venerdì 21 aprile 2017

Vite quasi parallele. Capitolo 61. Stregoneria a Casemurate: la maga Elvira predice il futuro di Riccardo

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I Romagnoli sono superstiziosi, specie nelle campagne, dove sopravvive un approccio animistico alla dimensione del sacro, quasi che certe zone, come la Contea di Casemurate, fossero distanti dal mondo moderno tanto quanto lo può essere una tribù dell'Amazzonia.
Cristo non si è fermato solo a Eboli, ma anche qualche chilometro prima di Casemurate.
Il cristianesimo casemuratense è un paganesimo mascherato da venerazione dei santi come sostituto delle divinità naturali. Lo stesso concetto di sacerdozio è qualcosa di sciamanico e completamente scisso rispetto alla gerarchia cattolica, tanto che si verificano fenomeni del tutto eccezionali.
Per esempio, negli Anni Settanta, dopo la morte del vecchio parroco, per un lungo periodo, la Curia non riuscì a trovare un sostituto, perché quella zona era considera "pagana e ostile", una "terra di missione" che era diventata infine una missione impossibile.
Durante il lungo periodo in cui la sede del parroco rimase vacante, la messa fu officiata da una donna sposata che non aveva preso alcun tipo di ordine religioso.
Il vescovo, stranamente, fece finta di non accorgersi di nulla, come se ciò che accadeva a Casemurate fosse da considerare un unicum irripetibile.
Solo le donne andavano a messa, e solo le più vecchie.
Inutile dire che erano superstiziosissime e praticavano ancora riti pagani di origine celtica e addirittura si dedicassero alla magia.
Conoscere queste anziane maghe era un'esperienza oscillante tra l'antropologia culturale e il neo-spiritualismo della New Age.
Riccardo Monterovere ebbe modo di conoscere una vera strega casemuratense di nome Elvira, che viveva in un casolare diroccato nei pressi della confluenza del fosso Torricchia nel torrente Bevano.
Questa Elvira, di cui nessuno ricordava il cognome o la data di nascita, pareva essere esistita da sempre, dal momento che anche i più anziani l'avevano conosciuta da bambini.
Doveva aver superato i cent'anni, eppure sembrava ancora in salute e attribuiva questa longevità sana alle erbe che coltivava nel suo enorme orto o che raccoglieva nei prati o nei rivali di fossi e torrenti.
Le sue qualità di erborista erano famose e riconosciute da tutti, tanto che la maggior parte del reddito dell'Elvira derivava dalla vendita delle erbe curative, comprese quelle illegali, tipo la cannabis o i funghi allucinogeni, di cui lei stessa faceva ampiamente uso.
Affinché le sue erbe fossero più efficaci, le piantava e le raccoglieva in date ben precise, coincidenti con particolari festività.
Per esempio raccoglieva l'iperico soltanto nella Notte di San Giovanni, tra il 23 e il 24 giugno, da cui il nome di Erba di San Giovanni.
Ma l'Elvira non si limitava all'attività erboristica.
Celebrava i riti propiziatori nelle date stabilite dagli antichi Galli Senoni e poi riprese con altro nome dai Romani e dai cattolici.
Per esempio la celebrazione della Candelora con fiaccolate lungo i campi e candele aromatiche fuori dalla finestra, coincideva con l'antica festività celtica di Imbolc, il primo febbraio, che nel calendario cattolico coincide con la ricorrenza di Santa Brigida, la quale aveva sostituito, nell'immaginario dei Celti, la dea Brigid, protettrice dei druidi e dei guaritori.
Allo stesso modo erano festeggiati i solstizi e gli equinozi.
In corrispondenza con la festività celtica di Samhain, divenuta la notte di Ognissanti, si preparavano letti in più per i morti e si mettevano le candele dentro le zucche ben prima che la moda di Halloween arrivasse in Italia.
L'Elvira era in grado di praticare sia la magia bianca che la magia nera: poteva scacciare il malocchio oppure operare una fattura, su richiesta di qualche comare, e dietro lauto pagamento.
Secondo alcuni che si erano rivolti a lei, tra cui Ida Braghiri (che era ritenuta una apprendista dell'Elvira) la strega aveva persino il potere di evocare i demoni e le anime dei morti, ed era molto abile come medium, specie durante le sedute spiritiche.
Aveva inoltre le classiche abilità di chiaroveggenza, praticate sia in forma oracolare quando era in trance, sia in forma pratica attraverso gli oroscopi, la chiromanzia e la conoscenza dei Tarocchi.
C'era infine una sua peculiare abilità, che le aveva permesso di arricchirsi personalmente, tramite l'interpretazione dei sogni per decidere su quali numeri scommettere per il Lotto.
A volte, quando Riccardo la raggiungeva in segreto, l'Elvira gli dava prova dei suoi poteri.
Gli dava un pezzo di carta, gli diceva di strapparlo e poi di tenerlo stretto nel pugno, mentre lei formulava un rituale. Al termine Riccardo apriva la mano e il foglio era tornato intatto.
Gli dava anche dei foglietti con scritti alcuni numeri e se per caso li avesse sognati, allora doveva giocarli al Lotto. La pratica funzionò alcune volte, finché i genitori di Riccardo non intervennero vietando al ragazzo ogni contatto con la strega.
A distanza di decenni, il ricordo dell'Elvira rimaneva vivo e forte nella memoria del rampollo dei Monterovere, tanto da mantenere accesa in lui una specie di sensitività che si traduceva in premonizioni efficaci e in un interesse per la dimensione del soprannaturale.
Il ricordo più nitido riguardava una delle ultime visite che Riccardo aveva fatto, in segreto, all'Elvira, pochi anni prima che lei morisse.
Era già un adolescente quando chiese alla vecchia maga di predirgli il futuro.
Fu un errore dovuto a una sottovalutazione di certi poteri.
<<Ne sei sicuro? Il futuro può essere predetto, ma non può essere cambiato. E' un grande peso con cui convivere>>
Riccardo, scioccamente illuso che nel suo futuro ci sarebbero state solo cose belle, non aveva paura, e dunque la curiosità prevalse.
<<Sono disposto a sopportare questo peso>>
La strega Elvira annuì:
<<Sia come vuoi tu>>
Fu un lavoro lungo.
La maga studiò il suo oroscopo in base al giorno e all'ora della nascita, poi gli lesse le mani e le carte.
A un certo punto rivolse gli occhi chiari verso di lui, e lo guardò con aria diversa, con un misto di riverenza e compassione.
Alla fine disse:
<<Felice sarà la prima parte della tua vita, fino ai 35 anni. 
Poi ci sarà un rovescio di fortuna, che ti toglierà tutto ciò che avrai di più caro. Una dopo l'altra, tutte le cose care ti saranno tolte.
E nessuno ti capirà, poiché solo chi attraversa questo tipo di esperienza può comprendere quanto male faccia. Ma tutto questo dolore un giorno ti sarà utile. 
Quando non avrai più lacrime e ti sentirai prosciugato, allora sopraggiungerà l'Illuminazione. 
La via del dolore e del sacrificio risveglia sempre una consapevolezza superiore. 
La tua mente si aprirà ad una conoscenza più elevata.
Sarà come un'Iniziazione e i Misteri che apprenderai ti porteranno a conoscere verità superiori a quelle che, nel linguaggio dei Tarocchi,  stanno dietro agli Arcani Maggiori.
Per questo io li chiamo gli Arcani Supremi, i più grandi segreti dell'universo. Spetterà a te decidere se divulgarli o meno, poiché questo è il tuo vero destino: diventare un Veggente e conoscere una nuova visione del mondo. 
Vivrai a lungo, tanto a lungo che un giorno implorerai la morte di ricordarsi di te
Vedrai i grandi cambiamenti del mondo, ma vedrai anche tutto il mondo che ami tramontare e svanire nel nulla. E capirai che è possibile vivere troppo a lungo, eppure sceglierai di vivere, perché sei troppo curioso del futuro. 
La curiosità compensa il dolore, e tu apprenderai tutto ciò che c'è da sapere. E' successo così anche per me. Succede così a tutti i Sapienti e i Veggenti.
Imparerai tuo malgrado: è la regola>>
Riccardo ci rimase male:
<<Ma io non voglio diventare niente di tutto questo! Io voglio diventare una persona normale, fare quello che fanno le persone normali...>>
La vecchia si adirò:
<<Non mentire! So bene che cosa vuoi! Tu sei uno che non si accontenta! Sei come tuo nonno Ettore: ambizioso e insaziabile. Ma ciò che otterrai sarà molto più prezioso e varrà mille volte il prezzo che dovrai pagare.
 Guarda la linea della vita nella tua mano: è molto lunga, ma frastagliata, specie dopo quel segno a metà strada. Questo indica le tribolazioni che ti trasformeranno in un Iniziato, nella seconda parte della tua vita. E più tu cercherai di cambiare questo responso, più creerai le condizioni affinché esso si verifichi>>

giovedì 20 aprile 2017

Vite quasi parallele. Capitolo 60. Ettore Ricci e la trappola dei lupi

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Un giorno, uscendo dall'asilo, Riccardo Monterovere trovò ad aspettarlo, al posto dei genitori, il nonno materno Ettore Ricci, con la sua vecchia automobile, una Prinz Sport NSU del '67.
La guida di Ettore era piuttosto spericolata e la macchina incominciava a risentirne.
<<Oggi ti porto in giro con me>> dichiarò laconico il vecchio.
<<Ma dove?>>
<<Lontano>>
Si inoltrarono in una valle e arrivarono ai piedi delle colline, in un posto dove c'era una vecchia baracca adibita a capanno da caccia.
La zona intorno era completamente selvaggia.
<<Questa era la casa di un mio vecchio zio pazzo, un certo Remigio. In realtà non era pazzo, ma faceva finta di esserlo, perché così poteva dire tutto quello che gli pareva senza temere le conseguenze. 
Un esempio fu quello che disse al circolo fascista quando venne in visita il camerata Baroncini. Nel bel mezzo del discorso di questo gerarca, lo zio Remigio saltò su ed esclamò in dialetto. "Viva Baroncini, che con un'arenga us fa magné una stmana!" (Viva Baroncini, che con un'aringa ci fa mangiare per una settimana).
Ovviamente Baroncini non apprezzò la battuta e gridò:  "Al confine!"
Poi però gli dissero che Remigio era pazzo e il gerarca lasciò correre
Tutto questo per dire che noi Ricci siamo gente schietta, non come gli Orsini, che non prendono mai posizione neanche sotto tortura!>>
A settant'anni, Ettore Ricci era un ometto arzillo, sempre con la battuta pronta, anche se la sua fibra non era più quella di una volta: il viso sembrava una prugna secca, il naso era pieno di venuzze violacee, il ventre era tormentato da calcoli alla cistifellea e da un'ernia inguinale, ma lui rifiutava qualunque tipo di intervento, per scaramanzia.
Consapevole del tempo che passava, sentiva il bisogno di trovare un erede per il suo impero, e per questo cercava di conoscere meglio i suoi tre nipoti, per stabilire quello che gli sembrava più idoneo e incominciare a istruirlo con i suoi insegnamenti.

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<<Vengo a caccia qui da oltre trent'anni. Ci sono fagiani in abbondanza e anche cinghiali. Devi stare attento al cinghiale: può essere pericoloso come un toro imbufalito. Se ti punta da vicino, meglio dargli una mela da mangiare per distrarlo. 
Oh, e poi ci sono anche i lupi da queste parti>>
Riccardo ascoltava affascinato:
<<Cosa facciamo se ci assale un branco di lupi?>>
Ettore ebbe un guizzo compiaciuto agli occhi, come se attendesse proprio questa domanda per rivelare una verità profonda:
<<I lupi non attaccano mai gli uomini direttamente, e mai da soli. Aspettano la notte e li sorprendono nel sonno, in branco. Ma io ho inventato una trappola per difendermi da loro>>
Il nipote era scettico:
<<Davvero?>>
Il nonno annuì:
<<Bisogna fissare dei coltelli a dei pali, e poi spalmarli di miele. I lupi arrivano, attirati dall'odore dolce, e si mettono a leccare il miele, e continuano, perché gli piace troppo, senza accorgersi che la lama gli taglia la lingua. Poi quei poveri scemi ingordi incominciano la leccare il loro stesso sangue sulla lama, fino a morire dissanguati. Hai capito?>>
Riccardo inarcò le sopracciglia:
<<Credo di sì>>
Ettore si accigliò:
<<No che non capisci! E' una metafora! Persino un contadino come me, con la terza elementare, sa cos'è una metafora>>
Riccardo rimase a bocca aperta:
<<Cos'è una metafora?>>
Ettore sbuffò:
<<E' un paragone abbreviato. Pensavo che avresti intuito la cosa, ma potrei essermi sbagliato su di te. Mi sa che era meglio se mi portavo dietro Fabrizio. O Alessio, magari è lui quello più furbo tra i miei nipoti!>> 
Riccardo si sentì punto sul vivo:
<<I lupi sono come gli uomini cattivi e la storia della trappola per i lupi è un avvertimento su come fare per difendermi da loro>>
Il nonno sorrise, impressionato:
<<Quando io non ci sarò più, tutti quei "lupi" si avventeranno sui miei eredi, per impadronirsi del patrimonio con minacce e intimidazioni.
Quel giorno, dovrai ricordarti di ciò che ti ho insegnato oggi: se vorrai salvarti da loro, dovrai attirarli in trappola con un'offerta ghiotta, a cui non possono resistere.
E più in generale, ogni volta che ti sentirai circondato dai nemici,  non dimenticare mai di spalmare il miele sul coltello>>

mercoledì 19 aprile 2017

Vite quasi parallele. Capitolo 59. L'anno dei tre Papi.



L'anticlericalismo accomuna i Romagnoli di qualunque opinione politica e ceto sociale, con l'eccezione di alcune bigotte intenzionate a rifarsi la verginità a suon di buonismo in salsa cattolica.
E' rarissimo, se non del tutto impossibile, che un Romagnolo di genere maschile possa essere avvistato in una chiesa a meno che non sia egli stesso il prete, oppure lo sposo o il defunto in un funerale, o al limite qualche parente o amico dello sposo o del defunto.
Ettore Ricci era a tal punto anticlericale che non andò nemmeno al funerale di sua madre, la maestra Clara, spentasi nel 1978 alla tenera età di 97 anni.
Si raccomandò tuttavia che il resto della famiglia ci andasse e manifestasse un adeguato cordoglio.
Ciò non impedì alle sorelle di Ettore, Carolina e Adriana, di prendersi vicendevolmente a male parole, borsettate ed unghiate in faccia, per una rivalità sorta in un tempo così remoto che esse stesse non sarebbero state in grado di spiegarne il motivo.
A tenere l'orazione funebre fu il Senatore Leandri, in quanto marito di una delle nipoti delle defunta, mentre la Signorina De Toschi si esibiva in uno dei suoi ruoli preferiti: quello della prefica.
Mentre si celebravano le esequie di Clara Ricci, i suoi figli maschi, Ettore, Aristide e Alberico si stavano cavando gli occhi vicendevolmente per spartirsi l'eredità materna, dal momento che l'anziana deceduta era stata l'inconsapevole prestanome per attività che qualche malalingua avrebbe potuto etichettare come prestito a tasso di usura.
Tra i fratelli Ricci volarono parole grosse, e non solo parole.
A impedire che la rissa finisse a coltellate furono due eventi concomitanti, ossia l'ingresso del piccolo Riccardo Monterovere, nipote di Ettore, e il fatto che quest'ultimo avesse acceso la televisione, giusto in tempo per ascoltare l'annuncio del rapimento di Aldo Moro.
Quell'evento rappresentò il più antico ricordo politico del piccolo Riccardo.
E come introduzione alla politica non fu proprio il massimo della positività, tanto che molti in seguito attribuirono a questo "imprinting" la colpa del suo pessimismo e del suo atteggiamento ferocemente critico nei confronti dei detentori del potere.
Alcuni si potrebbero chiedere come sia stato possibile che un bambino di tre anni potesse ricordare così distintamente quegli eventi.
Il fatto è che in famiglia tutti seguirono gli sviluppi del caso Moro con grande attenzione.
Ettore Ricci dichiarò che era evidente che <<Quella scimmia di Andreotti non muoverà un dito per salvare Moro>> e su questo tutti si trovarono concordi, tranne naturalmente il Senatore Leandri e la Signorina De Toschi.
Lo stesso discorso di papa Paolo VI risultò poco convincente, nella sua retorica tortuosità: "Uomini delle Brigate Rosse, lasciate a me, interprete di tanti vostri concittadini, la speranza che ancora nei vostri animi alberghi un vittorioso sentimento di umanità. Io ne aspetto pregando, e pur sempre amandovi, la prova". Così dichiarò il Pontefice in data 21 aprile 1978.
Il 9 maggio il cadavere di Moro fu ritrovato nel bagagliaio della famigerata Renault 4.
Cossiga, all'epoca Ministro dell'Interno, si dimise e fu forse l'unico atto dignitoso di tutta la sua carriera. Andreotti, com'era nel suo stile, resistette e tirò a campare.
A tirare le cuoia fu invece lo stesso Paolo VI, che andò in Paradiso a far compagnia ad Aldo Moro in data 6 agosto 1978.
Molti anni dopo, Riccardo avrebbe stupito gli amici dicendo: "Pensate che io mi ricordo della morte di Paolo VI", cosa gli dava una certa aura di uomo d'esperienza, che era stato testimone di eventi considerati molto lontani nel passato.
Ma tornando a quella specie di "anno dei miracoli", fu lo stesso Riccardo, per conto di sua nonna Diana, a dare la notizia al consorte di lei Ettore Ricci, che si trovava ad assistere all'estrazione delle prime barbabietole di stagione, da spedire allo stabilimento dell'Eridania del Gruppo Monti, successivamente ceduto al Gruppo Ferruzzi. 
I Ricci e i Ferruzzi erano sempre stati soci in affari ed Ettore Ricci era amico personale di Serafino Ferruzzi, mentre non nutriva simpatia per suo genero, Raul Gardini.
In ogni caso, Ettore non parve particolarmente colpito dalla dipartita del pontefice:
<<Morto un Papa se ne fa un altro>> commentò.
E infatti dopo qualche tempo venne eletto Albino Luciani col nome di Giovanni Paolo I.

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Qualche settimana dopo, si seppe che papa Luciani voleva controllare i conti dello IOR, l'Istituto Opere Religiose, ossia la banca del Vaticano e verificare se, come molti sospettavano, fosse implicata, tramite alcuni istituti controllati dalla Massoneria, in una attività di riciclaggio di denaro sporco, nella fattispecie denaro della Mafia.
Questa cosa preoccupava Ettore Ricci, che un giorno ne discusse con i fratelli:
<<Io se fossi in voi venderei tutte le azioni del Banco Ambrosiano. Non si sa mai...>>
Alberico pareva quasi convinto, ma Aristide non ne voleva sapere:
<<Mio genero, il Senatore Leandri, mi ha garantito che possiamo stare tranquilli. Chi vuoi che si metta a speculare contro le banche controllate dalla Chiesa?>>
<<Il Papa! Questo Luciani è troppo onesto per far finta di non vedere da dove vengono certi capitali...>>
<<Il Senatore mi ha assicurato che Calvi e Sindona non permetteranno a nessuno, nemmeno al Papa, di sollevare un polverone sulla finanza cattolica. Andreotti glielo ha garantito personalmente>>
I fatti sembrarono dar ragione ad Aristide.
Il 28  settembre 1978, mentre Riccardo trascorreva gli ultimi giorni in campagna, prima di iniziare l'asilo a Forlì', fu comunicata la notizia della morte di papa Giovanni Paolo I, al secolo Albino Luciani.
Il primo commento di Riccardo fu: <<Chi se ne frega, tanto morto un Papa se ne fa un altro!>>
La risposta fu un sonoro scappellotto da parte di Ida Braghiri:
<<Ma chi ti ha insegnato questo modo di parlare!>>
<<Il nonno Ettore!>>
E corse a comunicargli la notizia.
Ettore Ricci socchiuse gli occhi:
<<Non è morto di morte naturale. Qualcuno deve averlo aiutato>>
<<Ma perché?>>
<<Un giorno capirai. Sì, un giorno ti spiegherò tutto quello che c'è da sapere sull'argomento. Ti insegnerò anche i rudimenti della finanza e della politica. 
Se ti rivelerai sveglio, potrei fare di te il mio erede nella gestione di tutta la baracca: sei meno fighetto dei tuoi cugini e sei quello che mi assomiglia di più. Si sente che hai sangue caldo nelle vene! Si vede che sei uno che dice pane al pane e vino al vino e se ne infischia di quel che pensa la gente. Farò di te il vero capofamiglia!>>

martedì 18 aprile 2017

Vite quasi parallele. Capitolo 58. Il valzer degli addii.

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C'è stato un tempo in cui i balli dell'alta società si concludevano col valzer degli addii.
Per la famiglia Monterovere, che non apparteneva di certo all'alta società, il valzer degli addii ci fu lo stesso, ma incominciò troppo presto e ad aprire le danze non furono i più vecchi, perché molte volte le cose non vanno secondo natura.
Nell'agosto del 1976 morì improvvisamente, a sessant'anni, per un attacco cardiaco, Giulia Lanni Monterovere, moglie di Romano, madre di Francesco e nonna paterna di Riccardo.
Il giorno prima aveva tenuto in braccio il nipote, che aveva meno di un anno e non poté conservare quindi alcun ricordo diretto di lei, se non in via indiretta, tramite i racconti e le immagini, da cui traspariva il ritratto di una donna gentile, una madre dolce e una nonna affettuosa.
La sua era stata una vita breve, ma felice: aveva avuto tutto, tranne il tempo.
Una morte improvvisa è tuttavia il modo meno doloroso per andarsene, per chi muore, mentre è il più doloroso per chi resta.
Romano Monterovere non si riprese mai dallo shock della morte dell'amata moglie: era già di per sé un uomo austero e ipocondriaco: dopo la morte di Giulia divenne cupo e distante, si convertì al cattolicesimo e andò in pensione, conducendo da quel momento in avanti una vita ascetica e quasi monacale.
Era già parsimonioso prima di restare vedovo: dopo divenne taccagno.
Come padre era stato severo e inflessibile: come suocero divenne insopportabile.
Spesso sua nuora Silvia si lamentava: <<Come regalo di matrimonio ci ha fatto una pentola a pressione. Basta questo per capire che tipo è Romano>>
Senza la mediazione di Giulia, Romano finiva per essere preda delle proprie ossessioni.
La parte migliore di Romano era Giulia, e tutto ciò che era buono in lui morì con lei, e giacque sepolto insieme a lei.
Non si rassegnò mai alla scomparsa dell'amata consorte.
Sua figlia Enrichetta, al contrario, se ne fece una ragione molto più facilmente, commentando:
«La morte non accetta un No come risposta».
Spiegò inoltre che non bisognava mai investire troppo su un rapporto di coppia (lei stessa infatti trattava il marito come una pezza da piedi) perché in fondo l'amore non era altro che una dipendenza psicologica.
Detto questo, Enrichetta prese il posto del padre in Azienda, mentre i suoi fratelli Francesco e Lorenzo vennero di fatto estromessi, grazie all'alleanza che la sorella aveva concluso con lo zio Tommaso, la zia Anita e i figli di Ferdinando e degli altri fratelli defunti.
Ma Francesco e Lorenzo erano troppo sconvolti dal dolore per capire che quello era il primo passo per essere totalmente esclusi da una vera e propria fortuna.
Il secondo addio, due anni dopo fu per Eleonora Bonaccorsi Monterovere, madre di Romano, nonna di Francesco e bisnonna di Riccardo.
Nella memoria del pronipote bambino rimase l'immagine di questa bisnonna quasi centenaria, che camminava appoggiandosi a un deambulatore, ma era ancora lucida con il pensiero e le parole.
Tra questi ricordi il più chiaro fu l'ultimo, quando Eleonora, sentendo che la fine era prossima, volle parlare col nipote prediletto, il padre di Riccardo:
Cercò di metterlo in guardia:
<<Francesco, devi stare attento. Anita ed Enrichetta ti porteranno via tutto, e Tommaso non farà niente per impedirlo>>
Lui ci rimase male:
<<No, non arriveranno a tanto. Mi hanno assicurato che tutto sarà diviso in parti uguali>>
Eleonora rise:
<<Come sei ingenuo! Il più grande errore è credere che le persone pensino veramente quello che dicono, e viceversa>>
Francesco scuoteva la testa, facendo oscillare il ciuffo castano ribelle che aveva conquistato tante donne nei suoi anni universitari:
<<Io ho fiducia in loro. Non credo che mi deluderanno>>
Eleonora sospirò:
<<Francesco, hai trentacinque anni e non hai ancora capito che non sono le persone a deluderci, ma le aspettative che noi poniamo su quelle persone. 
In generale, le aspettative sono nemiche della felicità e le tue sono decisamente troppo alte>>
Era vero, ma lui non voleva ammetterlo a se stesso:
<<Nonna, come puoi chiedermi di dubitare di loro? Sono la tua famiglia e anche la mia famiglia!>>
Proprio perché erano la sua famiglia, Eleonora li conosceva bene, e aveva scelto con esattezza da che parte stare:
<<La mia famiglia sei tu, Francesco, con tua moglie e tuo figlio. E loro sono la tua unica famiglia. Silvia e Riccardo, e basta! Questi sono gli unici Monterovere di cui tu sei responsabile. Non dimenticarlo mai!>>
Il nipote era ancora troppo legato a una visione patriarcale della famiglia per poter rendersi conto del fatto che sua nonna aveva detto qualcosa di molto importante.
<<E mio padre? Nemmeno di lui mi posso fidare? E' tuo figlio...>>
Eleonora non aveva certo bisogno che glielo ricordassero:
<<Romano non è più quello di una volta. Da quando Giulia è morta, lui si è chiuso in se stesso e ha delegato tutto ad Enrichetta e Tommaso, e loro se ne stanno approfittando>>
Francesco si commosse nel ricordo della madre:
<<Non posso credere che mia sorella e i miei zii mi stiano ingannando, con la tacita complicità di mio padre>>
L'anziana matriarca se ne uscì con uno dei suoi proverbi preferiti:
<<E' più facile ingannare la gente che convincerla di essere stata ingannata>>
Il nipote riconobbe l'insegnamento, ma continuò a resistere all'idea:
<<L'inganno da parte di un familiare è un tradimento troppo difficile da accettare>>
Eleonora lo guardò fisso, con i suoi occhi chiari che avevano visto troppe cose:
<<E' difficile, ma è la verità e bisogna avere il coraggio di guardarla in faccia. La maggioranza delle persone non vuole conoscere la verità perché non vuole che le sue illusioni vengano distrutte, e per questo preferisce mettere la testa sotto la sabbia. 
Tu non devi cedere a questa tentazione, o a rimetterci saranno tua moglie e tuo figlio>>
Questo fu il suo avvertimento.
Si dice che chi è in punto di morte riesca a vedere il futuro, ed Eleonora Bonaccorsi Monterovere aveva previsto tutto con inquietante esattezza, prima di lasciare questo mondo nel gennaio del 1978.

domenica 16 aprile 2017

Possibili piani di spartizione della Siria e dell'Iraq dopo la sconfitta dell'Isis

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E' difficile dire quanto ancora durerà la guerra civile in Siria e in Iraq, specialmente dopo che l'amministrazione Trump ha cambiato atteggiamento nei confronti del presidente siriano Assad, incolpandolo di un improbabile uso di armi chimiche (quasi sicuramente fatte esplodere dagli jihadisti del gruppo Tharir Al-Sham, alleato di Al-Qaeda). Resta comunque improbabile che la Russia di Putin possa permettere la caduta di un alleato come Assad, sostenuto anche da tutto il mondo sciita, tra cui l'Iran, l'Iraq e il partito libanese combattente degli Hezbollah.
E' altrettanto improbabile, tuttavia, che Assad possa vincere la guerra, riprendendo il controllo su tutto il territorio siriano.
Si dovrà dunque arrivare, prima o poi, ad una divisione (temporanea o definitiva) del paese in zone di influenza, tenendo conto delle componenti etnico-religiose e dei paesi stranieri che hanno supportato le varie fazioni in campo, soprattutto nella guerra contro l'Isis, lo Stato Islamico che tutt'ora controlla la maggior parte del territorio.
Un possibile piano di spartizione potrebbe essere quello indicato nell'immagine introduttiva, che comprende una completa suddivisione del Medio Oriente, incluso quindi anche l'Iraq.
La zona a nord sarebbe sotto il controllo degli Usa, in parte condiviso con la Turchia e in parte destinato alla creazione di un Kurdistan indipendente.
La zona rossa centrale, comprendente lo Stato Alawita, la capitale Damasco e le città di Aleppo, Hama, Homs e Palmyra, rimarrebbe sotto il controllo congiunto della Repubblica Araba di Siria (controllata dal partito Baath, dalla famiglia Assad e dagli Hezbollah) e della Russia di Putin.
La zona sud della Siria, compresa l'area dei Drusi, sarebbe sotto il controllo del Regno Unito, della Giordania e indirettamente anche di Israele, che otterrebbe l'annessione delle alture del Golan.
Per quello che riguarda l'Iraq, la secessione del Kurdistan iracheno è sicura, mentre per ciò che resta dello stato arabo, potrebbe essere auspicabile una soluzione federale che separi la regione sunnita, il Sunnistan, da quella sciita, lo Shiistan.
Rispetto all'immagine introduttiva, il punto più incerto riguarda la zona nord, che è ancora in gran parte sotto il controllo degli jihadisti di Tharir Al-Sham, che hanno il loro centro operativo nella città di Idlib e godono del pieno sostegno della Turchia, la quale fornisce loro armamenti e rifornimenti, oltre che supporto militare diretto.
L'immagine sottostante risale al 2015, prima dell'intervento diretto della Turchia e prima del sostegno degli Stati Uniti all'offensiva dei Curdi contro l'Isis.

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L'idea di lasciare ad Assad e alla Russia soltanto il controllo dello Stato Alawita non tiene conto della riscossa dell'esercito siriano, che, grazie anche all'appoggio di Putin e degli Hezbollah, ha riconquistato Aleppo, Palmyra e parte dei territori a sud dell'Eufrate, ponendo le basi per un forte nucleo sciita.
Anche la proposta di lasciare ad Assad, oltre lo Stato Alawita, anche una striscia di territorio comprendente Hama, Homs e Damasco, rinunciando però ad Aleppo e Palmyra, non è attuabile, considerando l'impegno profuso dallo stesso Assad e dall'alleato Putin nella riconquista delle due città in questione.

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Considerando la situazione attuale, come si può vedere nella mappa sottostante, le città di Aleppo e Palmyra dovranno rimanere sotto il controllo congiunto siriano-russo.

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Resta da vedere chi riuscirà a conquistare il territorio ancora controllato dall'Isis. 
Nei primi mesi del 2017 sembrava che Putin e Trump avessero trovato un accordo tacito e implicito sulla suddivisione dell'Isis e cioè la zona a sud dell'Eufrate sotto l'influenza della Russia e la zona a nord dello stesso fiume sotto l'influenza degli Stati Uniti.
L'inaspettata svolta anti-putiniana di Trump ha complicato enormemente la situazione, causando una battuta d'arresto nella guerra contro l'Isis, ridando speranze ai cosiddetti "ribelli moderati" sunniti di stampo salafita e wahabita, sostenuti dall'Arabia Saudita e dalla Turchia.
Una soluzione probabile, considerando gli equilibri attuali e le intenzioni future delle parti in causa, potrebbe essere la seguente: le zone dell'Isis a est di Palmyra potrebbero spettare ad Assad sotto l'influenza russa e le zone a ovest ai sunniti sotto l'influenza statunitense.
Questa soluzione tiene anche conto del fatto che il blocco sunnita otterrebbe l'obiettivo di chiudere il "corridoio sciita" che, tramite la Siria e l'Iraq, permetteva all'Iran uno sbocco al Mediterraneo, con la possibilità di costruite gasdotti e oleodotti in quella direzione.
E' noto infatti che la guerra civile è incominciata quando un gruppo di terroristi, sostenuti dall'Arabia Saudita, dalla Turchia e dal Qatar, hanno cercato di rovesciare il governo di Assad per poter creare un corridoio sunnita che permettesse il passaggio di un gasdotto che da Doha sarebbe dovuto arrivare fino a Istanbul passando per il deserto saudita e quello siriano.
Questa soluzione appare ancora praticabile a patto che i territori a est di Palmyra cadano sotto controllo dell'alleanza sunnita filo-statunitense.

Il primo, il secondo e il terzo mondo nel 2016 in base all'indice di sviluppo umano



L'indice di sviluppo umano è un indicatore di sviluppo macroeconomico realizzato nel 1990 dall'economista pakistano Mahbub ul Haq, seguito dall'economista indiano Amartya Sen. È stato utilizzato, accanto al PIL (prodotto interno lordo), dall'Organizzazione delle Nazioni Unite a partire dal 1993 per valutare la qualità della vita nei paesi membri.
In precedenza, veniva utilizzato soltanto il PIL, indicatore di sviluppo macroeconomico che rappresenta il valore monetario dei beni e dei servizi prodotti in un anno su un determinato territorio nazionale e che si basa quindi esclusivamente sulla crescita e non tiene conto del capitale (soprattutto naturale) che viene perso nei processi di crescita. Questi parametri misurano esclusivamente il valore economico totale o una distribuzione media del reddito. In pratica, un cittadino molto ricco ridistribuisce la sua ricchezza su molti poveri falsando in tal modo il livello di vita di questi ultimi.
Si cercò quindi, attraverso l'indice di sviluppo umano, di tener conto di differenti fattori, oltre al PIL procapite, che non potevano essere detenuti in modo massiccio da un singolo individuo, come l'alfabetizzazione e la speranza di vita.
La scala dell'indice è in millesimi decrescente da 1 a 0 e si suddivide, in base ai quartili (dal 2010), in quattro gruppi: paesi a molto alto sviluppo umano, paesi ad alto sviluppo umano, paesi a medio sviluppo e paesi a basso sviluppo umano.

sabato 15 aprile 2017

Alleati della Siria e di Assad

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Il gasdotto della discordia
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Piano per la spartizione della Siria

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L'Area di Separazione tra il Golan e la Siria

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La Forza di disimpegno degli osservatori delle Nazioni Unite (UNDOF dall'inglese United Nations Disengagement Observer Force) è una missione delle Nazioni Unite, decisa con la risoluzione 350 del Consiglio di sicurezza il 31 maggio 1974, per supervisionare il disimpegno delle truppe siriane ed israeliane al confine tra le due nazioni.

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La missione si rese necessaria per stemperare il clima di tensione tra i due paesi per la contesa delle alture del Golan e per fare da "cuscinetto" tra i due Stati, al fine di evitare - con la propria presenza - che la situazione di tensione si trasformasse in guerra.
Il quartier generale, "Camp Faouar", si trova in territorio siriano; attualmente il contingente è composto da 1.048 militari, e il comandante della missione è il generale austriaco Wolfgang Jilke.
Le nazioni che hanno contribuito al contingente militare sono: Austria, CanadaIndiaGiapponeNepalPolonia e Slovacchia.
Il costo della missione si aggira intorno ai 40 milioni di dollari annui.
Israele iniziò la costruzione di insediamenti nella parte restante del territorio e governò l'area sotto amministrazione militare fino al 1981 quando approvò la Legge delle Alture del Golan, ponendo la regione sotto il diritto civile, l'amministrazione e la giurisdizione israeliana
Dal 1988 Israele ha permesso ai pellegrini drusi di attraversare la frontiera per visitare il santuario di Abele in Siria.
Nel 2005 le alture del Golan avevano una popolazione di circa 38.900 persone, di cui circa 19.300 drusi, 16.500 ebrei, e 2.100 musulmani.
Le cosiddette "fattorie di Shebʿā" sono un'area agricola di quattordici fattorie che si trovano a sud di Shebʿā, un'area contesa tra Libano e Israele.

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Gli occhi del Medio Oriente

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Mappa della Terza Guerra Mondiale. Potenze Marittime contro Blocco Eurasiatico



Normalizzato Trump tramie i dossier dell'FBI, diretta ancora dagli uomini di Obama e di Bush. l'apparato militare industriale e le lobbies degli Usa si preparano alla guerra. 
Ecco come, secondo il riassunto di una conferenza di un diplomatico statunitense, George Friedman, consigliere politico del Dipartimento di Stato, fondatore del think tank Stratfor, raccolta da Pandora TV, ptv speciale. https://www.pandoratv.it/?p=3256

<<– Soltanto l’alleanza tra Unione Europea e Federazione Russa potrebbe minacciarci, ma noi non lo permetteremo: faremo sempre in modo di creare attriti tra loro e in particolare di impedire accordi tra Germania e Russia. Legheremo a noi la Germania, gigante economico e nano politico, come sempre nella storia.
– Per questo sosteniamo l'Ucraina e la rendiamo alleata della Germania e nemica della Russia.
– L’esercito di Kiev è il nostro esercito, tant’è vero che diamo medaglie ai loro soldati.
– Noi stiamo posizionando armi in tutti i paesi dell’Est europeo, approfittando della loro russofobia.
– Il nostro scopo: stabilire un cordone sanitario attorno alla Russia.
– Noi possiamo invadere ogni paese del mondo, mentre nessun paese può invaderci.
– Tuttavia, non possiamo occupare l’Eurasia; la tattica è fare in modo che i paesi si dilanino tra loro.
– Per la Russia, l'occidentalizzazione dell’Ucraina è una minaccia esistenziale, così come un eventuale ingresso della Georgia nella Nato o la caduta del governo di Assad in Siria: questi saranno dunque i nostri obiettivi primari, da ottenere a qualunque costo.

– «È cinico, è amorale, ma funziona».
– L’obiettivo non è vincere il nemico, ma destabilizzarlo.
– La destabilizzazione è il solo scopo delle nostre azioni estere. Non instaurare la democrazia; quando abbiamo destabilizzato un Paese, dobbiamo dirci: «Missione compiuta», e tornare a casa.

-- Per fare questo è utile sfruttare la rivalità tra Sciiti e Sunniti in Medio Oriente, come accade non solo in Siria e Iraq, ma anche nello Yemen, confermando l'Arabia Saudita come nostro alleato principale, insieme a Israele.
-- Anche la Cina va ridimensionata, a partire dalla caduta della famiglia Kim in Nord Corea e dalle isole contese con Giappone, Taiwan, Vietnam e Filippine >>

La psicoterapia o analisi bioenergetica di Alexander Lowen

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L'Analisi bioenergetica è un tipo di psicoterapia a mediazione corporea messo a punto dal medico e psicoterapeuta americano Alexander Lowen a partire dagli anni cinquanta, per la cura dei disturbi psicofisici[1]. Tale disciplina è oggi inclusa nell'ambito delle terapie alternative[2][3][4].

Definizione

La bioenergetica parte dal presupposto che ogni individuo disponga di un'energia vitale, essenziale sia per un'interazione fra corpo e mente, sia per il controllo degli stati fisici e di quelli mentali[5]. L'energia a cui fa riferimento la bioenergetica è stata definita, a seconda degli influssi culturali, Qi (chi), forza vitale; tra i suoi effetti più facilmente riconoscibili, secondo i terapeuti, vi sono le variazioni del tono dell'umore[5]. Alcune pratiche orientali come l'agopuntura, lo yoga, il t'ai-chi ch'uan utilizzano concetti analoghi di energia corpo-mente; infatti la bioenergetica, sostengono i terapeuti, rappresenta un ponte fra la filosofia e le discipline fisiche orientali e la psicologia occidentale[6].

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Cenni storici

Sigmund Freud, l'inventore della psicoanalisi, nei suoi approfondimenti sulla natura della psiche ricorse alla definizione di libido o energia psichica; questo concetto ispirò uno dei suoi seguaci Wilhelm Reich, che attraverso i suoi studi arrivò fino alla focalizzazione dell'energia sessuale, ribattezzata da lui "orgone" e ad una serie di concetti che, ripresi da Alexander Lowen, diverranno assi portanti della struttura teorica e tecnica della bioenergetica.
Reich formulò l'ipotesi che la pulsazione in un individuo, ossia la successione di espansione e di contrazione, rappresenti un fondamento primario di ogni organismo, che procura piacere e benessere e si esplica compiutamente, nell'orgasmo genitale. Ogni organismo, di fronte ad una minaccia, reagisce con un'azione di contrazione; per quanto riguarda l'uomo, il pericolo affermò Reich, proviene da un ambiente educativo repressivo e autoritario, che può indurre frustrazioni nel bambino e paure quando sarà adulto. Se cronicizzate, le paure sfociano nella simpaticotonia cronica, cioè una condizione in cui prevale il sistema nervoso simpatico, e ,secondo Reich, il fattore patogeno di tutte le malattie.
Quando l'individuo si trova in questo stato, soffoca le emozioni collegate al piacere con il conseguente insorgere di rimozioni, blocchi, spasmi muscolari che costituiscono la cosiddetta "corazza".
Reich era convinto che non fosse sufficiente portare alla coscienza le cause psichiche patogene per guarire, e proprio per questo motivo si allontanò dalla psicoanalisi[7].

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I 5 caratteri di Lowen

Lowen elaborò una tipologia formata da cinque caratteri basilari ciascuno dei quali si forma in seguito alla negazione di un diritto fondamentale del bambino[8]:
  • schizoide, contraddistinto dalla paura del contatto, le cui origini si perdono nel periodo neonatale, caratterizzato dalla negazione del diritto di esistere;
  • orale, caratterizzato dal bisogno negato del contatto, a causa di mancanza di affetto parentale nel periodo infantile, formatosi a causa della negazione del diritto di avere bisogno;
  • psicopatico, tendente ad azioni manipolative, sorte per la presenza di figure esigenti durante la sua infanzia, formatosi per la negazione del diritto di essere se stesso;
  • masochista, distinto da una tendenza al sacrificio, formatasi a causa della negazione del diritto di essere indipendente;
  • rigido, avente una grande difficoltà ad amare e a farsi amare, formatosi per la negazione del bisogno di essere amato.
Ognuno di questi tipi è caratterizzato da un atteggiamento del corpo di natura difensiva.
Rispetto alle teorie reichiane, Lowen, ridimensionò l'importanza della sessualità nella patologia, e scoprì il grounding, ossia la postura, il modo di camminare e così via. Il termine "grounding" si può tradurre in italiano con l'espressione "essere sulle proprie gambe", "avere i piedi per terra" e diventa uno degli obiettivi terapeutici fondamentali dell'Analisi Bioenergetica. Il "grounding" si può vedere come un'estensione dei sette anelli che costituiscono l'armatura caratteriale individuata da Reich. Egli si era fermato a considerare le tensioni corporee fino al bacino, mentre Lowen, proprio tramite il concetto di "grounding" considera anche le gambe e i piedi che diventano così la base dell'essere umano. Un uomo dotato di "grounding", cioè con i piedi per terra, è a contatto con la realtà esterna ed interna, con la propria realtà animale e con le proprie sensazioni: è presente a se stesso. Lowen approdò a questa scoperta in seguito alla sua terapia effettuata con Reich. Reich lavorava con il paziente disteso, cercando di sciogliere le tensioni muscolari dei sette anelli di costrizione, partendo dall'anello oculare e scendendo man mano fino all'anello pelvico. Il fine era quello di far raggiungere spontaneamente al paziente il riflesso orgasmico nel corso della seduta, tramite la semplice respirazione. Infatti, quando la respirazione non è costretta da tensioni muscolari croniche, il bacino si retrae leggermente durante l'inspirazione e si protende in avanti durante l'espirazione, producendo appunto quello che Reich chiamò il riflesso orgasmico. Lowen si rese conto che dopo aver raggiunto questi risultati terapeutici, ancora alcuni aspetti del suo carattere erano rimasti irrisolti, e cominciò a sperimentare delle posizioni fisiche nuove che gli permettessero di sentirsi meglio e maggiormente integrato e a contatto con la realtà. Fu così che scoprì le posizioni di "grounding". La posizione principale consiste nel far posizionare il paziente in piedi, con le ginocchia leggermente flesse, i piedi con le punte rientranti e talloni divaricati alla stessa ampiezza delle spalle, il busto deve restare eretto e il peso del corpo deve essere distribuito su tutta la pianta del piede. In questa posizione il paziente deve lasciarsi respirare liberamente, cercando di far scendere il proprio baricentro fino alla pancia, punto che gli orientali chiamano "hara". In questo modo il paziente dovrebbe pian piano sentire maggiormente il contatto dei piedi col suolo, sentirsi maggiormente radicato e più a contatto con la propria realtà. In questa posizione è facile che dopo un certo tempo comincino a svilupparsi delle leggere vibrazioni lungo le gambe, segno che le tensioni muscolari nelle gambe si stanno sciogliendo e l'energia comincia a circolare. Vi sono altre posizioni fatte assumere al paziente per aumentare il senso del "grounding", come quella del "Bend-over" e quella dell'arco, tutte aventi lo scopo di far aumentare la sensazione di contatto con se stessi e con la realtà, oltre che quella di ampliare la respirazione e aumentare la circolazione dell'energia nel corpo.

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Il concetto di energia

Il termine "Analisi bioenergetica" implica in sé un qualche concetto di energia. Lowen la chiamò "bioenergia", in senso generale, distaccandosi dalle teorie di Reich sull'esistenza di un'energia cosmica denominata "energia orgonica". L'energia di cui parla Lowen non è assimilabile solo alla libido di Freud, ma è l'energia dell'intero organismo, sono i processi energetici in generale che sono alla base della vita e di tutte le nostre attività come essere umani. Già le cellule funzionano tramite processi metabolici che implicano la produzione di energia per assolvere alle loro funzioni vitali, e noi come organismi complessi funzioniamo alla stessa maniera. Introduciamo ossigeno nel nostro organismo tramite la respirazione (precisamente tramite l'inspirazione), che verrà utilizzato, insieme ad altre tipologie di materia assunte e assimilate, nella maggior parte dei casi, tramite l'apparato digerente, per produrre l'energia di cui abbiamo bisogno per sopravvivere. Tramite l'espirazione e la defecazione espelliamo invece i materiali di scarto e rifiuto. Assume quindi grandissima importanza la respirazione, aspetto che già Reich aveva messo al centro del proprio agire terapeutico. Uno degli obiettivi dell'Analisi Bioenergetica è proprio quello di ampliare la respirazione nel paziente, cominciando dal fargli percepire quanto la sua respirazione naturale sia limitata da tensioni croniche nel suo organismo. Secondo Lowen i bambini imparano molto presto a reprimere le emozioni spiacevoli trattenendo la respirazione e, se questo meccanismo di difesa diventa abituale, si instaurano nel corpo delle tensioni croniche (a livello diaframmatico ma non solo) che limitano la respirazione e la percezione delle emozioni, soprattutto di quelle contenute nella pancia. Ampliando la respirazione con precise tecniche terapeutiche si ottiene che l'organismo dispone di maggiore energia e che il soggetto comincia a tornare in contatto con le emozioni represse potendo così integrarle all'interno della propria personalità. Parlando di processi energetici è importante sottolineare che per l'Analisi Bioenergetica la personalità può essere descritta attraverso un diagramma piramidale, alla cui base stanno i processi energetici del corpo e, salendo verso il vertice della piramide, si incontrano le sensazioni, le emozioni e l'Io. I processi energetici sono quindi alla base della personalità, ed è grazie ad essi che si manifestano sensazioni, che possono diventare emozioni che possono essere tradotte in azione tramite le funzioni dell'Io.

Utilizzi

I terapeuti di bioenergetica sostengono che le emozioni attuino alcuni effetti sul nostro corpo, e soprattutto la respirazione, la postura, i movimenti potrebbero essere influenzati da problemi psicologicistressansiarabbia[5].
Questi problemi, talvolta, secondo l'opinione dei terapeuti di bioenergetica, reprimono il normale flusso energetico.
Lo scopo della bioenergetica, affermano i terapeuti, è quello di rendere consapevoli i pazienti sui loro abituali movimenti e sulle loro posture in associazione alle emozioni[5].
La bioenergetica prevede una serie di esercizi atti a ridurre le tensioni muscolari, per consentire al corpo di riacquistare quella naturalezza perduta e contemporaneamente, secondo i bioenergetici, è ottenibile una sorta di "liberazione" del problema emozionale, che in queste condizioni può essere curato con maggior efficacia tramite l'ausilio di altre tecniche psicoterapeutiche[5].

Note

  1. ^ Hoffmann, Gudat 1997, pp.17-19
  2. ^ Shannon 2002, p. 331-332, 351
  3. ^ Wengell 2008, p. 163
  4. ^ Mercer 2014, pp. 65, 103, 208
  5. ^ a b c d e Fasani, Gianfranceschi 1993, p. 74
  6. ^ Hoffmann, Gudat 1997, p.12
  7. ^ Minio, Beltrame 1987, p.184
  8. ^ Minio, Beltrame 1987, p.185

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Richard Hoffmann e Ulrich Gudat, Bioenergetica, traduzione Viviana Chiarlo, Como, Red Edizioni, 1997 [1994], pp. 12, 17-19, ISBN 88-7031-836-2.
  • (EN) Scott Shannon, Handbook of Complementary and Alternative Therapies in Mental Health, San Diego, Academic Press, 22 gennaio 2002, pp. 331-332,351, ISBN 978-0-08-053341-4.
  • (EN) Douglas Wengell, Educational Opportunities in Integrative Medicine: The A to Z Healing Arts Guide and Professional Resource Directory, Nathen Gabriel, Adam Perlman, Oversheil Farm, The Hunter Press, 2008, p. 163, ISBN 978-0-9776552-4-3.
  • (EN) Jean Mercer, Alternative Psychotherapies: Evaluating Unconventional Mental Health Treatments, Lanham, Rowman & Littlefield Publishers, 30 luglio 2014, pp. 65,103,208, ISBN 978-1-4422-3492-5.
  • Giovanni Fasani, Piero Gianfranceschi e Attilio Speciani, Guida alla medicina naturale dall'A alla Z, Selezione dal Reader's Digest, 1993, ISBN 978-88-7045-113-9.
  • Antonino Minio e Piero Beltrame, L'analisi bioenergetica, in Conoscere le psicoterapie, Arrone, Thyrus, 1987, SBN IT\ICCU\UM1\0052641.
  • A.Lowen, Il linguaggio del corpo, Feltrinelli, Milano 1978-2003
  • A.Lowen, Amore e orgasmo, Feltrinelli, Milano 1978-2001
  • A.Lowen, Espansione e integrazione del corpo in bioenergetica, scritto con la moglie Leslie Lowen, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1979
  • A.Lowen, La depressione e il corpo. La base biologica della fede e della realtà, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1980
  • A.Lowen, Il tradimento del corpo, Edizioni Mediterranee, Roma 1982
  • A.Lowen, Paura di vivere, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1982
  • A.Lowen, Bioenergetica, Feltrinelli, Milano 1983-2004
  • A.Lowen, Il piacere. Un approccio creativo alla vita, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1984
  • A.Lowen, Il narcisismo. L'identità rinnegata, Feltrinelli, Milano 1985-2008
  • D.Boadella-,J.Liss La psicoterapia del corpo, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1986
  • A.Lowen, Amore, sesso e cuore, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1989
  • A.Lowen, La spiritualità del corpo. L'armonia del corpo e della mente con la bioenergetica, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1994
  • A.Lowen, Arrendersi al corpo. Il processo dell'analisi bioenergetica, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1994
  • U.Sollmann, Esercizi bioenergetici, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1995
  • A.Lowen, La voce del corpo. Il ruolo del corpo in psicoterapia, Astrolabio-Ubaldini, Roma 2009
  • A.Lowen, Onorare il corpo. La nascita della Bioenergetica nell'autobiografia del suo fondatore, Xenia, Milano 2011


venerdì 14 aprile 2017

Psicosomatica

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La psicosomatica è una branca della psicologia clinica volta a ricercare la connessione tra un disturbo somatico (anche generico) e la sua eziologia sempre di natura psicologica.
Il suo presupposto teorico è la considerazione dell'essere umano come inscindibile unità psicofisica; tale principio implica che in alcune forme morbose - e finanche nel politraumatismo apparentemente accidentale - accanto ai fattori somatici giochino un ruolo anche i fattori psicologici.
L'interconnessione tra un disturbo e la sua causa d'origine psichica si riallaccia alla visione olistica del corpo umano, all'interno della consapevolezza che mente e corpo sono strettamente legati in virtù dell'unità psicofisica. Uno degli indirizzi più promettenti della ricerca in psicosomatica negli ultimi trent'anni (grazie anche allo sviluppo e alla nascita di nuove tecniche e tecnologie biomediche) è la psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI), che ha l'obiettivo di chiarire le relazioni tra funzionamento psicologico, secrezione di neurotrasmettitori a livello cerebraleormoni da parte del sistema endocrino e funzionamento del sistema immunitario.

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Le origini

Il principio fondamentale della medicina primitiva concepiva la malattia come una condizione di disagio dell'uomo “intero” in cui l'effetto della volontà di una forza superiore era considerato elemento causale e determinante. Nel mondo magico primitivo non esisteva né una concezione della mente, né una concezione del corpo, né dell'ambiente e l'uomo si sentiva immerso nella natura sotto tutti i suoi aspetti, riconoscendosi inferiore e dipendente da tali forze. In questa visione del mondo, lo sciamano, il medicine man, è l'intermediario tra il mondo degli umani e il mondo degli spiriti. In questo contesto la malattia finisce con il riguardare l'intera comunità assumendo anche il carattere di “evento sociale” che attraverso l'opera dello sciamano può essere portata alla guarigione.[1]

Nell'antichità

Nel corso dei millenni, la figura del medico si mantiene, sostanzialmente, collegata a quella del saggio, del sacerdote. La medicina pitagorica, in particolare, aveva ricercato le analogie tra l'uomo e l'universo, tra il microcosmo e il macrocosmo e aveva concepito la malattia come una rottura dell'equilibrio dell'organismo, come una sorta di “perduta armonia” tra queste due forze. La medicina umorale di Ippocrate aveva invece affermato come responsabile della malattia, lo squilibrio tra gli umori del corpo. Tale concezione è di importanza fondamentale per la storia della medicina psicosomatica poiché inserisce il “temperamento” individuale come elemento sostanziale della malattia individuando, in ciascuna persona, la sua “costituzione”: il tipo “sanguigno, “flemmatico”, “bilioso” e “melanconico”, esprimerebbero, in definitiva, il carattere e il “modo di porsi nel mondo” di ciascuno di noi. L'approccio generale di Ippocrate sarà rispettato anche da Galeno e diventerà punto di riferimento per tutto il Medioevo e il Rinascimento.

Seicento

Nel Seicento, la scoperta del microscopio e le idee del filosofo René Descartes offriranno alla medicina una concezione dell'organismo regolato da forze meccaniche e fisico-chimiche, tanto che la distinzione tra res cogitans e res extensa influenzerà tutta la medicina pervenendo perfino a definire la medicina moderna. Se all'inizio, però, una tale concezione si era rivelata utile, data la complessità dello studio della disciplina, separare la res cogitans dalla res extensa alla fine “aveva creato anche problemi di una certa importanza perfino al medico pratico che si trovava a curare un paziente esteso e cogitante allo stesso tempo e vedeva fin troppo bene come i due aspetti si intersecassero fra di loro”[2] È da notare che Claude Bernard, intorno alla fine dell'Ottocento, era giunto a parlare di omeostasi per descrivere il processo di autoregolazione da parte dell'organismo riproponendo la visione unitaria della malattia.

La rivoluzione psicoanalitica

Dobbiamo attendere, però, il contributo di Sigmund Freud che attraverso gli studi sull'isteria, affermò che un contenuto psichico, qualora represso, era capace di provocare importanti modificazioni corporee e il “misterioso salto” dalla mente al corpo era divenuto un evento possibile. Mentre però Sigmund Freud concentrava la sua attenzione e il suo lavoro sulla produzione verbale dei suoi pazienti, Wilhelm Reich, uno psichiatra austriaco, introdusse nella psicoanalisi anche l'osservazione e il lavoro analitico sul corpo. Successivamente, le teorie di Reich offriranno lo spunto per lo sviluppo dell'analisi bioenergetica, metodica psicoterapeutica elaborata in seguito da Alexander Lowen. Questo approccio, unico nel suo genere, ha avuto il merito di ri-considerare la mente e il corpo come un'unità funzionale, inscindibile, tanto che l'intervento degli analisti bioenergetici è costituito da una complessa combinazione di lavoro sul corpo e lavoro psicoanalitico. Tra gli anni Quaranta e gli anni Cinquanta, Franz Alexander propose che gli stati conflittuali, attraverso la mediazione del sistema neurovegetativo, fossero anche implicati nelle cause di varie malattie psicosomatiche.

Sviluppi ulteriori

Un'altra teoria molto significativa è quella proposta dalla Dunbar, allieva e collaboratrice dello stesso Franz Alexander. Ella sostenne che la struttura della personalità individuale può condizionare le difese corporee, predisponendo allo sviluppo di determinate malattie. Vent'anni di studi ulteriori, tra il 1970 e il 1990, ma che ancora oggi forniscono risultati importanti, hanno chiarito che sensibile alle reazioni emozionali non è solo il sistema nervoso vegetativo ma anche, e notevolmente, il sistema endocrino e il sistema immunitario inaugurando il filone di ricerca della psiconeuroendocrinoimmunologia (la cosiddetta P.N.E.I.). In Italia, lo psicologo Ferruccio Antonelli nel 1981 iniziò a parlare di “brositimia”, letteralmente “sentimento ingoiato”. Secondo questo autore, le persone affette da disturbi di natura psicosomatica, presenterebbero difficoltà nel reagire alle avversità della vita, tanto che questo loro stile di vita risultò essere il principale responsabile delle loro sofferenze, la più chiara espressione della somatizzazione dell'ansia. “Mandare giù”, d'altra parte, ricorda il comportamento dello struzzo: non risolve i problemi ma li dirotta all'interno lasciandoli irrisolti.

Approccio omeopatico

Una rivalutazione della correlazione tra mente e corpo è venuta inoltre dalla medicina omeopatica, nell'ambito della quale, oltre alla psicosomatica, si evidenziano anche le influenze che il corpo (soma) può avere sulla psiche, a proposito delle quali si parla in questo caso di approccio «somato-psichico».[3] La soluzione proposta dall'omeopatia, comune ad altre forme di terapia olistica che intendono andare oltre la visione cosiddetta «organicista» della medicina ufficiale, limitata cioè alla cura dei singoli organi ammalati, si basa sulla legge di similitudine, secondo cui esiste un'analogia tra i sintomi presentati dal paziente e gli aspetti fisici, psichici e ambientali in cui essi sono maturati. In tal senso l'omeopatia può essere considerata non solo un rimedio, ma anche un principio filosofico.[4]

Malattie psicosomatiche

Chi soffre di malattie psicosomatiche presenta dolore, nausea o altri sintomi fisici, senza però una causa fisiologica che possa essere diagnosticata. Tali sintomi possono avere una causa fisiologica definita, come il disturbo di conversionedisturbo somatoforme e la sindrome miositica tensiva. Alcune condizioni fisiologiche quali la carenza di vitamine o danni cerebrali possono essere causa di sintomi psicologici gravi. Quando la causa di una patologia è dubbia, la possibilità che sia di origine psicosomatica deve essere presa in considerazione. Alcune malattie che in precedenza erano ritenute puramente psicosomatiche, come le allergie, ora vengono considerate aventi un'origine organica identificata.
Alcuni studi hanno dimostrato che anche semplici frustrazioni quotidiane possono avere effetti sulla funzionalità immunitaria. I pionieri in questa area di ricerca sono i coniugi Kielcot-Glaser che l'hanno teorizzata nel XX secolo.
I campi d'impiego della psicosomatica sono prevalentemente stress (distress cronico) e traumi fisicipsichici e sociali esistenziali.

Delimitazione di psicosomatica

Programmi e sistemi regolativi organici

Note

  1. ^ Henri F. Ellemberger, La scoperta dell'inconscio. Storia della psichiatria dinamica, Torino, Boringhieri, 1976, ISBN 88-339-0367-2.
  2. ^ Paola Santagostino, Che cos'è la medicina psicosomatica, Milano, Urra, 2005, ISBN 88-503-2381-6.
  3. ^ Valter Masci, Omeopatia: tradizione e attualità, p. 24 e segg., Tecniche Nuove, 2003.
  4. ^ Francesco Eugenio Negro, Grandi a piccole dosi. La parentesi omeopatica di vite famose, p. 56, FrancoAngeli, 2005.

Bibliografia

  • Selye, Hans: The Stress of life, McGraw-Hill, 1956
  • Ellemberger, Henri: La scoperta dell'inconscio, Boringhieri, 1976
  • Pancheri, Paolo: Stress, emozioni, malattia, Mondadori, 1983
  • Santagostino, Paola: Che cos'è la medicina psicosomatica, Urra, 2005
  • Bottaccioli, Francesco: Psiconeuro - Endocrino - Immunologia, RED, 2006
  • Scognamiglio, Riccardo: Il male in corpo, Franco Angeli, 2008
  • Van Der Kolk, Bessel: Il corpo accusa il colpo, Raffaello Cortina Editore, 2015
  • Scognamiglio, Riccardo: Psicologia psicosomatica, Franco Angeli, 2016

Voci correlate


il professor Enzo Soresi, 70 anni, tisiologo, anatomopatologo e oncologo, primario emerito di pneumologia al Niguarda di Milano, ha finalmente individuato con certezza l’epicentro di tutte le malattie: il cervello. Negli ultimi dieci anni, cioè da quando ha lasciato l’ospedale per dedicarsi alla libera professione e tuffarsi con l’entusiasmo del neofita negli studi di neurobiologia, ha maturato la convinzione che sia proprio qui, nell’encefalo, l’interruttore in grado di accendere e spegnere le patologie non solo psichiche ma anche fisiche.

C’era già arrivato per intuizione il filosofo ateniese Antifonte, avversario di Socrate, nel V secolo avanti Cristo: «In tutti gli uomini è la mente che dirige il corpo verso la salute o verso la malattia, come verso tutto il resto». Soresi c’è arrivato dopo aver visto gente ammalarsi o guarire con la sola forza del pensiero. Primo caso: «Ho in cura una signora di Milano il cui marito, integerrimo commercialista, la sera andava a bucare le gomme delle auto. Per il dispiacere s’è ammalata di tubercolosi. Io lo chiamo danno biologico primario». Secondo caso: «Un agricoltore sessantenne con melanoma metastatico incontrò Madre Teresa di Calcutta, ricevette in dono un’immaginetta sacra e guarì. Io lo chiamo shock carismatico». Il professore ha dato una spiegazione scientifica al miracolo: «Il melanoma è un tumore che viene identificato dagli anticorpi dell’organismo, tant’è vero che si sta studiando da 30 anni un vaccino specifico.

Non riusciamo a controllarlo solo perché l’antigene tumorale è talmente aggressivo da paralizzare il sistema immunitario. Nel caso del contadino ha funzionato una combinazione di fattori: aspettativa fideistica, strutture cerebrali arcaiche, Madre Teresa, consegna del santino. Risultato: il suo organismo ha sprigionato fiumi di interferoni e interleuchine che hanno attivato gli anticorpi e fatto fuori il cancro».
Come Soresi illustra nel libro Il cervello anarchico (Utet), già ristampato quattro volte, la nostra salute dipende da un network formato da sistema endocrino, sistema immunitario e sistema nervoso centrale. «Il secondo ci difende e ci organizza la vita. Di più: ci tollera. L’organo-mito è il linfocita, un particolare tipo di globulo bianco che risponde agli attacchi dei virus creando anticorpi. Abbiamo 40 miliardi di linfociti. Quando si attivano, producono ormoni cerebrali.

Questa si chiama Pnei, psiconeuroendocrinoimmunologia, una nuova grande scienza, trascurata dalla medicina perché nessuno è in grado di quantificare quanti neurotrasmettitori vengano liberati da un’emozione. Io e lei siamo due esperimenti biologici che datano 4 miliardi di anni. Io sono più riuscito di lei. Perciò nego la vecchiaia. Non c’è limite alla plasticità cerebrale, non c’è limite alla neurogenesi. Esiste un flusso continuo di cellule staminali prodotte dal cervello: chi non le utilizza, le perde. Le premesse della longevità sono due: camminare 40 minuti tre volte la settimana – altrimenti si blocca il ricambio delle cellule e non si libera un fattore di accrescimento, il Bdnf, che nutre il cervello – e studiare».
Secondo il medico-scrittore, è questa la strada per allungare la vita di 10 anni. «Quando ci impegniamo a leggere o a compilare le parole crociate, le staminali vengono catturate dalla zona dell’encefalo interessata a queste attività. Se io oggi sottopongo la sua testa a una scintigrafia e poi lei si mette a studiare il cinese, fra tre anni in un’altra scintigrafia vedrò le nuove mappe cerebrali che si sono create per immagazzinare questa lingua. Prenda i tassisti di Londra: hanno un ippocampo più grande perché mettono in memoria la carta topografica di una città che si estende per 6 miglia».

Il professor Soresi è cresciuto in mezzo alle lastre: suo padre Gino, tisiologo, combatteva la Tbc nel sanatorio Vialba di Milano, oggi ospedale Sacco. Si considera un tuttologo, al massimo un buon internista, che ha scoperto l’importanza della neurobiologia studiando il microcitoma. «È un tumore polmonare che ha la caratteristica di esordire con sindromi paraneoplastiche, cioè con malattie che non c’entrano nulla col cancro: artrite reumatoide, tiroidite autoimmune, sclerodermia, reumatismo articolare. È una neoplasia che nel 100% dei casi scompare con quattro cicli di chemioterapia. Eppure uccide lo stesso nel giro di sei mesi. Era diventato la mia ossessione: non riuscire a guarire una cosa che sparisce».

Com’è possibile?
«Ci ho scritto 100 lavori scientifici e ci ho messo 30 anni a capirlo: perché il microcitoma ha una struttura neuroendocrina. La massa nel polmone scompare, ma si espande con metastasi ovunque. Ne ho concluso che la medicina non è una vera scienza. Tuttalpiù una scienza in progress».
Diciamo una scienza inesatta.
«L’ho provato sulla mia pelle nel 1950. Ero basso di statura, come adesso, e mio padre si preoccupava. Eppure le premesse genetiche c’erano tutte: lui piccolo, mia madre piccola. Mi portò dal mitico professor Nicola Pende, endocrinologo che aveva pubblicato sei volumi sul timo come organo chiave dell’accrescimento. Pende mi visitò, mi palpò i testicoli e concluse: “Questo bambino ha il timo iperplastico, troppo grosso. Bisogna irradiarlo”. Se mio padre avesse seguito quel consiglio, sarei morto. Questa è la medicina, ragazzi, non illudiamoci».

Torniamo al cervello.
«Sto aspettando di diventare nonno. Il tubo neurale della mia nipotina ha cominciato a svilupparsi dal secondo mese di gravidanza. Alla nascita il cervello non sarà ancora programmato, bensì in fase evolutiva. L’interazione con l’ambiente lo strutturerà. Ora facciamo l’ipotesi che un neonato abbia la cataratta: se non viene operato entro tre mesi, i neuroni specifici della vista non si attivano e quel bimbo non vedrà bene per il resto della vita. Oppure poniamo che la madre sia ansiosa e stressata, il padre ubriacone e manesco: lei capisce bene che i segnali ricevuti dal neonato sono ben diversi da quelli che sarebbero auspicabili. E questo vale fino al terzo anno di vita, quando nasce il linguaggio, che attiva la coscienza del sé, e la persona assume una sua identità. Di questi primi tre anni d’inconsapevolezza non sappiamo nulla, è una memoria implicita, un mondo sommerso al quale nessuno ha accesso, neanche l’interessato, neppure con la psicoanalisi. Ma sono i tre anni che ci fanno muovere».

Allora non è vero che si può «entrare» nel cervello.
«Ai tempi in cui facevo le autopsie, aprivo il cranio e manco sapevo a che cosa servissero i lobi frontali. Li chiamavamo lobi silenti, proprio perché ne ignoravamo la funzione. Molti anni dopo s’è scoperto che sono la sede dell’etica, i direttori d’orchestra di ogni nostra azione».

E graziaddio avete smesso con le lobotomie.
«A quel punto sono addirittura arrivato a fare le diagnosi a distanza. Se mi telefonavano dalla clinica dicendo che un paziente con un tumore polmonare s’era messo d’improvviso a urlare frasi sconce o aveva tentato di violentare la caposala, capivo, dalla perdita del senso etico, che era subentrata una metastasi al lobo frontale destro».

Ippocrate aveva definito il cervello come una ghiandola mammaria.
«Aveva còlto la funzione secretiva di un organo endocrino che non produce solo i neurotrasmettitori cerebrali – la serotonina, la dopamina, le endorfine – ma anche le citochine, cioè la chiave di volta dei tre sistemi che formano il network della vita. Lei sa che cosa sono le citochine?».
Sì e no.
«Sono 4 interferoni, che aiutano le cellule a resistere agli attacchi di virus, batteri, tumori e parassiti, e 39 interleuchine, ognuna con una funzione specifica. Se sono allegro e creativo libero citochine che mi fanno bene, se sono arrabbiato e abulico mi bombardo di citochine flogogene, che producono processi infiammatori. Ecco perché il futuro della medicina è tutto nel cervello. Le faccio un esempio di come il cervello da solo può curare una patologia?».

La ascolto.
«Avevo un paziente affetto da asma, ossessivo nel riferire i sintomi. Più gli davo terapie, più peggiorava. Torna dopo tre mesi: “Sono guarito”. Gli dico: senta, non abbassi la guardia, perché dall’asma non si guarisce. “No, no”, risponde lui, “avevo il malocchio e una fattucchiera del mio paese me l’ha tolto infilandomi gli spilloni nel materasso”. La manderei da un esperto in malocchi, replico io. E riesco a spedirlo dallo psichiatra Tullio Gasperoni. Il quale accerta che il paziente era in delirio psicotico. Conclusione: da delirante stava bene, da presunto normale gli tornava l’asma».

Effetto placebo degli spilloni.
«Paragonabile a quello dei finti farmaci. L’effetto placebo arriva a rispondere fino al 60% nel far scomparire un sintomo. Noi medici non possiamo sfruttarlo, altrimenti diventerebbe un inganno. Ma esiste anche l’effetto nocebo».

Esemplifichi.
«Donna di altissimo livello culturale, fumatrice accanita. Il marito, un imprenditore fratello di un noto politico, la tradiva sfrontatamente con una giovane amante. Quando la informai che aveva un tumore polmonare, mi raggelò: “Non m’interessa. L’importante è che lo dica a mio marito”. Cosa che feci, anche in maniera piuttosto teatrale. Lui scoppiò a piangere, lei sfoderò un sorriso trionfale. È evidente che due anni di stress violento avevano provocato nella donna un abbassamento delle difese immunitarie. Almeno morì contenta, sei mesi dopo. Vuole un altro esempio? Una cara amica con bronchiettasie bilaterali. Antibiotici su antibiotici. Qual era il movente? Non andava più d’accordo col marito. Per due anni non la vedo. La cerco al telefono: “Enzo, mi sono separata, vado in chiesa tutte le mattine, sto bene”. L’assetto psichico stabilizzato le ha consentito di ritrovare la salute. Continuo?».

Prego.
«Colf di 55 anni, origine salernitana, tradizionalista. Mai un giorno di malattia. La figlia le dice: “Vado in Inghilterra a fare la cameriera”. Stress di 10 giorni, ginocchio gonfio così. La lastra evidenzia un’artrosi della tibia: non s’era mai attivata, ma al momento del disagio mentale è esplosa. C’è voluto un intervento chirurgico».

Nel libro Il cervello anarchico lei riferisce di sogni premonitori.
«Sì. Viene da me uno psichiatra milanese, forte fumatore, con dolori scheletrici bestiali. Mi racconta d’aver sognato la sua tomba con la data della morte sulla lapide. Lastra e Tac negative. Era un tumore polmonare occulto, con metastasi ossee diffuse. Morì esattamente nel giorno che aveva sognato. Del resto lo psicoanalista Carl Gustav Jung mentre dormiva avvertì un forte colpo alla nuca, dopodiché gli apparve in sogno un amico che gli disse: “Mi sono sparato. Ho lasciato il testamento nel secondo scaffale della libreria”. L’indomani andò a casa dell’amico: s’era suicidato e la busta era nel posto indicato».

I miracoli secondo lei che cosa sono? Eventi soprannaturali o costruzioni del cervello?
«Io sono per un pensiero laico. Credo nella forza della parola. Se noi due ci parliamo, piano piano modifichiamo il nostro assetto biologico, perché la parola è un farmaco, la relazione è un farmaco. Di sicuro credere fa bene. Un gioielliere milanese mi portò la madre, colpita da metastasi epatiche. Potei prescriverle soltanto la morfina per attenuare il dolore. La compagna brasiliana di quest’uomo si chiama Maria di Lourdes e ha una sorella monaca in una congregazione religiosa che nella foresta amazzonica prega a distanza per le guarigioni. Maria di Lourdes telefonò al suo uomo dal Brasile: “Di’ alla mamma che le suore pregheranno per lei all’ora X del giorno X”. Da quel preciso istante la paziente oncologica, che prima urlava per il dolore, non soffrì più».

Come si mantiene in buona salute il cervello?
«Ho un cugino architetto, mio coetaneo, che sembrava un rottame. S’è iscritto all’università della terza età, ha preso passione per la lingua egiziana, tutti i giorni sta cinque ore davanti al computer, ha già tradotto quattro libri in italiano dall’egiziano. È ringiovanito, ha cambiato faccia».
Sappiamo tutto del cervello?
«Nooo! Sul piano anatomico e biologico sappiamo intorno al 70%. Ma sulla coscienza? Qui si apre il mondo. Lei calcoli che ogni anno vengono pubblicati 25.000 lavori scientifici di neurobiologia».
Allora come fa una legge dello Stato a dichiarare morto un organo che per il 30% ci è ignoto e della cui coscienza sappiamo poco, forse nulla?
«Siccome si muove per stimoli elettrici, nel momento in cui l’elettroencefalogramma risulta muto significa che il cervello non è più attivo».

Ma lei che cosa pensa della morte cerebrale?
«Mi fermo… Però ha ragione, ha ragione lei a essere così attento alla dichiarazione di morte. Nello stesso tempo c’è un momento in cui comunque bisogna dichiarare la morte di un individuo dal punto di vista biologico».

Prima del 1975 dichiaravate la morte quando il cuore si fermava, l’alito non appannava più lo specchio, il corpo s’irrigidiva.
«Eh, lo so… La morte cerebrale consente di recuperare gli organi per i trapianti».
Ha mai sperimentato su di sé disagi psichici che hanno influenzato il suo stato di salute?
«Nel 1971 ho sofferto moltissimo per la morte di mia moglie Marisa, uccisa da un linfogranuloma a 33 anni. Devo tutto a lei. Era una pittrice figurativa che andò a studiare negli Stati Uniti appena sedicenne e indossava i jeans quando a Milano non si sapeva manco che esistessero. La malattia cambiò la sua arte. Cominciò a dipingere corpi sfilacciati, cuori gettati sopra le montagne. Fu irradiata in maniera scorretta da un grande radioterapista dell’epoca, per cui nell’ultimo anno di vita rimase paralizzata. Nostro figlio Nicolò, nato nel 1968, l’ho cresciuto io. Marisa mi ha lasciato un modello perfetto: un bambino che riesce a sopportare persino la perdita più straziante solo perché la mamma ha saputo far sviluppare armonicamente il suo cervello nei primi tre anni di vita».

di Stefano Lorenzetto – ILGIORNALE

Enzo Soresi, tisiologo, anatomopatologo, oncologo, già primario di pneumologia al Niguarda di Milano. Nel libro “Il cervello anarchico” racconta casi di persone uccise dallo stress o salvate dallo choc carismatico della fede.