Ma guardati intorno! Guarda i cortigiani! Quando vedo questo branco di smidollati e di damerini mi viene quasi nostalgia dei tempi di Sauron!>>
Thorin gli lanciò un'occhiataccia;
<<Li colpevolizzi perché preferiscono la pace alla guerra? I tempi sono cambiati, per fortuna, e le nuove generazioni sono cresciute in un'epoca spensierata...>>
<<Troppo spensierata! Guarda le loro mani: si vede che non hanno mai impugnato un'arma come si deve! E poi guarda come si rasano! Persino i Nani! Questo è osceno, è blasfemo e oltraggioso! Vorrebbero assomigliare agli elfi, ma sembrano solo delle brutte femminucce! Una generazione di fighette! Se penso che i loro bisnonni sono caduti in battaglia e i loro nonni hanno ricostruito il reame dal nulla... e tutto per cosa? Per consegnare il regno a questi paggetti implumi, a questi evirati cantori? 
Bah, credo che Aragorn sia morto di dolore, nel vedere com'erano diventati molli ed esangui i suoi sudditi!>>
Durin sospirò:
<<Aragorn è morto di vecchiaia. Aveva visto 210 primavere. Troppe, anche per un erede di Numenor>>
<<Ma cosa stai dicendo? Io ne ho viste più di 300 e sono ancora nel fiore degli anni!>> 
Detto questo, Gimli cominciò a tossire violentemente, tanto da traballare fino quasi ad inciampare sulla lunga barba bianca.



<<Se non ti calmi, rischi di andare a far compagnia al re nel palazzo dei morti! 
Il tempo passa per tutti, anche per i nani di Erebor!>>
Gimli si schiarì la voce:
<<La verità è che vi state rammollendo! Anche voi, là sotto la montagna. 
Fate la bella vita con l'oro di Scudodiquercia e dei suoi compagni e intanto le miniere sono abbandonate. Non si trova più un fabbro o un gioielliere degni di questo nome. 
L'ultima volta che sono stato ad Erebor ho visto poi una cosa senza precedenti. 
Giovani nani completamente glabri! Depilati persino nelle mani! 
Già mi parve un affronto quando le nostre donne pretesero di depilarsi, ma l'idea che questo obbrobrio sia perpetrato dai maschi mi ha fatto perdere ogni speranza. Copiano la moda di Gondor! Ma ti rendi conto come ci siamo ridotti? Per cosa abbiamo combattuto, mi chiedo? Per questi ingrati che sono solo capaci di ridere dietro le mie spalle? Credi che non me ne sia accorto? Credi che sia completamente rimbambito? Ah, se fossi io sul tuo trono...>>









Elminpietra ne aveva abbastanza:
<<Ma non ci sei, per fortuna! E comunque, se ti fa tanto orrore questa giovane generazione, perché non sei andato a governare come mio reggente le Caverne Scintillanti di Aglarond, invece di trastullarti e banchettare nell'ozio a Minas Tirith?>>
Il volto di Gimli abbandonò lo sdegno e l'ira e  assunse un'espressione inizialmente imbarazzata e sorpresa, che però poi divenne ancor più grave e severa, come tutte le volte in cui stava per esprimere qualcosa della massima importanza:
<<Aglarond è un dominio condiviso: ne ho la Signoria, conferitami sia dal defunto Elessar, sia da te, questo è vero, ma tu avresti dovuto concedermi la piena sovranità, riconoscendomi come un Principe dei Nani, un tuo pari, un re, insomma. Invece ti sei autoproclamato Autocrate di tutte le Regge dei Nani, quasi tu fossi Durin il Senzamorte risorto, quello atteso dalle antiche profezie.
Un giorno il settimo Durin verrà, ma non sei tu.
Inoltre le Caverne Scintillanti se la cavano benissimo anche senza il sottoscritto, ma la mia permanenza qui non è stata una scelta dettata dall'ozio e dai fasti della corte. 
Sono rimasto qui per sorvegliare i nostri interessi, sedendo nel Consiglio del Re di Arnor e Gondor. E poi adesso devo sorvegliare Eldarion: quel ragazzo non ha la stessa tempra di suo padre>>
Thorin III rise:
<<"Quel ragazzo" ha 108 anni ed è il nuovo Re Supremo. E tu sai benissimo che non è mai sembrato stupido. Quanto a Legolas, dovresti lodare la sua gentilezza verso la Regina Vedova! Con tutto il rispetto, dama Arwen potrebbe sembrare sua nonna ormai>>
Gimli lo fulminò con lo sguardo:
<<Tu non capisci niente di bellezza elfica! La regina Arwen discende da tutte le stirpi reali degli Eldar: in lei c'è la bellezza dei Teleri, tramite Luthien, e quella dei Noldor e dei Vanyar, tramite lady Galadriel, che era sua nonna. Ah, conservo ancora una ciocca di capelli della regina di Lothlorien, che ella stessa mi donò...>>

<<Conosco la storia>> 
tagliò corto Elminpietra.
Gimli si fece paonazzo per l'indignazione:
<<Tu non conosci un c... ehm, un bel niente! Non hai mai visto lo splendore di Caras Galadhon! Non hai mai udito la dolcezza della voce di lady Galadriel, né contemplato la sua sublime regalità! Non hai mai sentito il profumo degli elanor appena sbocciati... ah, tu non puoi capire! Adesso non c'è più niente di tutto questo. Ogni magia ha lasciato quei luoghi da molto tempo. Ma negli occhi della regina Arwen c'è ancora un barlume dell'antico splendore...>>

<<E allora non puoi biasimare Legolas se è affascinato da tale barlume. Lascia che la sua vicinanza lenisca il dolore di Arwen Undomiel. Ci sono ben altre preoccupazioni, ora, su cui faresti bene a concentrarti anche tu>>

Gimli sospirò:
<<Sono al corrente di tutto, ma non riesco a farmi un'opinione chiara sui problemi di oggi.  Vedi, una volta era evidente chi fosse il Nemico! 









Adesso è tutto più ambiguo. La malvagità e l'invidia si nascondono dietro facce d'angelo... ecco una delle più grandi calamità della nostra epoca!>>
Per la prima volta Durin annuì.
<<Il pericolo è concreto. Gli eredi di Sauron sono tra noi, nella setta nei Numenoreani Neri, ma non riusciamo a riconoscerli, perché si celano dietro a forme rassicuranti e persino attraenti>>
Quel pensiero trasmise a Gimli una malinconia che da qualche tempo turbava il suo spirito:
<<Già. Almeno una volta la malvagità aveva il coraggio di uscire allo scoperto. Ora invece si rintana dietro all'ipocrisia, tanto che i peggiori potrebbero essere proprio quelli che predicano il bene. Dobbiamo essere molto cauti, perché questa volta abbiamo a che fare con nemici molto più astuti!
Io temo l'ambizione di Ancalime. Sua madre era nipote di Galadriel, la quale, devo confessarlo, non fu immune alle tentazioni del potere, anche se alla fine rinunciò a tutto e tornò ad essere l'elfa che aveva lasciato Valinor per brama di avventura e di nuovi regni.
Se Ancalime, come gemella di Eldarion, rivendicasse il Trono del Regno Unito di Arnor e Gondor, allora i Numenoreani Neri saprebbero blandirla, irretirla e moltiplicarne l'avidità.
Al posto dell'Oscuro Signore avremmo una Regina Oscura, bellissima e terribile come il mare, più forte delle fondamenta della Terra, e un giorno tutti la amerebbero, disperandosi!
Per questo dobbiamo fermarla, prima che sia troppo tardi>>









English version

First, Thorin III Stonehelm, son of Dain II Ironfoot, King under the Mountain, Ruler and Autocrat of Erebor, the Iron Hills and all the Dwarf Kingdoms, just arrived in Minas Tirith for the funeral of the Great High King, the sire Aragorn Elessar of Arnor and Gondor, wanted to pay homage to the mythical hero Gimli, who had remained in the capital of Men together with his friend Legolas, despite always having to say something about everything.
Gimli, son of Gloin, was now very old and shabby, but his pride and his habit of criticizing everything had not changed:
<<Well, to be honest, my young cousin, I don't like the excessive familiarity that has been created between Legolas and the Dowager Queen>> he declared, turning to Thorin III Stonehelm, King of Erebor, who had come from his distant realm to attend the funeral of the great Elessar.
"Oh, come on, Gimli, you've been complaining ever since I first set foot in Minas Tirith!"
The old dwarf warrior frowned:
<<Because I'm the only one who still has the courage to tell it like it is! And not just about the Royal Family. But look around! Look at the courtiers! When I see this bunch of spineless men and dandies it almost makes me nostalgic for the times of Sauron!>>
Thorin glared at him;
<<Do you blame them because they prefer peace to war? Times have changed, fortunately, and the new generations have grown up in a carefree era...>>
<<Too carefree! Look at their hands: you can see that they have never held a weapon properly! And then look how they shave! Even the Dwarves! This is obscene, this is blasphemous and outrageous! They want to look like elves, but they just look like ugly sissies! A generation of pussies! When I think that their great-grandfathers fell in battle and their grandfathers rebuilt the kingdom from scratch... and all for what? To hand over the kingdom to these featherless page boys, to these emasculated singers?
Well, I think Aragorn died of pain, seeing how soft and bloodless his subjects had become!>>
Durin sighed:
<<Aragorn died of old age. He had seen 210 springs. Too many, even for an heir of Numenor>>
<<What are you saying? I've seen more than 300 and I'm still in my prime!>>
Having said this, Gimli began to cough violently, so much so that he staggered until he almost tripped over his long white beard.

<<If you don't calm down, you risk going to join the king in the palace of the dead!
Time passes for everyone, even for the dwarves of Erebor!>>
Gimli cleared his throat:
<<The truth is that you are getting soft! You too, there under the mountain.
You live the good life with the gold of Oakenshield and his companions and in the meantime the mines are abandoned. You can no longer find a blacksmith or jeweler worthy of the name.
The last time I was in Erebor I then saw something unprecedented.
Completely hairless young dwarves! Shave even your hands!
It already seemed like an affront to me when our women demanded to shave their hair, but the idea that this disgrace is perpetrated by men made me lose all hope. They copy the fashion of Gondor! But do you realize how we have reduced ourselves? What did we fight for, I wonder? For these ungrateful people who are only capable of laughing behind my back? Do you think I didn't notice? Do you think he's completely stupid? Ah, if I were on your throne...>>

Elminpietra had enough:
<<But you're not there, luckily! And anyway, if you are so horrified by this young generation, why didn't you go and rule the Glittering Caves of Aglarond as my regent, instead of playing and feasting in idleness in Minas Tirith?>>
Gimli's face abandoned its indignation and anger and took on an initially embarrassed and surprised expression, which then became even more serious and severe, like all the times when he was about to express something of the utmost importance:
<<Aglarond is a shared domain: I have the Lordship of it, conferred on me both by the deceased Elessar and by you, this is true, but you should have granted me full sovereignty, recognizing me as a Prince of the Dwarves, your equal, a king, In short. Instead you proclaimed yourself Autocrat of all the Dwarven Kingdoms, almost as if you were Durin the resurrected Deathless, the one awaited by the ancient prophecies.
Someday the seventh Durin will come, but it is not you.
Furthermore, the Glittering Caves are doing just fine without me, but my stay here was not a choice dictated by idleness and the splendor of the court.
I have remained here to watch over our interests, sitting on the King's Council of Arnor and Gondor. And then now I have to watch over Eldarion: that boy doesn't have the same temper as his father>>
Thorin III laughed:
<<"That boy" is 108 years old and is the new Supreme King. And you know very well that he never seemed stupid. As for Legolas, you should praise his kindness to the Dowager Queen! With all due respect, Lady Arwen might seem like your grandmother by now."
Gimli glared at him:
<<You understand nothing of elven beauty! Queen Arwen descends from all the royal bloodlines of the Eldar: in her there is the beauty of the Teleri, through Luthien, and that of the Noldor and the Vanyar, through Lady Galadriel, who was her grandmother. Ah, I still have a lock of hair from the Queen of Lothlorien, which she herself gave me...>>

<<I know the story>> cut in Stonehelm.
Gimli turned purple with indignation:
<<You don't know anything! You have never seen the splendor of Caras Galadhon! You have never heard the sweetness of Lady Galadriel's voice, nor beheld her sublime royalty! You've never smelled the scent of newly bloomed elanors... ah, you can't understand! Now there is none of this anymore. All magic left those places a long time ago. But in Queen Arwen's eyes there is still a glimmer of the ancient splendor...>>

<<And then you cannot blame Legolas if he is fascinated by such a glimmer. Let his closeness soothe Arwen Undomiel's pain. There are many other concerns now that you would do well to focus on too."
Gimli sighed:
<<I know everything, but I can't form a clear opinion on today's problems. You see, it was once obvious who the Enemy was!
Now everything is more ambiguous. Evil and envy hide behind angelic faces... here is one of the greatest calamities of our era!>>
For the first time Durin nodded.
<<The danger is real. The heirs of Sauron are among us, in the Black Numenorean sect, but we are unable to recognize them, because they hide behind reassuring and even attractive shapes>>
That thought conveyed to Gimli a melancholy that had been troubling his spirit for some time:
<<Yeah. At least once evil had the courage to come out into the open. Now, however, they hide behind hypocrisy, so much so that the worst could be precisely those who preach goodness. We have to be very careful, because this time we are dealing with much more cunning enemies!
I fear Ancalime's ambition. Her mother was Galadriel's granddaughter, who, I must confess, was not immune to the temptations of power, even if in the end she renounced everything and returned to being the elf who had left Valinor for the sake of adventure and new kingdoms.
If Ancalime, as Eldarion's twin, claimed the Throne of the United Kingdom of Arnor and Gondor, then the Black Numenoreans would know how to cajole her, ensnare her and multiply her greed.
In place of the Dark Lord we would have a Dark Queen, beautiful and terrible as the sea, stronger than the foundations of the Earth, and one day everyone would love her, in despair!
This is why we must stop it, before it is too late>>

domenica 18 febbraio 2024

La Quarta Era. Capitolo 2. Eldarion e Silmarien

 

Chiunque guardasse il nuovo re, Eldarion, figlio di re Elessar e della regina Arwen, gli avrebbe dato al massimo venticinque anni, forse meno.
E invece ne aveva centodiciotto.
Era nato durante il secondo anno di regno di suo padre, insieme alla sua gemella, la principessa Ancalime.
Nessuna premonizione di Arwen aveva previsto un parto gemellare: Eldarion, l'erede maschio del Regno Unito di Arnor e Gondor, era il principe che era stato promesso nelle profezie degli Elfi e dei Dunedain legati all'Antica Via, e per questo era stato accolto con grandi festeggiamenti.
Ancalime, che era uscita per prima dal ventre della madre, aveva suscitato fin dall'inizio incredulità e scalpore, e persino una certa inquietudine, perché lo scostamento dalle profezie era considerato un segnale di malaugurio.

E così, Eldarion aveva ricevuto fin dall'inizio molte più attenzioni rispetto alla sua gemella, per quanto il Re e la Regina cercassero di trattarli con equità.
Lei sarebbe diventata una grande guerriera, se gliel'avessero permesso, pensava Eldarion, e diventerebbe anche una grande Regina, se io rinunciassi al trono.

Eldarion era stato sul punto di firmare e sigillare un editto a tal proposito, ma poi aveva riflettuto e concluso che Ancalime era troppo assetata di potere per essere una giusta sovrana, in lei c'era troppa rabbia e troppa avidità.
Eldarion lo comprendeva: Ancalime, all'inizio, chiedeva semplicemente giustizia ed equità, e parità di trattamenti e opportunità. In fondo lei era la gemella, aveva la stessa età di Eldarion, e dunque perché scartarla fin dall'inizio dalla possibilità di una successione?

Questo diverso trattamento aveva profondamente influenzato lo sviluppo di entrambi.
Eldarion era, prima di ogni altra cosa, il figlio e l'erede. Non era mai esistito autonomamente. Chiunque lo guardasse non poteva fare a meno di pensare a suo padre, a sua madre, ai suoi illustri antenati o al compito che lo attendeva, chiedendosi se ne fosse all'altezza.




C'era una grandissima aspettativa nei suoi confronti, e questo alla lunga era diventato un peso.
Chi conosceva le imprese di Aragorn Elessar, o quelle di Elrond, o dei principi di Andunie, della Casa di Elendil, non poteva che considerare difficile che quel "ragazzo", nato nella bambagia e cresciuto in un'epoca di pace e ricchezza, potesse riuscire ad eguagliare l'eroismo e la grandezza di suo padre, o la millenaria saggezza carismatica dei suoi elfici antenati materni.
Chi non conosceva le leggende, vedeva semplicemente un giovane che ai loro occhi sembrava un eterno ventenne, privo di esperienza.
Il popolo di Gondor non riusciva proprio ad accettare l'idea che il suddetto "ragazzo" fosse diventato prima un uomo, poi un anziano, pur mantenendo le sembianze di un giovane e infine un vecchio vero e proprio, nell'anima.
E questo accentuava il problema principale e cioè il fatto di essere stato principe ereditario per troppo tempo.
Giungo al Trono vecchio e stanco, disilluso, senza alcun desiderio di regnare. L'entusiasmo giovanile è passato da così tanto tempo che fatico a ricordarlo. 
Solo uno sciocco, a quest'età, può credere che il potere sia qualcosa di desiderabile, o anche soltanto di utile per fare del bene.
Ho visto troppi fallimenti e troppe "vittorie" inutili per capire che il mondo può essere davvero migliorato grazie alla buona volontà di un singolo uomo probo in una società resa corrotta dall'indolenza.
Era un pensiero pericoloso, che Eldarion non aveva mai espresso a nessuno, nemmeno a suo padre.
Forse il Ramingo mi avrebbe capito, ma non il Re. Lui vedeva solo il bene, poiché era un uomo senza macchia, un uomo che non conosceva certe cose, certe meschinità e non solo non le conosceva, ma non poteva nemmeno immaginare che esistessero.
Per tanto tempo suo padre Aragorn era vissuto nell'ombra, prima che il destino lo chiamasse alle grandi imprese che lo avevano portato alla gloria e al regno.
Intere generazioni sono nate, cresciute e decedute durante il suo regno. Nemmeno i più vecchi ricordano i tempi in cui Elessar non era il Re, i tempi in cui Gondor era limitato alla sola roccaforte bianca.
Ed ora che Elessar era andato incontro al suo destino mortale, il popolo di Minas Tirith era rimasto attonito, confuso, come se il sole fosse venuto meno.
Poteva esistere Gondor senza re Elessar? Quasi tutti se lo domandavano.
Ora sono chiamato a dare loro una risposta, a dimostrare che Gondor potrebbe persino diventare migliore se gli uomini di buona volontà si unissero a me, nel governo del regno.
Eldarion sospirò e volse lo sguardo verso il fondo della grande sala delle udienze.
L'Alto Trono bianco di Gondor pareva avvolto nell'ombra, e il seggio nero dei sovrintendenti, occupato per tutto il regno dalla regina Arwen, spiccava maggiormente.


Ancalime avrebbe reclamato il seggio nero. Arwen gliel'avrebbe ceduto e Silmarien non avrebbe avuto nulla da obiettare.

Ancalime guida il partito della guerra. Io invece ho sempre detestato le armi. Ero scarso come cavaliere e peggio ancora come duellante nei tornei.
Nessuno aveva il coraggio di deriderlo, almeno non in presenza di suo padre, ma il Re era consapevole dell'imbarazzo generato da quella situazione.
Quando il suo sguardo si posava su Eldarion, c'era comunque benevolenza e tenerezza, come se si trovasse davanti a un bambino mai cresciuto.

Disse bene Merry Brandybuck, quando mi sussurrò che era lo stesso sguardo con cui il vecchio Re osservava gli Hobbit. 
Povero Merry, per lui era un complimento!

Più diretto era stato Gimli, forse il più simpatico tra gli amici di suo padre. Un giorno, dopo troppe pinte di birra, il vecchio nano si era lasciato sfuggire una frase rivelatrice: <<Non è colpa tua ragazzo! Le grandi cose le abbiamo già fatte tutte noi... abbiamo raggiunto la vetta e adesso si può solo scendere>>

Già. Si poteva solo scendere.

Legolas non diceva niente, ma i suoi occhi mostravano nel contempo apprensione e pena.
C'era stato un tempo in cui Eldarion aveva nutrito una sconfinata ammirazione per l'elfo amico di suo padre. Per quanto la parentela tra la famiglia di Legolas e quella di Arwen fosse piuttosto lontana, l'elfo era sempre stato come uno zio per Eldarion e un modello da seguire.

Poi però la sua brama di azione e di allenamento cresce di giorno in giorno. Sembra quasi che abbia nostalgia delle guerre. Non è pronto per andare all'Ovest, e mia madre si sta appoggiando a lui.
Ogni volta che Eldarion faceva notare all'elfo che l'eccessiva vicinanza alla Regina Vedova poteva essere mal equivocata, Legolas assumeva un'aria di disappunto che valeva più di mille parole.

Solo mio padre, tra gli uomini, si era guadagnato il suo completo rispetto. E, tra le donne, mia sorella Silmarien, la più giovane e la più bella. Legolas aiuta mia madre, ma i suoi sguardi ricadono su mia sorella.




Silmarien era rimasta giovane anche nello spirito, a differenza di Eldarion ed Ancalime. Era la più "elfica", tra i figli di Aragorn ed Arwen.
In lei c'era l'amore per gli elfi ereditato dai Principi di Andunie, vissuti nella perduta Numenor.
Ancalime invece era cinica e disillusa nei confronti degli Elfi rimasti nella Terra di Mezzo.
Eldarion cercava di mediare tra le due fazioni capeggiate dalle sue sorelle.
Cercava di essere equidistante, ma a volte questo finiva per scontentare tutti, lo aveva sperimentato molte volte, durante i suoi tentativi di mediazione, quando era solo l'erede al trono.
La longevità mi ha condotto alla saggezza e alla pazienza, ma questo dono ha un suo prezzo. 
Il mondo cambia e io resto indietro.
I giovani scambiano la mia prudenza per viltà e codardia. 
Considerano le mie meditazioni come mancanza di iniziativa e di argomentazione.
Non sanno che la mia memoria è carica di troppi ricordi, troppi lutti, troppi rimpianti per il bel tempo andato, per tutto ciò che non tornerà, tutto ciò che è perduto per sempre.
Che ne sanno loro di com'era bella la Terra di Mezzo quando io ero giovane? Che ne sanno di com'era pura l'aria e limpida l'acqua, prima che ogni terra selvaggia diventasse terra da coltivare o su cui costruire?
Niente. Non ne sapevano niente, né potevano saperlo. A loro non interessava il passato: guardavano solo in avanti.
Forse hanno ragione loro. Forse io sono solo un nostalgico reazionario in un mondo che cambia e che mi è sempre più estraneo.

Era davvero un dono, quello concesso ai discendenti di Numenor e ai Mezzelfi?
Vivere sì, ma non ad ogni costo. Regnare, sì, ma non su un reame che ha dimenticato la sua storia e perduto la sua identità.

Era questo il punto. L'Albero di Gondor era tornato ad appassire. Tutti dicevano che la causa era la morte del vecchio Re e forse in parte era vero, ma il motivo principale era un altro.
Abbiamo perso il legame con le nostre radici e non ce ne siamo nemmeno accorti.
Eppure uno dei motti del Re era "le radici profonde non gelano".
Il collegamento tra le radici e il tronco si sta spezzando.

Nessuno lo sapeva meglio di lui, nemmeno le sue sorelle, a cui non spettava l'onere della successione.
Io conosco la fragilità del Regno Unito di Arnor e Gondor. Solo io ne vedo le crepe.

Ma c'era un altro motivo di preoccupazione.
I miei figli sembrano più vecchi di me. La loro madre non era una Dunedain e loro non hanno avuto il dono. Credevo fosse meglio per loro, ma poi li ho visti declinare e indebolirsi, e guardarmi con il risentimento di chi si sente escluso da un diritto di eredità ancestrale.
La moglie di Eldarion era morta da tempo.
Lui l'aveva amata perdutamente, anche se all'inizio le nozze erano state favorite da ragioni politiche.

Si chiamava Anduril, "Fiamma dell'Occidente", come la spada di Elessar, ed era di nobile stirpe, primogenita di Faramir, primo ministro di Gondor, e di sua moglie Eowyn, principessa di Rohan.
Era stata un'unione felice, benedetta da figli e figlie, per molti anni, ma poi era accaduto l'inevitabile: mentre lui si manteneva giovane, per il sangue elfico e numenoreano che scorreva nelle sue vene, lei deperiva con l'età. Non per questo Eldarion l'aveva amata di meno, ma era stato straziante perderla così, un poco alla volta, giorno per giorno.
Mia madre mi aveva messo in guardia. "Il dolore non appartiene ai morti, ma ai sopravvissuti"

Ecco perché sua madre in quel momento cercava il conforto di Legolas: lui era vissuto a lungo quasi quanto lei, e aveva condiviso gli anni dell'ombra prima di quelli della gloria.
Io, Arwen, Legolas e Gimli siamo gli ultimi sopravvissuti di un mondo che non c'è più. Io sono il più giovane, e Legolas partirà per l'Ovest. Alla fine resterò soltanto io.


English version

Anyone looking at the new king, Eldarion, son of King Elessar and Queen Arwen, would have given him twenty-five years at most, perhaps less.

And instead he was one hundred and eighteen.

He was born during the second year of his father's reign, along with his twin, Princess Ancalime.

No premonition of Arwen had foreseen a twin birth: Eldarion, the male heir of the United Kingdom of Arnor and Gondor, was the prince who had been promised in the prophecies of the Elves and Dunedain linked to the Ancient Way, and for this reason he had been welcomed with great celebrations.

Ancalime, who was the first to emerge from her mother's womb, had aroused disbelief and uproar from the beginning, and even a certain uneasiness, because deviation from the prophecies was considered a sign of bad omen.

And so, Eldarion had received far more attention than his twin from the beginning, even though the King and Queen tried to treat them fairly.

She would make a great warrior, if they let her, Eldarion thought, and she would make a great Queen too, if I gave up the throne.

Eldarion had been on the verge of signing and sealing an edict to this effect, but then he had reflected and concluded that Ancalime was too power-hungry to be a just ruler, there was too much anger and too much greed in her.

Eldarion understood this: Ancalime, at first, simply asked for justice and fairness, and equal treatment and opportunity. After all, she was the twin, she was the same age as Eldarion, and so why discard her from the beginning from the possibility of succession?

This different treatment had profoundly influenced the development of both.

Eldarion was, above all else, the son and heir. It had never existed independently. Anyone who looked at him could not help but think of his father, his mother, his illustrious ancestors or the task that awaited him, wondering if he was up to it.

There was a huge expectation of him, and in the long run this had become a burden.

Those who knew the exploits of Aragorn Elessar, or those of Elrond, or of the princes of Andunie, of the House of Elendil, could only consider it difficult that that "boy", born in cotton wool and raised in an era of peace and wealth, could be able to match the heroism and greatness of his father, or the thousand-year-old charismatic wisdom of his elven maternal ancestors.

Those who didn't know the legends simply saw a young man who in their eyes seemed like an eternal twenty-year-old, with no experience.

The people of Gondor just couldn't accept the idea that the aforementioned "boy" had become first a man, then an old man, while maintaining the appearance of a young man and finally a real old man in his soul.

And this accentuated the main problem, namely the fact that he had been crown prince for too long.

I come to the Throne old and tired, disillusioned, with no desire to reign. The youthful enthusiasm is so long gone that I struggle to remember it.

Only a fool, at this age, can believe that power is something desirable, or even just useful for doing good.

I have seen too many failures and too many useless "victories" to understand that the world can truly be improved thanks to the good will of a single honest man in a society made corrupt by indolence.

It was a dangerous thought, one that Eldarion had never expressed to anyone, not even his father.

Perhaps the Ranger would have understood me, but not the King. He saw only the good, since he was a man without blemish, a man who did not know certain things, certain meannesses and not only did he not know them, but he could not even imagine that they existed.

For a long time his father Aragorn had lived in the shadows, before fate called him to the great deeds that had brought him glory and kingdom.

Entire generations were born, raised and died during his reign. Not even the oldest remember the times when Elessar was not King, the times when Gondor was limited to the white stronghold alone.

And now that Elessar had met his mortal fate, the people of Minas Tirith were left astonished, confused, as if the sun had failed.

Could Gondor exist without King Elessar? Almost everyone wondered that.

Now I am called to give them an answer, to prove that Gondor might even become better if men of good will would join me in ruling the kingdom.

Eldarion sighed and looked towards the back of the great audience hall.

The High White Throne of Gondor seemed shrouded in shadow, and the black seat of the Stewards, occupied throughout the kingdom by Queen Arwen, stood out the most.

Ancalime would have claimed the black seat. Arwen would have given it to him and Silmarien would have had no objection.


Ancalime leads the war party. I, on the other hand, have always hated guns. I was poor as a knight and even worse as a duelist in tournaments.

No one had the courage to mock him, at least not in the presence of his father, but the King was aware of the embarrassment generated by that situation.

When his gaze fell on Eldarion, there was still benevolence and tenderness, as if he were looking at a child who had never grown up.

Merry Brandybuck said it well, when she whispered to me that it was the same look with which the old King looked at the Hobbits.

Poor Merry, for him it was a compliment!

Gimli, perhaps the nicest of his father's friends, had been more direct. One day, after too many pints of beer, the old dwarf let slip a revealing phrase: <<It's not your fault, boy! We have already done all the great things... we have reached the top and now we can only go down>>

Already. You could only go down.

Legolas said nothing, but his eyes showed both apprehension and pain.

There had been a time when Eldarion had had boundless admiration for his father's elf friend. Although the relationship between Legolas's family and Arwen's was quite distant, the elf had always been like an uncle to Eldarion and a role model to follow.

But then his hunger for action and training grows day by day. It almost seems like he is nostalgic for wars. He's not ready to go West, and my mother is leaning on him.

Every time Eldarion pointed out to the elf that excessive closeness to the Dowager Queen could be misunderstood, Legolas assumed an air of disappointment that was worth a thousand words.

Only my father, among men, had earned his complete respect. And, among the women, my sister Silmarien, the youngest and most beautiful. Legolas helps my mother, but his gaze falls on my sister.

Silmarien had also remained young in spirit, unlike Eldarion and Ancalime. She was the most "elven" of the children of Aragorn and Arwen.

In her there was the love for elves inherited from the Princes of Andunie, who lived in the lost Numenor.

Ancalime, on the other hand, was cynical and disillusioned towards the Elves who remained in Middle-earth.

Eldarion tried to mediate between the two factions led by his sisters.

He tried to be equidistant, but sometimes this ended up displeasing everyone, he had experienced this many times, during his attempts at mediation, when he was only the heir to the throne.

Longevity has led me to wisdom and patience, but this gift comes at a price.

The world changes and I'm left behind.

Young people mistake my prudence for cowardice and cowardice.

They consider my meditations as a lack of initiative and argumentation.

They don't know that my memory is full of too many memories, too many mournings, too many regrets for the good times gone by, for everything that will not return, everything that is lost forever.

What do they know how beautiful Middle-earth was when I was young? What do they know about how pure the air was and how clear the water was, before every wild land became land to be cultivated or built on?

Nothing. They knew nothing about it, nor could they know it. They weren't interested in the past: they only looked forward.

Maybe they are right. Maybe I'm just a nostalgic reactionary in a changing world that is increasingly alien to me.

Was it really a gift, the one given to the descendants of Numenor and the Half-elves?

Living yes, but not at any cost. Reign, yes, but not over a realm that has forgotten its history and lost its identity.

That was the point. The Tree of Gondor had withered again. Everyone said that the cause was the death of the old King and perhaps it was partly true, but the main reason was another.

We have lost the connection with our roots and we didn't even realize it.

Yet one of the King's mottos was "deep roots do not freeze".

The connection between the roots and the trunk is breaking.

No one knew this better than him, not even his sisters, who were not responsible for the succession.

I know the fragility of the United Kingdom of Arnor and Gondor. Only I see the cracks.

But there was another cause for concern.

My kids look older than me. Their mother was not a Dunedain and they did not have the gift. I thought it was better for them, but then I saw them decline and weaken, and look at me with the resentment of those who feel excluded from an ancestral inheritance right.

Eldarion's wife was long dead.

He had loved her madly, even if at the beginning the wedding had been favored by political reasons.

Her name was Anduril, "Flame of the West", like the sword of Elessar, and she was of noble lineage, eldest daughter of Faramir, prime minister of Gondor, and his wife Eowyn, princess of Rohan.

It had been a happy union, blessed with sons and daughters, for many years, but then the inevitable had happened: while he remained young, due to the Elven and Numenorean blood that flowed in his veins, she wasted away with age. That didn't make Eldarion love her any less, but it had been heartbreaking to lose her like this, little by little, day by day.

My mother had warned me. "Pain does not belong to the dead, but to the survivors"

That was why his mother sought Legolas's comfort at that moment: he had lived almost as long as she had, and had shared the years of shadow before those of glory.

I, Arwen, Legolas and Gimli are the last survivors of a world that no longer exists. I am the youngest, and Legolas will leave for the West. In the end only me will remain.

giovedì 8 febbraio 2024

La Quarta Era. Capitolo 1. La morte del Re






"Perverrà alla morte come immagine dello splendore dei Re degli Uomini, in gloria, senza macchia, prima del crollo del mondo. Ma tu, figlia mia, tu ti trascinerai nell'oscurità e nel dubbio come la notte d'inverno che arriva senza una stella"
(Elrond Mezzelfo, Lord di Imladris, a sua figlia Arwen - dalla sceneggiatura del film "Il Signore degli Anelli - Le due Torri", 2002)

Arwen aveva saputo fin dall'inizio che quel momento sarebbe arrivato ed era stata l'unica argomentazione con cui, molto tempo prima, suo padre aveva tentato di dissuaderla dall'amore per Aragorn, prima che lui diventasse per tutti il re Elessar, sovrano dei reami riuniti di Arnor e Gondor.
Ma anche dopo il giorno del matrimonio e dell'incoronazione, il nome da lei prediletto per rivolgersi al suo sposo era sempre rimasto Estel, "speranza", in lingua elfica sindarin.
Così era stato chiamato e cresciuto a Imladris il figlio di Arathorn e Gilraen, quando ancora gli Eldar non avevano lasciato la Terra di Mezzo.
"Se non troverai la forza di dirgli addio adessol'aveva avvertita Elrond in quei giorni ormai lontani "dovrai farlo comunque, quando sarà più penoso, dopo una vita trascorsa insieme. Siete infatti destinati a separarvi: se non sarà la tua partenza ora, sarà la morte a farlo, poiché nulla di umano può durare per sempre".
Per gli elfi era indiscutibile la certezza che l'eternità fosse un loro esclusivo privilegio, tra i Figli di Iluvatar.
E se ti sbagliassi, padre? Se gli uomini, dopo la morte, fossero destinati a vivere ancora, e a incontrarsi di nuovo, da un'altra parte, in un altro tempo e in un luogo che noi non possiamo nemmeno immaginare?
Per gli elfi caduti in battaglia o periti di morte violenta, vi erano le Aule di Mandos, ma nessuno sapeva quale fosse la sorte degli uomini, dopo il trapasso.
Forse un giorno Iluvatar manderà qualcuno per annunciarlo. Per adesso, ognuno di noi può soltanto aggrapparsi alle proprie speranze e a ciò che sente nel cuore.
Speranza. Estel.
Rammentò le parole di Gilaren, l'amata madre di Aragorn, che le era stata amica nei tempi remoti:
Onen i-Estel Edain, ú-chebin estel anim. Ho dato la speranza agli uomini, non ne ho conservata per me.
E lei, la regina Arwen Undomiel, la "Stella del Vespro", figlia di Elrond d'Imlardirs e di Celebrian di Lothlorien, era certa, in cuor suo, che avrebbe incontrato nuovamente il suo amato, in un'altra vita, in un'altra era, in un'altra dimensione.






Chi conobbe Luthien Tinuviel disse che io ero uguale a lei. E dunque non è forse possibile che lo spirito della mia antenata sia rivissuto in me, come quello di Beren sia rinato in Aragorn e morto nuovamente con lui, per poi un giorno ritornare e incontrarmi ancora?
Questi erano i suoi pensieri, mentre il vento scorreva attraverso il suo velo nero e modellava le vesti del lutto, davanti al sepolcro di Elessar, re di Arnor e Gondor, che si era spento infine, carico d'anni, dopo aver vissuto e regnato sulla Terra di Mezzo più di tutti i Dunedain della stirpe reale di Numenor.
Correva l'anno 122 della Quarta Era del Sole e della Luna, nel Regno Unito di Arnor e Gondor, nella Terra di Mezzo, nel mondo di Arda.
Erano passati così in fretta i secoli, dopo i giorni trionfali in cui il Nemico era stato sconfitto per sempre e gli ultimi portatori degli Anelli del Potere erano partiti per l'ovest, per Valinor e Aman, le Terre Imperiture.
E non è stata forse quella un'altra morte? Andare verso il tramonto nelle terre degli immortali non è in fondo come passare a miglior vita, in un altrove da cui non si può più fare ritorno? 
Se infatti vi era per lei ancora speranza di ritrovare Aragorn in un'altra vita, non ve n'era nessuna di poter rivedere suo padre e sua madre, i suoi fratelli e tutti gli elfi che le erano stati amici e parenti, prima di partire per l'estremo occidente.
Forse fu quella consapevolezza a farle volgere spontaneamente lo sguardo verso Legolas, che sostava poco distante, assorto in profondi pensieri.



Non era invecchiato di un giorno, né avrebbe dovuto, poiché a differenza di lei non aveva scelto una vita mortale.
Eppure la sua tristezza era grande, come mai prima d'allora, forse perché si avvicinava anche per lui il momento di prendere una grave decisione.
Aewen gli si avvicinò e gli parlò sottovoce:
<<Ora rimanete soltanto tu e Gimli, nella Terra di Mezzo, tra coloro che ebbero l'onore e il coraggio di far parte della Compagnia dell'Anello. Sarebbe troppo chiedervi di restare qui, come aiuto e conforto ad Eldarion, ora che il peso della corona grava sul suo capo?>>
Legolas sospirò e per lunghi momenti tenne chiusi gli occhi, come se fosse consapevole che quanto stava per dire non sarebbe piaciuto alla regina vedova Undomiel, che pur avendo scelto la natura umana, conservava ancora la bellezza elfica dei Primogeniti.
<<A lungo Eldarion è stato preparato per il compito che ora lo attende. Tutto ciò che sapevo, gliel'ho già insegnato, e così ha fatto Gimli, e prima di lui tutti coloro che fecero parte della Compagnia e decisero di non partire con Elrond e Galadriel. Ma tu sai bene, mia regina, che si trattò soltanto di un rinvio. Per quanto grande sia il mio amore per la Terra di Mezzo, non posso fingere che essa sia cambiata. 
Questa è l'era degli uomini ed è destino che tutti gli elfi desiderino sempre di più recarsi nel luogo dove fin dall'inizio furono invitati dai Valar>>
Così infatti era accaduto anche ai più restii alla partenza e cioè agli Elfi Silvani, che mai prima di allora avevano sentito il bisogno di mettersi in mare e fare vela verso occidente.
Ma quello era il segno dei tempi.
Lui lo sa. Il tempo degli elfi è finito. Persino il superbo Thranduil lasciò il reame boscoso, e tutta la sua gente lo seguì. Persino il venerabile Cirdan lasciò ad altri il compito di sovrintendere alla creazione delle navi e dopo millenni decise di solcare il grande mare.
Come posso sperare di convincere Legolas a indugiare ancora in un luogo che non gli appartiene più e che sente ormai estraneo?
Annuì, cercando di non rivelare la propria commozione:
<<Non a lungo saresti costretto a tardare, Legolas Verdefoglia, se anche avessi il cuore di attendere che la luce di Arwen Undomiel si spenga. So quello che dicono di me: "E' ormai fredda e grigia come una notte d'inverno senza stelle". La morte mi si approssima, già ne sento i crudeli assalti e ne odo le orme
Troppo a lungo ho vissuto, ho visto troppe partenze, troppe volte ho detto addio a coloro che amavo. 
Non vuoi dunque risparmiare, ai pochi giorni che restano a questa mortale, la pena di doversi separare da te, ultimo della mia gente tra coloro che mi sono amici e quasi fratelli? Cos'è un anno degli uomini per un immortale? Solo un battito di ciglia. Ed io non ti chiedo di più>>


English version

The Fourth Age. Chapter 1. The death of the King

"He will come to death. An image of the splendor of the kings of men, in glory, undimmed before the breaking of the world. But you, my daughter, you will linger on in darkness and in doubt. As night falling winter has come without a star."

Arwen had known from the beginning that this moment would come and it had been the only argument with which, long ago, her father had tried to dissuade her from love for Aragorn, before he became for everyone King Elessar, ruler of the reunited realms of Arnor and Gondor.
But even after the day of the wedding and coronation, the name she preferred to address her husband had always remained Estel, "hope", in the elvish Sindarin language.
Thus the son of Arathorn and Gilraen had been named and raised in Imladris, when the Eldar had not yet left Middle-earth.
"If you do not find the strength to say goodbye to him now" Elrond had warned her in those days long gone "you will have to do it anyway, when it is most painful, after a life spent together. You are in fact destined to part: if you do not leave now , it will be death that does it, since nothing human can last forever."
For the elves, the certainty that eternity was their exclusive privilege among the Children of Iluvatar was indisputable.
What if you're wrong, father? What if men, after death, were destined to live again, and to meet again, somewhere else, in another time and in a place that we cannot even imagine?
For the elves who fell in battle or died a violent death, there were the Halls of Mandos, but no one knew what the fate of men was after their passing.
Perhaps one day Iluvatar will send someone to announce it. For now, each of us can only hold on to our hopes and what we feel in our hearts.
Hope. Estel.
She remembered the words of Gilaren, Aragorn's beloved mother, who had been her friend in ancient times:
Onen i-Estel Edain, ú-chebin estel anim. I gave hope to men, I kept none for myself.
And she, Queen Arwen Undomiel, the "Evenstar", daughter of Elrond of Imlardirs and Celebrian of Lothlorien, was certain, in her heart, that she would meet her beloved again, in another life, in a 'another era, in another dimension.
Those who knew Luthien Tinuviel said that I was like her. And so isn't it possible that the spirit of my ancestor relived in me, just as that of Beren was reborn in Aragorn and died again with him, and then one day returned and met me again?
These were her thoughts, as the wind flowed through her black veil and shaped the garments of mourning, before the tomb of Elessar, king of Arnor and Gondor, who had passed away at last, burdened with years, after having lived and reigned on Middle-earth more than all the Dunedain of the royal line of Numenor.
It was the year 122 of the Fourth Age of the Sun and Moon, in the Kingdom of Arnor and Gondor, in Middle-earth, in the world of Arda.
The centuries had passed so quickly, after the triumphal days when the Enemy had been defeated forever and the last bearers of the Rings of Power had departed to the west, to Valinor and Aman, the Undying Lands.
And wasn't that another death? Isn't going into the sunset in the lands of the immortals basically like passing on to a better life, to an elsewhere from which one can no longer return?
In fact, if there was still hope for her of finding Aragorn in another life, there was none of being able to see her father and mother, her brothers and all the elves who had been friends and relatives before leaving. for the far west.
Perhaps it was that awareness that made her spontaneously turn her gaze towards Legolas, who was standing nearby, absorbed in deep thoughts.

He hadn't aged a day, nor should he have, for unlike her he had not chosen a mortal life.
Yet his sadness was great, like never before, perhaps because the time to make a serious decision was approaching for him too.
Aewen approached him and spoke to him in a low voice:
<<Now only you and Gimli remain, in Middle-earth, among those who had the honor and courage to be part of the Fellowship of the Ring. Would it be too much to ask you to remain here, as help and comfort to Eldarion, now that the weight of the crown weighs on his head?>>
Legolas sighed and kept his eyes closed for long moments, as if he were aware that what he was about to say would not have pleased the dowager queen Undomiel, who, despite having chosen human nature, still retained the elven beauty of the Firstborn.
<<Eldarion has long been prepared for the task that now awaits him. Everything I knew, I have already taught him, and so did Gimli, and all those before him who were part of the Fellowship and chose not to leave with Elrond and Galadriel. But you know well, my queen, that it was only a postponement. As much as I love Middle-earth, I can't pretend that it has changed.
This is the age of men and it is destined that all elves will increasingly desire to go to the place where they were invited by the Valar from the beginning>>
In fact, this had happened even to those who were most reluctant to leave, namely the Wood Elves, who had never before felt the need to set sail and sail towards the west.
But that was the sign of the times.
He knows it. The time of the elves is over. Even the haughty Thranduil left the woodland realm, and all his people followed him. Even the venerable Cirdan left the task of supervising the creation of ships to others and after millennia decided to sail the great sea.
How can I hope to convince Legolas to linger any longer in a place that no longer belongs to him and which now feels foreign to him?
He nodded, trying not to reveal his emotion:
<<You would not be forced to delay long, Legolas Greenleaf, even if you had the heart to wait for Arwen Undomiel's light to go out. I know what they say about me: "It's now cold and gray like a starless winter night." Death is approaching me, I already feel its cruel assaults and hear its footsteps.
I have lived too long, I have seen too many departures, too many times I have said goodbye to those I loved.
Don't you therefore want to spare, in the few days that this mortal has left, the pain of having to separate from you, the last of my people among those who are my friends and almost brothers? What is a year of men to an immortal? Just a blink of an eye. And I don't ask you for more>>









lunedì 1 gennaio 2024

All'ombra del Trono di Spade. Capitolo 7. Re Jaehaerys II e Maelys il Mostruoso







La cerimonia di incoronazione di Jaehaerys II Targaryen e di sua moglie, la regina Shaera, si svolse sul finire dell'anno 259 dopo la Conquista, e fu breve e sobria, almeno così parve al giovane Dorian Ashford, che era tra i paggi incaricati di assistere gli alti dignitari officianti.
Jaehaerys aveva scelto la corona marziale di re Maekar, con punte di ferro a forma di spada, per ammonire i nemici e i ribelli che, nonostante le vacillanti condizioni di salute, avrebbe reagito con ferro e fuoco a qualunque tentativo di infrangere la pace del reame o di sovvertire il dominio della dinastia Targaryen.
Dopo che l'Alto Septon gli aveva posto la corona sul capo, il nuovo Re si era avventurato a salire i gradini di quella mostruosità che era il Trono di Spade.






Dorian si chiedeva chi mai potesse essere tanto folle da desiderare di sedersi nella piccola cavità in cima a quell'orribile e immenso ammasso di lame.
Jaehaerys II lo aveva fatto per senso dovere, ed era riuscito a non tagliarsi, e questo fu interpretato da tutti come un segno propizio: "...il Trono lo ha accettato", così sussurravano tutti, attribuendo al Trono di Spade una volontà propria e ricordando che i sovrani peggiori erano stati quelli che riportavano sempre numerose ferite ogni volta che sedevano sul supremo scranno.
Maegor il Crudele, secondo le leggende, era stato addirittura ucciso dal Trono stesso.
Dorian era cresciuto ascoltando le storie che lady Jenny gli raccontava sulle vicende dei Targaryen, la Casa del Drago, ma soltanto dopo essere giunto nella capitale il ragazzo, nipote bastardo del nuovo sovrano, era riuscito a dare forma a quei racconti.




Il viaggio verso Approdo del Re e l'ingresso nella Fortezza Rossa erano stati però un'esperienza davvero emozionante per Dorian, che in quell'occasione viaggiava con gli Ashford di Summerhall, la sua famiglia d'origine, e con i Connington di Posatoio del Grifone, anch'essi alfieri di lord Ormund Baratheon e leali sudditi della dinastia reale Targaryen, la Casa del Drago.
I boschi della Terra delle Tempeste erano meravigliosi: le piogge e la fertilità del terreno rendevano gli alberi più verdi e più grandi rispetto alle zone a sud.
Avevano viaggiato a cavallo, anche se Dorian non era gran che nell'equitazione, come in generale in tutte le questioni che richiedevano destrezza fisica e capacità pratiche.
Quando erano arrivati nelle vicinanze di Approdo del Re, la prima cosa che Dorian ne aveva notato era la puzza, un tanfo vomitevole a cui fece molta fatica ad abituarsi. 
La Fortezza Rossa, essendo molto sopraelevata, riusciva comunque ad essere meno soggetta ai miasmi dei bassifondi della città.
In ogni caso, non era un luogo salubre. 
Forse era anche per questo che la regina madre Betha Blackwood era tornata alla sua dimora di famiglia, Raventree Hall.










Il re stesso avrebbe voluto seguirla, se avesse potuto:
<<Mio caro ragazzo>> disse Jaehaerys a Dorian dopo l'incoronazione <<a mia madre farebbe molto piacere rivederti. E poi Raventree Hall è da millenni la magione ancestrale di casa Blackwood, fin dai tempi dei Primi Uomini, ed è un luogo intriso di magia: il grande albero dei corvi non è solo un albero e i corvi non sono solo corvi. Ti manderò là in missione con l'incarico di fare compagnia alla regina madre. Tramite lei, anche tu hai il sangue del corvo nelle vene e la protezione degli Antichi Dei. La visita si protrarrà solo il tempo necessario affinché tu apprenda determinate cose riguardo a questi alti misteri>>
La regina consorte, Shaera Targaryen, finalmente libera dal controllo della regina madre, esercitava tutta la sua influenza sul reale consorte, sulla figlia Rhaella e sul nipote, l'infante Rhaegar.
Shaera sapeva che anche Dorian era suo nipote, per quanto bastardo, ma accettava la cosa soltanto nell'ottica di chi vede i "parenti poveri" come servi resi fedeli dal "vincolo del Sangue Reale".
Quando Dorian rivide il suo piccolo fratellastro, lo trovò in buona salute.
E allora perché percepisco intorno a lui un'aura di tragedia?
Non era solo l'ombra di Sala dell'Estate, no... c'era qualcosa di più, nel futuro.
Del resto il futuro dei Targaryen era incerto per varie ragioni.
Il re era duramente provato numerose malattie che non gli davano tregua, in particolare la tubercolosi e l'irregolarità del battito del cuore. C'erano momenti in cui la tosse sembrava non finire mai e persino respirare sembrava impossibile. La debolezza era così grande che Jaehaerys camminava appoggiato a un bastone, pur avendo solo 34 anni, sembrava già un vecchio con un piede nella fossa.



In compenso il principe ereditario Aerys era più allegro e scattante del solito.
Sentiva che la sua successione era vicina e che la continuità della dinastia era assicurata dal figlio che Rhaella gli aveva dato: l'infante Rhaegar.





Camminava a fianco di un lord alto, longilineo, ma imponente, dai radi capelli biondi e dagli occhi dorati: il giovane Tywin Lannister, l'erede di lord Tytos di Castel Granito.
L'aveva condotto apposta vicino alle stanze assegnate agli Ashford di Summerhal.
<<Guarda, Tywin, quel ragazzo è figlio di una Reyne di Castamere!>>
Lannister non mostrò alcuna emozione:
<<Per quel che mi risulta, è figlio di lady Sibilla Ashford e di lord Roger Ashford di Summerhal. Tutto il resto non mi interessa e non mi sfiora>>
Aerys però si divertiva molto a provocare l'amico:
<<Hai giurato di sterminare i Reynes e i Tarbeck, ma lady Sibilla è sotto la mia protezione, così come Dorian, che è sangue del drago, come testimoniano i suoi occhi>>
Per una frazione di secondo gli occhi felini di Tywin Lannister incontrarono quelli pensierosi del ragazzo:
<<Lady Sibilla mi scrisse dissociandosi apertamente dalla sua famiglia d'origine. E tu, giovane Dorian, ti dissoci?>>
Dorian si inchinò profondamente e disse:
<<Mi dissocio e vi rendo omaggio, vostra signoria>>
Aerys avrebbe preferito, da parte del figliastro, uno sberleffo ai Lannister:
<<Dorian, non devi aver paura dei Lannister. Il drago, persino quello nato bastardo, non teme mai il leone>>
Tywin ignorò le parole del principe e rispose al ragazzo:
<<Accolgo il tuo omaggio, ragazzo. Mi piacciono le persone che sanno stare al proprio posto>>
Dorian temeva sia Aerys che Tywin e non sapeva come fare a compiacerli entrambi, e così, nel dubbio, tacque.
Grazie ai Sette Dei, Aerys se la prese con ser Tywin;
<<Il discorso vale anche per te, Tywin. Tu sei un caro amico, ma io sono sempre il tuo principe, non dimenticarlo>>
Lannister rispose tranquillamente:
<<Non c'è pericolo, vostra altezza>>



Dorian intuiva che quei due avrebbero governato insieme i Sette Regni, dopo la morte di Jaehaerys II, che non sembrava essere molto lontana.

In ogni caso, per quanto breve sarebbe potuto essere il regno di Jaehaerys II, molte cose erano destinate ad accadere proprio mentre lui sedeva sul Trono di Spade.
La Tragedia di Sala dell'Estate aveva ridato vigore a tutti i nemici dei Targaryen, Jaehaerys II, detto "il Malaticcio", delegò gran parte dei suoi poteri al Primo Cavaliere, suo cognato Ormund Baratheon, uomo forte e vigoroso, e ai componenti del Concilio Ristretto.

Il pericolo maggiore proveniva da sud-est, nelle Terre Contese tra le libere città di Lys, Myr e Tirosh.
Due anni prima, in un luogo conosciuto come Albero delle Corone, si era riunito un gruppo di esuli, mercanti, mercenari, pirati e fuorilegge, che si fece chiamare Banda dei Nove, poiché nove erano i capi di tale compagnia. Dopo aver conquistato e saccheggiato Tyrosh, i Nove, con la loro flotta si stabilirono nelle Steptones con l'intento di invadere il Reame di Westeros e di porre sul trono l'ultimo rappresentante della dinastia Blackfyre, che discendeva dal primo dei Grandi Bastardi di Aegon IV, e cioè Daemon Blackfyre. Già quattro volte i Blackfyre si erano ribellati ai Targaryen, sostenendo che Daeron II "il Buono" non fosse figlio di Aegon IV "l'Indegno", ma di suo fratello Aemon, che era un Cavaliere della Guardia Reale vincolato dal voto di castità.
Daeron, per i Blackfyre, era un bastardo peggiore di loro, in quanto loro erano figli del re, mentre Daeron era figlio di un cavaliere, un fratello minore. E dunque la sua discendenza non aveva diritto al Trono.
La Banda dei Nove decise di sostenere la causa di Maelys Blackfire, detto "il Mostruoso" poiché dal collo gli spuntava una protuberanza che aveva i tratti di una seconda testa.




All'inizio la pericolosità della Banda dei Nove fu sottostimata: il principe Duncan (che all'epoca era ancora vivo), ironizzò sullo scarso valore dei Nove capi della Banda e disse che "le corone adesso si vendono a nove soldi" e i componenti della Banda incominciarono ad essere chiamati "i re da nove soldi".
Allo stesso modo, anche l'autoproclamato "re" Maelys il Mostruoso incominciò ad essere chiamato il Re dei Re da Nove Soldi.
Due anni dopo, però, la minaccia era diventata molto seria. specie per il sostegno della Compagnia Dorata, una delle più potenti armate di mercenari, fondata decenni prima dal secondo dei Grandi Bastardi di Aegon IV, Aegor Rivers "Bittersteel" o Acreacciaio, per il suo motto: "Sotto l'oro, l'acre acciaio". Bittersteel era stato il grande rivale di Bloodraven, il terzo dei Grandi Bastardi, di cui molto già si è raccontato.
Jaehaerys II, che compensava la sua debolezza fisica con una notevole intelligenza e diplomazia, riuscì ad ottenere l'appoggio della flotta di lord Quellon Greyjoy e chiamò alle armi gli altri lord dei Sette Regni, affidando il comando militare ad Ormund Baratheon, Prima Cavaliere, e a Gerold Hightower, nuovo Comandante della Guardia Reale.

La guerra durò sei mesi e fu molto sanguinosa, che vide cadere in battaglia anche i capi. Ormund Baratheon fu il primo a morire, seguito da ser Jason Lannister, fratello di lord Tytos e zio di ser Tywin, che si distinse in battaglia insieme al giovanissimo fratello Kevan. Erano con lorp anche gli eredi delle grandi casate, primi tra tutti il principe Aerys Targaryen, lord Steffon Baratheon, lor Jon Arryn, lord Hoster Tully e lord Rickard Stark.
Gerold Hightower assunse il comando generale, ma a causa delle ferite riportate in battaglia, delegò gran parte dei suoi compiti ad un altro illustre membro della Guardia Reale ossia ser Arthur Dayne, detto la Spada dell'Alba, in onore della sua arma in acciaio di Valyria. Nei Dayne c'era sangue valyriano, come testimoniavano i loro occhi viola.

A determinare l'esito della guerra fu un giovane cavaliere di diciannove anni, ser Barristan Selmy, che uccise Maelys in Mostruoso tagliandogli le due teste con un solo poderoso fendente.
La prodezza di ser Barristan il Valoroso fu riferita a re Jaehaerys che gli offrì di entrare nella Guardia Reale, cosa che il giovane cavaliere fece con gioia, rinunciando però, a causa del voto di celibato, a ogni speranza nei confronti della donna di cui era segretamente innamorato, lady Ashara Dayne, sorella di ser Arthur.

Il cameratismo che si sviluppò in quella guerra ebbe molte conseguenze, una delle quali fu la stretta amicizia che si creò tra Rikard Stark, Steffon Baratheon, Jon Arryn e Hoster Tully. Questa amicizia fu poi consolidata su sollecitazione dei rispettivi Maestri, che ne fecero uno strumento per la loro Congiura. Fu deciso che i figli di Stark e di Baratheon si recassero a Nido dell'Aquila come protetti di lord Jon Arryn e si auspicarono matrimoni politici tra le figlie dei vari lord.
Questa "Alleanza del Nord" è considerata il vero prodromo alla caduta dei Targaryen.

Re Jaehaerys era troppo malato per notare ciò che stava accadendo, ma il principe della Roccia del Drago, Aerys Targaryen se ne accorse e volle cementare la sua alleanza con Tywin Lannister con una pubblica investitura in cui lo nominò cavaliere (Tywin era già chiamato ser, a causa del suo carisma, ma ricevette formalmente il titolo soltanto dopo questa guerra). Tra gli altri grandi lord, i Tyrell erano fedeli alla corona, e i Martell erano indecisi.

Ci furono anche conseguenze all'apparenza secondarie, ma che poi si rivelarono disastrose. La prima fu l'amicizia che nacque tra Jon Arryn e il padre di Petyr Baelish, che era suo feudatario. Fu a causa di questa amicizia che iniziò l'ascesa politica di casa Baelish. Il piccolo Petyr, su sollecitazione di Jon Arryn, fu raccomandato come protetto a lord Hoster Tully, e così, anche a Delta delle Acque fu piantato il seme del male.

Gravida di conseguenze fu anche la prodezza mostrata da lord Roger Reyne di Castamere, che riportò più vittorie dello stesso ser Tywin Lannister, accrescendo l'odio di quest'ultimo verso la casa Reyne e la sua tracotanza. 

Septon Meribald, che fu testimone della guerra del Re da Nove Soldi, spiegò così la più pericolosa delle sue conseguenze, ossia la trasformazione di molti reduci in briganti della Banda del Bosco del Re:

"Quando gli stendardi vengono invocati per la guerra, gli amici seguono gli amici, i fratelli seguono i fratelli e i figli seguono i padri, siano essi lord, cavalieri o persone del popolo. Questi ultimi, armati solo dell'equipaggiamento più rudimentale (da un coltello da cucina rubato a una zappa affilata fino a un bastone con una roccia legata all'estremità), combattono una battaglia impari non solo contro il nemico, ma anche contro la fame, le malattie e le ferite, finché un giorno si "spezzano". Muoiono dentro: uomini distrutti di cui restano solo involucri di macerie. 
A volte crollano alla prima battaglia, a volte alla centesima. Guardando i propri amici morire, o forse entrando al servizio di un signore sconosciuto quando muore il loro signore originale, l'uomo distrutto fugge nel vivo della battaglia o sgattaiola nel cuore della notte. Essendosi abituato a vivere saccheggiando la terra dei piccoli coltivatori dove si combatte la guerra, è un facile aggiustamento per l'uomo distrutto iniziare a rubare le loro figlie o uccidere per ciò che gli piace. 
Spesso, senza sapere veramente dove si trova o come tornare al suo villaggio, l'uomo distrutto dimentica i suoi cari, e con essi ogni insegnamento e ogni scrupolo: perde i freni inibitori e si lascia dominare esclusivamente dal bestiale desiderio e dalla rabbia inestinguibile, diventando così, infine, un bandito e un criminale"

Di tutto questo però Dorian Ashford ebbe solo testimonianza indiretta, in seguito, tramite i racconti di Aerys Targaryen e di septon Meribald, oltre che le visioni di Jenny e quelle che lui stesso percepì tramite gli alberi sacri del Sommo Veggente Verde, primo tra tutti il Grande Albero Bianco di Raventree Hall, ma di questo parleremo nel prossimo capitolo.


English version

The coronation ceremony of Jaehaerys II Targaryen and his wife, Queen Shaera, took place at the end of the year 259 after the Conquest, and was short and sober, at least so it seemed to the young Dorian Ashford, who was among the pages in charge of assist the high officiating dignitaries.
Jaehaerys had chosen King Maekar's martial crown, with iron tips in the shape of a sword, to warn his enemies and rebels that, despite his faltering health, he would react with fire and sword to any attempt to break the peace of the realm or to subvert the rule of the Targaryen dynasty.
After the High Septon had placed the crown on his head, the new King had ventured up the steps of the monstrosity that was the Iron Throne.

Dorian wondered who could be crazy enough to want to sit in the little cavity at the top of that horrible and immense mass of blades.
Jaehaerys II had done it out of a sense of duty, and had managed not to cut himself, and this was interpreted by everyone as a propitious sign: "...the Throne has accepted him", so everyone whispered, attributing a will of its own to the Iron Throne and remembering that the worst sovereigns were those who always suffered numerous wounds every time they sat on the supreme seat.
Maegor the Cruel, according to legend, was even killed by the Throne itself.
Dorian had grown up listening to the stories that Lady Jenny told him about the events of the Targaryens, the House of the Dragon, but only after arriving in the capital did the boy, bastard nephew of the new sovereign, manage to give shape to those stories.

The king himself would have liked to follow her, if he could:
<<My dear boy>> said Jaehaerys to Dorian after the coronation <<my mother would be very pleased to see you again. And then Raventree Hall has been the ancestral mansion of the Blackwood house for millennia, since the times of the First Men, and it is a place steeped in magic: the great tree of crows is not just a tree and the crows are not just crows. I will send you there on a mission to keep the Queen Mother company. Through her, you too have the blood of the raven in your veins and the protection of the Old Gods. The visit will last only the time necessary for you to learn certain things about these high mysteries>>
The queen consort, Shaera Targaryen, finally free from the control of the queen mother, exerted all her influence on the royal consort, on her daughter Rhaella and on her grandson, the infant Rhaegar.
Shaera knew that Dorian was also her nephew, albeit a bastard, but she accepted this only from the perspective of those who see "poor relatives" as servants made faithful by the "bond of the Royal Blood".
When Dorian saw his little half-brother again, he found him in good health.
So why do I perceive an aura of tragedy around him?
It wasn't just the shadow of Summerhall, no... there was something more, in the future.
After all, the future of the Targaryens was uncertain for various reasons.
The king was severely affected by numerous illnesses that gave him no respite, in particular tuberculosis and irregular heartbeat. There were times when the coughing seemed to never end and even breathing seemed impossible. The weakness was so great that Jaehaerys walked leaning on a stick, even though he was only 34 years old, he already looked like an old man with one foot in the grave.

On the other hand, Crown Prince Aerys was more cheerful and lively than usual.
He felt that his succession was near and that the continuity of the dynasty was ensured by the son Rhaella had borne him: the infant Rhaegar.
He walked alongside a tall, slender, but imposing lord, with thin blond hair and golden eyes: the young Tywin Lannister, the heir of Lord Tytos of Casterly Rock.
She had purposely brought him near the rooms assigned to the Ashfords of Summerhal.
<<Look, Tywin, that boy is the son of a Reyne of Castamere!>>
Lannister showed no emotion:
<<As far as I know, he is the son of Lady Sibilla Ashford and Lord Roger Ashford of Summerhal. Everything else doesn't interest me and doesn't concern me>>
Aerys, however, really enjoyed provoking his friend:
<<You have sworn to exterminate the Reynes and the Tarbecks, but Lady Sibilla is under my protection, as is Dorian, who is dragon blood, as his eyes testify>>
For a split second Tywin Lannister's feline eyes met the boy's thoughtful ones:
<<Lady Sibilla wrote to me openly dissociating herself from her family of origin. And you, young Dorian, do you dissociate yourself?>>
Dorian bowed low and said:
<<I dissociate myself and pay homage to you, your lordship>>
Aerys would have preferred a sneer at the Lannisters from his stepson:
<<Dorian, you need not be afraid of the Lannisters. The dragon, even the one born a bastard, never fears the lion>>
Tywin ignored the prince's words and replied to the boy:
<<I welcome your tribute, boy. I like people who know their place>>
Dorian feared both Aerys and Tywin and did not know how to please them both, and so, when in doubt, he remained silent.
Thanks to the Seven Gods, Aerys took it out on Ser Tywin;
<<The same goes for you, Tywin. You are a dear friend, but I am always your prince, don't forget that>>
Lannister replied calmly:
<<There is no danger, your highness>>

Aniway, however short Jaehaerys II's reign might have been, many things were destined to happen even while he sat on the Iron Throne.
The Tragedy of Summerhall had reinvigorated all the enemies of the Targaryens, Jaehaerys II, known as "the Sickly One", delegated much of his powers to the Hand, his brother-in-law Ormund Baratheon, a strong and vigorous man, and to the members of the Small Council.

The greatest danger came from the southeast, in the Disputed Lands between the free cities of Lys, Myr, and Tirosh.
Two years earlier, in a place known as the Tree of Crowns, a group of exiles, merchants, mercenaries, pirates and outlaws had gathered, who called themselves the Band of Nine, since nine were the leaders of that company. After conquering and sacking Tyrosh, the Nine, with their fleet, settled in the Steptones with the intent of invading the Realm of Westeros and placing on the throne the last representative of the Blackfyre dynasty, who descended from the first of Aegon's Great Bastards IV, namely Daemon Blackfyre. Already four times the Blackfyres had rebelled against the Targaryens, claiming that Daeron II "the Good" was not the son of Aegon IV "the Unworthy", but of his brother Aemon, who was a Knight of the Kingsguard bound by the vow of chastity.
Daeron, to the Blackfyres, was a worse bastard than them, as they were the king's sons, while Daeron was the son of a knight, a younger brother. And therefore his descendants had no right to the Throne.
The Gang of Nine decided to support the cause of Maelys Blackfire, known as "the Monstrous" because a protuberance that had the features of a second head emerged from his neck.

At the beginning, the danger of the Gang of Nine was underestimated: Prince Duncan (who was still alive at the time), joked about the low value of the Nine leaders of the Gang and said that "crowns now sell for ninepence" and the members of the Banda began to be called "the ninepenny kings".
Likewise, the self-proclaimed "king" Maelys the Monstrous also began to be called the Ninepenny King of Kings.
Two years later, however, the threat had become very serious. especially for the support of the Golden Company, one of the most powerful armies of mercenaries, founded decades earlier by the second of Aegon IV's Great Bastards, Aegor Rivers "Bittersteel" or Bittersteel, for his motto: "Under the gold, the bitter steel". Bittersteel had been the great rival of Bloodraven, the third of the Great Bastards, about whom much has already been told.
Jaehaerys II, who compensated for his physical weakness with notable intelligence and diplomacy, managed to obtain the support of Lord Queston Greyjoy's fleet and called the other lords of the Seven Kingdoms to arms, entrusting the military command to Ormund Baratheon, Hand of the King and First Knight, and to Gerold Hightower, new Commander of the Royal Guard.

The war lasted six months and was very bloody, which even saw the leaders fall in battle. Ormund Baratheon was the first to die, followed by Ser Jason Lannister, brother of Lord Tytos and uncle of Ser Tywin, who distinguished himself in battle together with his very young brother Kevan. The heirs of the great houses were also with them, first of all Prince Aerys Targaryen, Lord Steffon Baratheon, their Jon Arryn, Lord Hoster Tully and Lord Rickard Stark.
Gerold Hightower assumed overall command, but due to injuries sustained in battle, he delegated much of his duties to another illustrious member of the Kingsguard, Ser Arthur Dayne, known as the Sword of the Dawn, in honor of his steel weapon. Valyria. There was Valyrian blood in the Daynes, as evidenced by their violet eyes.

The outcome of the war was determined by a young nineteen-year-old knight, Ser Barristan Selmy, who killed Maelys in Monstrous by cutting off both his heads with a single powerful blow.
Ser Barristan the Valiant's prowess was reported to King Jaehaerys who offered him to join the Kingsguard, which the young knight gladly did, however, due to his vow of celibacy, he renounced all hope of the woman he belonged to. secretly in love, Lady Ashara Dayne, sister of Ser Arthur.

The camaraderie that developed in that war had many consequences, one of which was the close friendship that developed between Rikard Stark, Steffon Baratheon, Jon Arryn, and Hoster Tully. This friendship was then consolidated at the request of their respective Masters, who made it an instrument for their Conspiracy. It was decided that the sons of Stark and Baratheon should go to the Eyrie as wards of Lord Jon Arryn and political marriages were hoped for between the daughters of the various lords.
This "Northern Alliance" is considered the true precursor to the fall of the Targaryens.

King Jaehaerys was too ill to notice what was happening, but the prince of Dragonstone, Aerys Targaryen noticed it and wanted to cement his alliance with Tywin Lannister with a public investiture in which he knighted him (Tywin was already called ser, due to his charisma, but he formally received the title only after this war). Among other great lords, the Tyrells were loyal to the crown, and the Martells were undecided.

There were also apparently secondary consequences, but which later turned out to be disastrous. The first was the friendship that developed between Jon Arryn and Petyr Baelish's father, who was his liege lord. It was because of this friendship that House Baelish's political rise began. Little Petyr, at the urging of Jon Arryn, was recommended as a ward to Lord Hoster Tully, and thus, the seed of evil was planted in Riverrun too.

Also fraught with consequences was the prowess shown by Lord Roger Reyne of Castamere, who won more victories than Ser Tywin Lannister himself, increasing the latter's hatred towards the Reyne house and its arrogance.

Septon Meribald, who witnessed the war of the Ninepenny King, thus explained the most dangerous of its consequences, namely the transformation of many veterans into brigands of the King's Wood Band:

"When banners are called for war, friends follow friends, brothers follow brothers, and sons follow fathers, be they lords, knights or commoners. The latter, armed with only the most rudimentary equipment (from a kitchen knife stolen from a sharpened hoe to a stick with a rock tied to the end), they fight an unequal battle not only against the enemy, but also against hunger, disease and wounds, until one day they "break" They die inside: destroyed men of whom only shells of rubble remain.
Sometimes they collapse in the first battle, sometimes in the hundredth. Watching their friends die, or perhaps entering the service of an unknown lord when their original lord dies, the broken man flees in the heat of battle or slips away in the dead of night. Having grown accustomed to living by plundering the land of small farmers where war is fought, it is an easy adjustment for the broken man to start stealing their daughters or killing for what he pleases.
Often, without really knowing where he is or how to return to his village, the destroyed man forgets his loved ones, and with them every lesson and every scruple: he loses his inhibitory brakes and lets himself be dominated exclusively by bestial desire and unquenchable anger, thus becoming, finally, a bandit and a criminal"