lunedì 19 marzo 2018

La Via Romana agli Dei (religione neopagana)


La Via romana agli Dèi (altrimenti detta Gentilitas[1]Politeismo romanoTradizione romana o romano-italica o italica-romana-italiana[2]) è la continuazione e riproposizione moderna e contemporanea della religione pagana attraverso pratiche tratte o adattate dalla documentazione storica dell'antica Roma.
È praticata in Italia in forma sia individuale che comunitaria, seppur non pubblica, da alcune centinaia di persone, raccolte in diverse associazioni. Ai praticanti va aggiunto un numero imprecisato di simpatizzanti. Gruppi minori esistono anche in altre nazioni europee e in Nord America.

Alcuni studiosi delle religioni tendono ad associare la Via romana agli Dèi al gruppo di religioni appartenenti al neopaganesimo, mentre gran parte degli aderenti rifiutano sia tale associazione sia il concetto stesso di neo-paganesimo, come si è venuto a sviluppare negli ultimi decenni del Novecento[3]. Le principali associazioni aderiscono all'organizzazione delle religioni etniche europee dell'ECER (European Congress of Ethnic Religion[4]) e non alla Pagan Federation[5].

Culto

La Via romana agli Dèi è una religione politeista. Tuttavia, a seconda delle sensibilità e come avviene anche in altre tradizioni, alcuni gruppi pongono l'accento sull'unità di fondo del divino, di cui la molteplicità sarebbe espressione.
È praticata esclusivamente in ambito privato (singoli, famiglie, comunità), perché, essendo l'antica religione di Roma una religione dello Stato, il culto pubblico appare impraticabile senza una restaurazione della Res Publica, ovvero dello Stato romano antico. Il fondamento del culto pubblico è la Pax Deorum (hominumque), cioè il patto tra gli Dei e la comunità umana giuridicamente stabilito. Trasferito in ambito privato, designa il patto non scritto tra il/i praticante/i e le proprie divinità, stabilito e mantenuto attraverso il culto che, seguendo l'antico calendario romano, ha liturgie prestabilite, pur con alcuni adattamenti all'età moderna. Tra i più importanti, il sacrificio cruento non è praticato e gli dei sono onorati con offerte di incenso, di candele, di profumi, di vegetali, di vino e vivande.
Ogni individuo adulto è sacerdote di sé stesso e venera anzitutto il proprio Genio (o la propria Luno, nel caso delle donne), i Lari familiari, divinità protettrici della propria casa, i Penati e le divinità che considera protettrici di sé o della propria famiglia e comunità; in secondo luogo le divinità, alle quali sono consacrate le festività dell'anno calendariale. Le occasioni rituali importanti, come i momenti di passaggio della vita (nascita, pubertà, matrimonio, morte), le ordinarie festività annuali, i tre cardini del mese (CalendenoneIdi), i solstizi, gli equinozi e le fasi lunari sono spesso celebrati comunitariamente. In particolare, i riti legati alle fasi lunari, le calende, le none e le idi si basano sulla logica dell'evoluzione spirituale dell'individuo.[6]
Di importanza fondamentale è la lettura dei testi antichi pervenuti.[7] La tradizione gentile considera alcuni poemi epici come testi sacri, in particolare l'Iliade e l'Odissea di Omero (ambito greco), e l'Eneide di Virgilio (ambito romano). Altrettanta valenza sacra conservano gli Inni omerici e quelli orfici. Nelle fonti antiche (sia epigrafiche sia letterarie) si rinvengono molte preghiere (CiceroneLucrezio, ecc.).

Storia

Teorie della continuità

Differentemente da altre espressioni neopagane, come la wicca, nell'ambito della Via romana agli Dei si afferma la sopravvivenza della religione pagana romana, tramandata attraverso i secoli in forma esoterica, ossia segreta e privata. In ogni caso, considerando gli Dei eterni e disponendo di fonti antiche sulla ritualità per l'officio del culto privato, non sarebbe comunque necessaria alcuna continuità storica. Nonostante l'interruzione della Pax Deorum, successiva all'abolizione del culto pubblico e le leggi di Teodosio (fine del IV secolo), che proibivano anche il culto privato, la tradizione cultuale romana non sarebbe venuta meno, ma si sarebbe conservata all'interno di alcune famiglie. Costoro l'avrebbero segretamente tramandata nel tempo, costituendo un centro sacrale occulto, che in periodi favorevoli della Storia avrebbe anche avuto visibilità e influenza realtà socio-politica italiana[8]Si cita[senza fonte]come esempio il sorgere a Roma, intorno alla metà del Quattrocento, dell'Accademia Romana di Pomponio Leto, di cui è nota la celebrazione rituale del Natale di Roma il 21 aprile, l'evidenza archeologica di alcune iscrizioni scoperte nell'Ottocento, la restaurazione del Pontificato Massimo, detenuto da Leto stesso. Tale Accademia fu sciolta da papa Paolo II nel 1468 e i suoi membri incarcerati o perseguitati.

Primo Novecento

Tra l'Ottocento e il Novecento il tentativo di proporre l'adozione di alcune forme rituali pagano-romane al nuovo Stato nazionale italiano fu tentato dall'archeologo Giacomo Boni (ara graminea sul Palatinoludus Troiae, ecc.) e da ambienti esoterici della capitale.
Il primo manifesto pagano, nel senso romano-italico, dell'Italia contemporanea si può ritenere l'articolo Imperialismo Pagano, pubblicato dall'esoterista Arturo Reghini sulla rivista La Salamandra nel 1914, riproposto sulla rivista Atanòr nel 1924. Discepolo del maestro pitagorico Amedeo Armentano, esponente di una catena iniziatica che si voleva giunta ai tempi moderni dall'antichità, Reghini diede vita dopo la prima guerra mondiale alle riviste esoteriche Atanòr (1924) e Ignis (1925), nelle quali fu riproposto al Fascismo l'obiettivo di realizzare il già teorizzato "imperialismo pagano". Nel 1923 un fascio rituale fu consegnato a Benito Mussolini e si tenne la sacra rappresentazione pubblica della tragedia Rumon di Roggero Musmeci Ferrari Bravo.
Nel 1927 lo stesso Reghini, con il giovane filosofo ed esoterista Julius Evola, diede vita a Roma a una "catena magica", denominata Gruppo di Ur, e alla corrispondente rivista Ur (1927-1928). Su Ur, nel 1928, Reghini, con lo pseudonimo Pietro Negri, pubblicò il saggio Della tradizione occidentale, che può essere considerato il manifesto novecentesco del paganesimo politico italiano, insieme al più noto libro dallo stesso titolo pubblicato da Evola nel 1929al fine di contrastare i Patti lateranensi tra Stato e Chiesa. Spezzatosi alla fine del 1928 il sodalizio Evola-Reghini, il primo continuò nel 1929 la rivista Ur col nome Krur.
Nel 1929 su Krur apparve un misterioso documento, proveniente da ambienti ermetici di Roma e firmato con lo ieronimo di Ekatlos, secondo i più attribuito all'orientalista Leone Caetani. Esso conteneva l'esplicita affermazione che la vittoria italiana nella Prima guerra mondiale e l'avvento successivo del Fascismo sarebbero stati propiziati, se non determinati, da alcuni riti etrusco-romani.

Secondo Novecento

Il richiamo pubblico alla spiritualità precristiana di Roma, negli anni successivi, fino alla fine del Fascismo, fu opera pressoché unicamente di Julius Evola. Da ambienti giovanili ruotanti attorno al filosofo romano riemerse, alle soglie degli anni settanta, un interesse "operativo" per la romanità pagana e per la stessa esperienza del Gruppo di Ur.
A seguito di ciò, a Roma, NapoliMessina e Milano nacque e si sviluppò il Gruppo dei Dioscuri, del quale Evola stesso era a conoscenza, che pubblicò una serie di quattro fascicoli dal titolo: L'Impeto della vera culturaLe due RazzePhersu maschera del Nume e Rivoluzione Tradizionale e Sovversione, per poi far perdere le sue tracce. Erroneamente considerato disciolto da alcuni autori , in particolare Renato del Ponte, il Gruppo dei Dioscuri ha continuato le proprie attività dal 1969, anche dopo la scomparsa del fondatore e guida spirituale, avvenuta nel 2000, manifestandosi in diverse regioni italiane. In Campania il reggente dei Dioscuri tenne la sua ultima e inconsueta apparizione pubblica in una conferenza intitolata "Oltre ogni distruzione - la Tradizione vive".
Un vivo interesse per la religione prisca di Roma emerse anche nella rivista evoliana Arthos, fondata a Genova nel 1972) e diretta da Renato del Ponte, autore di Dei e miti italici (1985) e La religione dei Romani (1993). Nel 1984, le esperienze dei Dioscuri messinesi furono riprese nel Gruppo Arx di Salvatore Ruta, già componente del gruppo originario, e nella pubblicazione del trimestrale La Cittadella.
Dal 1984 al 1986, tra Calabria e Sicilia, si rimanifestò anche l'Associazione Pitagorica, definita dai suoi portavoce come «lo stesso sodalizio fondato da Arturo Reghini nel dicembre del 1923», che pubblicava la rivista Yghìeia. L'associazione cessò ufficialmente di esistere nel 1988 con la morte del suo presidente, Sebastiano Recupero.
Uno dei membri, Roberto Sestito, diede poi vita ad autonome attività editoriali, dalla rivista Ignis (1990-1992), all'omonima casa editrice, al bollettino Il flauto di Pan (2000): il tema religioso e rituale pagano-romano però, malgrado le dichiarazioni di principio, fu pressoché assente. Tra il 1979 e il 1989, la casa editrice genovese Il Basilisco, pubblicò una trentina di opere nella Collana di Studi Pagani, tra le quali: SimmacoRelazione sull'altare della VittoriaPorfirioLettera ad AneboGiamblicoI MisteriProcloElementi di teologia; De Angelis, Il nome arcano di Roma; Giuliano ImperatoreInno alla Madre degli Dei; Giandomenico Casalino, Il nome segreto di Roma. Tra i collaboratori vi furono Renato del Ponte, Diego Meldi, Giandomenico Casalino e Glauco Berrettoni.
Il tema della Tradizione Romana è stato presente anche nella rivista dell'associazione Senatus di Piero Fenili e Marco Baistrocchi (quest'ultimo morto nel 1997): Politica Romana (1994-2004). Pubblicazione di elevato livello culturale, è stata considerata da molti una rivista romano-pagana, pitagorica e "reghiniana".

Anni Duemila

Tra le realtà più significative della tradizione gentile romano-italica vi sono:
  • Il Movimento Tradizionale Romano (MTR),[9] concepito a metà degli anni ottanta da Salvatore Ruta (Arx di Messina), Renato Del Ponte (rivista Arthos di Genova, poi Pontremoli) e Roberto Incardona (Centro Studi Tradizionali di Trabia, in provincia di Palermo). L'MTR si richiama ritualmente ai soli culti della romanità, non senza un interesse metafisico verso il neoplatonismo. Organizzativamente era strutturato in diversi gruppi detti gentes, delle quali sopravvive la sola gens Julia Primigenia di Roma, guidata da Daniele Liotta. Nel 2005 l'MTR aderì al WCER, poi divenuto ECER, come membro italiano e partecipò ai congressi annuali tenutisi in Grecia, Lettonia e Polonia. Attualmente il MTR fa parte del Consiglio direttivo con il suo presidente e dell'Assemblea con tre suoi rappresentanti. La rivista La Cittadella è stata la voce ufficiale del MTR sino al 2008, pur essendo sempre stata aperta a contributi di varia provenienza.
  • La Societas Romana Pro aris et focis
  • L'Associazione Romània Quirites[10], guidata da Loris Viola e con sede a Forlì. Nata agli inizi degli anni novanta e partecipe della fondazione rituale del MTR nel 1992, si è resa autonoma dal 1998 per divergenze di carattere ideologico-organizzativo.
  • La Societas Hesperiana Pro Culto Deorum, attiva dal 2010 con gruppi in EmiliaLombardia e Piemonte. È associata all'ECER (European Congress of Ethnic Religions). Le ricerche e la pratica dell'associazione si orientano nel campo del rapporto tra Roma e le differenti realtà regionali dell'Italia precedenti alla completa cristianizzazione della penisola, nonché alla ricerca sulle rimanenze pagane nelle differenti culture locali italiane e dell'arco alpino.

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Note

  1. ^ http://www.grandidizionari.it/Dizionario_Italiano/parola/G/gentilita.aspx?query=gentilit%C3%A0
  2. ^ http://www.saturniatellus.com/storia-del-mtr/
  3. ^ Neopaganesimo: verso una definizione
  4. ^ ECER | European Congress of Ethnic Religions
  5. ^ Federazione Pagana Internazionale
  6. ^ Per ben comprendere le logiche intime della tradizione romana si segnala la lettura di Il culto privato di Roma Antica, vol. 1 e 2, di Attilio de Marchi, Aspetti esoterici nella Tradizione Romana di Elio Ermete e Memoranda et Agenda del MTR, quest'ultimo non privo di diverse imprecisioni.
  7. ^ Raucci
  8. ^ In parte dell'ambiente si parla del mito delle tre R: Romanità, RinascimentoRisorgimento
  9. ^ Movimento Tradizionale Romano, Statuto, su saturniatellus.comURL consultato il 31 marzo 2009.
  10. ^ Associazione Romània Quirites, Identità, su arqreligioneromana.itURL consultato il 31 marzo 2009.

Bibliografia

  • Renato Del Ponte, Il movimento tradizionalista romano nel 900, Scandiano, Sear, 1987.
  • Movimento Tradizionalista Romano, Memoranda et agenda, Edizioni del Tridente, La Spezia 1996.
  • Sacra Limina (a cura del Movimento Tradizionalista Romano), Sul problema di una tradizione romana nel tempo attuale, Scandiano, SeaR, 1988.
  • Introduzione a Prima Tellus (a cura di Siro Tacito), Roma, I Libri del Graal, 1998.
  • Introduzione a Rumon. Sacrae Romae Origines (a cura di H. Caelicus), Roma, I Libri del Graal.
  • Phersu. Maschera del Nume (a cura del centro "Dioscuri" di Napoli), I Fascicoli dei Dioscuri.
  • Storia del Movimento Tradizionale Romano, su saturniatellus.com.
  • Renato Del Ponte, Le correnti della tradizione pagana romana in Italia
  • Elio Ermete, Aspetti esoterici nella tradizione romana gentile, Edizioni Primordia, Milano 2008.
  • Fabrizio Giorgio, Roma Renovata Resurgat. Il Tradizionalismo Romano tra Ottocento e Novecento, 2 voll., Edizioni Settimo Sigillo, Roma, 2011.

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domenica 18 marzo 2018

I Turchi prendono e saccheggiano Afrin, il capoluogo curdo nel nord della Siria. Mappe e aggiornamenti.





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I militari turchi, assieme ai ribelli siriani alleati, sono entrati questa mattina nel centro di Afrin, il capoluogo del cantone curdo nel Nord-Ovest della Siria, sotto attacco dal 20 gennaio. I miliziani di Jaysh al-Khor, l’Esercito siriano libero, hanno diffuso foto di una rotonda all’ingresso del centro-città, con le bandiere dei guerriglieri curdi dello Ypg ammainate e stracciate. In base alle foto diffuse si presume che circa metà della città, dove all’inizio delle battaglia c’erano dai 200 ai 300 mila civili, sia stata conquistata.

I combattenti curdi dello Ypg hanno opposto una forte resistenza sul fronte a Nord, ma le truppe turche e gli alleati sono penetrati da Ovest e da Est. Gli uffici governativi sono stati abbandonati. Lo Ypg sembra in ritirata, forse per evitare un massacro di civili. Sabato i bombardamenti hanno colpito anche l’unico ospedale di Afrin, con nove morti. L’esercito turco però nega di averlo preso di mira. Foto diffuse da abitanti della città invece confermerebbero. Le vittime civili, sabato, sono state in tutto 47.

Turchia e miliziani hanno lasciato aperto un corridoio a Sud-Est. Tra venerdì e questa mattina un fiume di persone, in tutto circa 200 mila, sono fuggite sulla strada che porta ai territori controllati dal governo siriano, verso Aleppo, dove c’è una importante comunità curda nel quartiere di Sheikh Massoud. Molti abitanti di Afrin hanno parenti ad Aleppo e cercano di raggiungerli. Lo Ypg ha accusato la Turchia di aver colpito con i raid anche persone in fuga. Non ci sono conferme indipendenti.

La Turchia considera lo Ypg un’organizzazione terroristica legata al Pkk. Il cantone di Afrin è stato amministrato dallo Ypg a partire dalla fine del 2012, quando, di fronte all’avanzata dei ribelli dell’Esercito siriano libero, i governativi erano stati costretti a ritirarsi e avevano ceduto il controllo del Nord della Siria ai guerriglieri curdi. Damasco ha chiesto, all’inizio dell’offensiva turca, che lo Ypg consegnasse le armi all’esercito e gli restituisse il controllo di Afrin per evitare l’occupazione da parte della Turchia. Lo Ypg ha rifiutato e ora la bandiera turca sventola sul centro dell'ex capoluogo curdo-siriano.

Overview Of Battle For Afrin On March 15, 2018 (Map, Photos)

Le forze siriane alleate della Turchia hanno preso il controllo del centro dell’enclave curda di Afrin dove l’assedio, che va avanti da circa due mesi, ha costretto almeno 150mila civili alla fuga. “Le unità dell’Esercito Siriano Libero, che sono sostenute dalle forze armate turche, hanno preso il controllo del centro di Afrinquesta mattina alle 8:30″, ha detto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, aggiungendo che “sono in corso le operazioni di ricerca per localizzare mine e altri esplosivi”. Anche per gli attivisti dell’Osservatorio nazionale per i diritti umani, i turchi hanno conquistato metà della città e sono in corso pesanti combattimenti. Inoltre, prosegue l’Osservatorio, i turchi avrebbero colpito il principale ospedale della città, uccidendo almeno dieci persone tra cui due donne incinte. Fatti che Ankara, però, nega di avere commesso
Ma a smentire la conquista del centro della città da parte delle forze turche è un alto funzionario curdo-siriano, Hadia Yousef. All’Associated Press ha riferito che combattimentisono ancora in corso e che i curdi stanno aiutando i civili a fuggire dai “massacri” perpetrati dalle forze turche e dai loro alleati nell’enclave.
(da Il Fatto Quotidiano del 18 marzo 2018)

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Recep Tayyip Erdogan l’aveva annunciato ed è avvenuto. Dopo un lungo assedio, con migliaia di vittime fra i curdi e con circa 150mila civili in fuga, Afrin è caduta nelle mani dell’esercito turco. “La città è stata conquistata alle 8:30”, ha annunciato trionfante il Sultano da Ankara, dove si celebra l’anniversario della vittoria di Canakkale del 1915, quando l’Impero ottomano respinse l’offensivo anglo-francese. 

Il presidente turco ha voluto ribadire che non si tratta di una guerra offensiva, ma di protezione. Protezione contro i terroristi, come lui definisce le milizie curde, le Ypg. Secondo quanto annunciato dallo stato maggiore turco, le forze armate di Ankara sono entrate nella città insieme agli alleate dell’Esercito libero siriano. Per Rami Abdel Rahman, direttore dell’ormai noto Osservatorio siriano per i diritti umani, “le forze turche e i loro ausiliari siriani hanno preso il controllo di diversi quartieri e i combattimenti continuano“. La difesa, comunque, ha ceduto.

La Turchia ha avviato l’operazione Ramoscello d’ulivo il 20 gennaio scorso per creare una zona cuscinetto al di fuori dei confini turchi, nel nord della Siria. L’avanzata di Ankara non si è mai fermata. L’assedio di Afrin è durato parecchi giorni. All’inizio di questa settimana, il presidente turco aveva detto che la città sarebbe caduta in poche ore. Ci hanno impiegato più tempo, ma alla fine, il risultato l’hanno ottenuto. Lo sfondamento delle linee difensive è avvenuto nell’area sudorientale, nonostante il supporto delle milizie siriane filo governative.

Con l’ingresso ad Afrin, Erdogan vince una battaglia. Ma la guerra probabilmente continuerà. Adesso le truppe turche, una volta presa la città, punteranno a stabilizzarla (il presidente turco ha già annunciato di non volerla riconsegnare alla Siria qualora fosse rimasto Bashar al Assad) e adesso si punta a Manbij. Sarebbe questo il patto siglato con Rex Tillerson dal ministro degli esteri turco, Mevlut Cavusoglu. Per la Turchia è importante che le milizie curde, che considerano alleate del Pkk, siano oltre il corso del fiume Eufrate.

Secondo le stime turche, sono morti oltre 1.500 combattenti curdi dall’inizio dell’operazione “Ramoscello d’ulivo”. La maggior parte sono morti in seguito ai raid aerei e ai colpi di artiglieria. Ma adesso bisognerà comprendere la reazione delle altre potenze coinvolte in Siria. e infatti gli Usa e le potenze occidentali hanno tacitamente acconsentito all’invasione del cantone di Afrin, Russia ed Iran sono su altre posizioni.

I rappresentanti di Iran, Russia e Turchia si incontreranno il prossimo 4 aprile ad Ankara. Il vertice rientra nella cornice degli accordi Astana, proseguiti a novembre a Sochi, in Russia. I tre Paesi hanno garantito alcune aree di de-escalation ,in particolare a Idlib. Il ministro degli Esteri kazako, Kayrat Abdrahmanov, ha lanciato un appello “al dialogo tra Russia e Stati Uniti”. Secondo Abrahmanov c’è in programma l’istituzione di un comitato per una costituente che stili la nuova legge fondamentale per il futuro della Siria.

Ma la situazione sembra molto meno semplice del previsto. Erdogan, con la caduta di Afrin, ha una posizione di vantaggio. Vladimir Putin, distratto dalle elezioni, non si è potuto concentrare sul fronte siriano e Assad si ritrova con le forze turche all’interno del proprio territorio dopo che Erdogan ha tramato per rovesciare il governo di Damasco. 

(da Il Giornale del 18 marzo 2018)

Le varie branche del pensiero anarchico

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L'anarchismo è definito come la filosofia politica applicata[1], il metodo di lotta alla base dei movimenti libertari volti fattualmente già dal XIX secolo al raggiungimento dell'anarchia come organizzazione societaria, teorizzante che lo Stato sia indesiderabile, non necessario o dannoso[2][3][4][5][6][7][8], o, in alternativa, come la filosofia politica che si oppone all'autorità o all'organizzazione gerarchica nello svolgimento delle relazioni umane[9][10][11][12][13][14].
I fautori dell'anarchismo, noti come anarchici, propongono società senza Stato basate sulle associazioni volontarie[15][16] e non gerarchiche[9][17][18]. Il termine inteso in senso politico venne inizialmente utilizzato dal girondinoJacques Pierre Brissot nel 1793 definendo, negativamente, la corrente politica degli enragés o arrabbiati, gruppo rivoluzionario radicale critico di ogni forma d'autorità. Nel 1840, con Proudhon, ed il suo saggio "Qu'est-ce que la propriété ?" i termini anarchia e anarchismo assumeranno una connotazione positiva.
Ci sono alcune tradizioni di anarchismo e, sulla base della storia del movimento transitata attraverso il dibattito fine-ottocentesco dell'anarchismo senza aggettivi, alla fine del quale Errico Malatesta sintetizzò il concetto[19] con la frase:"Per conto mio non vi è differenza sostanziale, differenza di principi", non tutte si escludono vicendevolmente[20]. Le scuole di pensiero anarchico possono differire tra loro anche in modo sostanziale, spaziando dall'individualismo estremo al totale collettivismo[8]. Le tipologie di anarchismo sono state suddivise in due categorie: anarco-socialismo e anarco-individualismo; compaiono anche altre suddivisioni basate comunque su classificazioni dualiste simili[21][22][23].
L'anarchismo in quanto movimento sociale ha registrato regolarmente fluttuazioni di popolarità. La tendenza centrale dell'anarchismo a coniugarsi come movimento sociale di massa si è avuta con l'anarco-comunismo e con l'anarco-sindacalismo, mentre l'anarco-individualismo è principalmente un fenomeno letterario[24], che tuttavia ha avuto un impatto sulle correnti più grandi[25]. La maggior parte degli anarchici si oppone a tutte le forme di aggressione, sostenendo invece l'autodifesa o la nonviolenza (anarco-pacifismo)[26][27], mentre altri hanno approvato l'uso di alcune misure coercitive, tra le quali la rivoluzione violenta e il terrorismo, per ottenere la società anarchica[28]

Bandiere nere e rosso-nere sono fin dal XIX secolo parte della simbologia del comunismo anarchico
Un emblema degli anarco-comunisti francesi
L'anarco-comunismo, chiamato anche comunismo anarchicoanarchismo comunista o comunismo libertario, è una corrente dell'anarchismo, che promuove tra gli individui l'associazione volontaria ed egualitaria in una società senza Stato, grazie alla socializzazione dei mezzi di produzione e dei beni e servizi da essi derivati, distribuiti poi ad ogni persona grazie ad una gestione democratica e "orizzontale" dell'economia da parte della comunità.

L'anarco-sindacalismo è una delle espressioni dell'anarchismo con forti interazioni con le componenti contadine ed operaie dei lavoratori, massicciamente presente a livello sociale a partire dalla fine dell'Ottocento. Il suo obiettivo finale è il comunismo libertario, ovvero la riorganizzazione della società secondo i principi del federalismo e della democrazia diretta, dove siano gli stessi lavoratori a gestire le strutture politiche, economiche e sociali in modo egualitario e non-gerarchico.

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sabato 17 marzo 2018

La bandiera dei Vichinghi: lo Stendardo del Corvo "Raven Banner"

Stendardo del corvo

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Lo stendardo del corvo (in lingua norrenaHrafnsmerki; in antico ingleseHravenlandeye) fu un vessillo utilizzato da diversi capitani vichinghi tra il IX, X e XI secolo. Lo stendardo, disegnato in arte vichinga, era triangolare, con una serie di ciglia, con all'interno un corvo.
Gli studiosi ritengono che il corvo rappresenti Odino, spesso rappresentato accompagnato da due corvi chiamati Huginn e Muninn. L'intento era di spaventare i nemici invocando il potere di Odino.

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L'uso da parte dei figli di Ragnarr Loðbrók

Lo stendardo del corvo fu usato da alcuni capi vichinghi ricordati dalle saghe norrene come i figli di Ragnarr Loðbrók. La prima menzione di una forza vichinga che portava questo simbolo è nella Cronaca anglosassone. Nell'anno 878, la cronaca riporta:
« E nell'inverno dello stesso anno il fratello di Ívarr e Halfdan sbarcò in Wessex, nel Devonshire, con 23 navi, e là venne ucciso, assieme ad 800 uomini, e 40 della sua armata. Venne anche preso lo stendardo da battaglia (guðfani), che chiamavano "Corvo" »
Gli Annali di San Neot confermano la presenza dello stendardo del corvo nella Grande armata danese e ne aggiungono il suo valore magico (seiðr), di natura totemica ed oracolare:
« È stato detto che tre sorelle di Hingwar e Habba [Ivar e Ubbe], figlie di Ragnarr Loðbrok, tesserono lo stendardo e lo resero pronto in solo una mezza giornata. Inoltre è detto che se vincono una battaglia nella quale portano questo stendardo, è stato visto, che nel centro dello stendardo, un corvo spiega le sue ali. Ma se vengono sconfitti, il corvo le chiude senza muoversi. E ciò è sempre stato provato vero. »
(Lukman 141)
Questo racconto è ripetuto anche dal vescovo Asser nella Vita di Re Alfredo:
(LA)
« [V]exillum quod reafan vocant. Dicunt enim quod tres sorores Hungari et Habbae, filiae videlicet Lodebrochi illud vexillum texuerunt, et totum paraverunt illud uno meridiano tempore. Dicunt etiam quod in omni bello, ubi praecederet idem signum, si victoriam adepturi essent, appareret in medio signi quasi corvus vivus volitans; sin vero vincendi in futuro fuissent, penderet directe nihil movens: et hoc saepe probatum est. »
(IT)
« Vessillo che chiamano reafan. Si racconta che le tre sorelle di Hungarus e Habba, figlie di Loðbrók tesserono quel vessillo, e lo resero pronto nel tempo di una mezza giornata. Dicono anche che in tutte le battaglie, dove sono preceduti da quel segno, se si giunge a vittoria, appare al centro dello stendardo un corvo, quasi vivo, con ali spiegate; se invece non si ha vittoria esso per nulla si muove: e ciò è sempre stato provato »
(Grimm ch. 35)
Nella Estorie des Engles Geffrei Gaimar (scritta attorno al 1140) si menziona l'Hrafnsmerki portata dall'armata di Ubbe nella Battaglia di Cynuit (878):
o era lo stendardo di Ubbe. Lui era fratello di; venne sepolto dai danesi in un enorme tumulo nel Devonshire, chiamato Ubbelawe. »
(Lukman, 141-142.)

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Bibliografia

  • The Anglo-Saxon Chronicle. (English translation). Everymans Library, 1991.
  • Barraclough, Captain E.M.C. "The Raven Flag". Flag Bulletin. Vol. X, No. 2-3. Winchester, MA: The Flag Research Center (FRC), 1969.
  • Cappelen, Hans. "Litt heraldikk hos Snorre." Heraldisk tidsskrift No. 51, 1985.
  • Dumville, David and Michael Lapidge, eds. The Anglo-Saxon Chronicle, Vol 17: The Annals of St. Neots with Vita Prima Sancti Neoti. Woodbridge: D.S. Brewer. 1985.
  • Engene, Jan Oskar. "The Raven Banner and America." NAVA News, Vol. XXIX, No. 5, 1996, pp. 1–2.
  • Forte, Angelo, Richard Oram and Frederik Pedersen. Viking Empires. Cambridge: Cambridge University Press, 2005.
  • Grimm, JakobTeutonic Mythology. 4 vols. Trans. James Steven Stallybras. New York: Dover, 2004.
  • Hjelmquist, Theodor. "Naturskildringarna i den norröna diktningen". In Hildebrand, Hans (ed). Antikvarisk tidskrift för Sverige, Vol 12. Ivar Hæggströms boktryckeri, Stockholm. 1891., su runeberg.org.
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