Gallia Cisalpina o Gallia Citeriore è il nome conferito dai Romani in età repubblicana ai territori di popolazione gallica dell'Italia settentrionale compresi tra il fiume Adige a Levante, le Alpi a Ponente e a Settentrione e il Rubicone a Meridione. Il Po divideva la regione in Gallia Transpadana e Gallia Cispadana. Si trattava dei territori che corrispondevano all'attuale pianura padana, o Padania, attorno al grande fiume Po, compresi i territori della Liguria a sud-ovest, fino all'attuale Veneto nella sua parte nord-orientale. La regione divenne provincia romana includendo però tutti i territori a ovest del fiume Adige, fino alle Alpi piemontesi.[1]
Storia
Età del Bronzo (XIII-X secolo)
La Cultura di Canegrate
La cultura di Canegrate fu una civiltà dell'Italia preistorica che si sviluppò a partire dall'
Età del bronzo recente (
XIII secolo a.C.) fino ad arrivare all'
Età del Ferro, nella
pianura padana in
Lombardia occidentale, in
Piemonte orientale e in
Canton Ticino. Essa rappresenta l'irrompere di una prima ondata migratoria di popolazioni probabilmente
celtiche (
Protocelti) provenienti dal nord delle
Alpi che, oltrepassati i valichi alpini, s'infiltrano e si stabiliscono nell'area padana occidentale. Dalle testimonianze archeologiche ritrovate si può dedurre che l'impatto con le popolazioni ritrovate non sia stato del tutto pacifico.
La popolazione di Canegrate ha mantenuto la propria omogeneità per un periodo limitato di tempo, circa un secolo, per fondersi poi con le popolazioni indigene
liguri e dare origine con questa unione a una nuova fase chiamata
cultura di Golasecca[6].
La Cultura di Golasecca
Età del Ferro
Etruria padana
A partire dall'
VIII secolo a.C. gli Etruschi espansero il loro dominio verso nord, più precisamente in
Emilia,
Lombardia, in una regione che venne indicata come "Etruria padana" (
Etruria campana s'intende la regione interessata dalla parallela espansione verso sud, in
Campania).
Dal 540 a.C. circa la presenza etrusca nella
Pianura Padana conobbe una rinnovata espansione nello scenario successivo alla
Battaglia di Alalia[7] risoltasi in una progressiva limitazione dei movimenti etruschi nell'Alto Tirreno. L'espansione a nord degli Appennini si caratterizza da quel momento come finalizzata all'individuazione e al controllo di nuove vie commerciali. Con il controllo di Adria e le fondazioni di Spina, Marzabotto e del Forcello di Bagnolo gli etruschi stabiliscono una rete di traffici che viene a collegare la
Grecia, attraverso i porti adriatici, l'asse fluviale Po-Mincio, i laghi insubrici e i passi alpini, con le terre dei
Celti transalpini. Il V secolo a.C. segna così il "periodo d'oro" dell'Etruria padana.
Nell'Etruria padana venne probabilmente istituita una dodecapoli, in analogia alla
dodecapoli etrusca, ma non si ha la certezza di quali città ne facessero parte. Appartennero certamente alla dodecapoli padana le città di
Felsina (Bologna),
Spina e
Marzabotto, mentre si possono solo supporre città come
Ravenna,
Faenza,
Cesena,
Rimini,
Modena,
Parma,
Piacenza,
Mantova e forse
Milano.
La Padania celtica
I Celti e i Celto-Liguri
Tito Livio riferisce che attorno al
600 a.C. (
Prisco Tarquinio Romae regnante), un'orda di
Galli guidata da Belloveso oltrepassò le Alpi e occupò il territorio tra Milano e Cremona (fondando la città di Mediolanum), identificando gli abitanti del luogo, gli Insubri, con questi invasori
Galli.
[8] Nel
Periplo di Scilace, di
Scilace di Carianda, viaggiatore e geografo greco attivo tra nel 522-485 a.C. viene attestata la presenza di genti di
lingua celtica insediate nell'Italia nord-orientale. Il testo, riscritto circa un secolo dopo dallo pseudo-Silace dopo la perdita dell'originale, racconta del viaggio lungo le coste del mediterraneo compiuto dal viaggiatore greco che descrive le tribù celtiche presenti sulla costa appena a Meridione degli insediamenti dei
Veneti in un'epoca che, considerando le date note della vita di Silace, deve aggirarsi attorno al 490 a.C.
Il riesame delle fonti archeologiche, in particolare proprio del passo di Livio che documenta l'arrivo di Belloveso e dei suoi Insubri all'epoca del regno di Tarquinio Prisco (VI secolo a.C.) con la fondazione di Milano, ha costretto a collocare la presenza celtica in Italia almeno al VII secolo a.C. se non prima. La presenza dei Celti in Italia Settentrionale risulta, poi, anteriore alle ondate di invasori ricordate dalle fonti, tanto che lo stesso
Pallottino sosteneva che l'Italia subalpina fosse stata coinvolta "nello stesso processo primario di definizione etnico-linguistica della nazione celtica".[senza fonte]
Arrivi di nuove popolazioni si verificarono attorno alla fine del V inizi del IV secolo a.C. Comincia una decadenza irreversibile della grecità d'Italia sotto la spinta delle popolazioni italiche, le vie del commerci attici sono distrutte dalla guerra del Peloponneso e non si riprenderanno più. L'interruzione della circolazione di beni è fonte di una crisi economica che porta, di riflesso, all'impoverimento e alla crisi di tutti quei popoli che erano interlocutori commerciali dei Greci: tra di essi anche i Celti. Le invasioni, siano esse
tumultus Gallici o episodi di mercenariato, denotano un quadro di necessità, le popolazioni celtiche dell'Italia settentrionale rinforzano i legami con l'Oltralpe e questo provoca l'arrivo di nuove genti tra le quali i
Senoni, i
recentissimi advenarum di cui parla Livio, autori del sacco di Roma nel 390 a.C. Le popolazioni celtiche che popolarono la pianura padana sono storicamente note dal famoso passo di Livio.
[9] Subito dopo gli
Insubri arrivano i
Cenomani che occupano il territorio a est dell'Adige, indeterminato è invece l'arrivo delle altre popolazioni che, con un meccanismo "a scavalco" occupano via via tutta la pianura padana meridionale scacciandone Etruschi e Umbri. Livio ricorda
Libui e
Salluvi che si fermano accanto all'antica tribù dei
Laevi, stanziata vicino al Ticino; i
Boi e i
Lingoni e, da ultimi, i Senoni.
[10]
I "nuovi" Celti stabilitisi in Cisalpina potevano tra l'altro acquisire a sé il controllo del mercato di un materiale che da lungo tempo esercitava su di loro una potente attrazione, grazie alle
virtù magiche che essi gli attribuivano: il
corallo, proveniente soprattutto dal
golfo di Napoli, conobbe una vera esplosione, con frequenti applicazioni in
torque,
elmi,
foderi di spada e
fibule,
[11][12] dando origine, soprattutto in
Svizzera, sia a un surrogato bronzeo, sia a vere e proprie imitazioni, grazie all'invenzione celtica di uno speciale
smalto colorato,
[12] realizzato con un particolare procedimento e ampiamente diffuso dal
centro-Europa fino all'
arcipelago britannico.
[13]
Conquista dell'Ager Gallicus a nord degli Appennini
Carta della
Regio V Picenum e
VI Umbria, con a nord l'
Ager Gallicus
Nel
332 a.C. tra Roma e i
Senoni della Cisalpina fu stipulato un trattato di pace che, a quanto sembra, garantirà un interludio di pace durato circa trent'anni.
[14] Quasi quarant'anni più tardi, nel
295 a.C., nell'ambito della
terza guerra sannitica, i galli
Senoni dell'
Italia settentrionale si allearono con gli
Umbri, gli
Etruschi e i
Sanniti contro
Roma. La coalizione, inizialmente vincitrice (con la presa di
Arezzo), venne in seguito sconfitta dai
Romani nella
battaglia di Sentino. E così nell'ambito della
terza guerra sannitica, i Senoni seguirono le sorti della coalizione italica
etrusco-
sannita con cui si erano alleati: insieme a essi furono sconfitti nella
battaglia di Sentino, che permise a Roma l'istituzione dell'
Ager Gallicus e la fondazione della
colonia di
Sena Gallica,
[15] che ancora conserva, nel moderno
toponimo di
Senigallia, la duplice memoria dell'
etnonimo e dell'
origine di quel popolo celtico. Nel
283 a.C., si concludeva questa prima fase, dove Roma riusciva a occupare tutti i territori a sud degli
Appennini, battendo ancora i Senoni nella
battaglia del lago Vadimone, combattuta contro una coalizione celto-etrusca.
[15][16]
Nel
249 a.C. i Boi chiamarono in soccorso i
Galli transalpini, innescando una nuova crisi che si concluderà nel
225 a.C.,
[17] l'anno in cui si registra l'ultima
[18] invasione gallica dell'Italia. Quell'anno, infatti, cinquantamila fanti e venticinquemila cavalieri
Celti varcarono le
Alpi in aiuto dei
Galli cisalpini (si trattava di una coalizione di
Celti insubri,
Boii e
Gesati[19]), e se prima riuscirono a battere i Romani
presso Fiesole, vennero poi sconfitti e massacrati dalle armate romane nella
battaglia di Talamone (a nord di Orbetello),
[20] spianando così a Roma la strada per la conquista della pianura padana.
La conquista romana della Cisalpina (fine del III-inizio del II secolo a.C.)
Territori della Gallia cisalpina (evidenziati in rosso trasparente) tra la fine del
II e gli inizi del
I secolo a.C.
Per la prima volta
[15] l'
esercito romano poteva spingersi oltre il
Po, dilagando in
Gallia Transpadana: la
battaglia di Clastidio, nel
222 a.C., valse a Roma la presa della capitale
insubre di
Mediolanum(
Milano). Per consolidare il proprio dominio Roma creò le colonie di
Placentia, nel territorio dei
Boi, e
Cremona in quello degli
Insubri. I Galli dell'
Italia settentrionale si ribelleranno nuovamente in seguito alla discesa di
Annibale. Come alleati del condottiero cartaginese furono fondamentali per le sue vittorie al
Trasimeno (217 a.C.) e a
Canne (216 a.C.). I
Boi riuscirono, inoltre, a battere i Romani nell'
agguato della Selva Litana. Dopo la sconfitta di Annibale a
Zama (202 a.C.), vennero definitivamente sottomessi da
Roma, quando risultarono vittoriosi nella
battaglia di Cremona, nel
200 a.C., e in quella di
Mutina (
Modena), nel
194 a.C. All'indomani della vittoria nella
seconda guerra punica, Roma procedette alla definitiva sottomissione della pianura padana, che aprì un territorio vasto e fertile agli emigranti originari dell'Italia centrale e meridionale.
[21] Pochi decenni dopo, lo storico greco
Polibio poteva già personalmente testimoniare la rarefazione dei Celti in
pianura padana, espulsi dalla regione o confinati in alcune limitate aree subalpine.
[22]
Si trattava di una colonia di
diritto latino,
[23] con la funzione prioritaria di sbarrare la strada alle popolazioni limitrofe di
Carni e
Istri, che minacciavano i confini orientali dei possedimenti romani in
Italia.
[26] La città dapprima crebbe quale avamposto militare in vista delle future campagne contro Istri e
Carni, più tardi quale "quartier generale" in vista di un'espansione romana verso il
Danubio. I primi coloni furono 3.000
veterani,.
[27] seguiti dalle rispettive famiglie provenienti dal
Sannio, per un totale di circa 20.000 persone, a cui fecero seguito dei gruppi di
Veneti; più tardi, nel
169 a.C., si aggiunsero altre 1.500 famiglie.
[28]
Difesa ed esercito
Il fatto che a
Cesare sia stata assegnata inizialmente la provincia dell'Illirico come parte del suo
imperium, e che all'inizio del
58 a.C. ben tre legioni fossero state dislocate ad
Aquileia (la
VII, l'
VIII e la
IX), potrebbe indicare che egli intendesse cercare proprio in quest'area gloria e ricchezze con cui accrescere il suo potere e la sua influenza militare e politica. Cesare aveva infatti bisogno di importanti vittorie militari così da costruirsi un suo potere personale con il quale controbilanciare quello che Pompeo si era costruito con le vittorie ottenute in Oriente. A tal fine progettava probabilmente una campagna oltre le
Alpi Carniche fin sul
Danubio, sfruttando la crescente minaccia delle tribù della
Dacia (corrispondente grosso modo all'odierna
Romania), che si erano riunite sotto la guida di
Burebista, il quale aveva poi guidato il suo popolo alla conquista dei territori dislocati ad ovest del fiume
Tibisco, oltrepassando il Danubio e sottomettendo l'intera area su cui si estende l'attuale
pianura ungherese, ma soprattutto avvicinandosi pericolosamente all'Illirico romano e all'
Italia. Le sue armate si erano però fermate all'improvviso, forse per il timore di un possibile intervento diretto di Roma nell'area
balcano-
carpatica. Così, invece di continuare nella sua marcia verso occidente, Burebista era tornato nelle sue basi in
Transilvania, rivolgendo poi le proprie mire ad Oriente: attaccò i
Bastarni e infine assediò e distrusse l'antica
colonia greca di
Olbia (nei pressi dell'attuale
Odessa).
[29]
Geografia politica ed economica
La Gallia Cisalpina dopo la progressiva conquista del territorio e deduzione di colonie nel corso del
III e
II secolo a.C., era stata costituita in
provincia romana, poco dopo il conferimento della cittadinanza agli abitanti dell'Italia peninsulare nel
90 a.C. Nel
42 a.C. la provincia fu abolita e i confini settentrionali dell'Italia vennero portati ufficialmente alle
Alpi.
Per la Gallia Cisalpina la modalità di integrazione di accorpamento alla penisola cambia, in quanto non possiamo parlare di vera e propria romanizzazione, bensì di colonizzazione. Con l'esclusione di Liguri, Venetici del Veneto/Friuli e degli Etruschi dell'Emilia, le popolazioni abitanti la Val Padana non erano demograficamente consistenti, almeno non da poter resistere a due invasioni romane (si ipotizzano 200.000 galli, che, in proporzione alla vastità del territorio, erano relativamente pochi)
[30]. Durante la prima campagna di conquista romana il loro numero si ridusse drasticamente, sia per le perdite umane, sia per le loro migrazioni volontarie, sia per la riduzione in schiavitù. Il piccolo numero di Galli ancora presenti nella Cisalpina prima del III secolo fu quasi completamente annientato dopo la Seconda Guerra Punica, che li vide alleati, e sconfitti, con
Annibale. Molti Galli, dopo la capitolazione di Annibale, preferirono migrare nelle regioni più a nord, cosa che avvenne ad esempio per i
Galli Boi, che migrarono prima nell'Illiria, e successivamente nella Boemia (a cui hanno appunto dato il nome). Nel periodo successivo alla turbolenta guerra punica il nord Italia divenne meta di numerosi uomini di potere romani, si trattava di Cavalieri, politici ed ex militari che miravano a sfruttare quelle terre. Numerose lamentele arrivarono da questi ultimi per la scarsità di manodopera, cosa che ci fa ipotizzare una drastica riduzione demografica dovuta prima alla venuta di Annibale, e poi allo sterminio dei Galli perpetrato dai Romani come vendetta. I romani dunque, per rendere produttiva la Gallia Cisalpina, creano le
Colonie di diritto latino (ovvero popolate da cittadini romani che rinunciavano ai propri diritti e da latini), come ad esempio Luni, Patavium e Rimini, e altre città di formazione mista (ovvero formate da coloni italici, etruschi, romani e greci). Il Senato romano, sia prima della
Guerra Sociale sia dopo, emise più e più volte bandi di colonizzazione con numero fisso di 6.000 famiglie (si ipotizzano dunque 30.000 persone), che andavano a costituire i nuovi nuclei romani del nord Italia
[31] In Liguria e in Veneto questi coloni romano-italici si sovrapposero alle precedenti culture, integrandole, arricchendosi di esse e, pian piano, assorbendole completamente.
I popoli sottomessi conservarono a volte la proprietà dei loro territori e il diritto di governarsi con una certa autonomia, come nel caso dei
Salii, dei
Libui, degli
Ictimuli e di
Vercellae, ovvero l'attuale
Vercelli, in grazia, probabilmente, di un patto di antica data. In quest'ultima città, infatti, non si verificano centuriazioni con espropri e ridistribuzioni di terre così come invece accade nelle aree dei
Salassi o a
Ivrea.
Maggiori centri provinciali
I maggiori centri della provincia erano:
-
Resti di un tempietto, con sullo sfondo il Museo Archeologico.
- Aquileia (Aquileia), fondata nel 181 a.C. nei pressi del fiume Natiso come colonia di diritto latino,[34] da Lucio Manlio Acidino, Publio Scipione Nasica e Gaio Flaminio, mandati dal Senato a sbarrare la strada alle popolazioni limitrofe di Carni ed Istri, che minacciavano i confini orientali d'Italia.[26] Aquileia costituì la base principale delle operazioni militari nell'Illirico dei secoli successivi.[35] Dall'origine di base militare deriva la forma quadrilatera del presidio, divisa dal cardine massimo, l'attuale via Giulia Augusta, e dal decumano massimo. Pacificata e romanizzata la regione, la città, municipio dopo l'89 a.C. grazie alla lex Iulia de civitate (che conferiva la pienezza del diritto romano, assegnandola alla tribù della Velina[36]) si ingrandì in fasi successive. In seguito divenne centro politico-amministrativo (capitale della X Regione augustea, Venetia et Histria) e prospero emporio, avvantaggiata dal lungo sistema portuale e dalla raggiera di importanti strade che se ne dipartivano sia verso il Nord, oltre le Alpi e fino al Baltico ("via dell'ambra"), sia in senso latitudinale, dalle Gallie all'Oriente. Fin da tarda età repubblicana e durante quasi tutta l'epoca imperiale Aquileia costituì uno dei grandi centri nevralgici dell'Impero romano.[37] Sappiamo che durante il suo primo consolato del 59 a.C.,Gaio Giulio Cesare ottenne con la Lex Vatinia del 1º marzo[38] il proconsolato delle province della Gallia Cisalpina[1] e dell'Illirico per cinque anni e il comando di un esercito composto da tre legioni[39]. Sappiamo di numerosi soggiorni di Cesare ad Aquileia durante la conquista della Gallia.[40] Un quindicennio più tardi, tra il 35 ed il 33 a.C., Aquileia rimase ancora "quartier generale" delle campagne militari di Ottaviano nell'Illirico. Si trovava al centro di tre differenti direttrici di marcia: quella più a sud-est verso le tribù della costa; quella "centrale" che portava nei territori dei Giapidi; e quella più a nord-est contro le popolazioni di Carni e Taurisci.[41]
-
-
-
Cimitero paleo-cristiano.
- Brixia (Brescia), nacque come città romana nel 196 a.C., pur tuttavia non essendo soggetta a una vera e propria occupazione, ma a una sorta di alleanza.[42] Questa alleanza permise a Brescia nell'89 a.C., grazie alla lex Iulia de civitate (che conferiva la pienezza del diritto romano, assegnandola alla tribù della Fabii[43]) di diventare municipio e ottenere il diritto latino, per aver aiutato i Romani, insieme a Veneti, Galli e Liguri, a sconfiggere i socii Italici. Nel 49 a.C., allo scoppio della guerra civile, Aulo Gabinio fu richiamato da Cesare e gli fu affidato il comando delle operazioni nell'Illirico. Brixia divenne così parte del territorio romano e ai suoi abitanti venne data la cittadinanza romana.[44] Non a caso sappiamo del passaggio della legio X Veneria dalla città in questo periodo.[45] In epoca repubblicana il mondo "cenomane" godette di grande autonomia, poté auto-amministrarsi, battere moneta propria, mantenere una propria "cultura", ma con l'acquisizione della cittadinanza romana scomparve la dicitura "Cenomani" in favore di quella di "Brixiani".[46] Nel 7-9 d.C. Brixia andò a far parte della Regio X Venetia et Histria.
Affresco proveniente dal santuario repubblicano (1).
Affresco proveniente dal santuario repubblicano (2).
-
- Forum Julii (Cividale del Friuli), è legata al nome di Giulio Cesare, come testimonia il fatto che il nome Friuli deriva proprio da Forum Iulii, ovvero il foro di Giulio. Tra il 56 a.C. ed il 50 a.C., infatti, grazie all'iniziativa del proconsole romano, qui fu creato un municipio, Forum Iulii, da cui prese poi il nome tutta la regione Friuli, successivamente divenne colonia. Le mura romane sono alla base delle mura veneziane tuttora presenti.
Copia moderna della statua di Giulio Cesare, fondatore di forum Iulii.
- Mantua (Mantova), fu conquistata dai Romani dopo la dominazione dei Galli Cenomani, nel 214 a.C. Divenuta colonia, assurse al titolo di città libera dopo la promulgazione della Legge Giulia del 90 a.C. che estese la cittadinanza romana agli abitanti delle colonie e divenne "municipium" dal 47 a.C. Il 15 ottobre del 70 a.C. ad Andes, piccolo villaggio nei pressi di Mantova, nacque Virgilio (Publio Virgilio Marone). Nonostante questi importanti eventi, la Mantua romana rimase ai margine, secondaria rispetto a città vicine come Verona e Cremona.
Ara di Vetilia Egloge, ritrovata nel 2007 nella necropoli romana est,a Modena.
Parte di monumento funerario romano a prua di nave, nel Lapidario Estense.
Stele funeraria di una famiglia romana Mutinense.
Stele funeraria romana con epigrafe.
Sarcofago romano reimpiegato nel 1600.
Museo Lapidario Estense, veduta d'insieme.
Ricostruzione di tomba a recinto romana.
Capitello corinzio, proveniente da un probabile tempio.
Oderzo: scavi archeologici.
- Patavium (Padova), fu una delle più ricche città dell'Impero grazie, anche, all'allevamento di cavalli, era inoltre l'unica città in Italia ad avere un circo come Roma. In età augustea Padova divenne parte della X Regio che aveva come capitale Aquileia, cui era collegata grazie alla via Annia che partiva da Adria.
- Placentia (Piacenza), fu fondata dai Romani sulle rive del fiume Po nel 218 a.C., probabilmente su un preesistente insediamento celtico, sul confine tra i territori degli Insubri e dei Boii sconfitte in precedenza dai Romani. Nello stesso anno nacque la colonia gemella di Cremona. I romani preferirono costruire il castrum su un pianoro alluvionale più alto di 4-5 metri rispetto al territorio circostante aumentando in tal modo la capacità difensiva dell'insediamento. Essendo la zona popolata dai Celti, entrambe le città nacquero come avamposto per consolidare le conquiste in territorio gallico e per tenere a bada le genti celtiche. Sia Piacenza sia Cremona vennero fondate come colonie latine e furono inviati 6.000 coloni latini. La scelta fu dovuta all'incombente minaccia dell'invasione dell'Italia da parte del condottiero cartaginese Annibale. Quest'ultimo dopo aver vinto i Romani presso il Ticino, la Trebbia e aver espugnato Clastidium (Casteggio), non riuscì a occupare Placentia che gli resistette. Il fiume Po e la via Emilia, che la congiungeva con Ariminum o Rimini, già allora caratterizzavano la vocazione logistica della città. Lo schema viario romano con "cardo" e "decumano" è ancora ben visibile nel centro storico.
- Ravenna (Ravenna), circondata dalle acque e accessibile solo dal mare, qui l'imperatore Cesare Ottaviano Augusto dislocò la flotta militare dell'alto Adriatico. Per questo fine l'imperatore fece eseguire importanti lavori di sistemazione idraulica: fece scavare laFossa Augustea, un canale che collegava il Po con l'ampio specchio di acqua a sud di Ravenna e qui fondò il porto di Classe. Il porto fu realizzato con i criteri di una poderosa macchina militare. Secondo Plinio il Vecchio, poteva contenere fino a 250 triremi e 10.000 marinai o classari destinati al controllo di tutto il Mediterraneo orientale (la base destinata al controllo del Mediterraneo occidentale era invece il porto di Miseno sulla costa tirrenica).
- Ticinum (Pavia), assunse importanza a partire dal 187 a.C. quando fu raggiunta da una diramazione della via Emilia. Fu municipium e qui nacque lo storico Cornelio Nepote. Il centro storico di Pavia, un quadrato di circa 1 km², ha ancora oggi la tipica pianta derivata dal castrum, l'accampamento militare romano, dotato di due assi perpendicolari, il cardo e il decumano. La conservazione della pianta della città è stata permessa dal fatto che la città non è mai stata distrutta completamente.
Principali vie di comunicazione
Le vie romane che attraversarono in pochi decenni tutta la Cisalpina furono costruite per consentire in primo luogo i collegamenti militari. Le guerre contro i Liguri, con la conseguente fondazione di colonie nel loro territorio, non rappresentano solo l'espansione nella penisola, ma sono anche premessa dell'espansione verso l'occidente, quindi verso Sardegna, Spagna,
Cartagine.
Le principali vie di comunicazioni provinciali erano:
- la via Annia, costruita a partire dal 131 a.C. per collegare Hatria (Adria) a Patavium (Padova), Altinum (Altino), Iulia Concordia (moderna Concordia Sagittaria, dove incrociava la via Postumia) e infine ad Aquileia.
- la via Emilia, costruita a partire dal 189 a.C. per collegare Ariminum (Rimini) a Placentia (Piacenza).
- la via Emilia Scauri, costruita a partire dal 109 a.C. per collegare Vada Sabatia (Vado Ligure, presso Savona), a Luni (Portus Lunae), poi fino a Lucca (Luca).
- la via Gallica, per collegare Verona con le Brescia (Brixia), Bergamo e Milano (Mediolanum).
- la via Julia Augusta, costruita a partire dal 13 a.C. per collegare Placentia (Piacenza), passando per Dertona (Tortona) e Aquae Statiellae (Acqui Terme), fino a La Turbie (trofeo di Augusto).
- la via Popilia, costruita nel 132 a.C., per collegare Ariminum (Rimini) alla città di Aquileia, passando per Ravenna, Adria e Altino.
- la via Postumia, costruita a partire dal 148 a.C., per collegare i due principali porti romani del nord Italia, Genova e Aquileia.
Note
- ^ a b La Gallia Cisalpina corrispondeva ai territori della pianura padana compresi tra il fiume Adige e le Alpi piemontesi
- ^ Cassio Dione 41, 36
- ^ U. Laffi, La provincia della Gallia Cisalpina, “Athenaeum”, 80, 1992, pp. 5-23
- ^ Demandt, p. 92.
- ^ U. Laffi, Organizzazione dell'Italia sotto Augusto e la creazione delle regiones, pp. 81-117, in U. Laffi, "Colonie e municipi nello Stato romano, Roma 2007
- ^ G. Frigerio, Il territorio comasco dall'età della pietra alla fine dell'età del bronzo, inComo nell'antichità, Società Archeologica Comense, Como 1987.
- ^ La Battaglia del mare Sardo (540 a.C.)[1].
- ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, V, 34.
- ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, V, 35.
- ^ Polibio, Storie, II, 7; M.T. Grassi I celti in Italia, Milano 1991
- ^ Christiane Eluère, p. 71.
- ^ a b Kruta, La grande storia dei Celti, p. 202.
- ^ Lo smalto era ottenuto dal vetro di quarzo, addizionato di ossido rameico (Cu2O) e piccole quantità di piombo; durante la fusione, un processo di ossidoriduzione evitava la formazione di ossido rameico (CuO), dall'indesiderato colore verde. Cfr. Günter Haseloff,Lo smalto celtico, in S. Moscati et al., I Celti, 1991.
- ^ Christiane Eluère, I Celti "barbari d'Occidente", p. 68.
- ^ a b c Demandt, p. 86.
- ^ Floro, I, 13.
- ^ Christiane Eluère, p. 69.
- ^ Ogilvie, Cronologia.
- ^ Kruta, La grande storia dei Celti, pp. 251.
- ^ Polibio, Storie, II,25-27.
- ^ Storia Romana, Giovanni Geraci, Arnaldo Marcone, pag.92
- ^ Polibio, Storie, II.35.4
- ^ a b Velleio Patercolo, Historiae Romanae ad M. Vinicium libri duo, I, 13.2.
- ^ Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, III, 126-127.
- ^ CIL V, 873.
- ^ a b Tito Livio, Ab Urbe condita libri, XXXIX, 55; XL, 34.2-3; XLI, 1; XLI, 9-10; XLIII, 1.
- ^ Luisa Bertacchi, Aquileia: l'organizzazione urbanistica, p.209.
- ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, XLIII, 17.1.
- ^ J.Carcopino, Giulio Cesare, Milano 1981, pp.255-260; A.Piganiol, Le conquiste dei Romani, Milano 1989, pp.432-433.
- ^ The Celts: a history
- ^ ^ The Samnites in the Po Valley. D. O. Robson. The Classical Journal, Vol. 29, No. 8 (May, 1934), pp. 599-608
- ^ Per la centuriazione ci si basò su strade preesistenti: il decumano massimo era la stessa Postumia, mentre il cardine era la via Aurelia; le due arterie si incrociavano nei pressi dell'attuale Vallà di Riese Pio X.
- ^ Dalla sezione Linea del tempo del sito asolo.it
- ^ Velleio Patercolo, Storia romana, I, 13.2.
- ^ Appiano di Alessandria, Guerra illirica, 11; CIL V, 8270; Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, III, 129; Fasti triumphales: AE 1930, 60; Appiano di Alessandria, Guerre celtiche, 13; Strabone, Geografia, V, 1.8.
- ^ CIL V, 903.
- ^ Massimiliano Pavan, Aquileia città di frontiera, in Dall'Adriatico al Danubio, Padova 1991, p.124.
- ^ La Lex Vatinia fu proposta dal tribuno della plebe Publio Vatinio, che poi sarà luogotenente di Cesare in Gallia
- ^ Le tre legioni affidate a Cesare dalla Lex Vatinia erano la VII, l'VIII e la VIIII
- ^ Cicerone, In P. Vatinium ("Contro Publio Vatinio"), 38; Cesare, De bello Gallico, II, 35 e III, 7; Cesare, De bello Gallico, V, 1, 5-9; Cesare, De bello Gallico, VI, 44; Cesare, De bello Gallico, VII, 1.1; Aulo Irzio, De bello Gallico, VIII, 24.3; Appiano di Alessandria,Guerra illirica, 18 e 52.
- ^ Appiano di Alessandria, Guerre illiriche, 16-22.
- ^ Abeni, La storia bresciana, Brescia, Del Moretto, 1984.
- ^ CIL V, 4459.
- ^ Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, XLI, 36.
- ^ CIL V, 4191, CIL V, 4377.
- ^ CIL V, 4186, CIL V, 4355, CIL V, 4459, CIL V, 4485 e AE 1952, 136.
- ^ AE 1978, 344.
- ^ Polibio, Storie, II, 34.10-15; Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, XII, 51-52;Zonara, L'epitome delle storie, VIII, 20.
- ^ CIL V, 5854.
Bibliografia
- Fonti primarie
- Appiano di Alessandria, Guerra illirica, traduzione inglese QUI.
- Aurelio Vittore, De Caesaribus, XXXIX e XLI, versione latina QUI; Epitome, XLI versione latina QUI; De Viris Illustribus, versione latina QUI.
- Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, XII, 51-52, traduzione inglese QUI.
- Cesare, De bello Gallico (testo latino) .
- Eutropio, Breviarium historiae romanae (testo latino) .
- Fasti triumphales: AE 1930, 60.
- Livio,
-
- Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, III.
- Polibio, Storie, II; traduzione inglese QUI.
- Strabone, Geografia, V; traduzione inglese QUI.
- Svetonio, Vite dei dodici Cesari.
- Velleio Patercolo, Historiae Romanae ad M. Vinicium libri duo, I.
- Zonara, L'epitome delle storie, VIII e XII; testo latino.
- Zosimo, Storia nuova, I-II traduzione inglese del libro I, QUI.
- Fonti storiografiche moderne
- Luisa Bertacchi, Aquileia: l'organizzazione urbanistica, in Milano capitale dell'Impero romani (286-402 d.C.), catalogo della Mostra Milano capitale dell'Impero romani (286-402 d.C.) tenutasi a Milano, Palazzo Reale dal 24 gennaio al 22 aprile del 1990, Ed.Silvana Milano, 1990, pp. 209–212.
- Luigi Bossi, Della istoria d'Italia antica e moderna, Milano, 1819
- Jean Bousquet, La Cisalpine gauloise du IIIe au Ier siècle avant J.-C.
- Lawrence Keppie, The Making of the roman army, From Republic to Empire, University of Oklahoma, 1998
- Giuseppe Micali, L'Italia avanti il dominio dei Romani, Genova, 1830
- Raffaele de Marinis e Venceslas Kruta in Italia, omnium terrarum alumna, Garzanti-Scheiwiller, 1990
Voci correlate