Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
mercoledì 25 dicembre 2013
Il principe Harry con la barba e il bacio di Kate ad Elisabetta
Giungono altre foto della famiglia reale inglese in occasione della rituale messa natalizia a Sandringham.
Il principe Harry appare particolarmente brutto con la nuova barba color carota.
Cate bacia la regina, un gesto inusuale in pubblico (a dire il vero mai visto, nessuno in pubblico ha mai baciato la regina!).
Katherine Swynford, Duchessa di Lancaster e progenitrice dei Tudor.
Katherine Swynford, nata de Roet (1350 – Lincoln, 10 maggio 1403), era la figlia di Payne De Roet, un araldo fiammingo proveniente da Hainaut, nominato cavaliere poco prima della sua morte sul campo di battaglia.
Fu la terza moglie del principe reale inglese Giovanni di Gand, primo Duca di Lancaster.
Dall'unione di John e Katherine discese Margherita Beaufort, madre di Enrico VII Tudor, fondatore della dinastia che regnò in Inghilterra tra il 1485 e il 1603.
Ecco l'albero genealogico dei Lancaster e dei Tudor.
Dall'unione di John e Katherine discese Margherita Beaufort, madre di Enrico VII Tudor, fondatore della dinastia che regnò in Inghilterra tra il 1485 e il 1603.
Ecco l'albero genealogico dei Lancaster e dei Tudor.
Su di lei è stato scritto il romanzo "Katherine" di Anya Seton è stato ristampato ed è attualmente nelle librerie.
Questo romanzo è stato una delle fonti di ispirazione di G.R.R. Martin, autore delle Cronache del ghiaccio e del fuoco, in particolare per il romanzo "Il trono di spade" ("Game of Thrones").
Questo romanzo è stato una delle fonti di ispirazione di G.R.R. Martin, autore delle Cronache del ghiaccio e del fuoco, in particolare per il romanzo "Il trono di spade" ("Game of Thrones").
Vita di Katherine Swynford
Fu educata in un convento a Romsey. Lasciò il convento quando aveva quindici anni e raggiunse la sorella Philippa, che faceva parte del seguito della regina Filippa di Hainaut, alla corte del re Enrico III d'Inghilterra. Katherine era molto bella e riuscì per questo a contrarre un matrimonio vantaggioso. Infatti attorno al 1366, all'età di sedici anni, Katherine sposò il cavaliere inglese Hugh Swynford (1340-1372), che possedeva il maniero di Kettlethorpe, nel Lincolnshire e faceva parte del seguito di Giovanni di Gand.
Katherine diede al marito almeno due figli, Thomas (1368-1432) e Blanche (nata nel 1370), ma è probabile che anche Margaret Swynford (nata nel 1369), poi entrata nel prestigioso convento noto come Barking Abbey, fosse loro figlia.
Katherine venne nominata governante delle due figlie di Giovanni di Gand (sorelle del futuro re Enrico IV) e della sua prima moglie Bianca di Lancaster.
Philippa Roet, sorella di Katherine, sposò il poeta Geoffrey Chaucer, che in occasione della morte di Bianca di Lancaster a causa della peste nel 1369 scrisse il poema Il Libro della Duchessa (The Book of the Duchess).
Poco dopo la morte di Bianca, Katherine divenne l'amante di Giovanni, che la ricompensò per le cure prestate alla moglie e alle figlie concedendole uno stemma, rosso con tre route dorate (Roet significa appunto ruota).
Nel 1371, mentre svolgeva il suo compito di soldato in Francia, morì Hugh Swynford, il marito di Katherine. Secondo le dicerie popolari fu avvelenato da Giovanni di Gand, ma tali voci non hanno alcun fondamento storico.
Nello stesso anno Giovanni si risposò con Costanza di Castiglia (figlia del re Pietro I di Castiglia).
Katherine diede a Giovanni quattro figli, e divenne nel 1373 la sua amante ufficiale. Intorno al 1381 la relazione si interruppe, e non si è a conoscenza del motivo. L'ipotesi più accreditata è che la pressione dell'opinione pubblica attorno a questa relazione adultera. Giovanni era diventando infatti l'uomo più potente del regno, essendo zio, tutore e reggente per il nuovo re Riccardo II, salito al trono ad appena 10 anni. La vita di Giovanni era sotto gli occhi di tutti.
Katherine tornò a Kettlethorpe coi quattro figli avuti da Giovanni, chiamati da tutti i Bastardi Beaufort (dal nome di un possedimento di Giovanni in Francia). Ci si può rendere conto di come fosse vista Katherine dalle parole di alcuni cronisti delle abbazie di Saint Albans e Saint Mary che la definirono "a witch and a whore" (una strega e una meretrice) e "devil and enchantress" (demonio e incantatrice).
Nel 1394 Costanza di Castiglia morì. Giovanni decise di sposare la sua ex amante. Il matrimonio avvenne il 13 gennaio 1396 nella cattedrale di Lincoln. I Beaufort furono legittimati, a condizione che nessuno di loro rivendicasse il trono d'Inghilterra.
Dopo tre anni dal matrimonio Giovanni morì, e Katherine gli sopravvisse per quattro anni come Duchessa vedova di Lancaster.
Morì il 10 maggio 1403 e fu sempolta nella Cattedrale di Lincoln. I suoi resti non si trovano più in questo luogo poiché la tomba fu devastata nel 1644, durante la guerra civile inglese.
Katherine diede al marito almeno due figli, Thomas (1368-1432) e Blanche (nata nel 1370), ma è probabile che anche Margaret Swynford (nata nel 1369), poi entrata nel prestigioso convento noto come Barking Abbey, fosse loro figlia.
Katherine venne nominata governante delle due figlie di Giovanni di Gand (sorelle del futuro re Enrico IV) e della sua prima moglie Bianca di Lancaster.
Philippa Roet, sorella di Katherine, sposò il poeta Geoffrey Chaucer, che in occasione della morte di Bianca di Lancaster a causa della peste nel 1369 scrisse il poema Il Libro della Duchessa (The Book of the Duchess).
Poco dopo la morte di Bianca, Katherine divenne l'amante di Giovanni, che la ricompensò per le cure prestate alla moglie e alle figlie concedendole uno stemma, rosso con tre route dorate (Roet significa appunto ruota).
Nel 1371, mentre svolgeva il suo compito di soldato in Francia, morì Hugh Swynford, il marito di Katherine. Secondo le dicerie popolari fu avvelenato da Giovanni di Gand, ma tali voci non hanno alcun fondamento storico.
Nello stesso anno Giovanni si risposò con Costanza di Castiglia (figlia del re Pietro I di Castiglia).
Katherine diede a Giovanni quattro figli, e divenne nel 1373 la sua amante ufficiale. Intorno al 1381 la relazione si interruppe, e non si è a conoscenza del motivo. L'ipotesi più accreditata è che la pressione dell'opinione pubblica attorno a questa relazione adultera. Giovanni era diventando infatti l'uomo più potente del regno, essendo zio, tutore e reggente per il nuovo re Riccardo II, salito al trono ad appena 10 anni. La vita di Giovanni era sotto gli occhi di tutti.
Katherine tornò a Kettlethorpe coi quattro figli avuti da Giovanni, chiamati da tutti i Bastardi Beaufort (dal nome di un possedimento di Giovanni in Francia). Ci si può rendere conto di come fosse vista Katherine dalle parole di alcuni cronisti delle abbazie di Saint Albans e Saint Mary che la definirono "a witch and a whore" (una strega e una meretrice) e "devil and enchantress" (demonio e incantatrice).
Nel 1394 Costanza di Castiglia morì. Giovanni decise di sposare la sua ex amante. Il matrimonio avvenne il 13 gennaio 1396 nella cattedrale di Lincoln. I Beaufort furono legittimati, a condizione che nessuno di loro rivendicasse il trono d'Inghilterra.
Dopo tre anni dal matrimonio Giovanni morì, e Katherine gli sopravvisse per quattro anni come Duchessa vedova di Lancaster.
Morì il 10 maggio 1403 e fu sempolta nella Cattedrale di Lincoln. I suoi resti non si trovano più in questo luogo poiché la tomba fu devastata nel 1644, durante la guerra civile inglese.
Discendenza
Da Hugh Swynford:
- Thomas Swynford (1368-1432)
- ? Margaret Swynford (1369-?)
- Blanche Swynford (1370-?)
Da Giovanni di Gand, duca di Lancaster:
- Giovanni Beaufort, I conte di Somerset (1371/73-1410)
- Cardinale Henry Beaufort (1375-1447)
- Thomas Beaufort, 1º Duca di Exeter (1377-1426)
- Joan Beaufort, Contessa di Westmorland (1379-1440)
Giovanni Beaufort, I conte di Somerset fu il bisnonno di Enrico VII d'Inghilterra e nonno di Giacomo II di Scozia.
Joan fu la nonna di Enrico IV e Riccardo III, che Enrico VII sconfisse per impadronirsi del trono.
Da Katherine, una donna di origini relativamente modeste, discesero quindi i Tudor.
Foto di Natale della regina Elisabetta
Dalla residenza di Sandringham, Elisabetta II ha divulgato tramite il profilo FB "The Royal Family" la foto di Natale di quest'anno. Notiamo che tra le consuete foto dei suoi genitori è comparsa al centro una foto di quest'anno con il figlio Carlo, principe di Galles, il nipote William, duca di Cambridge e il pronipote, principe George, nato a luglio.
L'altra foto riguarda l'immancabile messa di Natale nella chiesa di Sandringham.
Dies Natalis Solis Invicti: l'origine pagana delle festività natalizie, dal solstizio d'inverno al 25 dicembre.
La ricorrenza del solstizio d'inverno aveva nell’antichità un valore simbolico fortissimo, ormai pressoché perduto nelle moderne società, dove sopravvivono solo usanze inconsapevolmente tramandate ed adattate nel corso dei secoli.
Toccando il punto più basso dell’ellisse compiuta dalla terra nel suo movimento di rivoluzione, il sole dà visivamente l’impressione di sprofondare, di tramontare per non ricomparire più: siamo in effetti nel giorno più corto dell’anno. Ma poi, quasi per miracolo, il sole risale nella volta celeste, tornando vittorioso a risplendere.
Questa straordinaria manifestazione astronomica veniva ritualizzata dalle antiche popolazioni indoeuropee, che vi associavano significati simbolici ultrasensibili, come d’altronde avveniva per tutti i fenomeni naturali in genere: questi, infatti, non venivano presi in considerazione e sacralizzati nel loro aspetto puramente esteriore, ma in quanto teofanie, per cui il Logos Divino, pur lontano e perduto dall’uomo rispetto all’aurea unità dei primordi, tornava a manifestarsi, con i necessari adattamenti, mediante modalità allegoriche ed in forme tangibili e materiali. La corretta interpretazione di queste forme consentiva pertanto di risalire verso l’alto, di tornare, seppure in modo imperfetto, in contatto con la divinità.
Attraverso la comprensione dei più reconditi significati dei fenomeni naturali ed esteriori in genere si poteva dunque percepire la presenza di un ordine superiore, invisibile ed immutabile. In questo modo, l’Essere si manifestava nel Divenire, nobilitando quest’ultimo ed attribuendogli un ruolo ed una funzione che non fosse soltanto connessa alle meccaniche materialistiche, come invece avviene, inevitabilmente, nelle attuali società “solidificate”, dove l’occhio umano non riesce a penetrare il guscio formale e sensibile della materia e del divenire, accecato dalle derive razionalistiche e scientistiche.
E così, il fenomeno solstiziale invernale, cui si ricollegarono simbologie connesse alla luce ed al sole che risorge invincibile dagli abissi, richiamava l’idea superiore della rinascita luminosa dalla caduta nelle tenebre, del chiudersi di una fase e dello schiudersi di un nuovo ciclo, della catartica rigenerazione dopo la caduta. Come ricorda Julius Evola, “nel simbolismo primordiale il segno del sole come ‘Vita’, ‘Luce delle Terre’, è anche il segno dell’Uomo. E come nel suo corso annuale il sole muore e rinasce, così anche l’Uomo ha il suo ‘anno’, muore e risorge. Questo stesso significato fu suggerito, nelle origini, dal solstizio d’inverno, a conferirgli il carattere di un ‘mistero’ ” .
Al solstizio d’inverno furono pertanto riagganciate ulteriori manifestazioni simboliche e feste rituali: al “rinascere” del sole si associò il simbolismo dell’albero sempreverde, ad indicare la resurrezione della Luce, o, come sottolineato da Evola, “albero della vita”, che sorge innestando le proprie radici nell’abisso, nonché il simbolismo dell’“Uomo cosmico” con le “braccia alzate”, ulteriore simbolo di rinascita, tradotto d’altronde anche nella runa Algiz. La stessa usanza nordica di accendere sul tradizionale albero delle candele nel giorno in cui cadeva il Solstizio d’inverno riporta all’idea della rinascita e del ritorno vittorioso della luce sulla tenebra.
Così i doni che il Natale porta ai bambini, come ci dice ancoraEvola, “costituiscono un’eco remota, un residuo morenico: l’idea primordiale era il dono di luce e di vita che il Sole nuovo, Il ‘Figlio’, dà agli uomini. Dono da intendersi sia in senso materiale che in senso spirituale”.
L’odierno albero natalizio e lo scambio di regali (peraltro ormai degenerato nel consumismo più sfrenato ed indecente, senza più alcuna valenza neppure lontanamente simbolica o spirituale) sono pertanto una formale reminiscenza di tale originario significato.
Interessanti osservazioni possono farsi osservando quanto accadeva nel mondo romano in questo periodo particolare dell’anno. I Saturnalia, che si svolgevano approssimativamente dalla metà fino al 25-27 dicembre e che si manifestavano in termini di un disordine rituale temporaneo, in vista di una solenne restaurazione ed esaltazione (per contrasto col rovesciamento precedente) dell’ordine permanente, assoluto ed immutabile perché di derivazione trascendente, si ricollegavano al suddetto significato di chiusura e riapertura di un ciclo. A partire da un certo periodo, i Saturnalia si concludevano inoltre con la festa del dies natalis Solis Invicti, connessa all’introduzione a Roma del culto del Sol Invictus. Non è un caso, tra l’altro, che in origine il solstizio d’inverno coincidesse con l’inizio del nuovo anno.
Più precisamente fu l’imperatore Aureliano, dopo la vittoria sulla regina Zenobia a seguito del provvidenziale aiuto della città-stato di Emesa, dove era ampiamente diffuso il culto del dio Sol Invictus, a trasferire a Roma i sacerdoti di questa divinità, ufficializzandone il culto solare e consacrando sulle pendici del Quirinale un tempio al dio proprio il 25 dicembre dell’anno 274, che prese appunto il nome di dies natalis Solis Invicti, “giorno di nascita del Sole Invitto”. In questo modo, il dio-sole divenne la principale divinità romana del periodo imperiale e lo stesso imperatore indossò una corona a raggi (3). Al di là dei motivi di gratitudine personale, l’adozione del culto del Sol Invictus fu comunque vista da Aureliano come un forte elemento di coesione dato che, in varie forme, il culto del Sole era presente in tutte le regioni dell’impero.
In tutto ciò indubbiamente pesò anche l’influenza dell’antica tradizione indo-iranica, attraverso il mithraismo, che per un certo periodo si disputò col Cristianesimo il dominio spirituale dell’Occidente. Per quanto il Sol Invictus di Aureliano non fosse ufficialmente identificato con Mitra, le somiglianze erano molteplici, compresa l’iconografia del dio rappresentato come un giovane senza barba: non si dimentichi d’altronde che l’elemento solare era fondamentale nel culto mithraico.
Anche l’imperatore Costantino fu inizialmente un cultore del Dio Sole, in qualità di Pontifex Maximus dei Romani; raffigurò il Sol Invictus sulla sua monetazione ufficiale, con l’iscrizione “soli invicto comiti”, e con un decreto del 321 stabilì che il primo giorno della settimana, il giorno del Sole, dies solis, dovesse essere dedicato al riposo.
Abbracciata poi la fede cristiana (vicenda sui cui reali contorni, com’è noto, si è molto polemizzato), dopo il celebre editto del 313, nel 330 Costantino decretò per la prima volta il festeggiamento cristiano della natività di Gesù, che fu fatta coincidere con la festività della nascita di Sol Invictus. Successivamente, nel 337, papa Giulio I ufficializzò la data del Natale da parte della Chiesa Cristiana. La religione del Sol Invictus continuò peraltro ad essere fortemente sentita fino al celebre editto di Tessalonica di Teodosio I del 380, in cui l’imperatore stabiliva che l’unicareligione di stato era il Cristianesimo di Nicea, bandendo di fatto ogni altro culto. Giustiniano, con la chiusura dell’ultimo tempio in onore di Iside in Egitto nel 536, diede il definitivo via libera all’affermazione del Natale cristiano in tutto l’Impero Romano.
E’ importante a questo punto fare una precisazione. Gli elementi appena esposti, unitamente ad altre informazioni piuttosto note sulle analogie tra la nascita di Cristo e quella di altri personaggi divini o semi-divini appartenenti a tradizioni pre-cristiane o comunque estranee all’ambito culturale e storico del Cristianesimo (per le quali si rinvia anche a quanto osservato nelle note del presente articolo), vengono frequentemente considerati, in ambienti atei, agnostici, laici e razionalisti, ma anche in ambienti cosiddetti neo-pagani o comunque facenti capo ad alcune destre tradizionaliste, come prova lampante della falsità del Cristianesimo, che avrebbe illegittimamente spodestato le religioni “pagane” ad esso anteriori, riprendendone ed adattandone ad arte le festività, i simboli, le divinità.
In realtà, al di là di quelli che sono stati e sono i rapporti ufficiali tra culti pre-cristiani e Cristianesimo, e tra gli strenui difensori dell’una o dell’altra visione, in un’ottica che si riallacci correttamente all’unità trascendente di tutte le religioni pure e regolari manifestatesi nella storia, considerate nei rispettivi limiti temporali e spaziali e secondo le loro specifiche funzioni nel ciclo di spettanza, è necessario rintracciare il minimo comun denominatore che riconduce alla comune origine tutte queste ierofanie.
Di fatto, accennando soltanto ad una questione di portata talmente ampia da richiedere una trattazione a sé stante, il Cristianesimo ha riassorbito e rimodulato simboli, rituali e ricorrenze spirituali antecedenti alla propria diffusione, e ciò, indipendentemente da come sia avvenuto su un piano meramente pratico e fattivo, è stato funzionale alla propria finalità ultima: nel momento in cui le tradizioni precedenti avevano esaurito la loro forza propulsiva, essendo giunte ad un livello di degenerescenza estremo che faceva presagire la fine del loro ciclo di esistenza, si manifestò il Cristianesimo, quale ultima e definitiva ierofania, perlomeno in Occidente, che riunificò e portò a compimento quanto di regolare e puro s’era manifestato precedentemente, mantenendo la tradizione occidentale nell’unica forma ormai possibile – nell’ottica di un inevitabile processo di decadenza sotteso alla dottrina delle quattro età dell’umanità – cioè quella soteriologica ed essoterica. Le forme iniziatiche ed esoteriche sono state adattate e compresse in un piano necessariamente più ristretto, conformemente alle caratteristiche dell’epoca in cui il Cristianesimo ha cominciato a manifestarsi, ma comunque esistente, perché ogni culto regolare deve articolarsi in entrambi i domini, per quanto essi si palesino in modo differente a seconda della struttura causale della religione di riferimento, nonché delle fasi del ciclo cosmico (e del relativo livello di decadenza dell’umanità) in cui essa stessa si manifesta.
Fatta questa premessa, si può facilmente convenire sul fatto che la contrapposizione tra luce e tenebra è un tema ricorrente in tutte le grandi Tradizioni, e che d’altronde il sole è una deisimboli ancestrali o archetipi collettivi più conosciuti ed antichi del mondo.
Così è stato anche nel Cristianesimo, dove, con riferimento alla figura del Cristo risorto e vincitore sulle tenebre del male e della morte, hanno trovato definitivo compimento le prefigurazioni ed i simbolismi luminosi e solari già presenti nel Vecchio Testamento e poi nei Vangeli.
L’identificazione di Gesù con il sole preannunciato da Malachia è implicita già nel primo capitolo del Vangelo di Luca (78-79), in cui Zaccaria, quando preannuncia che Giovanni Battista andrà “dinanzi al Signore a preparargli la via”, profetizza che “verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte”; nel capitolo successivo (2, 32) Gesù è presentato come “luce per illuminare le genti”. In Giovanni, il tema viene ancora più messo in evidenza: nel celebre Prologo Cristo è ripetutamente indicato comeluce (1, 4-9); e ancora: 3,19, “la luce è venuta nel mondo”; 8,12 e 9,5: Cristo come “luce del mondo”; 12,35-36 e 46: “ancora per poco tempo la luce è con voi (…). Mentre avete la lucecredete nella luce, per diventare figli della luce (…). Io come luce sono venuto nel mondo”; I lett.,2,8: “(…) poiché le tenebre stanno diradandosi e la vera luce già risplende”.
La stessa iconografia cristiana adottò fin dalle origini alcuni dei tratti del culto del dio-sole Helios/Sol Invictus, come è evidente nei primi esempi di raffigurazione di Cristo con gli attributi solari, come la corona radiata con dodici raggi (raffiguranti gli apostoli; il numero dodici peraltro ha una profonda valenza simbolica in tutte le tradizioni) e, in alcuni casi, il carro solare: l’esempio più noto è quello della rappresentazione in un mosaico del III secolo nelle grotte Vaticane, sotto la basilica di San Pietro, sul pavimento della tomba di papa Giulio I. L’epiteto di “Sol Iustitiae”, di derivazione biblica, come visto, si diffuse ulteriormente nei primi secoli dopo Cristo per indicare il Redentore.
Una seconda metafora solare in seno al Cristianesimo traeva origine dalla concetto stesso di Resurrezione, che veniva facilmente accostata al sole che risorge ogni mattina dalla “morte” notturna. In accordo con questa analogia i primi cristiani pregavano in direzione del sole nascente, e pertanto nei primi anni della fede cristiana è probabile che i cristiani pregassero in direzione del tempio di Gerusalemme (con allusione alla Resurrezione ed al definitivo ritorno del Cristo con la Parusia). Successivamente, dopo la distruzione del tempio, i cristiani posero sulla parete orientale dei propri luoghi sacri una croce e pregarono in quella direzione. Per molti secoli le chiese furono costruite con l’abside (su cui era rappresentata la croce e successivamente l’immagine del Cristo pantocrator, ed in cui comunque era d’uso realizzare vetrate con riferimenti visivi al sole o alla redenzione) orientata ad est (da cui il termine “orientazione”), punto dove il sole sorge, invitto dopo la lotta contro le tenebre, e sale lungo la volta celeste (13).
A livello simbolico l’uso delle raffigurazioni solari in ambito cristiano fu altrettanto sistematico: già Costantino (perlomeno secondo le indicazioni di scrittori cristiani quali Eusebio, Lattanzio ed altri) adottò e diffuse, ponendolo entro un cerchio, forse una corona d’alloro in segno di vittoria o forse un simbolo solare, il Chi Rho o monogramma di Cristo, che ebbe origine nella parte orientale dell’Impero romano, rappresentato dalle lettere X e P dell’alfabeto greco (iniziali di ‘Χριστός’) sovrapposte.
Il trigramma di Bernardino da Siena “JHS” o “IHS”, formato dalle prime tre lettere del nome greco di Gesù (ΙΗΣΟΥΣ), poi interpretato come un acrostico latino ed utilizzato come monogramma, fu successivamente arricchito di altri particolari grafici, ed in particolare fu sormontato da una croce e posto all’interno di una razza fiammante (è il simbolo adottato dai Gesuiti): è frequentissimo trovare nelle chiese e nelle basiliche questo monogramma inserito in dischi solari fiammeggianti, ora scolpiti nel legno o nel marmo, ora dipinti, ora in rilievo. Uno degli esempi più significativi è quello del gigantesco monogramma solare sorretto da due angeli che sovrasta l’altare maggiore della Chiesa del Gesù a Roma (nel cui timpano campeggia un ulteriore sole fiammeggiante), di cui peraltro, nella sacrestia, si può ammirare anche una splendida versione in stucco dorato su fondo azzurro.
Storicamente anche il passaggio degli ostensori da teca (cd. ostensori architettonici) a quelli con la forma di un disco solare fiammeggiante è piuttosto indicativo.
Più in generale, al di là delle migliaia di affreschi e pitture raffiguranti elementi luminosi e solari, la raggiera fiammeggiante è usata con grandissima frequenza nelle Chiese, internamente o esternamente. Ad esempio, nella parte esterna dell’abside del Duomo di Milano vi è la raffigurazione della Trinità, in cui il Cristo è rappresentato come un sole fiammeggiante in pietra; nella vetrata dell’abside di San Pietro, il trono ligneo noto come Cathedra Petri è sormontato da un finestrone dal fondo dorato in alabastro, raffigurante una colomba, simbolodello Spirito Santo, emanante raggi luminosi, circondata da una raggiera solare di stucchi dorati contornata da angeli: il capolavoro del Bernini produce straordinari effetti luminosi soprattutto quando il sole, nel pomeriggio, scende dietro l’abside.
La stessa Croce celtica a sua volta, com’è noto, è nata probabilmente quando, a seguito dell’evangelizzazione dell’Irlanda con la predicazione di San Patrizio, il simbolo cristico fu innestato sulla ruota solare di origine pre-cristiana (che di per sé, comunque, comprendeva già una croce inscritta).
In conclusione, è evidente quanto sia importante avere una visione d’insieme che consenta di individuare gli archetipi e gli elementi comuni che riconducono tutte le Tradizioni regolari alla comune matrice, piuttosto che perdersi in polemiche, demonizzazioni e critiche reciproche che, in ultima analisi, non fanno altro che rinforzare il già potente e multiforme fronte della contro-tradizione, il vero trionfatore di quest’epoca oscura, che dalla divisione e dalla frammentazione delle Forze Tradizionali non può che trarre sempre nuova linfa vitale.
martedì 24 dicembre 2013
Gli Arcani Supremi. Capitolo 61. La Torre.
<<Ci sono molte versioni del sedicesimo arcano maggiore. Le ho portate con me per farti capire che alcune indicano il passato, altre il presente e altre ancora il futuro. Quando tutto ciò ti sarà chiaro, la tua iniziazione sarà completa e i tuoi poteri latenti si manifesteranno, così come anche i miei. Ci aiuteremo a vicenda>> così disse India, tenendo timidamente la mano di Robert.
Lui sentiva di amare quella ragazza, ma prima di tutto voleva rispettarla e onorarla, perché provava per lei un sentimento di venerazione.
<<Mi fido di te, India, così come tu puoi contare su di me>>
Lei gli sorrise, ed il suo viso assunse un'espressione che univa candore e saggezza.
E' bella e maestosa come un elfo dei romanzi di Tolkien. Mi ricorda Luthien o Arwen. Forse quella torre ha qualcosa di simile a Barad-Dur o ad Isengard?
<<Come vedi, la torre viene colpita da un fulmine, simbolo della collera divina contro la hybris, la superbia e presunzione umana, ed il suo potere, rappresentato dalla corona che sta in cima ad essa viene abbattuto. Dalla torre si getttano sia un re che un uomo col mantello, almeno in questa rappresentazione. Per capire meglio la simbologia, guardiamo anche le altre versioni>>
<<Come vedi, in alcuni casi viene messa in primo piano la corona che cade e le due persone che si gettano si trovano sullo sfondo e nessuna delle due è incoronata. Inoltre, nella versione che vedi ora, il fulmine parte direttamente dal Grande Occhio, che è il simbolo dell'Essere Supremo, in particolare in ambito massonico. Ma la società degli Iniziati non è in buoni rapporti con la Massoneria. E non lo è nemmeno con la Chiesa Cattolica, in quanto noi non crediamo nel dogma dell'onnipotenza, così come non crediamo nell'esistenza del libero arbitrio. Queste intuizioni erano già presenti nella tua mente da molto tempo, a riprova che tu sei il Ben Guidato. Ma osserviamo altre varianti>>
<<Riguardo alla rappresentazione della torre nei tarocchi marsigliesi esiste una spiegazione tradizionale canonica. La torre viene chiamata Casa di Dio, il fulmine è la luce della fede cattolica. Le due figure che cadono sono interpretate in modo strano. La figura incoronata è lo spirito immortale, che è la causa della costruzione e la bramosia per i beni materiali, che rimane indenne. L'altro invece è l'architetto della torre, che muore insieme alla sua opera>> esitò un istante <<Tu sai che mio padre è un architetto. Ogni volta che guardo questa carta rabbrividisco, perché temo che potrebbe accadergli qualcosa di terribile. I miei poteri di premonizione raramente si sbagliano. Ma torniamo alla carta: la porta di entrata è grande perché riguarda le conoscenze banali e futili. Eppure tutta questa decodificazione non mi convince>>
<<Ora ti dirò qual è la mia interpretazione, che riguarda il futuro, ma ti parlo di un futuro molto distante, quello che accadrà dopo il Grande Cataclisma previsto per il XXII secolo dell'era cristiana, dopo il quale ben poca memoria rimarrà di ciò che il mondo era prima. Esisterà una torre, e si troverà nell'estremo nord del continente centrale, quello che comprenderà ciò che resterà dell'Europa e dell'Africa, quando l'Asia si separerà da esse e si unirà all'Oceania, per formare il continente orientale>>
E indicò la carta geografica che gli aveva mostrato prima.
<<Nella zona più a nord, dove c'è scritto: "Albini", sorgerà un grande castello, che assomiglierà molto ad una torre, per la sua altezza e per il suo aspetto sinistro. Quel castello avrà un nome che al solo pronunciarlo incuterà timore: si chiamerà il Castello di Gothian>>
lunedì 23 dicembre 2013
Gli Arcani Supremi. Capitolo 60. Il Grande Cataclisma e la Profezia di Marvin Eclionner Vorkidian.
La ragazza gli mostrò una mappa:
<<Ecco, questa sarà la carta terrestre dopo il Grande Cataclisma. La Terra avrà tre continenti invece di cinque. Questa mappa fu disegnata da Vivien, prima che andasse oltre il Varco. Disse a mio padre che l'aveva disegnata in uno stato di trance, quando nella sua mente si erano manifestati i pensieri di qualcuno che vivrà nel futuro. Il suo nome, così mi è stato detto, è Marvin Eclionner Vorkidian, Imperatore-Profeta del Continente Centrale. Egli ha una compagna, il cui nome è Alice de Bors d'Alfarian, ed io ho visto in sogno il suo volto, ed assomigliava incredibilmente al mio>>
Robert osservò la mappa con grande interesse e nello stesso tempo con incredulità:
<<Non oso immaginare quale sorta di cataclisma potrebbe cambiare in maniera così radicale i connotati del nostro pianeta. Immagino che una cosa del genere avrebbe un impatto devastante sull'umanità>>
Il volto di India divenne triste ed ella si avvicinò a Robert, come se cercasse il suo conforto.
I suoi capelli scuri sfioravano la guancia di lui.
<<Sì, l'umanità sarà decimata. La tecnologia sarà quasi annientata e ciò che sopravvivrà sarà visto come una magia. Ci saranno anche delle mutazioni genetiche, persino all'interno della specie umana. Ma soprattutto, torneranno in scena i Grandi Anziani, coloro che ci osservano da un'altra dimensione. Hai già incontrato i loro nomi, e non parlo solo di quelli indicati da Lovecraft, ma anche e soprattutto degli altri. Belenos, il signore della Luce. Atar, il signore del Fuoco Segreto. Gothar, il signore dei Ghiacci. E infine Eclion l'Oscuro, il signore delle Tenebre>>
Ne parlava come se li conoscesse, come se già li avesse visti ed incontrati.
Quella ragazza era veramente speciale, era una sensitiva, la cui mente era in grado di percepire ciò che ai sensi degli uomini comuni era precluso.
Per questo era scelta come erede di Vivien.
<<India, io mi affido a te. Sento di potermi fidare completamente. Tu hai lo stesso animo gentile di Vivien ed io ti sarò devoto così come lo sono stato con lei. Ti offrò i miei servigi e la mia lealtà. So che saranno in buone mani>>
Lei sorrise:
<<Ti ringrazio, mio dolce principe. Queste parole ti fanno onore e confermano che tu sei colui che noi attendevamo da tanto tempo. Hai superato anche l'ultima prova dell'Iniziazione ed ora è il momento in cui gli Arcani Supremi, tramite me, ti saranno svelati>>.
Detto questo prese dalla una tasca della gonna una carta dei tarocchi:
<<Ecco, questo è l'ultimo arcano maggiore che ti sei conquistato per accedere al livello supremo. Come puoi vedere si tratta della torre. Il sedicesimo degli arcani maggiori. Rappresenta la torre di Babele, nei miti del passato, ma ha anche un significato nel futuro ed è di questo che ti voglio parlare>>
domenica 22 dicembre 2013
Gli Arcani Supremi. Capitolo 59. India.
La ragazza era in piedi davanti alla porta e lo fissava con sguardo serio. Era vestita in modo castigato e forse per questo appariva più grande dei suoi 17 anni.
Robert la trovava inquietante e affascinante nello stesso tempo:
<<India Stoker! A cosa debbo il piacere della tua visita?>>
Lei continuò a fissarlo con quell'aria eccessivamente seria per una ragazza della sua età.
<<Sono io che ti porto le carte degli Arcani, da parte di mio padre. Lo faccio volontariamente, anche perché la mia iniziazione procede parallelamente alla tua>>
Robert la invitò ad entrare:
<<Ti va di parlarmi di questo? Magari davanti a una tazza di tè?>>
India annuì:
<<Sì, ti ho aspettato proprio per questo. Noi dobbiamo parlare. Ci sono questioni che richiedono la nostra collaborazione>>
Robert sentiva che quella ragazza aveva una maturità che andava molto oltre i suoi anni e parlava con una consapevolezza interiore profonda.
<<Lady Edith Burke-Roche, oggi, mi ha rivelato delle cose che non sapevo, ma di cui forse tu sei a conoscenza>>
Mentre entravano, India annuì:
<<Lady Edith è nostra prozia per parte di madre. Noi siamo secondi cugini, e presto ci sarà un nuovo legame di parentela tra noi quando...>> e qui la sua voce divenne un sussurro, nel buio dell'ingresso: <<... quando presto in me si risveglieranno le memorie di Vivien. Per questo sono qui: voglio conoscerti meglio, voglio confrontare le tue esperienze di iniziazione con le mie. Ho bisogno di capire quello che ci aspetta, e come dovremo comportarci quando ci troveremo ai vertici della setta degli Iniziati>>
Quella ragazza gli piaceva. Se ne sentiva attratto in maniera irresistibile e sentiva che era così anche per lei, che indugiava con lo sguardo su di lui e gli stava vicino.
Ma siamo parenti e presto lo saremo ancora di più. La nostra intimità potrà essere solo spirituale, anche se i nostri desideri richiedessero di più.
La invitò ad accomodarsi e si mise a preparare il tè.
<<Non dev'essere facile per te trovarti in questa situazione. Io faccio fatica ad accettare che le circostanze della mia esistenza siano state già decise all'interno di un piano che controlla tutto e che ci rende come delle pedine in un gioco di cui mi sfugge la visione d'insieme>>
Lei si sedette vicino al pianoforte che era appartenuto a Vivien.
<<Presto sarà tutto chiaro, Robert. Non farti intimidire da lady Edith: ha una visione limitata del Grande Disegno. Per lei tutto si risolve in questioni politiche e dinastiche, perché non è mai stata iniziata e conosce solo una piccola parte di quello che Vivien chiamava "il nostro Nobile Scopo". Noi perseguiamo prima di tutto la conoscenza, la sapienza. Il resto viene dopo>>
Lui le versò il tè.
<<Ho vissuto momenti di grande paura, in questi ultimi giorni. Tutte le mie certezze sono state messe in discussione. La mia stessa identità e quella della mia famiglia mi è apparsa sotto una nuova luce. Persino il mio stesso nome. Volevo fuggire, ma la tua presenza mi infonde una grande serenità>>
Lei sorrise e lo invitò a sedersi al suo fianco, davanti al vecchio pianoforte.
Lo guardava con un'ammirazione che lo fece sorridere.
<<Robert, tu sei veramente il principe che ci fu promesso. Ci sono due cose di grande importanza che devo dirti, ma prima è necessaria una premessa. Il Varco di Hollow Beach è quello più importante di tutto il continente americano. Esso permette di viaggiare non solo nello spazio, ma anche nel tempo. Ascoltami bene, perché quanto sto per dire fa parte integrante dell'Iniziazione. Il viaggio nel tempo è stato già compiuto da altri Iniziati, che ci hanno portato informazioni riguardo al futuro del nostro pianeta. Nel prossimo secolo accadranno una serie di eventi che saranno ricordati con un nome ben preciso: il Grande Cataclisma. Sarà un fenomeno di portata così colossale da cambiare i connotati stessi della Terra, dell'umanità e degli esseri viventi in generale. Niente sarà più come prima>>
L'odio ideologico contro i proprietari di immobili: il nuovo "nemico di classe"
La proprietà di beni immobili vive un momento drammatico. All'invidia sociale si è sostituito l'odio di classe trasversale, che unisce la sinistra e l'elite finanziaria.
Il civile principio che si deve tassare il reddito di un bene, e solo il reddito (sempre che ci sia), appare superato, benché costituzionalmente protetto. Ora, lo Stato sembra non accontentarsi più del reddito, vuole il patrimonio. Si vuole tassare il valore dei beni immobili, che quasi sempre è stabilito a casaccio.
La stampa oligopolista, in mano alla finanza, chiede per il catasto di allineare i valori, per tassarli.
Questo vuole il Grande Ayatollah Eugenio Scalfari, Guida Suprema della Rivoluzione.
Varato su base reddituale in tempi civili (quelli dell'appena nato Stato unitario), avrà ora anche un valore per ogni unità immobiliare, oltre la rendita (che misura o dovrebbe misurare il reddito).
L'Europa (della finanza) è anch'essa allineata: si vuole scoraggiare il risparmio privato dall'investimento immobiliare.
Lo vogliono le banche, specie quelle europee, specie la BCE di Mario Draghi, l'uomo che nel dicembre 2011, insieme a Monti e a Napolitano, con l'appoggio esterno di Merkel e Sarkozy, favorì la caduta di un governo regolarmente eletto dal popolo, sostituendolo con un governo di tecnici che non era stato eletto da nessuno.
Le tasse più inique, per premere su tale tipo di investimento, vengono varate: da ultimo, s'è pensato perfino allo sfitto involontario. Si teorizza anche da cattedre di costituzionalisti ritenuti insigni il «tributo ablativo», assegnando all'imposizione fiscale un'incostituzionale funzione di esproprio surrettizio (e quindi senza indennizzo) e, comunque, di redistribuzione (socialista) della ricchezza. Che si definisce ipocritamente, in malafede tale, anche quando non la si può realizzare sul mercato come spesso capita ai nostri tempi (e quindi, ricchezza non è).
Questo vuole il Grande Ayatollah Eugenio Scalfari, Guida Suprema della Rivoluzione.
Varato su base reddituale in tempi civili (quelli dell'appena nato Stato unitario), avrà ora anche un valore per ogni unità immobiliare, oltre la rendita (che misura o dovrebbe misurare il reddito).
L'Europa (della finanza) è anch'essa allineata: si vuole scoraggiare il risparmio privato dall'investimento immobiliare.
Lo vogliono le banche, specie quelle europee, specie la BCE di Mario Draghi, l'uomo che nel dicembre 2011, insieme a Monti e a Napolitano, con l'appoggio esterno di Merkel e Sarkozy, favorì la caduta di un governo regolarmente eletto dal popolo, sostituendolo con un governo di tecnici che non era stato eletto da nessuno.
Le tasse più inique, per premere su tale tipo di investimento, vengono varate: da ultimo, s'è pensato perfino allo sfitto involontario. Si teorizza anche da cattedre di costituzionalisti ritenuti insigni il «tributo ablativo», assegnando all'imposizione fiscale un'incostituzionale funzione di esproprio surrettizio (e quindi senza indennizzo) e, comunque, di redistribuzione (socialista) della ricchezza. Che si definisce ipocritamente, in malafede tale, anche quando non la si può realizzare sul mercato come spesso capita ai nostri tempi (e quindi, ricchezza non è).
S'invoca la progressività fiscale (costituzionalmente legata ai redditi) addirittura anche per i tributi reali, volutamente ignorando che, per la forte progressività del nostro sistema fiscale, il 10 per cento della popolazione con redditi più elevati contribuisce già per più del 50 per cento all'intero gettito delle imposte.
La stampa confindustriale pretende di dettare l'ordine del giorno del Consiglio dei ministri, e predica di tutelare (cioè di favorire fiscalmente) «imprese e lavoro», come se ogni investimento non creasse lavoro. Impone il concetto a chi vuol crederci, solo per «far cassa» che quella immobiliare è una ricchezza statica, a bella posta ignorando com'è di comune conoscenza la sua componente dinamica.
La stampa confindustriale pretende di dettare l'ordine del giorno del Consiglio dei ministri, e predica di tutelare (cioè di favorire fiscalmente) «imprese e lavoro», come se ogni investimento non creasse lavoro. Impone il concetto a chi vuol crederci, solo per «far cassa» che quella immobiliare è una ricchezza statica, a bella posta ignorando com'è di comune conoscenza la sua componente dinamica.
Pur in questo panorama (tetro, a volte barbaro come per lo sfitto involontario o incivile, come per la tassazione a valore prescindendo dal reddito) la proprietà si difende, forte dei valori (di libertà e di indipendenza) che da sempre come ha lasciato scritto von Mises presidia. Le battaglie condotte hanno evitato pericolose svolte, altri pericoli sono stati anche nel silenzio dei colloqui riservati ridimensionati. Presentando, per gli 80 anni della nostra associazione di Genova, una pubblicazione dell'indimenticato (e indimenticabile) avvocato Giovanni Forcheri, scrivevo: «La pubblicazione passa in rassegna le traversie di sempre, ricorrenti. Evidenzia fatiche, entusiasmi e scoraggiamenti: ieri, ancora una volta, come oggi. Ma l'importante, alla fine, è questo: che nonostante tutto, la proprietà edilizia è sempre sopravvissuta, nei suoi singoli esponenti e nel suo valido e vitale associazionismo. Sopravvissuta nonostante incomprensioni (e, qualche volta, anche persecuzioni), ad assicurare la propria presenza e funzione».
Queste parole, sono valide ancora oggi, appena celebrati nel 2013 i 130 anni della Confedilizia. Celebrando l'avvenimento, siamo andati ad altri tempi, nei quali la funzione della proprietà pur con ricorrenti difficoltà era più riconosciuta, tempi nei quali si respirava aria più pura (e ben più pulita). Le nostre associazioni territoriali ne sono la prima testimonianza. E perché quell'aria ritorni, ci battiamo giorno per giorno, con la forza della volontà, ma soprattutto con la forza di credere nei valori intramontabili, generali e non corporativi nei quali crediamo.
di Corrado Sforza Fogliani Presidente di Confedilizia
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