domenica 2 febbraio 2014

Ronan Farrow - Nodo Windsor - Windsor knot - suit tie



Ronan Farrow (nato nel 1987) è il figlio dell'attrice Mia Farrow e del regista Woody Allen. E' giornalista e svolge attività diplomatica.
Ne segnaliamo l'eleganza e l'impeccabile nodo Windsor doppio alla cravatta.



Qui sopra lo vediamo con Hillary Clinton, di cui è collaboratore.

Ronan Farrow: Three Things To Know About Our New Crush







Recentemente Mia Farrow ha rivelato che suo figlio potrebbe essere nato da una relazione extraconiugale con Frank Sinatra.









Gli Arcani Supremi. Capitolo 79. India ed Evelyn.



India Stoker e Robert Oakwood fecero ritorno ad Hollow Beach nel tardo pomeriggio.
Erano circa le sei di sera quando suonarono al citofono della villa degli Stoker.
Evelyn Stocker parve sincera nel ruolo di madre contrariata:
<<India, ma si può sapere dove sei stata!? E' tutto il giorno che cerco di contattarti. Incominciavo a preoccuparmi...>>
Lei la interruppe con freddezza:
<<Dov'è papà?>>
Eve assunse un'espressione offesa:
<<E' nel suo studio. Ti sta aspettando. Entra pure anche tu, Robert. Vuole parlare anche con te>>.
La sua voce era gelida.



Robert si sentì vagamente in colpa:
<<Evy, non c'è stato niente di male...>>
Lei gli rivolse un sorriso che era a metà tra l'ironia e la compassione:
<<Non ti rimprovero niente, Robert. Tu non hai mai avuto scelta. Come non l'ho avuta io. Ma almeno ora il mio compito è finito, mi chiamo fuori dai giochi. Non voglio essere coinvolta ulteriormente negli intrighi degli Iniziati. Anzi, qualsiasi cosa vi direte, tenetemi fuori da questa storia!>>
Detto questo uscì di scena, con l'incedere altero tipico delle donne nate nella famiglia Van Garrett.
Robert rimase turbato.
India se ne accorse:
<<Non fare caso ai commenti di mia madre. In realtà pensa sempre il contrario di ciò che dice. Si sente esclusa dai giochi che contano. E forse non si rende conto che non sono giochi... non capisce il peso che devo portare sulle mie spalle, non se lo immagina nemmeno>>



Era evidente che tra madre e figlia non correva buon sangue. Robert comprendeva la sofferenza di entrambe, e sentiva che in fondo tutte e due, come del resto anche lui, erano pedine di un gioco molto più grande di loro.
<<Il gioco del trono>> disse, citando implicitamente un romanzo che amava.
India sospirò:
<<Quello sarà il primo punto da chiarire con mio padre: non ci dovrà essere nessun gioco del trono. La dinastia Windsor rimarrà al suo posto. Le stirpi che discenderanno da te avranno i loro troni, ma non in questo secolo. I nostri titoli sono in pectore>>
Robert concordava: meglio mantenere il segreto.
In fondo, si trovavano in mezzo ai nemici.
<<In pectore et in partibus infidelium>>


sabato 1 febbraio 2014

Zac Efron - Nodo Windsor - Windsor knot - tie



Zac Efron, tra i tanti soprannomi che gli sono stati affibbiati, è chiamato "dapper boy", cioè ragazzo azzimato, da intendersi come "persona che veste con estrema ricercatezza". 
A tal proposito vale la pena constatare che tale ricercatezza comprende anche la scelta del nodo Windsor doppio alla cravatta, che gli vale questo post nella mia rubrica Nodo Windsor Club.
Certo io preferirei che usasse una cravatta tradizionale, ma bisogna dire che con la skynny tie, che già da sola è strettissima, il nodo Windsor è d'obbligo, per dare consistenza alla cravatta.





L'evoluzione del cellulare negli ultimi 25 anni

L'evoluzione dei cellulari

Fu Motorola a produrre il primo telefono portatile dalle dimensioni ridotte, rendendolo veramente "tascabile": era il MicroTAC, che aveva uno sportellino che copriva i tasti e un display da sole due righe. Era il 1989, e da allora c'è stata una continua rincorsa a produrre telefonini sempre più piccoli. Si pensava che la vera sfida del futuro fosse creare dispositivi minuscoli, quasi invisibili.

Ma come spesso è accaduto nella storia del progresso tecnologico, si era fatto un fondamentale errore di valutazione. O meglio, semplicemente non si poteva prevedere che il cellulare sarebbe diventato molte cose, e solo in un secondo momento un telefono. Insomma, all'inizio degli anni '90 non esisteva il concetto di smartphone, internet non era diffuso, i display erano molto limitati, il touchscreen era qualcosa di futuristico.

I palmari.  Nel 1996, mentre al predominio di Motorola si sostituìva gradualmente quello della finlandese Nokia, uscì il primo palmare, il Nokia 9000 Communicator, con uno schermo più ampio e una tastiera Qwerty.

Ma è all'inizio degli anni Duemila che il mercato dei cellulari subì una svolta: uscì il Nokia 3310, uno dei telefoni portatili più venduti di sempre, che entrò nelle tasche degli adulti ma, per la prima volta, anche in quelle degli adolescenti. Era l'epoca dei cellulari "compatti": niente sportelletti scomodi e fragili, tasti abbastanza maneggevoli per inviare i primi SMS alla velocità della luce e display adatti per giocare a "Snake" e altri videogame tanto semplici quanto immortali.

Arriva Internet. Per vedere i colori e i display più grandi e dinamici negli Stati Uniti si dovette aspettare il 2002, quando BlackBerry produsse il 5810, in grado di connettersi facilmente a internet e ricevere le e-mail. E fu forse quello l'inizio dell'inversione di tendenza: il display rubò sempre più spazio ai tasti, fino a sostituirli completamente nel 2007, quando la Apple di Steve Jobs presentò il primo iPhone.

I tablet e i phablet.  Da allora in poi il telefonino fu utilizzato soprattutto per navigare su internet, sui social network, per mandare e-mail e per usare applicazioni sempre più complesse, per cui la corsa a ridurre le dimensioni dei dispositivi si è capovolta. I cellulari hanno schermi sempre più grandi, sono nati i tablet e addirittura i phablet come il Samsung Galaxy Note, ibrido fra uno smartphone e un tablet.

Oggi semmai la sfida è nel produrre dispositivi sottili o leggeri, ma la grandezza sembra non essere più un problema, anzi. I display larghi sono una delle caratteristiche più apprezzate degli smartphone di alta gamma Samsung, tanto che a confronto anche gli schermi degli iPhone sembrano sfigurare. Solo che adesso nessuno si sognerebbe di chiamare un Galaxy S4 "cabinone" o termini ironici affini. Il progresso è bello anche per questo.

(fonte: Il Messaggero)

Sondaggio intenzioni di voto (Ghisleri - Euromedia)

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Come sarà l'Europa nel 2100?

Europe in 2100(Version 1.1) by The9988

Oltre alle parti sommerse, sono previsti anche cambiamenti nei confini dei vari stati: la Scozia si scinderà dall'Inghilterra, la Catalogna dalla Spagna, il Nord Italia dal Sud Italia, l'Ucraina occidentale da quella orientale... la cartina è molto interessante.

Imbolc: la festività celtica del 1° febbraio (Santa Brigida, la Candelora cristiana)


Imbolc (o anche Oimelc, o Imbolic) è l'antica festa irlandese del culmine dell'inverno, che cadeva tradizionalmente il 1º febbraio, nel punto mediano tra il solstizio d'inverno e l'equinozio di primavera. La celebrazione iniziava tuttavia al tramonto del giorno precedente, in quanto il calendario celtico faceva iniziare il giorno appunto dal tramonto del sole.


Il termine Imbolc in irlandese significa "in grembo", in riferimento alla gravidanza delle pecore, così come Oimelc sta per "latte ovino", a indicare che in origine si trattava di una festa legata alle pecore da latte. In questo periodo venivano infatti alla luce gli agnellini e le pecore producevano latte. Il latte fresco, il formaggio, il burro e il siero di latte, per non parlare dei pasticci fatti con le code mozzate degli agnelli, costituivano spesso la differenza tra la vita e la morte per le persone anziane e i bambini, durante il gelo pungente di febbraio.La festività celebrava la luce, che si rifletteva nell'allungamento della durata del giorno, e nella speranza per l'arrivo della primavera. Era tradizione celebrare la festa accendendo lumini e candele. In epoca cristiana la festa diImbolc venne equiparata alla Candelora. Poiché la festa pagana era sotto gli auspici della dea Brígit, si trasformò nella ricorrenza di Santa Brigida.

Nel mondo romano la Dea Februa (Giunone) veniva celebrata alle calende di febbraio.[5]



Nel neopaganesimo e nel paganesimo Imbolc è uno degli otto sabbat, che attualmente si celebra il primo o il 2 febbraio (quest'ultima data più utilizzata in America, forse per una confusione con la Candelora). Nell'emisfero sud si celebra in agosto.



E' la festa anche della prima fioritura dei bucaneve.



IMBOLC was a festival of fire and ice, of light and meltwater. As the sunlight grows stronger in Celtic lands, the ice begins to thaw and rainfall gradually increases amid the snows. The gentle drip of the meltwater from the pristine snows of the hills is reminiscent of the lactation of the pure breasts of the earth-mother after having given birth. As in other mythologies, the flow of pure waters is likened to the lactation of dairy mammals and this may be one reason why the Imbolc goddess Brigit was a keeper of two kine in Irish tradition. Mammalian milk is only produced once young are born and so lactation gets conflated with the imagery of lambs and calves. While other festivals make use of fire, the emphasis at Imbolc is on the kindling flame that lights the morning fire, a task that traditionally would have fallen to the womenfolk of the household. Furthermore, fires were typically lit during the feminine mysteries of childbirth which added further feminine zeal to the fires of the hearth. The burning eye of the focus-hearth in the roundhouse was like the eye of the sun inside the home and as the solar hearth seemed to get going, so did it seem meet that the hearth of the home should do likewise.

venerdì 31 gennaio 2014

Come sarà l'Italia nel 2100: pianure sommerse (ma sarà vero?)

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E come sarà la Germania?

Germany in 2100 by The9988

Tutti i numeri della legge elettorale: ma chi vincerà al secondo turno?

Il rischio Grecia è alle porte, a partire dalla Sicilia e da Napoli


Il disastro della Sicilia è identico a quello dello stato ellenico (e a quello di altre città italiane)


Ci sono segnali che non vanno sottovalutati. Guai a farlo, perché spesso le conseguenze possono essere deleterie se non addirittura letali. E allora, nel clamoroso silenzio di giornali e televisioni, c’è da spalancare gli occhi su quanto avviene in Sicilia. La scorsa settimana denun ciammo con forzal’«illusionista» Rosario Crocetta, il governatore sprecone che aveva messo in piedi una finanziaria da Ridolini. Un papocchio contabile fermato dal commissario dello Stato, nel giorno stesso in cui Panorama è arrivato in edicola, con la bocciatura di 33 dei 50 articoli che componevano la legge di stabilità. Un disastro mai avvenuto nella storia dell’autonomia isolana.
Conseguenza: con le casse improvvisamente vuote, il 27 gennaio non è stato pagato lo stipendio a circa 30 mila dipendenti regionali. Non solo. In questa situazione, Crocetta ha annunciato che nel giro di qualche settimana chiuderanno per asfissia finanziaria i teatri pubblici di Palermo, Catania, Messina, gli enti parco, le scuole per ciechi e sordi, i ricoveri per minori, i centri per i disabili.
Non giriamoci intorno: è il «modello Grecia», quello prodotto dalla desertificazione industriale in cui non si crea ricchezza ma si spremono di tasse i contribuenti. Siamo davanti all’aspetto più mastodontico e vergognoso della malapolitica, che non fonda il consenso su un’economia sana fatta di industrie ma si nutre di stipendi pubblici e mantiene 28.542 guardie forestali (per la nota equazione clientelare secondo cui a un albero deve corrispondere un dipendente). C’è una responsabilità politica enorme alla radice: un fanfarone che ha fatto sempre leva sull’antimafia, con affermazioni apodittiche e teorie prive di riscontro, ha pensato bene di governare da solo con la criminalizzazione costante di quelli che si oppone- vano alle sue stramberie. Un delirio di onnipotenza infarcito da una nouvelle vague amministrativa strampalata che lo ha convinto di potere impunemente sputacchiare sui partiti e sulle regole.
Insomma, un capolavoro in salsa siciliana. Il governo nazionale ora e senza perdere altro tempo deve mettere «sotto tutela» la Regione (il governatore, pensate, ha il rango di ministro e partecipa con diritto di voto alle riunioni a Palazzo Chigi che affrontano questioni legate all’isola). Il disastro siciliano, con tagli e tasse d’ispirazione ateniese, può essere l’inizio della fine per tutto il Paese: è spiacevole e persino tragico ammetterlo, ma siamo a buon punto per diventare come la Grecia.
Ci rifletta Matteo Renzi. Perché da segretario del Pd arriverà presto a un punto chiave quando sarà ineluttabile mettere mani alle realtà territoriali: appoggerà la giunta fallimentare di Luigi de Magistris (vedere l’articolo a pagina 11)? Si schiererà al fianco di quelle rosso sbiadite di Palermo, Genova, Milano? E quando dovrà affrontare realtà regionali come la Sicilia, che cosa farà il «nuovo» Pd: salverà il fanfarone? O si schiererà giustamente con il commissario dello Stato per fermare un bluff e tentare di salvare l’isola?

Se il capitalismo diventa di sinistra

I  motivi non sono congiunturali né occasionali, ma rispondono a una precisa e profonda logica di sviluppo del capitalismo quale si è venuto strutturalmente ridefinendo negli ultimi quarant’anni. Ne individuerei la scena originaria nel Sessantotto e nell’arcipelago di eventi ad esso legati. In sintesi, il Sessantotto è stato un grandioso evento di contestazione rivolto contro la borghesia e non contro il capitalismo e, per ciò stesso, ha spianato la strada all’odierno capitalismo, che di borghese non ha più nulla: non ha più la grande cultura borghese, né quella sfera valoriale che in forza di tale cultura non era completamente mercificabile.


Non vi è qui lo spazio per approfondire, come sarebbe necessario, questo tema, per il quale mi permetto, tuttavia, di rimandare al mio Minima mercatalia. Filosofia e capitalismo (Bompiani, 2012). Comunque, per capire a fondo questa dinamica di imposizione antiborghese del capitalismo, e dunque per risolvere l’enigma dell’odierna sinistra, basta prestare attenzione alla sostituzione, avviatasi con il Sessantotto, del rivoluzionario con il dissidente: il primo lotta per superare il capitalismo, il secondo per essere più libero individualmente all’interno del capitalismo. Tale sostituzione dà luogo al piano inclinato che porta all’odierna condizione paradossale in cui il diritto allo spinello, al sesso libero e al matrimonio omosessuale viene concepito come maggiormente emancipativo rispetto a ogni presa di posizione contro i crimini che il mercato non smette di perpetrare impunemente, contro gli stermini coloniali e contro le guerre che continuano a essere presentate ipocritamente come missioni di pace (Kosovo 1999, Iraq 2003 e Libia 2011, giusto per ricordare quelle più vicine a noi, avvenute sempre con il pieno sostegno della sinistra).



Dal Sessantotto, la sinistra promuove la stessa logica culturale antiborghese del capitalismo, tramite sempre nuove crociate contro la famiglia, lo Stato, la religione e l’eticità borghese. Ad esempio, la difesa delle coppie omosessuali da parte della sinistra non ha il proprio baricentro nel giusto e legittimo riconoscimento dei diritti civili degli individui, bensì nella palese avversione nei confronti della famiglia tradizionale e, più in generale, della normalità borghese.



Si pensi, ancora, alla distruzione pianificata del liceo e dell’università, tramite le riforme Berlinguer, , distruggendo le acquisizioni della benemerita riforma della scuola di Giovanni Gentile del 1923, hanno conformato – sempre in nome del progresso e del superamento delle antiquate forme borghesi – l’istruzione al paradigma dell’azienda e dell’impresa (debiti e crediti, presidi managers, ecc.).





Il principio dell’odierno capitalismo postborghese è pienamente sessantottesco e, dunque, di sinistra: vietato vietare, godimento illimitato, non esiste l’autorità, ecc. Il capitalismo, infatti, si regge oggi sulla nuda estensione illimitata della merce a ogni sfera simbolica e reale (è questo ciò che pudicamente chiamiamo “globalizzazione”!). “Capitale umano”, debiti e crediti nelle scuole, “azienda Italia”, “investimenti affettivi”, e mille altre espressioni simili rivelano la colonizzazione totale dell’immaginario da parte delle logiche del capitalismo odierno. Lo definirei capitalismo edipico: ucciso nel Sessantotto il padre (l’autorità, la legge, la misura, ossia la cultura borghese), domina su tutto il giro d’orizzonte il godimento illimitato. Se Mozart e Goethe erano soggetti borghesi, e Fichte, Hegel e Marx erano addirittura borghesi anticapitalisti, oggi abbiamo personaggi capitalisti e non borghesi (Berlusconi) o antiborghesi ultracapitalisti (Vendola, Luxuria, Bersani, ecc.): questi ultimi sono i vettori principali della dinamica di espansione capitalistica. La loro lotta contro la cultura borghese è la lotta stessa del capitalismo che deve liberarsi dagli ultimi retaggi etici, religiosi e culturali in grado di frenarlo.




Dalla sinistra che lotta contro il capitalismo per l’emancipazione di tutti si passa così, fin troppo disinvoltamente, alla sinistra che lotta per la legalità, per la questione morale, per il rispetto delle regole (capitalistiche!), per il diritto di ciascuno di scolpire un sé unico e inimitabile: da Carlo Marx a Roberto Saviano. È certo vero che Berlusconi è il Sessantotto realizzato, come ha ben mostrato Mario Perniola in un suo aureo libretto: la legge non esiste, vi è solo il godimento illimitato che si erge a unica legge possibile. Ma sarebbe un errore imperdonabile credere che il capitalismo sia di destra. Lo era al tempo dell’imperialismo e del colonialismo. Oggi il capitalismo è il totalitarismo realizzato (a tal punto che quasi non ci accorgiamo nemmeno più della sua esistenza) e, in quanto fenomeno “totalizzante”, occupa l’intero scacchiere politico. Più precisamente, si riproduce a destra in economia (liberalizzazione selvaggia, privatizzazione oscena, sempre in nome del teologumeno “ce lo chiede l’Europa”), al centro in politica (sparendo le ali estreme, restano solo interscambiabili partiti di centro-destra e di centro-sinistra), a sinistra nella cultura. Sì, avete capito bene: a sinistra nella cultura. Dal Sessantotto in poi, la cultura antiborghese in cui la sinistra si identifica è la sovrastruttura stessa del capitalismo postborghese: il quale deve rimuovere la borghesia e lasciare che a sopravvivere sia solo la già ricordata dinamica di estensione illimitata della forma merce (essa stessa incompatibile con la grande cultura borghese). Di qui le forme culturali più tipiche della sinistra: relativismo, nichilismo, scetticismo, proceduralismo, pensiero debole, odio conclamato per Marx e Hegel, elogio incondizionato del pensiero della differenza di Deleuze, ecc.



In questo timbro “totalizzante” risiede il tratto principale dell’ormai avvenuta estinzione dell’antitesi tra destra e sinistra, due opposti che oggi esprimono in forme diverse la stessa visione del mondo, duplicando tautologicamente l’esistente. Negli ultimi “trent’anni ingloriosi”, il capitale e le sue selvagge politiche neoliberali, all’insegna della perdita dei diritti del lavoro e della privatizzazione sfrenata, si sono imposti con uguale forza in presenza di governi ora di centro-destra, ora di centro-sinistra (Mitterand in Francia, Blair in Inghilterra, D’Alema in Italia, ecc.). Di conseguenza, l’antitesi tra destra e sinistra esiste oggi solo virtualmente come protesi ideologica per manipolare il consenso e addomesticarlo in senso capitalistico.



Destra e sinistra esprimono in forme diverse lo stesso contenuto e, in questo modo, rendono possibile l’esercizio di una scelta manipolata, in cui le due parti in causa, perfettamente interscambiabili, alimentano l’idea della possibile alternativa, di fatto inesistente. Vi è, a questo proposito, un inquietante intreccio tra i due apoftegmi attualmente più in voga presso i politici – “non esistono alternative” e “lo chiede il mercato” –, intreccio che rivela, una volta di più, l’integrale rinuncia, da parte della politica, a operare concretamente in vista della trasformazione di un mondo aprioristicamente sancito immodificabile.



Il paradosso sta nel fatto che la sinistra oggi, per un verso, ha ereditato il giacimento di consensi inerziali di legittimazione proprio della valenza oppositiva dell’ormai defunto partito comunista e, per un altro verso, li impiega puntualmente in vista del traghettamento della generazione comunista degli anni Sessanta e Settanta verso una graduale “acculturazione” (laicista, relativista, individualista e sempre pronta a difendere la teologia interventistica dei diritti umani) funzionale al capitalismo globalizzato. Il quotidiano “La Repubblica” è la sede privilegiata di questo processo in cui si consuma questa oscena complicità di sinistra e capitalismo. I molteplici rinnegati, pentiti e ultimi uomini che popolano le fila della sinistra si trovano improvvisamente privi di ogni sorta di legittimazione storica e politica, ma ancora dotati di un seguito identitario inerziale da sfruttare come risorsa di mobilitazione. Per questo, la sinistra continua inflessibilmente a coltivare forme liturgiche ereditate dalla fede ideologica precedente nell’atto stesso con cui abdica completamente rispetto al proprio originario “spirito di scissione” (la formula è del grande Antonio Gramsci), aderendo alle logiche del capitale in forme sempre più grossolane. È di Bersani la frase, pronunciata in campagna elettorale, “i mercati non hanno nulla da temere dal PD”: frase pleonastica, perché esprime ciò che già tutti sapevamo, ma che è rilevante, perché ben adombra come la sinistra continui indefessamente a lavorare per il re di Prussia, il capitalismo gauchiste.



Lungo il piano inclinato che porta dalla nobile figura di Antonio Gramsci a personaggi come Massimo D’Alema o Vladimir Luxuria si è venuto consumando il tragicomico transito dalla passione trasformatrice al disincanto cinico – tipico della generazione dei pentiti del Sessantotto, la più sciagurata dal tempo dei Sumeri ad oggi – fondato sulla consapevolezza della morte di Dio, con annessa riconciliazione con l’ordo capitalistico. Con i versi di Shakespeare: “orribile più di quello delle erbacce è l’odore dei gigli sfioriti” (lilies that fester smell far worse than weeds). E questi gigli sono effettivamente sfioriti: sono l’incarnazione di quello che Nietzsche chiamava l’“ultimo uomo”. L’ultimo uomo sa che Dio è morto e che per ciò stesso tutto è possibile: perfino aderire al capitalismo e bombardare il Kosovo o la Libia.

È, del resto, solo in questo scenario che si comprende il senso profondo della dinamica, oggi trionfante, della personalizzazione esasperata della polemica con l’avversario. L’antiberlusconismo, con cui la sinistra ha identificato il proprio pensiero e la propria azione negli ultimi vent’anni, ne rappresenta l’esempio insuperato. La personalizzazione dei problemi, infatti, si rivela sempre funzionale all’abbandono dell’analisi strutturale delle contraddizioni, ed è solo in questa prospettiva che si spiega in che senso l’antiberlusconismo sia stato, per sua essenza, un fenomeno di oscuramento integrale della comprensione dei rapporti sociali. L’antiberlusconismo ha permesso alla sinistra di riciclarsi, ossia di passare dall’opposizione operativa al capitalismo all’adesione alle logiche neoliberali, difendendo l’ordine, la legalità (capitalistica) e le regole (anch’essere capitalistiche). L’antiberlusconismo ha indotto l’opinione pubblica a pensare che il vero problema fossero sempre e solo il “conflitto di interessi” e le volgarità esistenziali di un singolo individuo e non l’inflessibile erosione dei diritti sociali (tramite anche le forme contrattuali più spregevoli, che rendono a tempo determinato la vita stessa) e la subordinazione geopolitica, militare e culturale dell’Italia agli Stati Uniti.

Ingiustizia, miseria e storture d’ogni sorta hanno così cessato di essere intese per quello che effettivamente sono, ossia per fisiologici prodotti del cosmo a morfologia capitalistica, e hanno preso a essere concepite come conseguenze dell’agire irresponsabile di un singolo individuo. Per questa via, la politica della sinistra – con Voltaire, “mi ripeterò finché non sarò capito” – non ha più avuto quale referente polemico il sistema della produzione e dello scambio – ritenuto anzi incondizionatamente buono o, comunque, intrascendibile –, bensì l’irresponsabilità di una persona che, senza morale e senza onestà, ha inficiato il funzionamento di una realtà sociale e politica di per sé non contraddittoria.

La politica ridotta al tragicomico teatro identitario dell’opposizione tra berlusconiani e antiberlusconiani ha permesso di far passare inosservato lo scolpirsi del nuovo profilo di una sinistra che – nel nome della questione morale e nell’oblio di quella sociale – ha abdicato rispetto alla propria opposizione agli orrori che il capitalismo non ha cessato di generare. È in questo senso che l’antiberlusconismo rivela la sua natura anche più indecente, se mai è possibile, dello stesso berlusconismo.  In questo risiede la natura tragica, ma non seria dell’odierna sinistra, fronte avanzato della modernizzazione capitalistica che sta distruggendo la vita umana e il pianeta. La sinistra è il problema e, insieme, si pensa come la soluzione. Il primo passo da compiere per riprendere il perseguimento del programma marxiano dell’emancipazione di tutti dal capitalistico regno animale dello spirito consiste, pertanto, nell’abbandono incondizionato della sinistra e, anzi, della stessa dicotomia destra-sinistra. Tutto il resto è chiacchiera d’intrattenimento o, avrebbe detto Marx, “ideologia”.
Fonte: Lo Spiffero

Gli Arcani Supremi. Capitolo 78. Il piano di India e Robert



<<La tua proposta mi rende felice. Forse un giorno diventerò davvero la tua duchessa, ma prima dobbiamo risolvere molte questioni in sospeso con gli Iniziati, con le nostre famiglie, con i nostri nemici e in generale con il resto dell'umanità>>
La leggera ironia con cui India pronunciò quelle parole fece sorridere Robert.
<<Allora temo che il nostro fidanzamento sarà più lungo del previsto>>
India si fermò un attimo a riflettere:
<<Non troppo lungo. Direi un anno e mezzo, all'incirca. Pensi di potermi aspettare?>>



<<Ti aspetterei per tutta la vita, e anche per le vite successive>>
Quelle parole la commossero:
<<Cosa ho fatto per meritarmi tanto amore?>>
Robert la abbracciò:
<<Sei una ragazza seria e colta, senza essere acida e saccente. E persino ora che sei un'Iniziata e hai visto il tuo destino di somma sacerdotessa, hai mantenuto la semplicità e la dolcezza che avevi prima. E poi le memorie di Vivien, che riposano nella tua mente, fanno sì che tu mi conosca meglio di qualsiasi altra donna>>
India sorrise:
<<E va bene, mi hai convinta! Ora però devi ascoltarmi. Dobbiamo concordare un piano d'azione per dare una soluzione a tutti i quesiti che sono rimasti in sospeso, primo tra tutti il fatto che, pur avendo superato l'Iniziazione e guardato al di là dal Varco, non l'abbiamo voluto riaprire. Mio padre e lady Edith andranno su tutte le furie, a meno che non troviamo una spiegazione convincente, il che significa una bugia, o meglio una mezza verità, ben raccontata>>



Nel vedere il volto di lei illuminarsi e la sua bocca sorridere, Robert si sentì completamente disposto a fare qualsiasi cosa India avesse in mente.
<<Qual è il tuo piano, mia adorata?>>
Lei gli accarezzò i capelli e incominciò a parlare lentamente, a voce bassa, come se qualcuno potesse in qualche modo udire il loro complotto, anche se erano soli.
<<Prima andremo dai miei genitori. Mio padre vorrà ascoltare la versione di entrambi, per cui dobbiamo metterci d'accordo nei minimi particolari>>



Per le successive due ore, India spiegò a Robert tutto quello che avrebbero dovuto dire e fare.
Si trattava di un piano ambizioso, con una certa dose di rischio, ma potevano farcela.
<<Non abbiamo alternative. Se fallissimo, allora nessuno potrebbe salvarsi dal Grande Cataclisma che nel prossimo secolo si abbatterà su tutti noi. Nel qual caso, almeno in questo universo, l'uomo scomparirà>>
Robert annuì, chiedendosi se, in fin dei conti, l'umanità meritasse di salvarsi.
Forse non se lo merita, ma questo non ci può esentare dal compiere il nostro dovere.