Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
venerdì 17 gennaio 2014
La barba di Harry non piace a nonna Lilibeth.
Chi di noi non è mai stato rimproverato dalla nonna per qualche cambiamento di look?
In fondo Elisabetta II non è poi così diversa dalle altre nonne.
Il fattaccio si è consumato nella residenza di Sandringham, durante le feste natalizie. I bene informati hanno fatto capire che una simile tensione non si registrava dai tempi in cui la regina Mary si struggeva per l'amore tra suo figlio e Wallis Simpson.
Elisabetta aveva pregato Harry di radersi, prima della messa di Natale, ma il principe ha detto no.
Il braccio di ferro tra nonna e nipote durava dal ritorno di Harry dalla spedizione al Polo Sud, che già di per sé era stata motivo di ansia per l'anziana regina.
Harry ha unito in sé lo spirito ribelle di sua madre e la propensione alle gaffe del nonno paterno, cosa che ha fatto disperare più volte sia il principe Carlo che la regina Elisabetta.
E come sempre succede in questi casi, la folla si è schierata dalla parte del ribelle.
Le fan del principe Harry si sono schierate decisamente a favore della barba e lui, come sua madre, ha optato per l'approvazione del pubblico, opponendo un netto rifiuto alla famiglia reale.
Ora, che Harry fosse la pecora nera, anzi, la "pecora rossa" della royal family, si è sempre saputo, fin da quando il color carota dei suoi capelli ha fatto persino dubitare della paternità di Carlo. Ingiustamente, in quel caso, perché il gene dei capelli rossi era presente sia nella famiglia Spencer (il fratello di Diana è uguale ad Harry), sia nella famiglia Mountbatten (il principe Filippo è sempre stato rossiccio, e la sua somiglianza con Harry è evidente, sia nel corpo che nel carattere).
(Nella foto, da sinistra, il principe Filippo, il principe William, il conte Charles Spencer, il principe Harry e il principe Carlo nel 1997, ai funerali della principessa Diana).
Comunque andrà a finire la storia della barba di Harry, forse questo episodio avrà delle conseguenze a livello di moda maschile, come sempre succedere in questi casi.
Del resto, il trend favorevole ai barbuti pare essere già in atto da tempo.
Resta da chiedersi se per la povera nonna Lilibeth sarà più dura da mandar giù la barba di Harry o la pelata di William...
Geopolitica dei paesi arabi e islamici
Dopo le guerre in Iraq e in Libano, le tensioni israelo-palestinesi, le ramificazioni della Primavera araba e la guerra civile in Siria, la geopolitica dei paesi arabi è divenuta ancora più complessa di quanto fosse nel Novecento.
In generale, in tutto il mondo islamico, dal Marocco fino all'Afghanistan, dal Mali all'Egitto, dalla Turchia al Pakistan, dal Sudan alla Somalia, le tensioni e le instabilità sono fortissime.
In Afghanistan l'ordine è mantenuto solo per mezzo una massiccia presenza militare dell'ONU, mentre in Siria la guerra civile continua.
Alcuni paesi islamici (Algeria, Iran, Siria e Sudan) reclamano persino la distruzione dello stato di Israele. Questo rende ancora più tesa la geopolitica del Medio Oriente, dove gli alleati degli Usa e quelli della Russia continuano a cercare di espandere la loro sfera di influenza.
The Wolf of Wall Street, la recensione
Riporto una recensione dell'anteprima del film, ma mi riservo di commentarlo poi a mia volta quando l'avrò visto.
Una parte della filmografia di questo incredibile cineasta è dedicata al caos, alla frenetica rappresentazione di un'interiorità distrutta, quasi sempre a causa delle droghe (sempre eccitanti e mai rilassanti) e del devasto personale, una rappresentazione formale di quella che è (per l'autore) la caratteristica saliente di una certa condizione umana, quell'abisso che ama guardare con timore. E' l'ambizione smisurata di non mostrare l'eccitazione della droga ma di comunicarla con la messa in scena. The wolf of wall street è così.
Benchè tutti sappiamo che è una storia di finanza, di eccessi e di ricchezza, la vera sorpresa è quanto sia in realtà una storia di depravazione umana, di rovina fisica e materiale del proprio corpo e della propria mente attraverso l'abuso di qualsiasi droga, il più riuscito tentativo di mostrare con le immagini la dipendenza dall'eccitazione.
Se per Scorsese ogni peccato viene inevitabilmente scontato (ma non in chiesa, come diceva in Mean Streets, quanto "nelle case, per le strade") allora la tragedia economica che oggi investe l'occidente dev'essere per forza figlia di allucinanti depravazioni. Per questo il suo Jordan Belfort (broker realmente esistito alla cui biografia si ispira il film) vive gli anni '80 e '90 in un oceano di maledizione, in una Sodoma e Gomorra che pare non avere limiti, neanche quando arriva la legge. Impossibile immaginare la soddisfazione di Scorsese nel leggere la biografia di Belfort e trovare l'anello di congiunzione tra la realtà e la sua maniera di intenderla.
The wolf of wall street non vuole indagare le cause della crisi odierna ma far sentire nello stomaco la violenza e l'abisso depravato di una categoria di uomini, far provare ribrezzo per gli eccessi e i deliri deregolamentati fino a suggerire che forse le conseguenze non potevano che essere questa situazione.
Se per Scorsese ogni peccato viene inevitabilmente scontato (ma non in chiesa, come diceva in Mean Streets, quanto "nelle case, per le strade") allora la tragedia economica che oggi investe l'occidente dev'essere per forza figlia di allucinanti depravazioni. Per questo il suo Jordan Belfort (broker realmente esistito alla cui biografia si ispira il film) vive gli anni '80 e '90 in un oceano di maledizione, in una Sodoma e Gomorra che pare non avere limiti, neanche quando arriva la legge. Impossibile immaginare la soddisfazione di Scorsese nel leggere la biografia di Belfort e trovare l'anello di congiunzione tra la realtà e la sua maniera di intenderla.
The wolf of wall street non vuole indagare le cause della crisi odierna ma far sentire nello stomaco la violenza e l'abisso depravato di una categoria di uomini, far provare ribrezzo per gli eccessi e i deliri deregolamentati fino a suggerire che forse le conseguenze non potevano che essere questa situazione.
Per questo è tra i film più fenomenali ed estremi del regista, nonchè già uno dei più importanti del 2014, uno in cui il suo rigore muscolare i suoi movimenti inesorabili, forti e quasi matematici si fondono con un delirio a cui Scorsese sembra non prendere parte sempre per un pelo.
Con un andamento simile alle fasi della droga (a momenti sovraeccitati e adrenalinici, seguono altri calmi e rilassati), questo film di finanza non parla mai veramente di finanza ma del potere esercitato attraverso il dominio e della perdita di ogni controllo di uomini pronti a tutto per denaro che vivevano in una società affamata di ricchezza, disposta a credere alle promesse di uno sconosciuto al telefono, un ambiente in grado di catalizzare avidità, lussuria, ira e superbia sfrenate.
La compagnia che Belfort mette in piedi, la sua "tana del lupo", è uno straordinario coacervo di maschilismo eccessivo e ossessivo, un luogo di violenza e sopraffazione cameratesca, pieno di prostitute e droga (eccezionale la presenza continua di atti sessuali davanti a tutti, senza remore), il posto in cui fare denaro coincide con la sua trasformazione in un vizio continuamente esibito e celebrato nelle peggiori dinamiche di branco.
Su tutto questo film eccezionale regna la droga, fiumi di droga da stemperare nel sesso tanto frequente quanto poco vissuto (esilarante la messa in scena umiliante delle prestazioni da sobrio). Ed è evidente come questo sia l'ambito su cui più di tutti è il regista a volersi soffermare, quello a cui regala i momenti più potenti e la componente che pare sconvolgerlo e al tempo stesso coinvolgerlo di più. Non è difficile identificare in un ambiente di persone troppo giovani, diventate troppo ricche, troppo in fretta e con troppa disponibilità di donne e stupefacenti, la presenza di una madeleine per l'autore (sebbene non a quei livelli). Nel fare questo film sulla finanza e sul peccato che determina la pena odierna, in realtàScorsese sembra guardare anche al proprio passato, una forma di elaborazione di cosa significhi non avere freni di sorta e disporre di tutto annebbiato dalla droga.
Su tutto questo film eccezionale regna la droga, fiumi di droga da stemperare nel sesso tanto frequente quanto poco vissuto (esilarante la messa in scena umiliante delle prestazioni da sobrio). Ed è evidente come questo sia l'ambito su cui più di tutti è il regista a volersi soffermare, quello a cui regala i momenti più potenti e la componente che pare sconvolgerlo e al tempo stesso coinvolgerlo di più. Non è difficile identificare in un ambiente di persone troppo giovani, diventate troppo ricche, troppo in fretta e con troppa disponibilità di donne e stupefacenti, la presenza di una madeleine per l'autore (sebbene non a quei livelli). Nel fare questo film sulla finanza e sul peccato che determina la pena odierna, in realtàScorsese sembra guardare anche al proprio passato, una forma di elaborazione di cosa significhi non avere freni di sorta e disporre di tutto annebbiato dalla droga.
Jordan Belfort diventa così uno dei più coinvolgenti e autentici ritratti del desiderio e dell'onnipotenza. La brama di possedere e fagocitare ogni sensazione, la noia incredibile di essere sobri e la volontà di arrivare alla massima eccitazione continuamente.
L'unico rimpianto che può rimanere è che un film così straordinario non l'abbia scritto Paul Schrader.
L'unico rimpianto che può rimanere è che un film così straordinario non l'abbia scritto Paul Schrader.
Presto in commercio il Viagra per lei (e fa pure dimagrire!)
Attesa sugli scaffali delle farmacie del Regno Unito per la fine del 2015, la versione femminile del Viagra che, in più, aiuta a dimagrire. Sviluppata dall'azienda britannica Orlibid, è una versione sintetica della melatonina, un ormone di solito associato al ciclo sonno-veglia ma che svolge un ruolo anche nella libido e nella regolazione dell'appetito.
Assunta poco prima del rapporto, la pillola assicura un aumento della libido per almeno due ore. Il farmaco è nelle prime fasi della sperimentazione. I ricercatori del team dicono: "Se i test daranno risultati positivi, la pillola dovrebbe arrivare in vendita in Gran Bretagna entro la fine del 2015, e sarà dedicata sia alle donne che hanno qualche problema sia per quelle che invece vogliono aumentare le proprie performance sessuali".
La dieta medievale che funziona ancora oggi.
Alle prese con diete di ogni genere, l’ennesima novità arriva direttamente dagli Stati Uniti, la dieta del Medioevo. L’idea nasce da una sorta di disintossicazione, dovuta a giorni di digiuno alterno, che per i monaci medievali era parte delle regole e dei voti spirituali, mentre per le star di oggi significa purificare il corpo.
C'era poi l'abitudine di mangiare solo quello che si poteva trovare, allevare o coltivare vicino a loro. Oggi questa è detta "regola del chilometro zero".
Il cibo era un momento di ritrovo, solo durante il pranzo che avveniva nel tardo pomeriggio e poco dopo con una cena leggera, infatti la colazione era l'equivalente del brunch attuale, la seconda colazione, (un misto tra il breakfast, la prima colazione e il lunch, il pranzo)
I cibi erano pieni di spezie sia per il sapore che per la conservazione. Vi erano molte zuppe e brodi. Mancavano naturalmente cibi come le patate, i pomodori, i fagioli, le barbabietole... tutti vegetali importati dalle Americhe dopo il 1492. Per cui al loro posto c'erano rape, ceci, lenticchie e si zuccherava col miele.
La "moda dell'acqua alta"
Dei pantaloni col risvolto ho già detto tutto il male possibile, ma vogliamo parlare degli abbinamenti tra scarpe, calzini e pantaloni da uomo che si sono visti nell'ultima settimana della moda?
Credo che un clown sarebbe più sobrio.
Ma da dov'è nata l'idea di questa moda dell'acqua alta? Non sarà mica...
giovedì 16 gennaio 2014
The Wolf of Wall Street: alcune curiosità prima di vedere il film - Nodo Windsor - tie Windsor knot
«The Wolf of Wall Street», il film di Martin Scorsese con Leonardo DiCaprio, appena premiato ai Golden Globe come miglior attore, esce nelle sale italiane il 23 Gennaio. Mentre facciamo il tifo per il tanto agognato Oscar al caro Leo - eterno candidato -, ecco cinque cose da sapere su questo film.
È una storia vera. Basato sulle memorie dell’agente di cambio Jordan Belfort, il film racconta le vicende del broker di Wall Street dagli inizi della sua carriera fino all’accusa per frode e riciclaggio.
Leo è un tipo tenace. Ci sono voluti sei anni prima che DiCaprio riuscisse a portare sugli schermi la storia di Belfort. L’attore è rimasto folgorato dal ritratto impietoso e sincero di un uomo totalmente governato dall’avidità.
È un gioco di squadra. Per dirigere il lungometraggio, DiCaprio ha voluto come regista Martin Scorsese, da sempre affascinato dal confine sottile tra bene e male che c’è in ciascuno di noi. Questo è il loro quinto film insieme.
Non era tutto in copione. L’attore Jonah Hill, superata l’agitazione di recitare con il suo attore e il suo regista preferito, ha dimostrato ottime doti di improvvisazione. Anche Matthew McConaughey, pur avendo un piccolo ruolo, ha reso indimenticabile il suo personaggio grazie alle sue trovate.
Nasce prima il cinema o la realtà? Jordan Belfort, interpretato nel film da Leonardo DiCaprio, ha dichiarato che da ragazzo il suo modello era Gordon Gekko, il protagonista di Wall Street reso memorabile da Michael Douglas. A proposito di storia che si ripete.
Il nodo Windsor doppio alla cravatta. Questo da solo vale una promozione da parte della mia rubrica Nodo Windsor Club.
Il nodo Windsor doppio alla cravatta. Questo da solo vale una promozione da parte della mia rubrica Nodo Windsor Club.
Ora non vi resta che dare un’occhiata alla gallery e correre al cinema.
Gli Arcani Supremi. Capitolo 68. L'Iniziazione del Duca di Albany
Lord Robert Oakwood, Duca di Albany, seppe che il momento dell'Iniziazione era arrivato quando vide i sette sigilli, e per ciascuno di essi un colore e per ogni colore uno dei Grandi Anziani, i Signori dell'Universo.
Giallo-oro per Belenos, Signore della Luce.
Rosso per Atar, Signore del Fuoco.
Bianco per Gothar, Signore dei Ghiacci.
Nero per Eclion, Signore delle Tenebre.
Verde per Kernunnos, Signore delle Foreste.
Azzurro per Vivien, Signora delle Acque.
Viola per Eiren, la Signora della Pace e della Serenità.
E per ogni colore c'era un amuleto o un gioiello.
E per ogni colore intermedio, c'era un'altra intelligenza angelica.
E per ogni arcangelo c'era un giorno e un potere.
E per ognuno un chakra.
Primo Chakra-Arcangelo Uriel - Raggio associato è l'Oro, per rilasciare i blocchi energetici radicati nel sistema.
Secondo Chakra-Arcangelo Gabriele-Raggio Associato è il Bianco, quando abbiamo biogno di vitalità.
Terzo Raggio - Arcangelo Jophiel-Raggio Associato è il Giallo, rifeito al potere, alla libertà, al controllo, alla loro mancanza.
Quarto Raggio-Arcangelo Raffaele-Raggio Associato è il Verde, pertutte le guarigioni ci Corpo e Anima.
Quinto Chakra-ArcangeloMichele-Raggio Associato è il Blu Cobalto, da richiamare per tutto cio'che si riferisce all'ascolto e alla comnicazione.
Sesto Chakra-Arcangelo Raziel-Raggio Associato è l'Indaco, il Custode dei segreti ci aiuterà con nella chiaroveggenza e chiarodienza.
Settimo Chakra-Arcangelo Zadkiel-Raggio Associato è il Viola, quando vogliamo comunicare con lo Spirito Supremo.
E così gli Arcani Supremi cominciarono a disvelarsi...
Geopolitica del Mediterraneo orientale
Nel mediterraneo orientale una zona particolarmente instabile è quella tra la Turchia e la Siria, dove un mosaico etnico si trova a confrontarsi con l'attrito tra i due stati, rispettivamente alleati degli Usa (la Turchia) e della Russia (la Siria) in uno scenario di rinnovata guerra fredda.
Rosiko: il risiko ambientato a Roma
Di certo qualcuno rimpiangerà la presenza del Kamchakta, storico paese dell’est europeo noto soprattutto per essere divenutoil proverbiale simbolo del Risiko. Ma di sicuro col tempo si riuscirà a trovarne un equivalente cercando tra i vari quartieri capitolini protagonisti di Rosiko, il gioco che sta spopolando sul web, ovvero la versione romana di Risiko. A ridosso del Grande Raccordo Anulare non si parla di altro da alcuni giorni, con utenti impegnati a piazzare i propri carri armati dal Pigneto alla Prenestina, dalla Garbatella a Trastevere. Ci si chiede quali possano essere gli obiettivi che il gioco consegna prima dell’inizio di ogni partita ai concorrenti, ma già si immaginano cose come “Devi conquistare la totalità della zona verde compreso il quartiere E.U.R. e almeno quattro stati della confinante zona rossa.
Ma come si gioca a Rosiko? Molto semplicemente esiste un sito internet, ben strutturato, dove pote acquistare il gioco. E siamo abbastanza convinti che presto avremo un equivalente per tutte le grandi città. Ma in effetti, il nome di fantasia in questo caso è tremendamente adatto solo alla capitale.
L'eleganza è un concetto assoluto o relativo?
La frase di Audrey Hepburn che compare nell'immagine qui sopra è certamente condivisibile, ma c'è una domanda che più volte ho posto nell'ambito di questo blog che si occupa anche di estetica e cioè: cos'è l'eleganza? E' un concetto relativo o assoluto? Dipende dai gusti o si basa su regole universali, del tipo "non essere mai eccessivi"?
Se si cerca la definizione nel vocabolario si rimane delusi. Alcuni dizionari ne fanno solo una questione di abbigliamento, mentre è anche una questione di comportamento. Ma se comunque vogliamo circoscriverla all'abbigliamento e al look personale, non basta dire, come nello Zingarelli: "qualità dei vestiti di raffinata fattura", perché si pone poi il problema di cos'è la raffinatezza, e non sono sicuro che i due termini siano del tutto sinonimi.
La raffinatezza mi pare più collegata alla ricercatezza, mentre l'eleganza mi sembra più collegata al senso dell'equilibrio, della misura. Associo la raffinatezza all'estetismo decadente, mentre l'eleganza la sento più vicina al classicismo.
Ma certamente questa è una mia opinione personale.
Vorrei però che si riflettesse su una frase che è ampiamente condivisa e cioè che: l'abbigliamento classico non passa mai di moda.
Ma quali sono le caratteristiche dell'abbigliamento classico?
Non esiste un'età classica per la moda, per cui si dice che è classico ciò che, nell'ambito di una determinata epoca, rappresenta una media che evita sobriamente gli eccessi delle singole mode di ogni vario periodo dell'epoca stessa in questione.
In medio stat virtus.
La regola dell'eleganza è evitare gli eccessi della moda del momento.
mercoledì 15 gennaio 2014
Le spese pazze di Palazzo Chigi (sede del premier Enrico Letta)
Tredicimila caffè al giorno, i frac per i commessi, centinaia di litri di Coca-Cola. La Presidenza del Consiglio non bada a spese... tanto paghiamo noi!
Devono avere paura che gli cali la palpebra mentre discutono sulle sorti del Paese. Sarà per questo che a Palazzo Chigi consumano tanto caffè: 13.400 cialde nel 2013, tra ristretto professional, aroma, decaffeinato intenso e orzo, a cui vanno pure aggiunti 60 chili di pregiata miscela Hausbrandt. Per una spesa totale di 6.156 euro, destinati non ai dipendenti (che hanno a disposizione tre punti bar e distributori automatici a pagamento) ma alle «esigenze delle autorità politiche presso la presidenza del Consiglio dei ministri», come si può leggere nella sezione «trasparenza» del sito di Palazzo Chigi.
È qui, tra i contratti per «l’acquisizione di lavori, beni e servizi», che deve mettere le mani Carlo Cottarelli per la sua spending review. Toccherà anche alle spese di Palazzo Chigi: da quelle per l’acqua minerale e altri generi alimentari al noleggio dei pianoforti, dai Blackberry alle bandiere, alle targhe in ottone, ai detersivi e ai servizi di facchiaggio. Oltre ai dispendiosi contratti con le società di servizi (come quello da 250 mila euro per il monitoraggio sulla contrattazione collettiva dato al Formez).
Il tutto con una spiccata tendenza a largheggiare, che contribuisce all’aumento dei costi per il funzionamento della cabina di pilotaggio della politica italiana: dai 411 milioni di euro del 2012 ai 458 del 2013 secondo i risultati di un fresco studio della Uil.
Le voci più cospicue sono altre natural- mente. Solo il personale vale 224 milioni di euro. E anche qui c’è parecchio da dire. A palazzo Chigi il numero dei direttori generali cresce in barba a qualunque progetto di risparmio e lo stesso avviene con l’am- montare degli stipendi: risulta dal sito della presidenza del Consiglio che decine di suoi dirigenti hanno avuto nel periodo fra il 2011 e il 2013 aumenti variabili dal 10 al 30 per cento. Come mai?
A palazzo Chigi rispondono che si tratta di un errore nella pubblicazione dei dati e che le retribuzioni di partenza non si riferiscono al 2011 ma al 2005. Spiegazione che non vale però per alcuni incrementi molto significativi dovuti alle promozioni dei diretti interessati. Almeno queste non si potevano evitare, insieme con la moltiplicazione dei dirigenti, viste le difficoltà economiche del momento?
Domanda che viene spontanea anche a proposito del numero dei prefetti, che il Consiglio dei ministri ha deciso a fine anno di incrementare di ben 22 unità, portandolo al record storico di 207, quasi il doppio delle prefetture.
Sui conti pesa comunque in modo non trascurabile anche lo shopping necessario al funzionamento degli uffici di Enrico Letta e compagnia, che nel 2013, sempre secondo l’indagine della Uil, si è fatto sentire per ben 1,8 milioni. Il governo delle larghe intese, è vero, è stato più sobrio dei suoi predecessori con le agendine del 2014. Considerando anche i libretti con i numeri utili del governo, ha speso 28.478 euro contro i 48 mila del 2012. E nel bilancio di previsione promette che nel 2014 risparmierà 15 milioni di euro. Ma intanto le dispense di Palazzo Chigi traboccano di cialde, succhi di frutta, tè classico e deteinato, bitter, biscotti, buste di latte a lunga conservazione (cui si aggiunge anche una fornitura di 3 litri di latte fresco al giorno).
Un posto speciale spetta poi alle bottigliette di Coca-Cola: per stare tranquilli ne hanno ordinate 2.400 da consegnare su richiesta. Da aprile ne sono state consumate 429. Saranno il presidente del Consiglio, i ministri, i sottosegretari e i loro collaboratori a spazzolare tutti questi «generi di conforto»? Da Palazzo Chigi fanno sapere che vengono offerti «agli ospiti nazionali e internazionali che ogni giorno partecipano a riunioni e vertici che si svolgono in presidenza».
Decoro e bon ton, insomma, vengono prima della spending review. Per realizzare due bandiere della Thailandia e della Croazia, per esempio, a settembre sono stati spesi 1.597 euro. Vessilli a parte, chi arriva a Palazzo Chigi deve anche essere accolto con una certa eleganza dai commessi in impeccabili frac cuciti su misura. Per vestirne 29 nel luglio scorso sono stati spesi 19.806 euro, cifra con cui un operaio della Fiat vive più di anno. La fornitura comprende giacche, panciotti, camicie, calze e calzature. Un costoso look che Palazzo Chigi sta meditando di tagliare.
L’ospitalità non giustifica invece i 168 permessi auto per l’accesso alla zona a traffico limitato (e la relativa spesa di 99.264 euro) elargiti nel febbraio scorso dall’ex premier Mario Monti, altro paladino della spending review. Ottantotto di questi, tra l’altro, sono finiti sulle auto private di dirigenti e funzionari già dotati di auto di servizio. Pare che Letta si sia scandalizzato quando l’ha scoperto, tanto da decidere di rinnovarli solo ai disabili e a quelli con orari di lavoro disagiati. Vedremo quest’anno quanti saranno.
Le spese pubblicate sul sito governativo in nome della trasparenza sono centinaia, al- cune difficilmente contestabili, come la campagna di comunicazione sulle agevolazioni fiscali o gli interpreti per le riunioni internazionali. Altre sono lodevoli, come i progetti contro il razzismo e l’omofobia, sebbene le spese sembrino talvolta sproporzionate: è il caso dei 39 mila euro per il progetto su «La partecipazione delle donne e dei giovani rom e sinti ai processi decisionali».
Sono congrui poi i quasi 12 mila euro che sono stati spesi a fine dicembre dal dipartimento per le politiche europee per i «gadget nazionali»? E i 228 mila all’Automobile club d’Italia per gestire il sito dell’osservatorio sul turismo www.ontit.it ? Non mancano altre voci curiose, come i 5.667 euro spesi per quattro mesi di manutenzione di «due vasche da 100 centimetri contenenti ciascuna una pianta arbustiva» o i 1.900 euro per il detersivo e il brillantante della lavastoviglie dell’anticamera del vicepresidente.
E poi, anche se la cifra non è così esorbitante (453 euro), in tempi di sobrietà imperante c’era proprio bisogno di quattro cartelle in pelle «foderate internamente con seta moiré e con stampa in oro»? Tre sono andate al ministro per le Riforme costituzionali e una al vicesegretario generale.
Niente agenda di lusso per il presidente del Consiglio Enrico Letta, ma un regalo di Natale ben più costoso: un sondaggio. Per conoscere il parere di una community di appena 50 persone che dal 28 settembre al 13 dicembre scorso ha discusso online dei provvedimenti e dell’operato del governo, la presidenza del Consiglio ha infatti pagato ben 47.500 euro. A chi? Alla Ipsos di Nando Pagnoncelli. Chissà se tra le opinioni sondate nella community c’era anche quella relativa alla capacità di risparmiare i soldi dei contribuenti.
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