Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
venerdì 6 gennaio 2017
Contraddizioni e incoerenze
Il femminismo e l'Islam si escludono a vicenda, è un'ovvietà, eppure se qualcuno prova a denunciare questa contraddizione viene linciato. E' così difficile, per chi sostiene il femminismo, essere coerente fino in fondo e riconoscere che la religione islamica ha una concezione patriarcale e subordinata della donna?
I White Helmets e il loro ruolo nella guerra in Siria
Si presentano come una speranza per tutti di fronte alla popolazione stremata. Per intenderci, fanno quello che i vigili del fuoco fanno in Italia e sono altamente addestrati al soccorso di ‘prima linea’ nelle zone ribelli.
Vi raccontiamo al di là di ogni retorica, le vere origini, cosa fanno, chi li finanzia e per quale scopo.
di Patrizio Ricci (Coordinamento Nazionale per la pace in Siria)
La Syria Civil Defense (SCD) ( i cui membri sono chiamati comunemente white-helmeted o elmetti bianchi in italiano) è una organizzazione civile finanziata dagli Stati Uniti e dal Syrian National Council (l’opposizione armata siriana, con sede a Istanbul , che nasce nel mese di agosto 2011 per combattere contro il governo di Bashar al-Assad) .
SCD viene fondata in Gran Bretagna e inizia la sua attività nel 2013, grazie a fondi statunitensi e britannici. Attualmente la sede principale è a Dubay.
L’organizzazione è costituita da gruppi di protezione civile di ‘prima linea’. Il gruppo dice di possedere un organico di circa 2.000 uomini (ma la cifra sembra eccessiva considerando che gli ‘elemetti bianchi’ SCD operano solo nelle zone occupate dai ribelli, cioè laddove la popolazione è scarsa).
Accanto all’attività di soccorso sul terreno, SCD abbina una fitta campagnia propagandistica tesa ad ottenere un intervento straniero contro il governo siriano.
I volontari vengono addestrati nella località di Adana in Turchia, dove è stata ricreata una zona di combattimento che simula l’ambiente di guerra dove i volontari andranno ad operare.
Il suo fondatore afferma che l’organizzazione è tenuta a salvare indifferentemente tutti: gente comune ma anche ribelli, soldati dell’esercito siriano e militanti dell’ISIS.
Il gruppo sconosciuto ai più, è stato tirato alla ribalta in Italia da Avvenire il 16 maggio 2015. Il quotidiano della CEI nell’articolo intitolato ”Sotto assedio – Aleppo, con i volontari all’opera tra le macerie” descrive l’attività dei volontari dei gruppi di soccorso nel modo seguente:
“Rischiano la loro vita per salvarne delle altre, in un contesto bellico in cui pietà e senso del limite paiono non avere più spazio. Sono i ‘Caschi bianchi’, dal copricapo dei volontari che portano avanti un servizio di protezione civile in un Paese in cui non esiste più nessun’agenzia di pubblico servizio. In sintesi, angeli”.
Le Mesurier ha compiuto missioni operative in Irlanda del Nord, in Kosovo ed infine in Bosnia. Successivamente ha lasciato l’esercito ha lavorato per le Nazioni Unite e poi l’Unione europea e infine ha abbracciato la causa umanitaria fondando l’organizzazione di protezione civile Syria Civil Defense (SCD).Il fondatore degli ‘elmetti bianchi’ è James Le Mesurier, un ex ufficiale dell’esercito britannico. Nato a Singapore e cresciuto in Inghilterra; dopo aver superato brillantemente la sua formazione militare presso la prestigiosa Royal Military Academy Sandhurst è stato destinato al reparto d’elites dei Royal Green Jackets – l’equivalente britannico dei Rangers americani .
Mark Ward, un alto funzionario del Dipartimento di Stato del governo degli Stati Uniti afferma che Washington ha fornito già 13 milioni di dollari per la formazione ai gruppi di potezione civile come white-helmeted :
“E ‘una delle cose più importanti che possiamo fare per aumentare l’efficacia e la legittimità delle autorità civili nelle zone liberate della Siria” – dice ed aggiunge che il gruppo – “permette civili siriani di fare qualcosa di concreto di fronte alle atrocità del regime. Non c’è niente che metta insieme una comunità più sforzi per salvare la gente.” Insomma lo scopo politico è chiaramente ‘mettere insieme la comunità’ contro il regime toccando i sentimenti della gente”.
Alla luce di questi elementi certo non si può dire che l’organizzazione agisca ispirata da motivazioni ‘super partes’. Tuttavia, aspettiamoci nei prossimi giorni – è un classico – che altri giornali ne riparleranno ancora negli stessi termini: per Avvenire gli ‘elemetti bianchi’ aiutano chiunque, “senza fare differenza di religione o schieramento fra le vittime”.
L’articolo di Avvenire dice che ‘gli angeli’ ‘‘denunciano con la loro sola presenza i misfatti del regime di Damasco contro la popolazione disarmata, certo. Ma anche gli abusi dell’opposizione. Eppure, quando sono all’opera, non esitano a salvare gli uni e gli altri”.
Alla luce degli elementi dianzi descritti tale descrizione ci lascia molto scettici. SCD chiede la no fly zone in Siria e denuncia solo le bombe che cadono dalla loro parte ma non i crimini degli jadisti e dei ribelli.
Ad avvalorare il nostro scetticismo c’è tutta la fitta campagna indirizzata univocamente verso il governo siriano. Se ciò non bastasse, un filmato che mostra un gruppo di elemetti bianchi che assiste impassibile all’esecuzione di un ragazzo da parte di al-Nusra: un miliziano spara alla sua vittima, lo finisce con un colpo alla testa e poi gli elmetti bianchi ne trasportano via il cadavere.
Questo omicidio come ogni altro crimine compiuto dagli jadisti, contrariamente a quando dichiarato da Avvenire, non sono stati mai denunciati.
(Mettiamo qui il link ma avvertiamo che il filmato è cruento: http://www.liveleak.com/view?i=0a3_1430870428 )
Traffico illegale di esseri umani
Le ONG contrabbandano immigrati in Europa?
Per due mesi, utilizzando marinetraffic.com, abbiamo monitorato i movimenti delle navi di proprietà di un paio di organizzazioni non governative e, utilizzando i dati di data.unhcr.org abbiamo tracciato l’arrivo quotidiano di immigrati africani in Italia. Abbiamo scoperto di essere testimoni di una grande truffa e di un’operazione di traffico illegale di esseri umani. ONG, contrabbandieri e mafia in combutta con l’Unione europea hanno spedito migliaia di clandestini verso l’Europa con il pretesto di salvarli, assistiti dalla guardia costiera italiana che ne coordina le attività. I trafficanti di esseri umani contattano la guardia costiera italiana per ricevere aiuto e raccogliere i loro dubbi carichi. Le navi delle ONG vengono dirette sul “luogo del soccorso”, anche se è ancora in Libia. Le 15 navi che abbiamo osservato sono di proprietà o affittate da ONG viste regolarmente salpare dai porti italiani in direzione sud, fermarsi a poche miglia dalle coste libiche, prendere il carico umano a bordo e naturalmente rientrare per 260 miglia in Italia, anche se il porto di Zarzis, in Tunisia, è solo a 60 miglia di distanza dal punto di salvataggio. Le organizzazioni in questione sono: MOAS (Migrant Offshore Aid Station), Jugend Rettet, Stichting Bootvluchting, Medici Senza Frontiere, Save the Children, Proactiva Open Arms, Sea-Watch.org, Sea-Eye e Life Boat.Le vere intenzioni dietro le ONG non sono chiare. Il loro movente può essere il denaro, che non sorprenderebbe se si rivelasse essere così. Possono anche essere politicamente pilotati; le attività dell’organizzazione di Malta, MOAS, che traffica persone in Italia, è la migliore garanzia che i migranti non appaiano sulla rive maltesi. MOAS è gestita da un ufficiale della marina maltese ben noto per maltrattamenti ai rifugiati (1). E’ anche possibile che tali organizzazioni siano gestite da ingenui “buonisti” che non sanno di servire da magnete per le persone provenienti dall’Africa e quindi, volenti o nolenti, causare altri morti, per non parlare delle azioni per destabilizzare l’Europa. Per quanto nobili siano le intenzioni di tali organizzazioni, sono criminali, come la maggior parte dei migranti che non può ricevere asilo, finendo per strada a Roma o Parigi, minando la stabilità in Europa aumentando le tensioni sociali a sfondo razziale. Bruxelles ha creato una legislazione particolare per proteggere i trafficanti di esseri umani dalle accuse. In una sezione dedicata a una risoluzione UE, intitolata Ricerca e salvataggio, il testo afferma che “proprietari privati di navi e organizzazioni non governative che assistono i salvataggi nel Mediterraneo non dovrebbero rischiare punizioni per tale assistenza“. (2)
Nei due mesi di osservazione, abbiamo monitorato almeno 39000 africani illegalmente contrabbandati in Italia con il pieno consenso delle autorità italiane ed europee.
Le navi utilizzate dalle ONG al largo delle coste libicheLa Phoenix è una delle due navi della MOAS. La nave è regolarmente avvistata nelle acque territoriali della Libia. È registrata in Belize, Sud America. Tuttavia, la nave è di proprietà di maltesi che trasportano gli immigrati in Italia. Sito web: MOASLa Topaz Responder, un vascello di soccorso di 51 metri, ospita 2 lance di soccorso ad alta velocità. La nave è gestita assieme a MSF (e ad Emergency di Gino Strada. NdT). È uno dei tre traghetti che trasportano centinaia di persone alla volta. La nave è registrata nelle Isole Marshall. Sito web: MOAS
La Iuventa è registrata nei Paesi Bassi ed è di proprietà della ONG tedesca Jugend Rettet. Sito web: Jugend Rettet.La Golfo Azzurro è utilizzata dall’olandese ‘Boat Refugee Foundation‘. Golfo Azzurro opera sotto la bandiera di Panama. La Fondazione trasporta rifugiati con la nave a un prezzo simbolico. Sito web: Bootvluchteling.La Dignity 1 è registrata a Panama. Crediamo che la nave appartenga a Medici Senza Frontiere. Sito web: MSF.
La Bourbon Argos, nave di Medici Senza Frontiere. È una delle tre navi utilizzate per trasportare persone tratte da imbarcazioni più piccole in Italia. La nave è attualmente registrata in Lussemburgo. MSFLa Aquarius è una delle tante navi gestite da Medici Senza Frontiere. È registrata a Gibilterra. Sito web: MSF.
La nave di ricerca e soccorso Vos Hestia, noleggiata da Save The Children, come molti vascelli delle ONG. è supervisionata dal sito della Guardia Costiera italiana: Save the Children.
L’Astral della Proactiva Open Arms. Abbiamo individuato l’Astral molte volte nelle acque territoriali libiche. La nave è scomparsa regolarmente dal monitoraggio dei siti web AIS. Sito web: Proactiva Open Arms.
La Sea-Watch I è di proprietà di un’organizzazione di Berlino che collabora con Watch The Med, rete transnazionale di persone che combattono il regime di frontiera europeo, e chiedono il passaggio libero e sicuro per l’Europa. Sito web: Sea-Watch.
La Sea-Watch II è di proprietà di un’organizzazione di Berlino che collabora con Watch The Med, rete transnazionale di persone che combattono il regime di frontiera europeo, e chiedono il passaggio libero e sicuro per l’Europa. Sito web: Sea-Watch.
La Iuventa è registrata nei Paesi Bassi ed è di proprietà della ONG tedesca Jugend Rettet. Sito web: Jugend Rettet.La Golfo Azzurro è utilizzata dall’olandese ‘Boat Refugee Foundation‘. Golfo Azzurro opera sotto la bandiera di Panama. La Fondazione trasporta rifugiati con la nave a un prezzo simbolico. Sito web: Bootvluchteling.La Dignity 1 è registrata a Panama. Crediamo che la nave appartenga a Medici Senza Frontiere. Sito web: MSF.
La Bourbon Argos, nave di Medici Senza Frontiere. È una delle tre navi utilizzate per trasportare persone tratte da imbarcazioni più piccole in Italia. La nave è attualmente registrata in Lussemburgo. MSFLa Aquarius è una delle tante navi gestite da Medici Senza Frontiere. È registrata a Gibilterra. Sito web: MSF.
La nave di ricerca e soccorso Vos Hestia, noleggiata da Save The Children, come molti vascelli delle ONG. è supervisionata dal sito della Guardia Costiera italiana: Save the Children.
L’Astral della Proactiva Open Arms. Abbiamo individuato l’Astral molte volte nelle acque territoriali libiche. La nave è scomparsa regolarmente dal monitoraggio dei siti web AIS. Sito web: Proactiva Open Arms.
La Sea-Watch I è di proprietà di un’organizzazione di Berlino che collabora con Watch The Med, rete transnazionale di persone che combattono il regime di frontiera europeo, e chiedono il passaggio libero e sicuro per l’Europa. Sito web: Sea-Watch.
La Sea-Watch II è di proprietà di un’organizzazione di Berlino che collabora con Watch The Med, rete transnazionale di persone che combattono il regime di frontiera europeo, e chiedono il passaggio libero e sicuro per l’Europa. Sito web: Sea-Watch.
L’Audur è registrata nei Paesi Bassi. Non sappiamo a chi appartenga.
La Sea-Eye è di proprietà della Sea-Eye-eV. Michael Buschheuer di Regensburg, in Germania, un gruppo di familiari e amici che ha fondato l’organizzazione non-profit di soccorso in mare. Sito web: Sea-Eye.
La Sea-Eye è di proprietà della Sea-Eye-eV. Michael Buschheuer di Regensburg, in Germania, un gruppo di familiari e amici che ha fondato l’organizzazione non-profit di soccorso in mare. Sito web: Sea-Eye.
Lo Speedy è un motoscafo di proprietà della Sea-Eye-eV, ma è stato confiscato dal governo libico. Sito web: Sea-Eye.
La Minden è una scialuppa di salvataggio di proprietà di un’organizzazione tedesca. La nave è attualmente registrata in Germania. Sito web: Lifeboat.
La Minden è una scialuppa di salvataggio di proprietà di un’organizzazione tedesca. La nave è attualmente registrata in Germania. Sito web: Lifeboat.
Altre informazioni:
Ad ottobre abbiamo scoperto che quattro ONG raccolgono persone nelle acque territoriali libiche. Abbiamo la prova che questi contrabbandieri comunicano in anticipo le loro azioni alle autorità italiane. Dieci ore prima che gli immigrati lascino la Libia, la guardia costiera italiana dirige le ONG sul luogo di “salvataggio”: il completo resoconto “Colti sul fatto: le ONG gestiscono il traffico di migranti”
L’organizzazione MOAS ha stretti legami con il famoso contractor militare degli Stati Uniti Blackwater, con l’esercito degli Stati Uniti e la marina maltese (e ricordo, anche con Emergency di Gino Strada). Resoconto: “Gli statunitensi della MOAS traghettano i migranti in Europa“.
Vi è una relazione completa sulle navi coinvolte: “L’Armada delle Ong che opera al largo delle coste della Libia” e come le persone sono incoraggiate a venire in Europa: “La strada della morte per l’Europa promossa sul web“.
Ad ottobre abbiamo scoperto che quattro ONG raccolgono persone nelle acque territoriali libiche. Abbiamo la prova che questi contrabbandieri comunicano in anticipo le loro azioni alle autorità italiane. Dieci ore prima che gli immigrati lascino la Libia, la guardia costiera italiana dirige le ONG sul luogo di “salvataggio”: il completo resoconto “Colti sul fatto: le ONG gestiscono il traffico di migranti”
L’organizzazione MOAS ha stretti legami con il famoso contractor militare degli Stati Uniti Blackwater, con l’esercito degli Stati Uniti e la marina maltese (e ricordo, anche con Emergency di Gino Strada). Resoconto: “Gli statunitensi della MOAS traghettano i migranti in Europa“.
Vi è una relazione completa sulle navi coinvolte: “L’Armada delle Ong che opera al largo delle coste della Libia” e come le persone sono incoraggiate a venire in Europa: “La strada della morte per l’Europa promossa sul web“.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
Genocidio armeno, greco, aramaico e assiro da parte della Turchia
Oltre alla repressione dei Curdi, la Turchia ha portato avanti, negli anni successivi alla fondazione della repubblica, un vero e proprio genocidio nei confronti delle popolazioni degli Aramei, degli Assiri, degli Armeni e dei Greci.
Partiti e movimenti curdi
I curdi che vivono nell'Asia sud-occidentale sono stimati in circa 30 milioni, con un altro milione che vive nella diaspora. I curdi sono la quarta etnia medio-orientale dopo gli arabi, i persiani e i turchi.
Secondo la CIA World Factbook, i curdi comprendono il 18,3% della popolazione in Turchia, il 15-20% in Iraq, forse 6% in Siria,[5] 4% in Iran e l'1.3% in Armenia. In tutti questi Paesi, con l'eccezione dell'Iran, i curdi formano il secondo maggiore gruppo etnico. Circa il 55% dei curdi di tutto il Mondo vivono in Turchia, circa il 30% in Iran e Iraq, e il 5% in Siria.[6]
La repressione dei curdi
I curdi in Iran
A partire dal secondo dopoguerra e dalla proclamazione dell'effimera Repubblica di Mahabad, lo Scià Reza Pahlavi dovette a lungo confrontarsi con la guerriglia dei Curdi, guidati dalla famiglia Barzani, in particolare dallo sceicco Mustafa Barzani. Tale fenomeno durò fino al 1974, quando gli iracheni si riappacificarono (temporaneamente e apparentemente) con gli iraniani e ritirarono l'appoggio al leader della guerriglia.
Il governo di Teheran ha esercitato una dura repressione nei confronti dei curdi iraniani. Il 14 settembre 1981 18 operai curdi furono uccisi in una fabbrica di mattoni nel villaggio di Sarougliamish. I Curdi iraniani sono stati sottoposti a esecuzioni sommarie e torture; le donne, in particolare giovani vergini, hanno subìto stupri e violenze. [7] In generale, in Iran, abusi e femminicidi istituzionalizzati hanno avuto particolare rilevanza: tutte le donne, ma in particolare quelle curde, sono molto poco tutelate dal governo di Teheran contro ogni forma di molestie sessuali. [8]
I curdi in Iraq
I curdi sono circa il 17% della popolazione irachena. Essi si trovano in maggioranza nelle tre provincie dell'Iraq settentrionale e vanno a formare nell'insieme il Kurdistan iracheno. I curdi sono inoltre presenti a Kirkuk, Mossul, Khanaqin e Baghdad. Circa 300.000 curdi vivono nella capitale irachena, Baghdad, 50.000 nella città di Mossul e circa 100.000 nell'Iraq meridionale.[9] Dohuk è la città più piccola, ed è considerata la capitale del Badinan.
In Iraq si sono verificate e continuano a verificarsi le repressioni di più ampia portata nei confronti dei curdi iracheni: essi hanno infatti sempre rappresentato la resistenza più matura e organizzata, subendo così deportazioni di massa in Iran, bombardamenti di villaggi e attacchi con armi chimiche.
Allo scoppio della guerra tra Iran e Iraq, le autorità irachene ordinarono le deportazioni di migliaia di curdi in Iran. I deportati erano in maggioranza donne, vecchi e bambini, mentre i maschi vennero arrestati e imprigionati senza alcuna accusa.
Parecchie migliaia di curdi iracheni, negli anni sessanta, sono stati arrestati, uccisi, fatti sparire dalle forze di sicurezza o dai servizi segreti iracheni (ad es. 8.000 curdi “sparirono” nel 1983da Arbil e tutt'oggi di loro non si sa più nulla). Nel 1985 altri 3.000 ragazzi curdi sono stati arrestati e torturati dalle forze di sicurezza irachene: sembra fossero stati catturati come ostaggi per obbligare i loro parenti “a consegnarsi alle autorità”. Nel biennio 1987-1988 è stata fatta la più grande repressione nei confronti dei Curdi: le circostanze in cui le autorità irachene usarono armi chimiche con migliaia di morti indicano un preciso disegno politico teso all'eliminazione dei curdi iracheni. Nel 1988 furono uccisi 5.000 curdi in soli due giorni a seguito di un attacco chimico[10]; dieci giorni dopo nel Qaradash è stato lanciato un altro attacco chimico: 400 sopravvissuti sono stati arrestati e giustiziati poi mentre cercavano di raggiungere un luogo di cura.
Gli attacchi delle forze irachene sono continuati su tutta la zona abitata da curdi, che sono scappati in massa verso i confini turco e iraniano: nel 1988 le autorità turche confermarono di aver dato rifugio a 57.000 Curdi iracheni.
Tra la fine del 1988 e il 1990 centinaia di Curdi sono stati uccisi sommariamente dopo essere stati convinti dalle autorità irachene a rientrare nel paese.
I curdi in Turchia
Secondo il CIA factbook, i curdi formerebbero approssimativamente il 18,3% della popolazione della Turchia (circa 14 milioni) nel 2008.[11] La stima non comprende il popolo Zaza che è generalmente considerato curdo. Fonti curde invece sostengono che in Turchia ci siano fino a 25 milioni di curdi. Nel 1980, l'Ethnologue stimò che il numero di persone che parlavano la lingua curda in Turchia era di circa 5 milioni,[12] all'epoca la popolazione del paese si aggirava sui 44 milioni.[13] Durante gli Anni 1930 e gli Anni 1940, il governo mascherò statisticamente la presenza dei curdi categorizzandoli come "turchi di montagna". Questa classificazione fu sostituita da un nuovo eufemismo Turchi orientali dal 1980.[14]
Nonostante la Turchia abbia approvato la Convenzione dell'Onu contro la tortura e quella del Consiglio d'Europa, la tortura in Turchia è ancora diffusa, seppur moderatamente, verso gli oppositori politici e gli esponenti della comunità curda.[15]
In Siria
I curdi sono il 5% della popolazione in Siria, per un totale di 0,6 milioni[16] Questo fa di loro la più grande minoranza etnica del paese. Sono concentrati prevalentemente nel nord e nel nord-est, anche se anche ad Aleppo e Damasco sono presenti significative popolazioni curde. I curdi usano spesso parlare la loro lingua in pubblico, sempre che le persone presenti facciano altrettanto. Gli attivisti per i diritti umani dei curdi vengono maltrattati e perseguitati.[17] Non è permessa la formazione di nessun partito politico, Curdo o di altra natura.
In Afghanistan
Una presenza dei Medi, principale popolo da cui derivano i Curdi, nelle regioni costituenti il moderno Afghanistan, risale alla più remota antichità. Proprio in tali terre, nacque il profeta Zarathustra. Una presenza curda, esplicitamente definita con tale termine, proveniente dal vicino Khorasan (nord est dell'Iran), dove il Safavide Scià Abbas esiliò migliaia di curdi, vive nelle terre afgane sin dal XVI secolo.[18] Molti di quelli che furono esiliati si stabilirono definitivamente in Afghanistan, prendendo residenza a Herat e nelle altre città dell'Afghanistan occidentale. Alcuni Curdi ricoprono alte posizioni di governo all'interno dell'Afganistan, come Ali Mardan Khan che fu nominato governatore di Kabul nel 1641.[19] I curdi affiancarono gli Afghani durante le loro guerre contro l'impero di Safavidi, e nei conflitti seguenti con gli altri poteri regionali.[20] Il numero dei curdi attualmente presenti in Afghanistan è difficile da calcolare, nonostante sia noto che si aggiri approssimativamente intorno ai 200.000.[21] Rimane non chiarito fino a che punto la minoranza curda in Afghanistan abbia mantenuto il linguaggio curdo.
In Armenia
Al comando dei turchi, i curdi parteciparono attivamente al massacro di migliaia di giovani armeni durante il genocidio armeno[22]. Fra gli anni trenta e gli ottanta del Novecento, l'Armenia faceva parte dell'Unione Sovietica, nella quale i Curdi, come gli altri, erano riconosciuti con lo status di minoranza protetta. Ai curdi armeni fu permesso di avere un loro giornale sponsorizzato dallo Stato e una radio che trasmetteva gli eventi culturali. Durante il conflitto in Nagorno Karabakh, molti curdi che non erano Yazidi furono costretti a lasciare le loro case. Con la fine dell'Unione Sovietica, i curdi dell'Armenia furono spogliati di tutti i loro privilegi culturali e la maggior parte di loro fuggì dalla Russia all'Europa Occidentale.[23]
In Azerbaigian
Lo stesso argomento in dettaglio: Oblast' Autonoma del Nagorno Karabakh. |
Nel 1920, le due aree abitate dai curdi di Jewanshir (capitale K'arvač̣aṙ) e l'orientale Zangazur (capitale Lachin) furono combinate per formare l'Okrug Curdo (o "Kurdistan rosso"). Il periodo di esistenza di un'unità amministrativa curda fu breve e non andò oltre il 1929. I curdi affrontarono di conseguenze molte misure repressive, comprese le deportazioni. Come conseguenza del conflitto in Nagorno Karabakh, molte aree curde furono distrutte e più di 5.000 curdi furono deportati nel 1988.[23]
Il Partito Democratico del Kurdistan, PDK, (in curdo: پارتی دیموکراتی کوردستان, Pārtī Dīmūkrātī Kūrdistān) è un partito politico curdo, attualmente guidato dall'attuale Presidente del Kurdistan iracheno, Mas'ud Barzani.
Il PDK controlla il Sud del Kurdistan assieme all'Unione Patriottica del Kurdistan di Jalal Talabani, diventato dopo la caduta del regime ba'thista Presidente dell'Iraq, grazie all'appoggio determinante degli Alleati anglo-statunitensi.
Negli anni settanta, e questo fino alla sua presa di controllo da parte del PKK, il Nord del Kurdistan sosteneva fortemente il PDK e Barzani. Questo perché un gran numero di peshmerga sotto il comando di Barzani era originario del Nord. Inoltre, il PDK disponeva di basi arretrate rispetto al Nord, specie nella provincia di Colemerg (in turco Hakkari).
Ancor oggi, il PDK dispone d'un fortissimo sostegno da parte della popolazione curda. È visto come il partito che meglio difende le cause della popolazione. Inoltre, malgrado gli attacchi condotti, ora dal PKK, ora dal UPK, per destabilizzare il PDK, il partito ha saputo restare unito e questo conferma la sua forza. In effetti, è in seno all'UPK (che ha peraltro condotto assieme al PKK una guerra fratricida contro il PDK) che vi è stato il maggior numero di diserzioni: un gran numero di leader l'hanno abbandonato in favore del PDK, o a favore del dissidente patriottico Nashirvan Mustafa e del suo partito, il Goran.
L'Unione Patriottica del Kurdistan (in lingua curda یەکێتیی نیشتمانیی کوردستان, trascritto Yeketî Niştîmanî Kurdistan) noto anche con l'acronimo UPK (o "PUK", dall'inglese"Patriotic Union of Kurdistan"), è un partito politico del Kurdistan iracheno[2] fondato il 1º giugno 1975 da Jalal Talabani e Nawshirwan Mustafa. Il Segretario Generale è Jalal Talabani, presidente dell'Iraq dal 2005 al 2014, quando gli succedette nella carica un altro esponente del partito, Fuad Masum. Obiettivi dichiarati del partito sono l'autodeterminazione, i diritti umani, la democrazia e la pace per il popolo curdo del Kurdistan e dell'Iraq.
L'Unione Patriottica del Kurdistan (in lingua curda یەکێتیی نیشتمانیی کوردستان, trascritto Yeketî Niştîmanî Kurdistan) noto anche con l'acronimo UPK (o "PUK", dall'inglese"Patriotic Union of Kurdistan"), è un partito politico del Kurdistan iracheno[2] fondato il 1º giugno 1975 da Jalal Talabani e Nawshirwan Mustafa. Il Segretario Generale è Jalal Talabani, presidente dell'Iraq dal 2005 al 2014, quando gli succedette nella carica un altro esponente del partito, Fuad Masum. Obiettivi dichiarati del partito sono l'autodeterminazione, i diritti umani, la democrazia e la pace per il popolo curdo del Kurdistan e dell'Iraq.
Il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (in curdo Partîya Karkerén Kurdîstan, sigla PKK; in turco: Kürdistan İşçi Partisi) è un partito politico e organizzazione paramilitare, sostenuto delle masse popolari (prevalentemente agricole) del sud-est della Turchia, zona popolata dall'etnia curda, ma attivo anche nel Kurdistan iracheno. In Turchia è un partito illegale.
Inizialmente il gruppo si ispirava al marxismo-leninismo, rivendicando inoltre, similmente agli iracheni Partito Democratico Curdo (KDP o PDK) e Unione Patriottica del Kurdistan(KPU), ai partiti iraniani Partito Democratico del Kurdistan Iraniano e Partito per la Libertà del Kurdistan (PJAK), al siriano Partito dell'Unione Democratica (PYD) e altri partiti curdi minori, la fondazione di uno stato indipendente nella regione storico-linguistica del Kurdistan, a cavallo tra Turchia, Iraq, Iran e Siria.
Dal 1990, il PKK ha avuto rappresentanti parlamentari, inseriti in liste legali, presso il Parlamento turco.
A partire dal 1999, il leader incarcerato Abdullah Öcalan ha abbandonato il marxismo-leninismo[10], rimuovendo il simbolo della falce e martello dalla bandiera del PKK, portando il partito ad adottare la nuova piattaforma politica del Confederalismo Democratico[11] (fortemente influenzato dalla teoria del municipalismo libertario e dell'ecologia sociale di ambito socialista libertario[12]).
Il gruppo viene tuttavia, da più parti, accusato di terrorismo per i suoi metodi di lotta (in passato fece ricorso anche all'uso di attentati dinamitardi e kamikaze contro obiettivi militari turchi, ritenuti oppressori del popolo curdo, specie in seguito alle sanguinose repressioni del governo di Ankara, o anche a sequestri di occidentali[13]), ed è attualmente considerata un'organizzazione terroristica da Turchia, USA, NATO, Unione europea (dal 2001, su richiesta degli USA) e Iran; in Europa ci sono state numerose proposte di rimuoverlo da tale lista e considerarlo una legittima forza di resistenza.[14] Tuttavia, India, Cina, Russia, Svizzera ed Egitto non lo considerano tale.[15][16] Le sue ali militari sono la Forza di Difesa del Popolo (HPG), l'Unità delle Donne Libere (YJA-STAR) e l'Esercito di Liberazione Nazionale del Kurdistan (ARGK).
Oltre che contro il governo turco (con cui è in vigore un cessate il fuoco dal 2013), il PKK è impegnato nella guerra contro lo Stato Islamico (ISIS) in Iraq e in Siria assieme ai peshmerga e all'YPG curdi, ed è presente nella regione del Rojava. Il partito è inoltre molto noto per la sua difesa convinta dei diritti delle donne, spesso presenti come soldati effettivi nelle sue milizie armate, e la sua forte contrarietà al fondamentalismo islamico.
Nel 2015, nonostante il nemico comune dell'ISIS, la Turchia, guidata da anni dal filo-islamico Recep Tayyip Erdoğan, ha interrotto la nuova tregua, bombardando postazioni del PKK in Iraq e riaprendo le ostilità armate col gruppo curdo.
Anni recenti
Nel maggio 2000 l'Europa invitò a Strasburgo, come portavoce permanente, un rappresentante del Kurdistan turco; sull'onda degli attentati dell'11 settembre 2001, però, il PKK fu inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche e il processo avviato dall'Europa entrò in una fase di stallo.[17]
Nel 2006 il governo turco approvò una legge secondo cui i minori che manifestano sostegno alle formazioni riconducibili al PKK possono essere arrestati secondo procedure normali per il caso. Inoltre l'avvocato Thair Elci, noto per difendere a livello giuridico i minorenni incarcerati per l'accusa di sostegno al terrorismo curdo afferma: «Secondo la decisione dell'alta corte, gli inquirenti non necessitano di prove per affermare che qualcuno abbia commesso reato in nome del PKK. La sola partecipazione ad una manifestazione di piazza costituisce prova sufficiente».[17]
Questa norma, atta a scoraggiare le manifestazioni a favore dei guerriglieri curdi però sta ottenendo un effetto contrario a quello pensato: infatti un gran numero di coloro che prima simpatizzavano solamente per il PKK, incontrando in prigione guerriglieri e militanti, decide di abbracciare totalmente la causa curda.[23]
Però da ambo le parti si iniziano a intravedere segnali di apertura. Infatti il leader curdo Murat Karayilan, ha detto: «Innanzitutto le armi devono cominciare a tacere. Non bisognerebbe lanciare nuovi attacchi e a quel punto dovremmo confrontarci. Non con le armi, ma con il dialogo. Vogliamo che si metta fine allo spargimento di sangue, perché gli anni passano e continuiamo a tornare sempre allo stesso punto. Non si metterà fine al PKK con l'uso delle armi».
Inoltre il leader del PKK ha valutato positivamente le dichiarazioni del presidente turco, Abdullah Gul che, in occasione della sua recente visita in Siria, ha espresso la necessità di risolvere il problema curdo e la sua speranza in una vicina e pacifica soluzione. Qarayland ha detto che «... le dichiarazione di Gul devono essere accompagnate da passi concreti», anche se c'è da aggiungere che gli scontri fra esercito Turco e combattenti del PKK sono all'ordine del giorno, con perdite da entrambe le parti.
Il 14 luglio del 2011, nell'imboscata più sanguinosa degli ultimi tre anni, guerriglieri indipendentisti curdi del PKK hanno ucciso 13 soldati nel sud-est della Turchia ferendone altri sette. Le forze armate turche hanno reagito uccidendo almeno sette membri del PKK nel più recente capitolo di questione etnica che, in un quarto di secolo, ha fatto decine di migliaia di morti e stenta a trovare soluzione politica, come testimonia il boicottaggio curdo al parlamento di Ankara. Gli scontri sono avvenuti nell'impervia zona di Silvan, città situata ad un'ottantina di chilometri a est di Diyarbakir, la 'capitale' dell'indipendentismo curdo.[17]
Il 25 luglio del 2011 altri tre soldati turchi sono stati uccisi in un'imboscata dei guerriglieri nel sud-est del paese, in una zona rurale, nei pressi della cittadina di Omerli (provincia di Mardin).
Il 17 agosto del 2011 per la prima volta aerei da guerra turchi hanno sconfinato nello spazio aereo iracheno per bombardare postazioni dei guerriglieri curdi del PKK.[17]
Il 24 settembre del 2011 i guerriglieri curdi del PKK hanno lanciato un attacco a una piccola stazione di polizia nel sud-est della Turchia uccidendo cinque poliziotti e ferendone una decina.[17]
A marzo 2013 Öcalan ha annunciato il "cessate il fuoco" ed il ritiro dei guerriglieri del PKK dal territorio turco, dando il via alle trattative di pace con la Turchia.[24] Attualmente il PKK sta tentando di realizzare, nella situazione di Rojava, Kobanê e in tutto il Kurdistan che controlla in opposizione all'ISIS, la propria ideologia comunista libertaria sotto forma di un "confederalismo democratico" basato sulla democrazia diretta e su un'economia solidale ed ecologica.[17]
Note
- ^ Bese Hozat, Bese Hozat: PKK is a social system today, su pkkonline.com, 25 novembre 2013. URL consultato il 18 giugno 2015.
- ^ Joost Jongerden, Rethinking Politics and Democracy in the Middle East (PDF), ekurd.net. URL consultato l'8 settembre 2013.
- ^ Abdullah Öcalan, Democratic Confederalism (PDF), 2011, ISBN 978-0-9567514-2-3. URL consultato l'8 settembre 2013.
- ^ Abdullah Öcalan, The declaration of Democratic Confederalism, su KurdishMedia.com, 2 aprile 2005. URL consultato l'8 settembre 2013.
- ^ (TR) Bookchin devrimci mücadelemizde yaşayacaktır, su Savaş Karşıtları, 26 agosto 2006. URL consultato l'8 settembre 2013.
- ^ Graeme Wood, Among the Kurds, in The Atlantic, 26 ottobre 2007. URL consultato l'8 settembre 2013.
- ^ Sule Toktas, Waves of Feminism in Turkey: Kemalist, Islamist and Kurdish Women’s Movements in an Era of Globalization | sule toktas, Academia.edu, 1 gennaio 1970. URL consultato il 14 agosto 2014.
- ^ Paul Campos, Kurdistan's Female Fighters, The Atlantic, 30 gennaio 2013. URL consultato il 14 agosto 2014.
- ^ Fred Halliday, The Middle East in International Relations: Power, Politics and Ideology, Cambridge University Press, 24 gennaio 2005, p. 247, ISBN 9780521597418. URL consultato il 25 agosto 2013.
- ^ Abdullah Öcalan, "Prison Writings: The Roots of Civilisation", 2007, Pluto Press. (p. 243-277)
- ^ Democratic Confederalism | Partiya Karkerên Kurdistan - PKK Official Site
- ^ Il confederalismo democratico, proposta libertaria del popolo curdo
- ^ Zeynep Kinaci (Zilan)
- ^ Remove the PKK From the Terror List, Huffington Post, 21 maggio 2013. URL consultato il 2 luglio 2015.
- ^ Rus Aydın: PKK Terör Örgütü Çıkmaza Girdi, turkishny.com. URL consultato il 17 luglio 2015.
- ^ St.Galler Tagblatt AG, www.tagblatt.ch – Schlagzeilen, tagblatt.ch. URL consultato il 25 giugno 2015 (archiviato dall'url originale il 29 settembre 2007).
- ^ a b c d e f g h i j k l m n The Kurdistan Workers Party and a New Left in Turkey: Analysis of the revolutionary movement in Turkey through the PKK's memorial text on Haki Karer
- ^ Il congresso delle donne libere ricorda Zilan
- ^ a b la Repubblica/fatti: Ocalan: il tribunale concede l'asilo politico
- ^ Ocalan, Diliberto finisce tra gli indagati
- ^ OCALAN: COSSUTTA, ITALIA SOSPENDA VENDITA ARMI A TURCHIA
- ^ Ocalan, paura per la sua vita
- ^ Fonte: Peace Reporter[senza fonte]
- ^ Turchia, Ocalan annuncia il 'cessate il fuoco' e il ritiro dei ribelli del Pkk oltre i confini - Repubblica.it
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