martedì 22 giugno 2021

Vite quasi parallele. Capitolo 141. Intanto, alla Villa di Mare dei Visconti Ordelaffi ...



Il 10 agosto, Silvia Ricci-Orsini e il marito Francesco Monterovere furono invitati a trascorrere  due giorni presso la residenza estiva dei Visconti Ordelaffi, a Milano Marittima, per guardare i fuochi di San Lorenzo dalla maestosa terrazza sul mare della loro enorme villa, da non confondere con le altre tre che i visconti di Bertinoro possedevano: una in collina (nel loro feudo di origine), una in montagna (a Cortina) e una in campagna (quella dei Tartaglia, i genitori della viscontessa, nella Contea di Casemurate). 
E la loro era una vera Villa di Mare, non una patetica imitazione, come quella dei Monterovere.
Il visconte Bartolomeo aveva acquistato un vecchio albergo davanti alla spiaggia, ma in zona non demaniale, e poi l'aveva fatto buttar giù e su quell'ampio terreno erano incominciati i lavori per creare, ex novo, un grande paradiso privato.
Più che una villa era un parco acquatico.
Tutti i progetti e i lavori erano avvenuti sotto la supervisione della viscontessa Maria Antonietta, che era un'esteta e un'edonista e voleva fare le cose in grande e forse sperava di poter superare il Petit Trianon creato come rifugio personale della sua grande omonima, la Regina di Francia.

L'architettura dell'edificio si poteva riassumere in questo modo : 
1) mura esterne molto alte, quasi inaccessibili;
2) giardino esterno con vegetazione mediterranea e tropicale e vari laghetti per i pesci.
3) piscina esterna in stile "laguna" che circondava l'intero edificio, come un fossato, ma azzurro e limpido, caldo, con idromassaggi e cascatelle: per accedere all'edificio c'erano dei veri e propri ponti, mentre per accedere nella piscina vi erano piccole scale digradanti;
4) spiaggette private ai bordi della piscina esterna, con tanto di gazebo, lettini e tutte le comodità che si avrebbero in spiaggia, compresi angoli con docce "naturali" immerse nella vegetazione e vasche idromassaggio di tipo "spa";
5) edificio di tre piani più cantina e mansarda, con al piano terra numerose verande di ogni tipo e stile e salotti con enormi vetrate e bagni sontuosi;
6) cortile interno in stile villa marocchina con "riad" di Marrakesh.
7) piscina interna  a metà strada tra stile "riad" e stile "spa" circondata da lettini, divani e piante tropicali;
8) bagno turco e sauna;
9) immenso terrazzo, al secondo piano, con vista sul mare
10) palestra privata.



















Quando il "giro turistico" delle meraviglie della Villa di Mare dei Visconti-Ordelaffi terminò, i coniugi Monterovere erano strabiliati e nel contempo insospettiti.
In particolare Silvia, che pure era cresciuta in un ambiente privilegiato, continuava a domandarsi:
Ma dove hanno trovato i soldi per costruire questo Eden?
E soprattutto, dove li trovano per pagare i costi di manutenzione di quattro ville e un palazzo in centro?
Per quanto redditizia fosse l'attività di commerciare idrocarburi, non erano certo loro i proprietari dei pozzi di petrolio, delle fonti di gas o delle raffinerie, per cui il loro margine di guadagno, tra l'acquisto dai grossisti e la vendita al dettaglio ai privati, non le pareva tale da poter mantenere tutto questo sfarzo.
Per cui c'erano solo due possibilità: o si erano indebitati con qualcuno o esistevano attività o fondi offshore che il fisco non conosceva.
Potevano anche coesistere entrambe le ipotesi, ma la più probabile, secondo Silvia, era che i Visconti-Ordelaffi avessero ottenuto di recente una fideiussione da parte di qualcuno molto ricco e molto interessato a tenerli sotto scacco: il consigliere Fernando Albedo.
Il Consigliere non faceva mai niente per niente, e non si esponeva di persona, quindi, di sicuro, era stato Lorenzo Monterovere a gestire l'operazione, per conto del suo Maestro.
Chi avrebbe pagato dunque, sulla propria pelle, tutto quel lusso?
Silvia l'aveva intuito già da un po', e quel giorno voleva averne conferma.
<<Non vi fate proprio mancare nulla>>
La viscontessa Maria Antonietta sorrise:
<<Questo è il mio paradiso personale. Tra tutte le case che abbiamo, è quella che mi piace di più. Certo può sembrare eccessivo e forse non è il tipo di stile che Diana Orsini Paulucci di Casemurate approverebbe, e nemmeno i coniugi Monterovere, considerando il vostro understatement, ma il tuo buon gusto può suggerirmi dei miglioramenti.
Se hai dei consigli da darmi per il giardino, o per gli interni, io tengo molto alla tua opinione, vorrei tanto farmi consigliate da te>>
Silvia rise:
<<Tu chiedi consigli a me? E' come se Dio chiedesse consigli a un prete!>>
Tutti risero: Silvia aveva un catalogo di battute e motti di spirito che gli Orsini si tramandavano da secoli, di generazione in generazione, e questo era uno dei motivi di successo del suo Salotto Intellettuale.
Ah, quel Salotto, quanta superbia c'era dietro, e quanta vanità!
Vanità delle vanità e tutto è vanità. Che sia una villa al mare, un maniero in campagna o un salotto in città, fa poca differenza: queste cose si pagano, prima o poi, in un modo o nell'altro.
Non era mai stata così cinica in vita sua, ma gli eventi di quell'estate le avevano cambiato la prospettiva da cui guardava il mondo.
Mentre il Visconte e il Professore avevano intavolato una conversazione politica sui destini del mondo, le rispettive mogli pensavano a questioni più concrete.
Silvia in particolare aveva sempre la mente rivolta ai pericoli che suo figlio poteva correre, e voleva arrivare a quel discorso in maniera abbastanza rapida, seppur salvando le regole della cortesia.
<<Gli anni scorsi andavi anche tu a Londra con tua figlia, vero?>>
Antonietta annuì:
<<Sì, perché la situazione era diversa. Quest'anno, Aurora aveva bisogno di più privacy, e allora abbiamo creato, per lei e Roberto, un sistema di protezione molto più discreto, grazie anche alla disponibilità di Lorenzo.
Immagino saprai che è andato lui stesso a supervisionare>>
Era proprio per questo che Silvia si preoccupava:
<<Lo so e mi chiedo: chi controllerà i controllori?>>
<<In che senso?>>
<<Nel senso che mio cognato ha sempre dei secondi fini, e prima o poi scopriremo il motivo di tanta generosità>>
Antonietta arrossì, rendendosi conto che Silvia aveva capito chi stava garantendo, presso le banche, tutto quel "parco acquatico" privato.
<<Hai così poca fiducia in tuo cognato? Io credo che sia sinceramente affezionato a Roberto, che oltre tutto è l'unico discendente maschio dei Monterovere, l'unico che porterà avanti il cognome, visto che tutti gli altri zii e prozii hanno avuto figlie femmine o non hanno avuto figli>>
Silvia considerava del tutto insulsi quei ragionamenti:
<<Non sto dicendo che sia privo di affetto, verso Roberto, ma si tratta di un sentimento condizionato. Se mio figlio dovesse deluderlo, lui non muoverebbe un dito per aiutarlo. 
Si è comportato così con mio padre: l'ha illuso e poi, quando c'è stato il processo, lo ha abbandonato al suo destino.
Io l'avevo supplicato: "Lorenzo, i tuoi amici possono risparmiagli quell'umiliazione", ma lui ha risposto alludendo a qualcosa che io non ho compreso del tutto, mi disse: "Silvia, i suoi nemici hanno stretto un patto di sangue con qualcuno che è più potente di me e dei miei amici. Posso solo prometterti che questo non si ripeterà per nessun altro membro della tua famiglia, ma purtroppo tuo padre è al di là delle nostre possibilità di aiuto".
E' intervenuto solo dopo la sua morte, alla solita maniera: una fideiussione per garantire la solvibilità del Feudo Orsini, a nome di una società controllata da Fernando Albedo, il parente ricco della nuova governante, la quale gli riferisce tutto.
Con i vecchi creditori e i vecchi soci si poteva trattare, ma con Albedo è diverso: è quasi impossibile rintracciarlo, e i suoi delegati sono irremovibili nel far rispettare la volontà "del Consigliere">>
La viscontessa era sempre più imbarazzata:
<<Ma il consigliere Albedo è un carissimo amico di Lorenzo, ed è un grande mecenate, con un'enorme ammirazione per l'Italia e per la nostra regione...>>
Erano tutte balle.
 Nemmeno lei crede a quello che sta dicendo.
Silvia si rese conto che i suoi sospetti erano fondati:
<<Temo di doverti deludere, Antonietta: il Consigliere all'inizio appare come un santo, o un angelo custode, ma è un inganno: ci salva, ma in cambio vuole la nostra obbedienza.
Fa leva sulle nostre aspirazioni, i nostri sogni, le nostre necessità, ma soprattutto sulla nostra vanità. 
Ognuno di noi considera importanti cose diverse, e in quelle concentra le proprie energie e di conseguenza anche le proprie aspirazioni.
Per mia madre c'è l'onore degli Orsini, il Maniero, il Feudo, la Contea di Casemurate.
Io non ho mai dato importanza a queste cose, proprio perché non volevo essere sotto il ricatto dei soci e dei creditori.
Credevo di essere stata umile e sobria perché avevo rinunciato all'ostentazione dei beni materiali, ma sia io che mio marito siamo stati superbi e presuntuosi dal punto di vista intellettuale.
E' stato facile, per Albedo, tramite Lorenzo, far leva su questo aspetto.
Mio cognato, negli Anni Settanta, diede un grande contributo alla nascita e al prestigio del mio Salotto Intellettuale. 
Francesco e Lorenzo erano i due astri nascenti e io splendevo di luce riflessa, come la luna.
La nuova generazione dei Monterovere non ambiva alla ricchezza, ma alla conoscenza ed io, tramite mio marito, mio cognato e i miei ospiti, desideravo la legittimazione culturale della mia famiglia.
Questa è stata la mia vanità e Lorenzo l'ha alimentata affinché Roberto crescesse in un ambiente di questo tipo.
Il mio Salotto era gremito di intellettuali di ogni età, dai Venerati Maestri alle Giovani Promesse, ma non ci limitavamo a discettare o a dibattere su questioni culturalmente elevate. 
Avevamo, come tutti i salottieri, anche voglia di fare battute, di ridere, di irridere, di deridere e giudicare: "Tizio è un idiota, Caio è un ignorante, Sempronio è un mediocre" e così via. 
E Roberto ci ascoltava.
I bambini ascoltano sempre, anche quando sembrano distratti, e ciò che apprendono in questo modo è la parte peggiore di noi, ed  è come un imprinting che li segna e non li abbondonerà mai per il resto dei loro giorni.
Mio figlio ha ascoltato quei discorsi quando era ancora troppo piccolo per distinguere un giudizio equo da una denigrazione, e questo ha influito sulle sue priorità valoriali: voleva essere intelligente e colto, e fin qui tutto bene, ma desiderava anche essere riconosciuto come tale in termini di valutazione da parte degli insegnanti. E questo è vanità, è superbia, e io avrei dovuto porre un limite a tutto ciò, e invece anche la mia vanità e la mia superbia si compiacevano dei successi scolastici di mio figlio, trascurando altri aspetti.
Roberto ha sempre voluto compensare i suoi fallimenti dal punto di vista pratico, sociale e sportivo con una cultura indiscutibile e un "cursus honorum" scolastico di massimo livello.
Quest'anno è riuscito nel suo intento, e cioè la media del nove, ma gli anni prossimi non ci riuscirà, per ovvie ragioni, e temo che questo, insieme ad altri elementi di crisi che già lo tormentano, specialmente da quando mio padre è morto, possa causargli un danno psicologico.
Intendiamoci, non è solo una questione di voti.
Io e te siamo insegnanti e sappiamo quali sono le dinamiche interne ad una classe.
Esiste una forma di bullismo anche nei licei: i docenti più bravi riescono ad arginarlo, quelli meno bravi fanno finta di non vedere e non sentire, ma c'è anche una terza categoria di docenti, i sadici, e quelli sono capaci persino di allearsi con i bulli per demandare a loro ciò che non possono fare direttamente ...>>
Antonietta capì il riferimento:
<<Il professore di matematica, Sarpenti. Si è alleato con mio nipote, quella bestia di Felix. Anche lui è un sadico, come mio padre. E mia sorella Carolina sta al gioco, e rincara la dose, inventandosi di tutto pur di seminare zizzania tra Sarpenti e i Monterovere.
L'unico motivo per cui non l'ho ancora mandata al diavolo è perché voglio tenerla d'occhio da vicino. Da quel che ho capito, Carolina non è l'unica madre a soffiare sul fuoco. Di certo è intervenuta anche quella vipera di Elisabetta Braghiri, e ce ne sono delle altre, anche se non ne ho le prove>>
Silvia annuì:
<<Sono le madri dei cosiddetti "amici", perché la tattica di Sarpenti è quella di isolare la propria vittima, minacciando chi gli sta vicino e promettendo lauti premi a chi tradisce.
Fanno così anche i mafiosi, o i politici, è un metodo consolidato.
Sarpenti è paranoico, ma è molto astuto, come Stalin, o come certi despoti dei secoli passati.
Sceglie una vittima alla volta, la isola, e poi la colpisce, direttamente o indirettamente, contando sul fatto che il bersaglio non avrà testimoni a suo favore, o ne avrà pochissimi che non verranno creduti dal preside di turno, che in genere ha come obiettivo principale quello di evitare le rogne.
Io e Francesco abbiamo chiesto aiuto a Lorenzo: basterebbe una sua mezza parola, pronunciata alle orecchie giuste, e Sarpenti finirebbe indagato per molestie, e a quel punto le vittime del passato troverebbero forza e coraggio per testimoniare contro di lui. 
Ma il "caro" cognato ha risposto picche, sostenendo che, "per il bene di Roberto", la famiglia non deve intervenire, in quanto "l'adolescente deve temprare e forgiare il carattere", e dunque deve imparare a sopportare ciò che non si può cambiare. 
Tanto varrebbe dire "ciò che lui e Albedo non vogliono cambiare".
L'Ordine di cui fanno parte usa questi metodi come "test di ammissione", anche per chi non si è iscritto alla Prova.
Mi ci è voluto del tempo per capirlo, ma ne ho avuto la certezza quando Lorenzo ha detto: "se l'ultimo dei Monterovere è psicologicamente fragile, allora è meglio che i Monterovere si estinguano".
E allora finalmente tutto mi è stato chiaro: lui e Albedo sono sostenitori dell'eugenetica, e la applicano alle loro stesse famiglie.
Non l'ha detto espressamente, ma ce l'ha fatto capire.
E ha chiuso il discorso scaricando la colpa su Francesco e su di me: 
"Se Roberto darà troppa importanza alle valutazioni da parte di quel professore, la colpa è della tua vanità e della superbia di tuo marito. Ma per quel che riguarda i rapporti sociali, ho validi motivi per credere che nella sua classe una persona coraggiosa e amorevole resterà al suo fianco e gli farà da scudo e da sostegno, costi quel che costi>>
Antonietta finalmente capì:
<<Mia figlia>>
Silvia annuì:
<<Precisamente. E' giusto che tu lo sappia. Io so che Aurora lo farà volentieri, e da un lato questo mi tranquillizza, ma mi dispiacerebbe molto se fosse lei a pagare il prezzo di tutta questa... situazione... >> e guardò le piscine e le fontanelle e tutte le meraviglie di quel monumento alla vanità di Maria Antonietta Visconti-Ordelaffi.
La viscontessa capì :
<<Eravamo con l'acqua alla gola. La fideiussione di Albedo ci ha salvato dalla rovina, e questo indubbiamente ha ammansito mio marito e mia suocera, ma i sentimenti di mia figlia sono sempre stati autentici, così come la mia amicizia nei tuoi confronti.
Aurora ama Roberto, così come lui ama lei. Sono felici, insieme, e questo sarà di grande aiuto a tuo figlio. Se fosse da solo contro tutti, allora sì che ci sarebbero danni permanenti.
Ma lui non è solo: ha trovato ciò che molti non riescono a trovare mai nella vita, e cioè un grande amore egualmente ricambiato. Questo tipo di amore fa miracoli!>>
Silvia era scettica.
Il grande amore! Ogni volta che c'è un problema, si tira fuori questo concetto letterario e ci si illude di aver risolto tutto.
Molti "grandi amori" sono finiti in tragedia, proprio perché credevano che l'amore avrebbe trionfato su qualsiasi ostacolo.
L'ha creduto mia madre col suo amante, Federico Traversari, e per ogni ora di gioia trascorsa insieme, lei ha pagato anni di lacrime fino a prosciugarsi.
L'ho creduto io con Francesco, e sono finita nella trappola di Lorenzo e dei suoi compari.
No, mi dispiace, ma io a certe favole non credo più.
Non lo disse. A cosa sarebbe servito?
Tanto valeva stare al gioco.
<<Lo spero. Anche per Aurora. Mi dispiacerebbe se dovesse rinunciare alla spensieratezza di questi anni liceali a causa di una situazione che è al di fuori del nostro controllo>>
Antonietta non appariva preoccupata:
<<Mia figlia ha sempre avuto le idee chiare su cosa fosse per lei importante e cosa no. 
Ha trovato in tuo figlio ciò di cui aveva bisogno. E vale anche il viceversa.
La spensieratezza frivola è un falso mito che ci raccontiamo a vicenda per dare l'idea di essere "nella norma", qualunque cosa si intenda con queste parole.
Non possiamo pretendere di controllare tutto.
Magari questa situazione si sarebbe venuta a creare comunque, Silvia. Quel matto di Sarpenti ce l'aveva già con tuo marito perché il professor Monterovere è una colonna portante, mentre lui è meno di una piastrella crepata in un ripostiglio.
Dobbiamo avere più fiducia nei nostri figli: forse hanno raggiunto obiettivi che noi non raggiungeremo mai>>
Silvia inarcò le sopracciglia:
<<In che senso?>>
La viscontessa accennò un sorriso:
<<Quali sono stati i tuoi anni più felici?>>
La risposta di Silvia fu automatica:
<<Quelli dopo la laurea e prima del matrimonio. Gli anni Sessanta e i primi anni Settanta. Del resto, all'epoca, era quasi impossibile non essere felici.
L'abbiamo pagata cara, dopo, come generazione, quella felicità.
Io e i miei colleghi, prima che conoscessi Francesco, eravamo sempre in viaggio: tra le gite scolastiche, e le vacanze, abbiamo visitato tutta l'Italia, tutta l'Europa, tutte le capitali, tutte le isole del Mediterraneo.
Ah, come mi sono divertita in quel periodo, quanta spensieratezza!>>
Antonietta accentuò il suo sorriso, come se fosse riuscita a far cadere la sua interlocutrice in una trappola:
<<Ancora quella parola. Spensieratezza. Come se l'essere moglie e madre non permettesse più tale condizione.
Può essere vero, ma ti chiedo: eri realmente felice e spensierata, oppure è il ricordo della gioventù ciò che rende tutto più bello?>>
Silvia socchiuse gli occhi, rendendosi conto che la viscontessa era meno stupida di quanto sembrasse:
<<Be', è chiaro che la spensieratezza non poteva essere costante: ci sono stati momenti in cui i pensieri tornavano.
Ricordo una volta, in Sardegna, in una delle prime estati che trascorsi con i miei colleghi del gruppo di Piero Giovannelli, che è sempre ospite fisso da me, con la sua compagna, la professoressa Gatti, hai presente? Sì, sì, è quella di Predappio, suo padre conosceva bene il tuo.
Insomma, eravamo a Santa Teresa di Gallura, una sera a cena, e Piero ordina per tutti l'aragosta, senza nemmeno consultarci. Io non sapevo neanche cosa fosse, ero vissuta fuori dal mondo.
Vedo il cameriere che tira fuori dall'acquario questo enorme gambero rosso e poco dopo me lo ritrovo servito sul tavolo. Fu una cosa orribile: l'avevano bollita viva, quella povera aragosta!
Piero si divorò quel povero animale, mentre io e le altre avevamo il voltastomaco.
Ma il peggio deve ancora venire.
Quando arrivò il conto, io credetti che ci fosse un errore: com'era possibile che un crostaceo bollito potesse costare così tanto?
Piero mi prese in giro, come faceva sempre, perché gli sembrava inconcepibile che la figlia della Contessa Orsini di Casemurate non avesse mai mangiato un'aragosta e non sapesse che era un piatto di lusso.
In quel momento mi resi conto che tutti i miei fantasmi erano lì con me, e ridevano di me, la figlia del contadino arricchito che aveva salvato i conti Orsini dalla bancarotta, e della Contessa che aveva sacrificato tutto pur di mantenere la sua casa, la sua terra e i suoi parenti.
Non c'è mai stata aragosta nella nostra tavola, non c'è mai stata una cena di lusso, e nemmeno una cena normale, se è per questo, perché mia madre era sempre in camere sua, in preda all'emicrania e alla depressione, mio padre voleva i cibi romagnoli, disprezzava le portate che piacevano ai miei nonni aristocratici, ma senza un soldo in tasca.
Avrei voluto urlare in faccia a Piero tutte queste cose che lui ancora non sapeva, e avrei voluto dire che quell'aragosta, per vendetta, avrebbe dovuto fargli venire la gastrite, anzi l'ulcera!
E invece mi limitai a pagare il conto, che era quasi mezzo stipendio, per me, e non avevo molto altro dietro, perché non volevo i soldi di mio padre, non volevo fare la vita da mantenuta...
Ecco, quella era la mia "spensieratezza"... quelli erano gli anni "felici"... 
Sei riuscita a farmi confessare una cosa che non ho mai raccontato a nessuno, non so nemmeno perché te lo sto dicendo>>
Antonietta le prese la mano:
<<Sei stata sincera perché io e te veniamo dallo stesso paese, e i nostri padri sono venuti su dal niente. Questa è la mezza verità che nessuno vuole sentire. 
E questa casa, questa reggia, è stata creata nell'illusione di essermi lasciata il passato alle spalle.
Tutte queste piscine... non ce n'erano mai abbastanza per lavarmi di dosso il cognome di mio padre... Tartaglia. 
Per quale motivo credi che abbia sposato Bartolomeo Visconti-Ordelaffi, se non per avere un cognome di cui andare fiera?
I Visconti-Ordelaffi, con tutta la loro boria, erano pieni di debiti esattamente come gli Orsini prima che tua madre sposasse tuo padre.
E la mia ricchezza viene da un'idea di tuo padre, io lo so, lo sanno tutti, nella Contea di Casemurate. Lo dicevano tutti, al mio matrimonio: "guarda, la figlia del benzinaio che ha fatto da prestanome a Ettore Ricci e poi gli ha fregato la fetta più danarosa della torta".
L'assenza di Ettore e delle tre sorelle Ricci-Orsini fu notata al mio matrimonio, perché io al tuo ero venuta, ma ti guardavo di lontano, e desideravo far parte della tua famiglia, essere come una sorella. Abbiamo studiato al Liceo Classico, eravamo nello stesso collegio, abbiamo studiato Lettere Classiche nella stessa università, ma tu eri sempre così distante, e non solo perché avevi un'età maggiore rispetto alla mia.
Quanti anni ho dovuto aspettare, prima che si aprissero per me le porte del Salotto Liberty?
E quanto dovrò aspettare, prima che si aprano quelle del Salotto Intellettuale?
Scommetto che Piero Giovannelli ha posto il veto il su di me! 
Ma io, a differenza di mia sorella e delle sue complici, sono sempre stata dalla tua parte, ti ho sempre difesa, sempre ammirata e sono felice che tu sia qui...
E tutto questo discorso per rispondere alla tua domanda riguardo agli obiettivi che Aurora e Roberto hanno raggiunto, mentre noi forse non li raggiungeremo mai.
Loro adesso sono felici, insieme, in viaggio, in quella capitale, in quell'albergo.
Mentre noi parliamo delle nostre mezze verità nascoste, loro sono felici.
E' per questo che ho fiducia in loro, perché rispetto a noi hanno questa marcia in più>>
Di fronte a quel fiume in piena di parole e confessioni, Silvia non sapeva da che parte iniziare a rispondere.
C'era una cosa che avrebbe voluto dire, ma sarebbe suonata scortese.
Mio figlio aveva già conosciuto la felicità. Il nucleo della sua personalità è sano: "il Bambino della Campagna" sopravvivrà. Per lui Casemurate è stata la felicità, almeno durante l'infanzia. Lui vedeva quel luogo come un paradiso, mentre per me era tutto il contrario.
La mia infanzia è stata ben diversa da quella di Roberto.
Ma questo era un suo fardello personale.
<<Abbiamo avuto entrambe un passato problematico. Non credevo che tu mi ammirassi così tanto, non mi sono mai considerata degna di ammirazione. Se ti sono parsa distante, ti chiedo scusa, ma la mia mente è sempre stata turbata dai ricordi.
La prima cosa che ricordo è la Guerra, e in particolare i bombardamenti.
Uno in particolare mi è rimasto impresso nella memoria: ero in braccio a mia madre, che era incinta della mia sorella minore e teneva per mano la mia sorella maggiore. Era notte, ma il cielo era rosso, le esplosioni lo illuminavano, e il rombo degli aerei era spaventoso.
Correvamo verso il rifugio, ma una bomba cadde in uno dei nostri campi, e la vedemmo deflagrare e un boato ci venne addosso come un muro... mia madre cadde in una delle trincee che i Tedeschi avevano costruito dietro al rivale del Bevano. 
Da una parte la bomba e dall'altra i Tedeschi che imprecavano in quella lingua aspra, dura e spietata.
Mia madre e mia sorella riuscirono a recuperarmi: mi ero rintanata in un angolo della trincea.
Alla fine, riprendemmo a correre verso il rifugio e ci arrivammo, ma eravamo devastate: non ci siamo mai riprese del tutto.
Tu sei più giovane di me, e almeno questo tipo di ricordi ti sono stati risparmiati.
Sai, ogni 10 agosto, per i fuochi di San Lorenzo, ogni volta che scoppia un botto la mia mente torna a quel giorno lontano. Mia madre non li vuole vedere, per lei è intollerabile.
La mia sorella minore non ha ricordi della guerra, ma la gravidanza da cui è nata fu così turbolenta che la sua mente, già agli inizi, mostrava segni di ansia, che sono cresciuti nel tempo.
Stanotte, sulla vostra bella terrazza davanti al mare, io rivivrò quel ricordo>>
La viscontessa le disse:
<<Ora hai una sorella in più, a farti coraggio>>
Silvia sorrise e le strinse la mano:
<<Grazie. Mi voglio scusare anche per non essere venuta al tuo matrimonio. Fu mio padre a vietarmelo, perché aveva litigato col tuo. 
Non ti ho notato al mio matrimonio perché c'era una ressa che mi toglieva il respiro: mio padre aveva voluto fare le cose in grande, ma a me mancava l'aria e non vedevo l'ora che finisse tutto e che io e Francesco potessimo partire per il viaggio di nozze. A quei tempi avevo un'unica aspirazione: essere una persona normale e vivere una vita normale.
Che illusione!
La superbia materiale dei miei antenati si è semplicemente trasformata in superbia intellettuale.
E adesso mi ritrovo al punto di partenza!>>
Antonietta non capiva:
<<Tu credi davvero che il passato possa tornare?>>
Silvia scosse il capo:
<<Il passato non ci abbandona mai. E' ciò che siamo>>
La viscontessa combatteva da una vita contro quell'idea:
<<Io ti chiedo di permettermi di dimostrare il contrario. Se ci dovessi riuscire, come ricompensa mi inviterai nel tuo Salotto. 
Non sei certo tu ad aver peccato di superbia: erano alcuni ospiti, non è così?>>
Silvia si chiese come faceva ad averlo intuito:
<<Forse hai ragione. In ogni caso sei la benvenuta, tutte le volte che vuoi.
Da oggi noi saremo non solo alleate, ma anche, io spero, amiche.
Dobbiamo essere unite, perché, ci attendono prove difficili, e come disse il più grande statista che l'Italia abbia avuto, "solo se saremo uniti saremo forti e solo se saremo forti, saremo liberi">>
Antonietta annuì vigorosamente::
<<Ben detto! E adesso è venuto il momento di rilassarci un po': ti sei ricordata di portare il costume da bagno?>>
Silvia sorrise, sentendosi meglio:
<<L'ho già indosso. E sono curiosa di provare tutte quelle piscine. Oggi è così caldo! 
E magari stasera, dopo i fuochi, visto che ci sono tanti lettini nel tuo enorme terrazzo sul mare, mi piacerebbe dormire lì e vedere l'alba sull'Adriatico.
E' passato tanto tempo dall'ultima volta, e ne potrebbe passare molto prima che abbia l'occasione di rivederla ancora>>












giovedì 17 giugno 2021

Vite quasi parallele. Capitolo 140. Kensington Gardens





A dividere i Kensington Gardens da Hyde Park c'è, per la parte nord, il Longwater Lake, appendice del Serpentine, mentre a sud esiste una strada aperta al traffico, la West Carriage Drive, dove un tempo passavano le carrozze ed ora le automobili
(con qualche limitazione).
E proprio lungo quella strada era stato costruito l'unico ponte sul Serpentine.
Per arrivare ai Giardini di Kensington bisogna passare su quel ponte, dove naturalmente, ai due lati della strada, c'è un ampio marciapiede, anche se esiste un'alternativa che tra poco vedremo.

Il giro in barca sul Serpentine era stato divertente e quando i due fidanzati ritornarono al molo del noleggio, il loro umore era ottimo. Con questo stato d'animo ripresero a camminare lungo la Serpentine Road.
La strada fiancheggiava il lago, da una parte, e un prato dall'altra, dietro il prato c'erano i boschetti.
Dall'altra parte era ben visibile il Lido.
Proseguendo lungo il lago, si arrivava a un punto in cui la Serpentine Road confluiva nella West Carriage Drive e lì si doveva fare una scelta: raggiungere il ponte oppure proseguire a fianco del Longwater fino agli Italian Gardens, da cui si poteva accedere ai Kensington Gardens.
Decisero di visitare i giardini italiani e "di circumnavigare" il Longwater.





Da un lato degli Italian Gardens era possibile vedere, nel punto in cui terminava il Longwater-Serpentine. una fontana che lo alimentava (forse non era l'unica) ed Aurora commentò:
<<Hai visto, Robs, abbiamo trovato la Sorgente!>>
Pronunciò la parola una certa enfasi, poiché Roberto, come ben sappiamo, era sempre all'eterna ricerca delle sorgenti, sia quelle dei fiumi, sia quelle dell'Universo.
Sul lato opposto c'era un giardino acquatico con quattro laghetti rettangolari con fontana al centro ed una vegetazione lacustre, tra cui meravigliose ninfee.
Erano i giardini italiani, ed era bello vedere che l'aggettivo "italiano" fosse applicato a qualcosa di esteticamente raffinato. Noi Italiani tendiamo a dimenticarci di essere circondati dalla bellezza.








Al termine dei giardini italiani c'era una piccola costruzione bianca, chiamata l'alcova della regina Anna, in riferimento ad Anna Stuart, che fu la prima sovrana regnante ad usare il titolo di Regina di Gran Bretagna e Irlanda, unificando Inghilterra e Scozia in un'unica entità statale, che in seguito alla successiva unione con l'Irlanda stessa sarebbe divenuto il Regno Unito, attuale denominazione, per quanto resti ben poco della parte irlandese, e la Scozia continui a riproporre referendum secessionisti.
Dietro l'Alcova, dall'altra parte del vialetto, c'era un chiosco, perfetto per lo spuntino di metà mattina.
Vi si fermarono qualche minuto, sedendosi per consumare il pasto che nel caso di Roberto era più simile alla "seconda colazione" degli Hobbit, sempre a causa della sua voracità. Aurora si limitò invece a un succo di frutta.
Dopodiché, rifocillati e riposati, costeggiarono il Longwater dall'altro lato e arrivarono al ponte dall'altra imboccatura e vi entrarono, sostandovi al centro.




Osservarono i panorami della Serpentine da entrambi i lati e poi dedicarono la loro attenzione esclusivamente aii Kensington Gardens.




Come al solito fu Roberto a illustrare la storia dei giardini di Kensington Palace.

L'originale palazzo con giardino annesso risaliva al XVII secolo e venne costruito nell'allora villaggio di Kensington (poi inglobato dall'espansione della città di Londra), col nome di Nottingham House, poiché il conte di Nottingham fu il suo primo proprietario.
Nei quadri dell'epoca si vede chiaramente come Kensington fosse ancora in aperta campagna, ed ora ciò che resta di questa campagna è il parco, che inizialmente consisteva solo nei giardini, e in seguito venne esteso oltre la Serpentine, unendosi ad Hyde Park.
In seguito fu costruita la strada privata che conduce dal palazzo all'Hyde Park Corner, parte della quale sopravvive ancora oggi in Rotten Row.
Il palazzo venne esteso per opera di Sir Christopher Wren con la realizzazione di due padiglioni nei pressi di ciascun lato dell'edificio centrale della costruzione, l'aggiunta, sul lato degli Appartamenti Reali, del grande scalone che conduceva ad una camera di consiglio ed una cappella. 

Il nuovo edificio aveva la facciata orientata verso ovest e come tale vennero erette anche due ali laterali a formare la corte d'onore avente un ingresso arcato sormontato da una torre con orologio. 
Wren la fece realizzare per suo figlio, segretario di stato di Guglielmo III d'Orange, consorte di Maria II Stuart. 
I due sovrani acquistarono il palazzo poco dopo la loro incoronazione, nel 1689, poiché Guglielmo, sofferente d'asma, desiderava una residenza vicina a Londra ma lontana dall'aria fumosa della capitale. 
Il soggiorno non giovò invece alla regina Maria II, che morì a Kensington Palace di morbillo nel 1694.
Dal momento che essa era più che altro un ritiro domestico, prese il nome di Kensington House, mentre la qualifica di Palace gli pervenne in seguito. La casa era inoltre circondata da grandi estensioni di terreno coltivato, il che forniva anche frutta e verdura alla corte.
Nel 1702, re Guglielmo III, come conseguenza di una caduta da cavallo a Hampton Court, venne ricoverato a Kensington Palace in degenza, morendovi poco dopo. 
Quelle due morti premature scatenarono le voci su una presunta maledizione che circondava il palazzo (che in effetti non ha portato bene a molti dei suoi proprietari o inquilini).
Anna Stuart, che succedete al cognato Guglielmo III, non diede ascolto a quelle voci.
Il palazzo divenne residenza fissa della regina Anna, che, forse anche per associazione col fatto che per un certo periodo ci si era riferiti all'edificio come Orange House, commissionò a Sir John Vanbrugh una Orangerie (ossia un giardino d'inverno) nel 1704 e un giardino alla francese con parterres barocchi: questi due giardini sono stati successivamente convertiti nel Sunken Garden.
Sotto la dinastia Hannover (età georgiana), si ebbero importanti cambiamenti.
Giorgio I fece fare alcuni lavori a partire dal 1718 commissionando a William Kent la pittura dello scalone d'onore e dei soffitti di alcune sale. Nel 1722 fu sempre Kent a disegnare la Sala della Cupola, la principale sala di rappresentanza del palazzo, contraddistinta appunto dal tipico soffitto a cupola.
L'ultimo monarca regnante a risiedere stabilmente a Kensington Palace fu Giorgio II. 
Per volere della sua consorte, Charles Bridgeman cancellò completamente i vecchi parterres barocchi e rimodellò i giardini facendo loro assumere le forme attuali: l'unica parte rimanente dei vecchi giardini è oggi il Serpentine, il Round Pond ed il Broad Walk.
Dopo la morte di Giorgio II nel 1760, Kensington Palace venne utilizzato solo come residenza gli altri membri famiglia reale, tra cui la figlia minore del duca di Kent, futura regina Vittoria. che vi nacque nel 1819. 
Da quel momento il palazzo fu a disposizione dei parenti della Regina, in particolare la cugina Maria Adelaide di Cambridge e il marito, il duca Francesco di Teck.
Dalla loro unione nacque, a Kensington Palace, nel 1867, Mary di Teck, futura moglie di Giorgio V e nonna paterna della regina Elisabetta II.
In seguito divenne la dimora dei figli cadetti della regina Mary, e cioè il Duca di Kent e il Duca di Gloucester. I loro discendenti abitano tuttora nel Palazzo, che è stato anche residenza della principessa Margaret.

Nel 1981, gli appartamenti vennero modificati per creare la residenza londinese del principe e della principessa di Galles, Carlo e Diana, da poco sposati. La coppia mantenne questa casa come propria residenza ufficiale, anche dopo che il matrimonio entrò in crisi.
E nel 1992 le cose si fermavano lì, perché la separazione non era stata ancora resa ufficiale.

Con questo terminava la parte storica, ma c'era anche una parte letteraria, in quanto i Kensington Gardens furono lo scenario del primo romanzo incentrato sul personaggio immaginario di Peter Pan,
che James Matthew Barrie pubblicò nel 1906. 
Una statua di Peter Pan è oggi presente nei giardini di Kensington, per onorare quello che, insieme ad Alice nel Paese delle Meraviglie, è stato uno dei primi romanzi di genere fantasy (a riprova che la Gran Bretagna fu la madre dei romanzi di genere)






C'erano molte cose da vedere nei giardini di Kensington, e i viali erano geometricamente disposti in diagonale, per cui bisognava fare molta strada a zig-zag per vedere tutto, e se si cercava di tagliare questa strada ad ogni incrocio, c'era il rischio di perdersi o di allungare il percorso inutilmente.
Aurora fece notare come lo stile dei giardini, così come anche quello del palazzo, rientrasse molto di più nei canoni francesi e italiani dal Rinascimento in avanti:
 <<L'architettura precedente all'età vittoriana è molto geometrica, classica. Invece dopo il 1840 è iniziato il recupero dello stile Tudor e poi persino del gotico. E a proposito di questo, come mai il neogotico è così diffuso in Inghilterra, e per imitazione negli Stato Uniti?>>
Roberto annuì:
<<In Inghilterra dovevano recuperare ciò che Enrico VIII aveva distrutto. 
E un grande ruolo nella promozione del neogotico e della pittura preraffaellita va riconosciuto al principe consorte Alberto che fu un vero mecenate per l'arte e la cultura britannica.
Ci voleva un principe tedesco della Sassonia per ricordare agli Inglesi le loro radici anglosassoni!
E proprio l'Albert Memorial è una delle tappe possibili. Possiamo prendere il vialetto che passa davanti alla Serpentine Gallery e conduce al monumento in memoria del Principe>>
Aurora era d'accordo e così si incamminarono lungo il vialetto.





I vialetti erano asfaltati e molto stretti, per cui se si incontrava un'altra coppia proveniente dall'altra parte, c'era il rischio di pestarsi i piedi.
Ai lati, nel prato ben irrigato e falciato, si stagliavano grandi alberi di ogni specie, tra cui faggi, castagni, cerri, ippocastani e querce.
Sorpassarono la Serpentine Gallery, quel giorno non erano in vena di eccessivi approfondimenti culturali.
Mentre camminavano, mano nella mano, innamorati più che mai ("fulsere quondam candidi tibi soles"), Aurora gli chiese:
<<Tra il principe Alberto e la regina Vittoria ci fu un grande amore, vero?>>
Roberto sorrise:
<<Da parte di lei sicuramente. Vittoria era innamoratissima del marito, si appoggiava a lui in tutto, gli chiedeva consiglio su ogni cosa, io credo che oltre ad essere il suo consorte, ai suoi occhi fosse il Re, e forse anche il padre che lei non aveva mai conosciuto.
Nell'Ottocento, per le donne, era naturale avere nel "capofamiglia" il punto di riferimento: prima c'era il padre, poi c'era il marito e infine c'era il figlio.
Nelle nostre campagne è ancora così, mia zia Margherita, la marchesa Spreti, sta seguendo quella strada arcaica: prima c'era il padre, Ettore, ora c'è il marito, il marchese Amilcare, e un giorno, visto che le donne campano più degli uomini, ci sarà suo figlio, mio cugino Fabrizio, lo studioso di Scienze Naturali e aspirante Botanico. Dovresti vedere il boschetto e l'orto botanico che ha creato a Villa Spreti di Serachieda, un giorno ti ci porterò, è una minaccia!
Ma tornando alla regina Vittoria, c'è da dire che lei fu meno "vittoriana" delle sue suddite, nel senso che rifiutò come figura paterna Sir John Conroy, amministratore di Kensington Palace, che nei diari della futura sovrana viene descritto come tirannico e corrotto, arrivando fino al sospetto che fosse l'amante della Duchessa Vedova di Kent, madre della stessa Vittoria.
Dopo la morte di Albero rifiutò categoricamente di considerare suo figlio Albert Edward detto "Bertie" (da non confondere col secondo Bertie, di cui il primo era nonno) come punto di riferimento, ritenendolo un dissoluto incapace e ozioso.
Dopo un periodo di lunghissima depressione, che suscitò nei medici e nel governo il dubbio che la Regina fosse malata di mente, come suo nonno Giorgio III, Vittoria trovò un altro uomo a cui appoggiarsi, il signor John Brown, un rude scozzese che aveva iniziato la sua carriera come stalliere. La Regina ne era a tal punto infatuata che lo promosse ad amministratore e supervisore di tutte le residenze in cui dimorava e ne fece costruire una statua nel parco di Balmoral>>





Ad Aurora però era rimasto un dubbio:
<<Ma, tornando al principe Alberto: lui amava veramente Vittoria, oppure l'ha sposata solo perché era la Regina?>>
Roberto rise:
<<Considerando la bruttezza di Vittoria e il suo carattere instabile, dubito molto che l'avrebbe presa in considerazione come possibile sposa, se non fosse stata la sovrana del Regno Unito.
Intendiamoci: lui fu un ottimo marito, sempre fedele, sempre devoto, molto assiduo nei suo doveri coniugali, specie in quelli del talamo nuziale. 
Le voleva bene, nutriva grande affetto per lei, ma non credo che ne fosse mai stato innamorato, a prescindere da ciò che le scriveva quando la corteggiava>>
Aurora si accigliò:
<<Quindi tu neghi che una persona non bella e con carattere... come hai detto... instabile, possa suscitare l'amore di un uomo aitante e devoto come Alberto?>>
Roberto capì dove la sua fidanzata voleva andare a parare:
<<Io non nego niente, dico solo che ritengo improbabile la cosa. 
Un solo difetto potrebbe essere compensato, ma due difetti così rilevanti... be', ammetterai che sarebbe singolare che chi li ha possa essere considerato attraente da chi potrebbe sperare in qualcosa di meglio, a meno che non siano altri interessi in gioco. I Sassonia-Coburgo-Gotha erano molto ambiziosi>>
Lei lo guardò:
<<Quindi, per ipotesi, se io fossi stata brutta e povera, e con i difetti di carattere che conosci, tu non ti saresti innamorato di me. Dimmi la verità!>>
Era proprio la domanda che lui temeva e lui le doveva una risposta sincera:
<<La ricchezza non c'entra niente, non sono, come certuni insinuano, un "cacciatore di dote", e su questo sono categorico! 
Ma riguardo alla bellezza, devo ammettere che l'occhio vuole la sua parte e che l'innamoramento è partito da lì e poi è diventato amore quando ho conosciuto la tua personalità, difetti compresi.
Non cercavo nelle donne la perfezione del tuo aspetto, perché era al di fuori della mia portata, o almeno così credevo. Mi era sufficiente che l'aspetto risultasse piacevole o interessante, o elegante. Diciamo che qualcosa doveva esserci.
So che non è una cosa piacevole da sentirsi dire, ma non voglio mentirti, sarebbe sleale da parte mia>>
Aurora annuì:
<<Quindi, se per caso mi succedesse qualcosa che rovinasse la mia bellezza, mettiamo che io ingrassi molto, o che per un qualche incidente il mio viso resti sfigurato, tu mi ameresti ancora?>>
Roberto annuì a sua volta:
<<Sì, senza ombra di dubbio, perché adesso è la tua personalità ciò che mi affascina di più 
Ho scoperto che siamo anime gemelle, e questa è una cosa che non può cambiare, nemmeno se tu avessi problemi di salute e persino, Dio non voglia, malattie mentali anche gravi>>
Lei lo abbracciò e lo baciò con improvvisa passione, che fece sorridere gli altri turisti nel vialetto e fece scuotere la testa agli Inglesi che passeggiavano coi loro cani.
Poi disse:
<<Lo stesso vale per me nei tuoi confronti>>
Questa volta fu lui a dubitare:
<<Io non sono un gran che neanche adesso. Il mio naso fa schifo e i miei tratti incominciano a perdere la dolcezza che fino all'anno scorso ero riuscito a conservare. Se a questo aggiungi che sono scoordinato nei movimenti, imbranato, pigro, goloso, permaloso, suscettibile e incline alla malinconia... be', francamente, se fossi una donna non mi innamorerei certo di uno come me!>>
Aurora rise di gusto:
<<Ah, ah, non ho mai incontrato in vita mia un denigratore di se stesso più accanito di te!  
Io vorrei farti notare che, quando sei con me, non sei né permaloso, né suscettibile, né incline alla malinconia, e questo succede perché, come tu dici, siamo anime gemelle.
A livello di aspetto fisico, vale il detto: "non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace", per cui, se vogliamo proprio essere cavillosi, visto che tu continui a dubitare, allora mi spiegherò meglio. Anche prima che ci mettessimo insieme, ogni volta che ti sentivo commentare una foto di classe in cui c'eri anche tu, e dicevi di essere venuto male, io ti ho sempre detto, onestamente e sinceramente, che non era vero, e lo hanno detto anche altre compagne di classe, lo ricordi?>>
Roberto, la cui memoria era fin troppo efficiente, lo ricordava:
<<Sì, ma pensavo che lo diceste per gentilezza>>
Aurora socchiuse gli occhi:
<<Qui stai mentendo, ma forse non ne sei del tutto consapevole. 
Ti ho elencato minuziosamente cosa mi piace del tuo aspetto fisico: gli occhi, prima di tutto, sono gli stessi di Diana Orsini, e tutti erano ammaliati dagli occhi della Contessa di Casemurate.
Tu dici che stai perdendo la dolcezza dei tratti adolescenziali, e io dico "per fortuna!": gli efebi piacciono solo alle ragazzine sotto i quindici anni e ai pederasti. Gli altri non ti prenderebbero sul serio, se il tuo volto fosse dolce come quello del Duca di Ravensbourne.
Io sono fermamente convinta che tu sappia che il problema non è l'aspetto fisico, né l'abilità sportiva, e nemmeno la fimosi.  E' un'altra cosa, che mi tenevo come asso nella manica, proprio in previsione di questo dialogo, che io stessa ho avviato.
Vedi Robs, io ti conosco, e c'è una cosa che ho capito subito di te, e mi riferisco al fatto che pur avendo capito che io e le altre non mentivamo, tuttavia eri terrorizzato dall'idea di perdere quella libertà di cui indubbiamente godono i single.
Dimmi la verità, è così?>>
Roberto fu preso in contropiede e le parole della fidanzata gli aprirono la strada della comprensione di qualcosa di cui non era mai stato consapevole:
<<Ora che mi ci fai pensare... io, sì... in effetti ne ero terrorizzato>>
Lei sorrise:
<<E adesso? Io credo che una parte di te rimpianga la libertà del single>>
Lui scosse il capo:
<<No. Con te mi sento libero, perché nel momento in cui tu, con grande onestà, hai deciso di condividere con me gli aspetti che le altre donne cercano in tutti i modi di nascondere, in un certo senso mi hai implicitamente autorizzato a fare la stessa cosa.
Perché io avrò anche gli occhi di Diana Orsini, ma ho anche la rozzezza di Ettore Ricci, che Dio lo abbia in gloria, quando i miei freni inibitori si allentano>>
Aurora era felice di quella risposta:
<<Tu forse non ci crederai, ma alle donne piace, in genere, che l'uomo sia un po' ruspante, se capisci cosa intendo dire>>
Roberto rise:
<<Sì, be', ho sentito dire che in meridione ci sono proverbi coloriti su questo argomento. 
Ora, io non arriverò mai a quegli estremi, perché darebbero fastidio a me per primo, però non sono nemmeno il tipo vanesio e narcisista che temo stia prendendo piede nelle giovani generazioni.
Mi ritengo una via di mezzo tra il cavernicolo e il damerino, per quanto, lo ammetto, in pubblico mi atteggi un po' troppo a dandy, una cosa che di certo Ettore non avrebbe apprezzato. 
Il "bambino della campagna" poteva anche essere un "piccolo lord", ma diventava un selvaggio, quando voleva esplorare la Contea con suo nonno o con suo padre>>
Lei aveva capito da tempo queste cose:
<<Siamo stati reciprocamente onesti, perché altrimenti sarebbe stata tutta una perdita di tempo, come spesso succede quando i componenti di una coppia fingono di essere quello che non sono>>
Si scambiarono qualche tenerezza, prima di rivolgere la loro attenzione all'Albert Memorial che avevano appena raggiunto, per scoprire che era in fase di ristrutturazione.
A beneficio dei lettori, inseriamo alcune immagini che mostrano come appare oggi.







Il principe Alberto di Sassonia-Coburgo-Gotha era morto prematuramente nel 1861 a causa di una febbre tifoide. La regina Vittoria affidò a Sir George Gilbert Scott la costruzione di un monumento in memoria del marito defunto, secondo i canoni estetici dello stesso Alberto.
Inaugurato nel 1882, il Memorial è formato da un baldacchino in stile neogotico riccamente ornato che ospita una statua del principe Alberto (posta in quel luogo già nel 1875), rivolta verso sud. È attraversato da un fregio che rappresenta i volti di celebri architetti, scultori, pittori, poeti la cui opera era stata apprezzata dal defunto principe.
Vi sono due gruppi di sculture allegoriche: le prime quattro rappresentano esempi di produzione economica ed industriale dell'epoca vittoriana (agricoltura, commercio, manifattura); le altre quattro invece rappresentano quattro continenti, l'Europa, l'Africa, l'Asia e le Americhe. 
Ogni gruppo scultoreo raffigurante un continente presenta un animale caratteristico del luogo: per l'Europa un toro, per l'Africa un cammello, per l'Asia un elefante indiano e per le Americhe un bisonte americano.

Dopo questa breve descrizione che Roberto si era preparato, lui e Aurora si diressero verso la parte più interessante dei giardini e cioè il Round Pond e il Sunken Garden (giardino "affondato", perché si trova alcuni scalini sotto il livello del prato), che molti anni dopo gli eventi che stiamo narrando, sarebbe diventato il Diana Memorial, per volontà dei figli della defunta Principessa di Galles.



Il lago è di notevoli dimensioni (quasi tre ettari) e solo le fotografie prospettiche e le vedute aeree possono riuscire a comunicare l'impressione di questa grandezza, che stupisce coloro che vedono di persona il lago per la prima volta e si accorgono che al suo interno ci potrebbero stare due o tre grandi palazzi.
Fu costruito nel 1730 per volontà di Giorgio II . È profondo fino a 5 metri
Nonostante il nome, non è circolare, ma rettangolare con angoli a gradini e arrotondati. 


 




Anche nel Round Pond c'è una grande quantità di anatre, oche selvatiche e cigni, che simpatizzano molto volentieri con i turisti, i quali provvedono a nutrirle in abbondanza.
Roberto e Aurora avevano tenuto un cartoccio con le briciole dei loro pasti precedenti, e le elargirono con dovizia alla fauna acquatica, comprese le carpe che spuntavano di tanto in tanto e persino alcuni carassi dorati, che qualche famiglia non sapeva più dove mettere e a quanto pare alcuni di loro sono sopravvissuti nel nuovo ambiente.
La differenza col Serpentine sta nel fatto che il Pond è più tradizionale, per quanto l'acqua, presso la riva, sia molto bassa, e non ci siano recinzioni, ragion per cui i volatili acquatici stazionano anche sulla terra ferma, mescolandosi ai piccioni, ai merli e ai gabbiani.
I due fidanzati si sedettero su una panchina, davanti al lago, e sembrava quasi di essere in una spiaggia, ma non così calda come quelle mediterranee.
Si scambiarono qualche tenerezza, e nei ricordi di Roberto, così come ce li raccontò, era proprio quella tenerezza ciò che lui maggiormente rimpiangeva.
Certe cose non tornano più, anche se la nostra mente rifiuta di accettarlo.
Alcuni parlano dell'attimo fuggente, altri dell'eternità, ma sono entrambe astrazioni.
Reali sono solo la presenza o la mancanza, intendendo per mancanza il venir meno.
Noi sappiamo ciò che di giorno in giorno va perduto, ma teniamo a bada l'orrore di questa consapevolezza tramite potenti meccanismi di difesa, ed il più potente di tutti è l'immaginazione.
Il problema è che, mentre da svegli possiamo controllare questo meccanismo, quando sprofondiamo nel sonno, i sogni, quelli veri, specialmente gli incubi, ci sbattono di fronte, senza alcun riguardo, tutte le nostre paure, tutti i nostri sensi di colpa, tutto ciò che la nostra coscienza rifiuta: c'è tutto, come in un bidone della spazzatura nella meravigliosa era che precedette la raccolta differenziata.
(Desinas ineptire et quod vides perisse perditum ducas).

Dopo un po', ripresero la strada che fiancheggiava il Round Pond e che arrivava finalmente ai giardini veri e propri.
Alla fine giunsero fino ad un ampio viale, il Broad Walk, di fronte a Kensington Palace.
Quel viale era molto grande e molto frequentato, considerando che era passato il mezzogiorno.
Camminando verso destra, si trovarono di fronte all'ennesima statua della regina Vittoria, questa volta da giovane, a imperituro memento del fatto che la futura Imperatrice delle Indie ebbe i suoi natali in quel palazzo.





Proseguendo per uno dei vialetti a fianco della statua, in direzione del Palazzo, ci si avvicina all'ultima meta, uno splendido giardino acquatico che nel 1992 era ancora chiamato Sunken Garden.
Era stato progettato e costruito per la prima volta nel 1908, quando questa parte dei giardini era precedentemente occupata da capannoni per vasi e serre
Questo nuovo layout è stato modellato sul Pond Garden a Hampton Court Palace, come espressione dello uno stile di giardinaggio edoardiano che incorpora materiali naturali, piantagioni erbacee su terrazze e giochi d'acqua.




Ora noi sappiamo, come già si è accennato, che nel 2017, nel ventennale della morte della Principessa di Galles il giardino fu, con una decisione a nostro avviso molto discutibile, completamente ripiantato con fiori bianchi per celebrare la purezza d'animo di lady Diana Spencer, di cui divenne il Memoriale.





Negli anni successivi, per ovviare all'eccessiva monotonia cromatica, il Diana Memorial Sunken Garden tornò ad ospitare fiori di altri colori, e per decisione dei Duchi di Cambridge, proprietari del Palazzo, ogni anno il colore dominante doveva essere scelto in memoria di eventi o personaggi di cui ricorresse l'anniversario.






Nell'anno in cui scriviamo, in occasione del sessantesimo anniversario della nascita di lady Diana Spencer, Principessa di Galles, il giardino subirà nuove modifiche, in vista di un evento che avverrà tra meno di due settimane, l'1luglio 2021 e cioè l'inaugurazione della statua di Diana, che sarà in un certo senso parificata alla regina Vittoria come personaggio più illustre che ebbe la sua residenza per molto tempo a Kensington Palace.

Nel 1992, invece, tutto ciò che accadde dopo era del tutto imprevedibile e il giardino era molto diverso, a nostro parere più bello, nel senso che successivamente ha assunto un'aria più cimiteriale.
Ma chi siamo noi per criticare alcune scelte dei Duchi di Cambridge?
Meglio tornare ad Aurora e Roberto, che dopo quest'ultima visita si diressero verso il The Orangery Restaurant, per un pranzo del tutto meritato.


P.S.
Alleghiamo alcune fotografie di Kensington Palace e dei suoi inquilini, nell'ultimo decennio: i Duchi di Cambridge, i Duchi di Sussex (ora residenti in California), i Duchi di Gloucester e i Duchi di Kent e altri parenti della Regina, tra cui la cugina, principessa Alessandra e una nipote, la principessa Eugenia di York col marito (la coppia si è trasferita a Frogmore Cottage, nei pressi del castello di Windsor)