Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
sabato 29 giugno 2013
Le regole dell'Eleganza
L'eleganza non è un concetto relativo, non è una questione di gusti e nemmeno una questione di mode, di tendenze.
Ci sono delle regole al di fuori delle quali non può esistere l'eleganza.
Sono poche, chiare, accessibili a tutti coloro per i quali la parola eleganza conti qualcosa.
Ecco un decalogo per chi vuol essere elegante.
1) Avere cura del proprio aspetto.
Può sembrare banale, ma questo primo punto è molto controverso. Molti credono che avere cura del proprio aspetto sia una cosa frivola, indegna delle persone profonde, intelligenti. No. La sciatteria, che è il contrario della cura di sé, non è segno di intelligenza: è sciatteria, e basta.
2) Non esagerare.
La sproporzione è nemica dell'eleganza. Se qualcosa ci piace, nel vestiario o negli accessori o in ogni altra manifestazione dell'estetica personale, dobbiamo evitare di sovraccaricarci di questo qualcosa. Non occorre nessuna fatica nel rendersi conto, onestamente, se qualcosa, superando un certo limite, diventa eccessivo, pacchiano, ridicolo. La maggior parte degli stilisti non ha mai capito questa regola.
3) Non appiattirsi sulle mode.
Le mode hanno la tendenza ad estremizzarsi. E chi le segue pedissequamente si autoesclude dall'eleganza. La persona elegante è consapevole delle tendenze, ne tiene conto, ma ne rifiuta gli aspetti eccessivi, quelli che, due o tre anni dopo, riguardando le fotografie dell'epoca, ci fanno ridere a crepapelle.
4) Mantenere l'equilibrio tra originalità e sobrietà
La persona troppo sobria rischia di essere invisibile nel migliore dei casi, nel peggiore risulta grigia, noiosa. Ma la persona troppo originale diventa bersaglio dell'irrisione. Bisogna cercare di mantenere in equilibrio i due piatti della bilancia.
5) Saper fare gli abbinamenti.
In inglese si parla di "outfit", quando si intende un look dove si sono studiati abbinamenti particolari. Ci sono colori che fanno a pugni con altri colori. Non ci vuole il genio di Leonardo da Vinci per capire che in genere una tonalità calda non va accostata in maniera troppo disinvolta ad una tonalità fredda, tanto per fare un esempio. O che non si possono mettere, che ne so, i blue jeans insieme alla cravatta, o le scarpe da ginnastica insieme a un vestito a giacca. Eppure ci sono stilisti che fanno questo ed altro, e credono di essere eleganti.
6) Adattare le scelte alla propria fisionomia ed età.
Si può essere eleganti senza essere fisicamente perfetti. L'importante è adattare il proprio look a ciò che, del nostro fisico, non possiamo cambiare. Una donna con delle gambe non proprio perfette dovrebbe evitare i leggins, così come un uomo che non ha un fisico atletico dovrebbe cercare di coprire con capi scuri e con strategici gilet quello che una camicia chiara, magari messa pure sotto i pantaloni, mostrerebbe come un inequivocabile pancione. Insomma, tutto ciò che può accentuare un difetto, va evitato. Anche questo consiglio mi pare ovvio, ma poi mi guardo in giro e vedo che evidentemente non è così ovvio.
Si prenda esempio da Wallis Simpson, che non era né giovane, né bella, eppure era una donna estremamente attraente, e fece innamorare un re grazie alla propria eleganza.
7) Evitare l'ostentazione di elementi costosi e "firmati".
Chi crede che per essere eleganti si debba essere ricchi si è sbagliato di grosso. Si possono trovare al mercato e nei grandi magazzini dei capi perfetti, mentre non c'è nulla di più volgare di chi ostenta il capo firmato, o la copia taroccata del capo firmato. La firma può essere una garanzia di qualità, a volte, ma non così spesso come la pubblicità vorrebbe farci credere. Un capo firmato non ci rende "fighi", se non lo siamo già per conto nostro, anzi, accentua la nostra goffaggine.
8) Tenere conto del contesto.
Ci sono persone che vanno al lavoro come se andassero in spiaggia o in discoteca o a un matrimonio. Ecco, io non dico che si debba essere troppo rigidi e indossare uniformi (anche se a scuola, secondo me, andrebbero reintrodotte, per riportare un minimo di decenza, ma forse questo dipende dal fatto che sono un insegnante!), però una attenzione al contesto permette al proprio stile di risultare più facilmente accettato. Bastano piccoli accorgimenti.
9) Non cercare di imitare dei modelli, ma crearne di nuovi.
"Per essere insostituibili bisogna essere diversi", diceva giustamente Coco Chanel. Per cui non dovete mai dire: "Vorrei essere come quella persona". No! Voi dovete trovare il vostro stile!
10) Non fate ricorso alla chirurgia plastica.
Lo dico alle donne in particolare, perché è un fenomeno prevalentemente femminile: non sfigurate il vostro viso e il vostro corpo con qualcosa che lo priva della sua naturalezza. Una cosa rifatta si vede subito e fa dire a tutti: "Stava molto meglio prima". Ogni età ha la sua eleganza, ed una donna può persino acquistare bellezza con l'età. Ci sono donne che hanno acquisito un grande carisma con l'età. L'invecchiamento lo si combatte con abitudini sane.
Guardate com'era bella Audrey Hepburn a sessant'anni!
O anche Jackie Kennedy, bellissima fino all'ultimo, persino negli anni nella malattia.
Chi fu il primo re d'Inghilterra?
Il primo Re d'Inghilterra fu Atelstano di Wessex (Winchester 895 - Gloucester 939). Figlio di Edoardo il Vecchio, che era stato re del Wessex e signore degli Anglosassoni, a sua volta figlio di Alfredo il Grande, Atelstano completò l'opera di unificazione dell'Inghilterra con l'annessione della Northumbria nel 927.
Secondo altri storici medievali il primo Re sarebbe stato il suo successore, il fratellastro Edmondo (Wessex 921 - Pucklechurch 946).
La dinastia dei Wessex regnò sull'Inghilterra, con alterne vicende, fino al 1066, quando Aroldo II fu sconfitto da Guglielmo I di Normandia, detto il Conquistatore, nella Battaglia di Hastings.
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L'Imperatore-Profeta di Gothian. Capitolo 53. Mordred rifiuta il Dono del vampiro
Si erano sposati solo una settimana prima, ma già vi era un elemento di discordia tra il principe Mordred Eclionner e sua moglie Daenerys von Steiberg, contessa di Gothian, detta "La divoratrice di cuori".
Come tutti i vampiri, la contessa di Gothian desiderava che il suo compagno e consorte condividesse con lei la cosiddetta "non-morte", chiamata anche il Dono.
Mordred avrebbe rifiutato anche se quella decisione non avesse implicato il doversi nutrire di sangue, fosse pure quello di un animale.
Non amo la vita: come potrei amare l'immortalità?
Ma Daenerys, che lo amava in modo possessivo e avrebbe voluto averlo al suo fianco per sempre:
<<Sai, Mordred, cosa si dice riguardo ai mortali? Che muoiono due volte. La prima quando il loro cuore smette per sempre di battere, e la seconda quando il loro nome viene pronunciato per l'ultima volta>>
L'immortalità della gloria o del disonore erano due forme comunque effimere, e sostanzialmente inutili. Però faceva sempre effetto l'idea che un giorno nessuno mai più si sarebbe ricordato del fatto che siamo esistiti.
Cos'è in fondo un uomo che non ha lasciato niente di memorabile dietro di sé: niente, nessuno, in nessun luogo, mai...
Però in fondo quella era un'immortalità di poco conto, se in realtà riguardava solo il nome e non la persona.
<<Non è immortalità, quella, è solo vanità>>
Daenerys sbuffò:
<<Ah! Gli impagabili consigli moralistici degli Eclionner!>>
Mordred scrollò le spalle:
<<Sempre meglio delle proposte indecenti dei vampiri di Gothian!>>
Daenerys sorrise:
<<Ah, se tu sapessi come diventa delizioso il sapore del sangue!>>
Lui ebbe un moto di ribrezzo:
<<Ah, sì... e che sapore ha?>>
Lei assunse un'espressione estasiata:
<<Ha lo stesso sapore del vino dolce dell'estate, del "rosso di Dorne">>
La musica della canzone "Summer wine" risuonò nella mente di entrambi, come se fosse un invito a ballare e a condividere il Dono:
(NANCY):
Strawberries cherries and an angel's kiss in spring
My summer wine is really made from all these things
(LEE):
I walked in town on silver spurs that jingled to
A song that I had only sang to just a few
She saw my silver spurs and said lets pass some time
And I will give to you summer wine
Ohh-oh-oh summer wine
(NANCY):
Strawberries cherries and an angel's kiss in spring
My summer wine is really made from all these things
Take off your silver spurs and help me pass the time
And I will give to you summer wine
Ohhh-oh summer wine
(LEE):
My eyes grew heavy and my lips they could not speak
I tried to get up but I couldn't find my feet
She reassured me with an unfamiliar line
And then she gave to me more summer wine
Ohh-oh-oh summer wine
(NANCY):
Strawberries cherries and an angel's kiss in spring
My summer wine is really made from all these things
Take off your silver spurs and help me pass the time
And I will give to you summer wine
Mmm-mm summer wine
(LEE):
When I woke up the sun was shining in my eyes
My silver spurs were gone my head felt twice its size
She took my silver spurs a dollar and a dime
And left me cravin' for more summer wine
Ohh-oh-oh summer wine
(NANCY):
Strawberries cherries and an angel's kiss in spring
My summer wine is really made from all these things
Take off those silver spurs and help me pass the time
And I will give to you my summer wine
Mmm-mm summer wine
(Nancy Sinatra, Lee Hazlewood)
<<Summer wine fu scritta e cantata prima del Grande Cataclisma. Le tue memorie fin dove affondano, Danerys?>>
Lei ridacchiò:
<<Non così lontano, i vampiri erano scomparsi del tutto, prima del Grande Cataclisma. Ma sono stata giovane quando il nostro mondo era giovane. Questo è uno dei vantaggi dell'immortalità. La saggezza di una lunga vita e l'aspetto di una giovane fanciulla>>
<<Il prezzo da pagare è troppo alto. La vita di un vampiro conduce inevitabilmente all'abuso di potere e al degrado. Io posso esserne al massimo passivo concorrente, ma non voglio bere sangue, nemmeno se avesse il sapore dell'ambrosia degli dei>>
Daenerys ne fu dispiaciuta:
<<Mi chiamano la "Divoratrice di cuori", ma alla fine è sempre il mio cuore a essere fatto a pezzi. Ma in fondo, il mio cuore... è solo cibo avariato. Non ti farò del male, Mordred, perché ti amo in modo altruistico, come credo prima nessuno mai. Ma mio fratello potrebbe non prendere bene la tua decisione>>
Mordred annuì:
<<Non ne sarà certo felice, ma senza di me gli manca il pretesto per scatenare la guerra e per trovare alleati tra coloro che non hanno ancora preso partito, in questa ennesima guerra... questa ennesima puntata del Gioco del Trono>>
<<Il Trono Nero di Gothian era di mio padre. Marvin gliel'ha sotratto, ed è tempo che gli eredi di Gothian se lo riprendano>>
Mordred si accigliò:
<<Quale degli eredi? Tu o tuo fratello?>>
Lei sorrise:
<<Ho concluso un accordo con mio fratello: lui sul trono do Gothian ed io su quello di Alfarian. Mia madre Rhaella Targaryen aveva sangue elfico>>
<<Non mi fido delle promesse di tuo fratello. Se l'hanno soprannominato Daemon Bloodice, ci sarà un motivo>>
<<Posso tener testa a mio fratello, come ho sempre fatto. Ma h bisogno di un motivo per farlo.Io vorrei regnare con te per sempre, perché dopo la mia trasformazione non posso avere figli, e se tu morirai sarei condannata alla solitudine>>
Mordred la fissò dubbioso:
<<Ti innamoreresti ancora. Come si diceva nei tempi remoti, prima del Grande Cataclisma, "morto un Papa se ne fa un altro">>
<<Voi umani siete così prosastici!>>
<<E allora perché ti innamori degli umani?>>
Già! Perché?
Perché mi innamoro degli esseri umani?
Forse perché le piaceva la loro "giovinezza".
Sì.
<<Credo che sia perché vi sento giovani, e mi fate sentire giovane>>
Nel momento stesso in cui pronunciò quelle parole, capiva che fornito a Mordred la più valida delle argomentazioni.
<<Se diventassi anch'io un vampiro, diventerei ben presto anche "antico" e perderei il fascino che ora ho ai tuoi occhi>>
Daenerys aveva gli occhi viola per la rabbia.
<<Tutte scuse! Non mi è mai piaciuto ricevere rifiuti, non mi si addicono. Forse è per questo che divoravo il cuore di chi mi diceva di no. E visto che l'astinenza non mi fa bene, penso che dovrò ricominciare. E sarò sangue, sulle strade di Carcassonne!>>
Mordred ignorò la minaccia. Ormai Carcassonne era solo un ricordo in un gioco di carte.
<<Si parla spesso del Grande Cataclisma, ma nemmeno gli iniziati agli Arcani Supremi conoscono ciò che veramente causò il collasso della civiltà umana tecnologizzata... io credo che voi non-morti ne sappiate di più... o mi sbaglio?>>
Daenerys non amava seguire a rimorchio una conversazione guidata da altri.
<<Nemmeno mio padre lo sapeva! Voi umani siete così bravi ad autodistruggervi da soli. Alcuni dicono che sia stato un virus a decimarvi, un virus prodotto da voi, come arma chimico-biologica, o una cosa del genere. Ma secondo me il virus eravate voi... sì, voi uomini... l'umanità intera era come una malattia infettiva... voi umani eravate il virus... siete stati decimati strozzandovi nel vostro stesso veleno... e finirà così di nuovo, se Marvin continuerà nel suo assurdo Sentiero Dorato!>>
Mordred era sempre più coinvolto in quel discorso:
<<Ma perché gli dei, insomma, quelli che noi chiamiamo angeli e demoni... perché non sono intervenuti?>>
Lei appariva sempre più insofferente a quell'interrogatorio, ma la rabbia la costringeva a rispondere, seppur in modo offensivo:
<<Il loro nome corretto, nel tempo del loro occultamento, era "i Grandi Anziani". Avevano distolto l'attenzione da questa Terra, perché gli uomini non li veneravano più. Avevano rivolto la loro fede verso un unico Dio onnipotente e buono, una contraddizione in termini così evidente, eppure in miliardi si prosternavano di fronte a quest'Unico. Ma quando loro provocarono il Grande Cataclisma, questo Dio che si erano inventati non li soccorse. Fu allora che si ricordarono dei Grandi Anziani, e che essi tornarono sulla Terra, e si divisero gli incarichi. Io c'ero quando fu siglato l'Antico Patto. Fintanto che quello fu rispettato, ci fu la pace. Poi Lilieth Vorkidian, che il suo nome sia maledetto, ha deciso di mettere al mondo tuo padre, che ha scombinato tutti gli equilibri. Marvin è stato sempre consigliato male, da sua nonna, da sua madre, dalle sue mogli, da sua sorella... un burattino manovrato dalle donne e dai druidi!>>
<<La missione di mio padre non è mai stata quella di violare l'Antico Patto, ma di portarlo a compimento>>
Daenerys scosse il capo:
<<Ne ho abbastanza di queste inutili chiacchiere! Credo che stasera me ne andrò in giro ad assaporare sangue umano, e forse a divorare qualche cuore. Ho una reputazione da mantenere, io!>>
Cast
Legend of Cryptids character (Eve Venture) - prince Mordred Eclionner
Emilia Clarke (Daenerys "Stormborn" Targaryen) - Daenerys Steinberg, countess of Gothian
Queen Rhaella Targaryen (wife of Aerys II, the Mad King) - Rhaella Targaryen, first wife of count Fenrik
Daemon "Blackfire" Targaryen - Viserys Iceblood von Steiberg, prince of Thule
The Iron Throne (Il trono di spade) - The Black Throne of Gothian
Jonathan Rhys Meyers (king Henry VIII Tudor) - Emperor Marvin Eclionner Vorkidian
Tamzin Merchant (queen Catherine Howard) - Princess Consort Alice de Bors of Alfarian
Royo's vampiress - Daenerys "Hearteater", countess of Gothian
giovedì 27 giugno 2013
L'Imperatore-Profeta di Gothian. Capitolo 52. Ellis nei luoghi della sua giovinezza.
Mentre era immersa nella grande vasca, piena di latte d'asina, dove aveva fatto tante volte il bagno quando era giovane, durante la sua prima Reggenza, Ellis Eclionner, divenuta per la seconda volta Reggente dell'Impero dei Lathear, lasciava che la sua mente vagasse nei ricordi.
Quando lasciai la Reggenza la prima volta, e rinunciai a tutto ciò che avevo di più caro, non ero ancora una persona completa.
Non che credesse che la completezza fosse qualcosa di realmente raggiungibile.
All'epoca avevo bisogno di esperienze, oltre che di espiazione. Volevo vedere il mondo, volevo inseguire l'amore, volevo sentirmi libera.
E aveva avuto tutto questo, e altro ancora.
"Vero viaggio è il ritorno", scrisse un poeta.
Ah, com'era vero!
Qualsiasi cosa vedesse o toccasse, qualunue angolo dei luoghi dov'era nata e cresciuta, qualunque piacere, dai più grandi a quelli minimi, era come se una parte di lei, la maggior parte, tornasse alla vita.
Quanto mi è mancato tutto questo!
Durante i lunghi, cupi anni passati al limitare dell'Artico, a guardare la notte perpetua dalle mura del castello di Gothian, una parte di lei era rimasta come ibernata nel ghiaccio.
Come aveva fatto a resistere per tanto tempo in quel luogo desolato, lontano da tutto ciò che lei amava.
La conclusione era una sola
Quel tempo è servito a preparare la mia rivincita, come la prigionia di Edmond Dantes.
Com'era dolce il vino dell'estate che aveva gustato appena tornata a Lathena.
Era il "Rosso di Dorne", scuro come sangue e dolce come un grappolo d'uva.
Lo aveva sorseggiato, mentre le sue ancelle e le sue guardie personali cantavano Summer Wine, come Nancy Sinatra e Lee Hazlewood.
Strawberries cherries and an angel’s kiss in spring
My summer wine is really made from all these things
I walked in town on silver spurs that jingled to
A song that I had only sang to just a few
She saw my silver spurs and said lets pass some time
And I will give to you summer wine
Ohh-oh-oh summer wine
Strawberries cherries and an angel’s kiss in spring
My summer wine is really made from all these things
Take off your silver spurs and help me pass the time
And I will give to you summer wine
Ohhh-oh summer wine
My eyes grew heavy and my lips they could not speak
I tried to get up but I couldn’t find my feet
She reassured me with an unfamiliar line
And then she gave to me more summer wine
Ohh-oh-oh summer wine
Strawberries cherries and an angel’s kiss in spring
My summer wine is really made from all these things
Take off your silver spurs and help me pass the time
And I will give to you summer wine
Mmm-mm summer wine
When I woke up the sun was shining in my eyes
My silver spurs were gone my head felt twice its size
She took my silver spurs a dollar and a dime
And left me cravin’ for more summer wine
Ohh-oh-oh summer wine
Strawberries cherries and an angel’s kiss in spring
My summer wine is really made from all these things
Take off your silver spurs and help me pass the time
And I will give to you summer wine
Mmm-mm summer wine
Provenivano direttamente dalla tenuta della Casa dei Redwyne, una famiglia che era sempre stata fedele al Trono, chiunque ci sedesse sopra.
E in questo momento, sul Trono Imperiale ci sono io!
Presto anche la finzione della Reggenza non sarebbe più stata necessaria.
Marvin troverà pane per i suoi denti. Ah, sì, Marvin... mi hai usata e mi hai gettata via, ed ora, personalmente, non aspetto altro che la vita, finalmente, ti faccia a pezzi!
Non gli aveva perdonato niente: né l'uccisione del suo primogenito Elner, né l'esilio decretato per il figlio che avevano avuto insieme, incestuosamente: Mordred.
Mordred farà il suo dovere da nord, io farò il mio da sud. E tu, Marvin, Imperatore-Profeta del Nulla, sarai schiacciato come un insetto tra il mio esercito e quello di mio figlio!
Mordred non avrebbe fatto la fine di Elner. Avrebbe sconfitto l'esercito del suo fratellastro Arthur.
Eclion e Gothar si spartiranno il dominio del continente, ed io regnerò al sud come Imperatrice e mio figlio al nord come sovrano degli Albini, degli Alfar e dei Keltar, e l'antico ordine sarà restaurato.
Il Sentiero Dorato di Marvin sarebbe stato accantonato, così come la sua inattendibile Profezia.
E tutto andrà come deve andare.
Mentre usciva dalla vasca e si lasciava sciacquare la pelle dalle sue dame di compagnia, Ellis si sentiva quasi felice, ed era una sensazione che non provava da tanto, tantissimo tempo.
Come un fiore non è responsabile del suo colore, noi non siamo responsabili di ciò che siamo diventati. Il giorno in cui accettiamo questo saremo finalmente adulti e finalmente liberi!
Cast
Liz Taylor (Cleopatra) - Ellis Eclionner
L'Imperatore-Profeta di Gothian. Capitolo 51. Helena visita Anakin in prigione.
Dopo giorni di insistenza, la principessa imperiale Helena Eclionner Vorkidian, sorella minore dell'Imperatore-Profeta, riuscì a convincere il Primo Ministro Bial a concederle una visita al fidanzato Anakin, detenuto nelle segrete della Grande Piramide per ordine della Reggente Ellis Eclionner.
E' bastato ricordare a Bial che mio fratello potrebbe ancora vincere la guerra.
La notizia della partenza di Marvin Eclionner dal suo remoto castello di Gothian, a capo di cinquanta legioni, in direzione sud, aveva reso tutti i grand'uomini di Lathena molto più malleabili.
Ma questa non è una guerra tra uomini, non più... ora è solo una partita tra demoni...
Helena era una Sacerdotessa di Rango Segreto, iniziata agli Arcani Supremi.
In quanto discendente di Eclion l'Oscuro per parte di padre e di Belenos il Luminoso per parte di madre, Helena aveva potuto scegliere con chi schierarsi.
Ho scelto Belenos, ma vedo così poca luce in questo mondo.
Questo pensava, mentre scendeva le scale con una torcia in mano, sprofondando nei meandri delle segrete.
Si diceva che Sephir I il Crudele, uno dei primi imperatori della Dinastia Eclionner, avesse fatto scavare tunnel fino al centro della Terra.
Troverò un modo per portarti via da qui, Anakin.
Anche lui aveva dovuto scegliere da che parte stare, tra Eclion e Atar lo Splendente, il signore del Fuoco, da cui Anakin discendeva tramite sua madre Marigold Ataris, contessa di Gothian.
Ma l'ombra di Eclion è sempre dietro di lui. Gli offre il potere supremo, in cambio della sua anima.
Non era forse la stessa cosa che Eclion continuava ad offrire anche a lei?
Il Potere assoluto. Ogni desiderio che diventava un ordine. Ottenere qualsiasi cosa, sperimentare tutto fino alla nausea. Cogliere il frutto del piacere fino ridurlo in poltiglia. Fino a ridurre in cenere se stessi e l'universo intero.
E' più facile chiedere il potere che l'amore. L'amore è anche un obbligo, il vero amore va dimostrato.
Il vero potere no. Si dimostrava da solo. Il vero re è quello che non ha bisogno di ricordare a nessuno chi egli sia.
Ed io ti dimostrerò il mio amore, Anakin... te ne porterò testimonianza...
Mentre le scendeva, le guardie si scostavano e si inchinavano.
La chiamavano Altezza Imperiale.
Com'era tentante, il potere che si sprigionava quando quei guerrieri, al solo vederla crollavano in ginocchio.
La sorella dell'Imperatore-Profeta, discendente dagli Eclionner e dai Vorkidian, Sacerdotessa di Rango Segreto...
Tutto ciò emanava potere, potere supremo... così come la sua statuaria bellezza.
Sentiva solo il passo delle sue scarpe rialzate che echeggiava lungo i cunicoli delle prigioni.
Solo gli appartenenti alla Dinastia venivano rinchiusi nelle segrete della Grande Piramide, quando cadevano in disgrazia. Alcuni non avevano più rivisto il sole.
La guardia che le faceva strada, finalmente indicò una cella.
Helena guardò tra le sbarre e vide che Anakin era disteso, ma sveglio, con gli occhi cerchiati, quasi preda della follia.
Fece cenno di aprire.
Anakin non appariva meravigliato.
<<Helena... ti stavo aspettando... ho percepito la tua presenza... il mio potere di chiaroveggenza cresce... i miei sensi sono acutizzati... la mia mente vaga per gli spazi infiniti del tempo... sono i doni di Eclion... mi mostra ciò che potrei diventare... tu lo sai meglio di me... il conflitto regna in tutti noi>>
Vederlo in quello stato, per Helena, fu più doloroso che mai.
<<E tu? Tu cosa scegli, Anakin?>>
Lui la fissò con gli occhi iniettati di sangue ed un sorriso che appariva un ringhio.
<<Scegliere? Tu credi veramente che siamo noi a scegliere?>>
Helena ricordò il giuramento, il giorno in cui si era consacrata a Belenos.
Era stata lei a scegliere?
<<Non lo so. Ma se quello che sentiamo nel nostro animo è un conflitto, allora possiamo almeno cercare di vincerlo, ritrovando noi stessi. La parte più autentica, Anakin! Almeno questo l'avrai scoperto!>>
Lui annuì.
<<Be', se metti le cose in questi termini, se per te il bene stava nella persona che rispondeva "Io", se chiamavano Anakin Eclionner Ataris... allora... allora io sto perdendo>>
Quelle parole, per Helena furono peggio di una pugnalata.
Si sedette a fianco a lui, e lo abbracciò, stringendolo forte.
<<Non ti lascerò perdere, Anakin Ataris... dimentichiamo il cognome maledetto dei nostri padri... ricordiamo quello delle nostre madri. Rinunciamo ad Eclion e a tutte le sue tentazioni>>
Le parole del Giuramento le risuonavano nella memoria.
"Rinunci ad Eclion?"
"Rinuncio!"
"E a tutte le sue opere?"
"Rinuncio!"
"E a tutte le sue seduzioni?"
"Rinuncio!"
Era stato Marvin stesso ad officiare il rito, prima di mandarla a Lathena.
Anakin non pareva intenzionato a rinunciare con altrettanta facilità.
<<Eclion mi è apparso, sai? L'ho visto, ne ho visto il carisma>>
<<Ti ha parlato?>>
Anakin annuì:
<<Mi ha detto: "La fase del lavoro svolto alle dipendenze altrui può cedere il passo a transiti più favorevoli. Lasciami entrare nella tua mente, e ti sarà facile fare un raccolto abbondante di ciò che hai seminato in tutta la tua vita. In generale io ti offro più opportunità". Ti sembrano forse parole malvage?>>
Helena gli lanciò un'occhiata di sdegno.
<<E questo sarebbe il carisma di Eclion? Parla come un mercante! Come fai a non accorgerti di quanto sia meschino?>>
Anakin appariva divertito:
<<Oh, la nostra principessa ce l'ha con i mercanti! Eppure tuo padre era poco più di un pirata, e non vidi mai persona più attaccata di lui al denaro. Per te è più facile averla vinta su Eclion... tuo padre non era un vero Eclionner>>
Aveva ragione.
Il padre di Helena, Vyghar di Linthael, discendeva dagli Eclionner tramite sua nonna, che a sua volta portava il nome di Helena.
<<Non parliamo dei morti! De mortuis nihil nisi bonum!>>
Improvvisamente si ricordò i versi di un antico poeta, che era vissuto prima del Grande Cataclisma.
Salvatore Quasimodo.
Dimenticate i padri! Le loro tombe sprofondano nella cenere...
"Uomo del mio tempo".
Anakin percepì i pensieri di lei:
<<Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue salite dalla terra!>>
Pareva esaltato da quelle "nuvole di sangue".
Suo padre ne fece versare molto quando la sua sete di guerra lo portò ad invadere il regno degli Alfar e ad assediare Elenna sul Dhain, nell'anno della Primavera di Sangue.
Helena rabbrividì:
<<Puoi ancora salvarti. La vera battaglia è quella che si combatte dentro di noi>>
Lui divenne serio:
<<L'errore che commettono tutti quelli che parlano come te è quello di vedere il Bene tutto da una parte e il Male tutto dall'altra. Non riuscite a rendervi conto che sono mescolati, che non è possibile separarli, perché sono diventati un'unica realtà. Solo a livello teorico sono distinguibili. Ma poi, nella vita, ci accorgiamo che il Bene e il Male hanno bisogno l'uno dell'altro. A volte bisogna compiere un male per evitarne uno peggiore>>
Lei ribatté subito:
<<Chi decide?>>
<<Cosa?>>
<<Chi decide qual è il male minore e il male peggiore?>>
Anakin scrollò le spalle:
<<Questi discorsi non ci portano da nessuna parte. Siamo solo pedine di un gioco molto più grande di noi>>
Helena chiuse gli occhi e parlò quasi sottovoce:
<<Anche una pedina può dare scacco al re. Non dimenticarlo!>>
Cast
Nathalie Portman - Helena Eclionner Vorkidian
Hayden Christensen - Anakin Eclionner Ataris
mercoledì 26 giugno 2013
L'Imperatore-Profeta di Gothian, capitolo 50. Lilieth convince Marvin a lasciare Gothian
L'Imperatrice Madre Lilieth Vorkidian fu ammessa alla Sacra Presenza di suo figlio, l'Imperatore-Profeta di Gothian, tre giorni dopo le sue nozze con la principessa Alice de Bors d'Alfarian, ora Consorte Imperiale.
Marvin appariva rilassato, ma Lilieth sapeva che era una maschera.
<<Madre, avete la faccia delle grandi occasioni. C'è forse qualcosa di particolare che volete dirmi?>>
Erano anni che Marvin non usava più la forma di cortesia, e Lilieth trovò la cosa fastidiosa:
<<Oh, smettila con quel "voi"! Parliamo normalmente, da madre a figlio>>
Il sorriso di Marvin si fece ironico:
<<Quando dici così, io so che devo preoccuparmi. Cosa stai architettando?>>
Lilieth non aveva alcuna voglia né di sorridere, né di perdere tempo in schermaglie ironiche.
<<Tu sei divenuto un immortale, figlio mio, ma tendi a dimenticare che chi ti sta intorno non lo è. Verrà un giorno in cui rimpiangerai di essere stato impaziente con tua madre>>
A quel punto Marvin si meravigliò:
<<Io prevedo per voi una lunga vita, perché fate questi discorsi che parlano di morte?>>
L'Imperatrice Madre sospirò:
<<Cos'è una lunga vita davanti all'eternità? Tu mi chiami quando hai bisogno e per il resto ti dimentichi della mia esistenza. Eppure io ho dedicato a te tutta la vita>>
<<Tu hai dedicato la vita a ciò che volevi che io fossi. Non è la stessa cosa>>
Quello era il classico tipo di risposta che feriva Lilieth come una pugnalata alla schiena, ma sapeva di dover andare fino in fondo, quella sera, perché c'era qualcosa di importante che andava fatto:
<<Io ho sempre e solo voluto che tu fossi felice>>
Marvin annuì:
<<Non lo metto in dubbio. In fondo non è quel che dice la maggioranza dei genitori? Vogliono che i loro figli siano felici. Come se la felicità esistesse sul serio su questa terra. Nessun genitore è veramente una persona felice, ma è onestamente convinto che suo figlio lo sarà>>
Lilieth lo fissò con aria dubbiosa:
<<Dove vuoi andare a parare? Perché so che c'è un "ma", dietro a tutto questo>>
L'Imperatore-Profeta sorrise di nuovo:
<<Certo! C'è un "ma" più grande di questo maledetto castello di Gothian! Segui il mio ragionamento, e perdona se per una volta userò parole forti. Perché si fanno i figli? Tutti dicono: è un atto d'amore, è un dono. Ma la vita non è poi quel dono così bello che amiamo credere, e nessuno lo sa meglio di un immortale. Perché facciamo figli, allora? Me lo sono chiesto anch'io. Anch'io sono padre di due figli, e la mia nuova consorte ne aspetta un terzo. Certo, ognuno di loro ha delle missioni da compiere, ma parliamo, per una volta, come se fossimo una famiglia normale. Me lo permetti?>>
La osservava dall'alto del suo trono, con un'espressione determinata.
Lilieth ne ebbe quasi paura:
<<Di' quello che devi dire>>
Marvin annuì:
<<Perché la gente vuole fare figli?
Io mi sono fatto un'idea personale in proposito, non del tutto originale, forse, ma credo che ci sia un fondo di verità.
Io credo che facciamo figli perché a un certo punto della nostra vita ci rendiamo conto che è andato tutto a rotoli. Facciamo un bilancio della nostra esistenza e vediamo che i conti non tornano. Troppe sconfitte e poche vittorie inutili.
Nessuno dei nostri sogni si è realizzato.
E allora decidiamo di mettere al mondo qualcuno che li realizzerà.
Desideriamo per i nostri figli la felicità che noi non abbiamo avuto.
Ci diciamo che loro ce la faranno, sicuramente, loro riusciranno ad arrivare dove noi non siamo arrivati. Ne siamo certi, siamo disposti a tutto per questo. E ci crediamo, ci crediamo fortemente! Salvo poi un giorno accorgerci che i nostri figli sono diventati degli sconosciuti.
Non sono per niente simili a come noi ce li immaginavamo. Hanno realizzato ben poco di quello che ci aspettavamo. E in quel momento ci rendiamo conto di aver fallito un'altra volta.
Non osiamo nemmeno incrociare lo sguardo di nostro figlio, perché se lo guardassimo, vedremmo qualcosa che assomiglia ad un rimprovero, e ad una domanda: perché mi hai messo al mondo? Perché mi hai fatto nascere, quando sapevi che il mondo è un posto così malvagio?
Mordred mi ha guardato così quando se n'è andato. Così come adesso io ti guardo. Con una domanda che è la domanda eterna: ne valeva la pena?>>
Lilieth inspirò profondamente.
In termini assoluti, generalizzando, le parole di suo figlio potevano anche avere un senso, ma nello specifico della sua storia e della sua vita esistevano delle motivazioni che andavano oltre.
C'era qualcosa che aveva a che fare con il destino e Marvin non poteva ignorarlo, proprio perché era un predestinato.
<<Tu conosci già la risposta. Sai come sono andate le cose. Ero l'ultima erede di Vorkidex Pendràgon, della stirpe degli Albany, che risaliva a prima del Grande Cataclisma. Era mio dovere evitare che quella stirpe si estinguesse. Quando seppi che lo straniero che ospitavamo era il principe imperiale Masrek Eclionner, capii che quello era il mio destino, secondo la Profezia. Dovevo concepire il Figlio di Cento Re, il Principe che ci era stato promesso.
La mia felicità non è mai contata niente. La tua nascita era già stata decisa millenni prima, per la salvezza di tutti! Il Sentiero Dorato, Marvin! La sopravvivenza dell'umanità!
Forse è questa la domanda. Valeva la pena generare colui che avrebbe permesso all'umanità di sopravvivere? Meritava di sopravvivere, l'umanità?
Chi ero io per decidere di porre fine alla specie umana?
Non rinnego la mia scelta, non rimpiango niente di ciò che ho fatto, e sono felice di essere tua madre. Forse non te l'ho mai detto, ma io sono orgogliosa di te! Hai realizzato ben più di quanto io potessi immaginare. Hai dato un senso alla Profezia.
Ora però non devi rovinare tutto! Da troppi anni non lasci le mura di Gothian! Sappiamo entrambi che il tuo soggiorno qui si è protratto troppo a lungo. Devi uscire! Devi lasciare il castello!>>
Marvin era combattuto.
Da un lato era commosso per la sincerità delle parole di sua madre, ma dall'altro era turbato dall'idea che la predestinazione e il senso del dovere lo avessero defraudato della libertà, o quantomeno della parvenza della libertà.
<<Devi, devi, devi! Il verbo "dovere" è quello che hai usato più spesso con me. Hai sempre incarnato alla perfezione il "principio di realtà", opponendoti al "principio del piacere">>
Lilieth annuì:
<<Non è forse questo uno dei compiti più importanti di un genitore? Il saper dire di no. L'insegnare ai figli che non possono vivere come vogliono, perché ci sono delle regole, ci sono delle necessità, ci sono dei limiti. Non possiamo lasciarci guidare soltanto dal desiderio. Ci sono dei momenti in cui il dovere viene prima del desiderio. Vorresti forse diventare schiavo dei tuoi desideri? A volte si desidera qualcosa per il solo motivo che non la si può avere. Tu vorresti essere liberato dal tuo destino. Vorresti isolarti dal mondo e vivere la tua storia di fate con la giovane Alice, senza pensare alle conseguenze. Ma il mondo ha ancora bisogno di te.
E' necessario che l'Imperatore-Profeta esca dalla sua torre d'avorio e si mostri al suo popolo, per donargli il coraggio di affrontare i nemici che lo accerchiano da ogni parte!>>
Lo fissò con una fermezza che rinforzava le sue parole.
Lui si sentì improvvisamente vecchio.
<<E' una vita intera che combatto. Ho indicato la strada, il Sentiero Dorato. Ho dedicato tutto il mio tempo a preparare la mia gente a questo momento. Credevo che fossero pronti. Ero sicuro che fossero maturi, che fossero in grado, una volta tanto, di cavarsela da soli! La Profezia non si era spinta oltre. Credevo fosse giunto il momento di fermarmi, di dedicarmi finalmente a me stesso e alla donna che amo. Non voglio altre guerre, non voglio altri morti, altre distruzioni: voglio costruire, voglio amare, voglio coltivare un giardino, e piantare alberi, e vederli crescere...>>
La sua voce era divenuta un mormorio.
Lilieth si asciugò una lacrimas:
<<Credi forse che io abbia voglia di guerre? Io ho visto con i miei occhi la Primavera di Sangue! Non c'è nessuno a questo mondo che odi la guerra più di me. Ma non siamo stati noi a dichiarare questa guerra. Ci hanno aggrediti. Siamo assediati. Tu dici che non vedi niente... no, il fatto è che tu non vuoi vedere niente! La tua mente è stata ottenebrata dall'eredità degli Eclionner, che rappresenta il tuo lato oscuro. Per questo è necessario che qualcuno risvegli in te l'eredità dei Vorkidian, quella della Profezia! In nome di Belenos lo Splendente, Marvin, io ti scongiuro, torna in te, destati... apri gli occhi!>>
L'invocazione a Belenos, l'antico dio dei Celti, il dio della Luce e della fertilità, risvegliava sempre in Marvin lo spirito profetico.
Incominciò a parlare con voce atona, come se si stesse rivolgendo a se stesso:
<<So che c'è una strada sola. Un unico sentiero. L'ho chiamato il Sentiero Dorato, non è un bel nome?
Ma io sono anche il discendente di Eclion l'Oscuro. Lui è parte di me, e continua realmente a nascondermi la Profezia. Io cammino, da solo, nel buio.
So che che non c'è alternativa alla strada che ho imboccato, ma non riesco a vedere dove porta. Non so più a cosa credere, non so più se credere.
Fuori da queste mura, io non vedo niente. Dimmi tu, madre, visto che sembri tanto sicura del fatto tuo, dimmelo tu... cosa vedi? Cosa c'è la fuori? Cosa ci riserva il futuro?>>
Lilieth sollevò un calice di vino.
<<Vedo fragole e ciliege, e il bacio di un angelo nella primavera. Il mio vino d'estate è fatto veramente di tutte queste cose. Togli di mezzo tutti i tuoi ornamenti d'argento e aiutami a passare il tempo! Io ti darò il mio vino d'estate... oh, se tu sapessi com'è buono, il mio vino d'estate>>
Era un linguaggio cifrato per dirgli che doveva andare a sud. Era laggiù che maturavano fragole e ciliegie, e che si beveva il primo vino d'estate. Era il 24 giugno, la notte di San Giovanni, la notte in cui le vecchie raccoglievano l'iperico, e poi lo facevano essiccare al sole, e ne ricavavano una pozione contro il male di vivere.
Marvin riconobbe i versi di una canzone che amava. Versi scritti secoli prima del Grande Cataclisma.
<<Strawberry cherries and and an angel's kiss in spring / my summer wine is really made from all these sings... diceva così, vero, la canzone>>
Improvvisamente le Altre Memorie di Marvin si attivarono e tutto gli fu chiaro.
<<La famiglia Stoker! Alice de Bors ha lo stesso volto di una donna che si chiamava India Stoker e che sposò il duca di Albany... prima del Grande Cataclisma... noi discendiamo da loro... loro sapevano... loro avevano previsto tutto... ma tu come facevi a saperlo?>>
<<E' quel calice di vino, Marvin. Gli avevi messo un po' di essenza di spezia, non è vero? Solo che tu sei talmente assuefatto che non ti accorgi di nulla. Ma io... be', io posso ancora vedere... lasciati di guidare da me... io posso vedere la Profezia...>>
Improvvisamente Marvin si sentì prigioniero di un disegno ancora più complesso di quello che aveva sempre creduto.
Si alzò e si avvicinò alla finestra, guardando le terre desolate che circondavano il castello di Gothian.
Parlò come se stesse derscrivendo un sogno:
<<Camminavo in una città, con speroni d'argento che tintinnavano, che suonavano una canzone che avevo canticchiato soltanto poche volte. Lei vide i miei speroni d'argento e mi disse: "fa' passare ancora un po' di tempo", Ed io le porsi il mio vino d'estate.... oh, il mio vino d'estate...>>
Non erano ricordi suoi.
Erano fatti accaduti migliaia di anni prima, in un tempo precedente al Grande Cataclisma, quando c'erano ancora sulla terra i Grandi Anziani.
<<Ciò di cui parli accadde a Robert Oakwood, duca di Albany, nell'estate in cui conobbe India Stoker, ed entrambi guardarono al di là del Varco che mostrava loro quello che doveva accadere. Concentrati ora... cos'altro ricordi?>>
Marvin chiuse gli occhi:
<<I miei occhi divennero pesanti e le mie labbra non riuscivano a parlare. Io tentavo di alzarmi, ma era come se non riuscissi a trovare i miei piedi. Lei mi sostenne e mi indicò una via che non conoscevo>>
Sorrise e canticchiò la musica di quella canzone, ripensandone le parole.
My eyes grew heavy and my lips they could not speak.... I tried to get up, but I coudn't find my feet... she reassured me with an unfamiliar line... and then she gave to me more summer vine...
Nell'ascoltare quelle note, anche Lilieth sorrise... sentiva di aver risvegliato qualcosa di importante in suo figlio... di averlo ridonato alla vita!
Ora la sua missione era veramente compiuta.
<<Porta tua moglie con te, Marvin. Andate a sud, verso l'estate. Io mi occuperò di Mordred e della donna vampiro>>
Marvin riaprì gli occhi:
<<Madre, non puoi rimanere qui. E' troppo pericoloso...>>
Lilieth sapeva che forse era l'ultima volta che vedeva suo figlio, l'ultima prima di andare incontro al proprio destino:
<<Lascia che io compia il mio dovere fino alla fine. Tu vai verso sud, porta Alice verso il caldo, portala a vedere l'estate...>>
Dovette trattenere le lacrime, perché era troppo doloroso pensare a ciò che non avrebbe visto mai più, se non come riflesso della vita di coloro che le sarebbero sopravvissuti.
Marvin la abbracciò e la strinse forte:
<<Io ti amo troppo per lasciarti qui, non posso lasciarti qui!>>
Lilieth prese suo figlio per le spalle:
<<Amare vuol dire anche lasciar andare le persone, quando è il loro momento. Amare vuol dire anche trovare la forza di dirsi addio>>
Cast
Claire Forlani - Lilieth Vorkidian
Jonathan Rhys Meyers - Marvin Eclionner Vorkidian
Catelyn Stark - Lilieth Vorkidian
Alice Krige - Lilieth Vorkidian
Joely Richardson - Lilieth Vorkidian
Mia Wasikowska - Alice de Bors
Mia Wasikowska - India Stoker
Elizabeth Bathory - Lilieth Vorkidian
venerdì 21 giugno 2013
Stoker (2013). Recensione del film.
Sono convinto che ci si dovrebbe scomodare a recensire un film soltanto quando lo si ritiene un capolavoro e questo è senza dubbio il caso di "Stoker", thriller di straordinaria perfezione, per la regia del sudcoreano Park Chan-wook, la sceneggiatura di Wentworth Miller, l'intepretazione intensa e magistrale di Mia Wasikowska e di Matthew Goode e la partecipazione impeccabile di Nicole Kidman.
L' incipit del film ci offre molti indizi sul mistero che si cela dietro alla famiglia Stoker (un cognome che non è certo scelto a caso, anche se qui non si tratta di vampiri), eppure sono tutti così mimetizzati nel paesaggio della splendida villa e della rigogliosa natura circostante, nei selvaggi boschi della contea di Middleband (il nome è inventato) nel Connecticut, che non gli diamo l'importanza che meritano, anche se alla fine ci torneranno in mente e ci chiederemo come abbiamo fatto a non capire.
Gli indizi ci sono, come dicevo, ma lo spettatore è fin dall'inizio catturato dal preziosismo con cui ogni minimo dettaglio di ogni singolo fotogramma è curato e accompagnato da una Bellezza (sì, in questo caso ci vuole la maiuscola) onnicomprensiva. I colori, i suoni, le parole sono calibrati al millimetro, con una pienezza e una intensità che coinvolge immediatamente a tal punto che ci sembra di essere dentro lo schermo, immersi nelle scene, e di sentirne i profumi e gli aromi, di toccarne la morbidezza, specie quella degli elegantissimi vestiti che la diciottenne India Stoker (Mia Wasikowska) indossa con una classe e una sensualità che la rendono irresistibilmente attraente e carismatica.
La cura maniacale che la protagonista dimostra per il suo aspetto e il suo vestiario di sete e velluti, insieme castigato ed erotico, non è qualcosa di superficiale, anzi, è l'esatto contrario, è quasi una dichiarazione di guerra al mondo intero.
Non sorride, India, e non fa nulla per sembrare simpatica, eppure ci conquista con ogni sguardo, con ogni gesto, con ogni parola.
Non ci meravigliamo se è così seria e strana, perché riteniamo che questo sia il naturale comportamento di una figlia che ha appena perduto l'amato padre, morto in un incidente stradale.
Fin dalla scena del funerale ci rendiamo conto, però, che c'è qualcosa che non va.
La vedova Eve (Nicole Kidman) appare fin dal primo momento come una donna emotivamente instabile, il cui rapporto col defunto marito era ormai inesistente, come del resto appare effimero e infantile anche il rapporto con la figlia India.
Madre e figlia sembrano quasi scambiarsi i ruoli: tanto Eve appare frivola e adolescenziale, quanto India appare profonda e matura, per quanto in modo inquietante.
Ma la stranezza maggiore è la comparsa di Charlie Stoker, fratello minore del defunto Richard, accolto con sorpresa e apprezzamento dalla cognata e con stupore e freddezza dalla nipote, la quale non era mai stata messa al corrente della sua esistenza.
Inizia da quel momento un misterioso menage a trois che però non ha nulla di scontato, perché il desiderio, che pure è evidente fin dal primo incontro, rimane in sospeso, aggiungendo mistero al mistero.
Ci sono tutti gli ingredienti del genere gotico: una situazione apparentemente normale che nasconde qualcosa di terribile, che però non riusciamo a identificare.
Mentre siamo conquistati dal fascino di tutti e tre i protagonisti e dalla loro personalità complessa, non ci accorgiamo quasi degli eventi che pure incominciano a verificarsi con una rapidità che scorre come acqua di un ruscello sulle rocce levigate e sembra non lasciare traccia.
Tutto pare essere leggero e vaporoso, come le gonne e le camicette di India, il cui gusto eccentrico la rende il bersaglio dell'interesse e della crudeltà dei compagni di scuola.
Che sia una fanciulla speciale è chiaro fin dall'inizio: lei stessa, come confessandosi con lo spettatore, dice di avere il dono di percepire e sentire tutto ciò che la circonda in maniera particolare, come se fosse moltiplicata fin quasi al limite della sopportabilità.
Questo è l'unico elemento paranormale della storia, anche se noi ci aspettiamo che questa dote nasconda qualcos'altro, o comunque sia solo l'inizio di un abisso inconfessabile.
La domanda che tiene avvinto lo spettatore fin dal primo istante è: chi tra questi personaggi è segretamente un mostro?
Il montaggio delle scene, con continui flash-back, ci confonde e ci stuzzica, e riesce in ogni momento a regalarci quella Bellezza piena che ci accompagna fino alla fine, anche oltre i titoli di coda.
Siamo dunque "distratti" dagli interrogativi sulla trama e dall'estetismo portato alle estreme capacità di ricercatezza.
Così distratti che quasi non ci rendiamo conto degli eventi e della loro gravità.
Tutto sembra idillico persino quando è evidente che non lo è.
Che fine ha fatto l'anziana governante, che, dopo una accesa discussione con Charlie, sparisce, senza che i membri della famiglia Stoker se ne preoccupino più di tanto?
Quale oscura verità vorrebbe confessare la prozia Gin, l'unica persona della famiglia che sembra davvero al corrente di ciò che non deve essere detto e neppure pensato, riguardo ad eventi tragici avvenuti molti anni prima?
Anche quando il ritmo degli accadimenti diventa sempre più veloce, una parte di noi vorrebbe indugiare nel godimento della sensualità che traspira da ogni scena, specie da quella del pianoforte, trionfo del virtuosismo e della tensione erotica e orgasmica che cerca di esplodere in ogni istante.
Zio e nipote sembrano fatti l'uno per l'altra, tanto che la pulsione dell'incesto viene tesa come un arco che non si decide a scoccare la freccia.
Del resto, se fosse solo una questione di desideri incestuosi, il mistero sarebbe banale, mentre questo film è tutto, tranne che banale o scontato.
L'estrema raffinatezza di gusti dei tre protagonisti contrasta con la mediocrità della gente del borgo, dove India va a scuola e dove è costretta a subire pesanti apprezzamenti e tentativi di violenza.
Eppure la ragazza non ha alcuna caratteristica riconducibile al profilo scontato della vittima innocente.
Scopriamo che India non è solo un'adolescente con gusti troppo raffinati, ma ha anche una attitudine predatoria che, fino alla morte del padre, era stata sublimata nella pratica della caccia.
India sa usare il fucile con la stessa grazia impeccabile con cui suona il pianoforte.
Ricordando le lunghe battute di caccia con suo padre, ci informa che Richard Stoker non praticava quell'hobby per se stesso o per i trofei che adornano il suo studio di ricco architetto, ma lo faceva per lei, per sua figlia.
Non ci viene ovviamente spiegato il perché. Quello lo dovremmo capire da soli, e invece non ci riusciamo, pur avendo un'abbondanza di indizi che diventano prove di sconcertante evidenza.
La domanda essenziale continua però a non trovare una risposta soddisfacente: chi è il vero Malvagio?
A un certo crediamo di poter avere finalmente in mano la risposta, ma gli eventi prendono una piega imprevista.
Si arriva così al colpo di scena, uno di quelli che cambiano completamente la prospettiva, come ne Il sesto senso o in The others, ma qui l'orrore è tutto terreno, completamente mimetizzato dietro la Bellezza.
Il cerchio si stringe attorno alla famiglia Stoker, eppure continuiamo a non capire come possa sciogliersi il nodo che non solo metaforicamente si è venuto a creare.
Uno dei tre protagonisti è di troppo, ma fino all'ultimo non sappiamo quale.
E anche per questa abilità di preservare la risposta per novantanove minuti di puro godimento è proprio ciò che suggella con un finale grandiosamente sbalorditivo un film che si guadagna a pieno titolo l'epiteto di capolavoro.
Post Scriptum
La villa della famiglia Stoker, cioè il set principale del film e la sua location, si trova a Nashville, Tennessee, Usa, in Dunham Springs Road. Allego un link di Google Maps, da dove è possibile vedere tutta la tenuta.
https://maps.google.it/maps?q=Nashville,+Tennessee,+USA&ie=UTF-8&hq=&hnear=0x8864ec3213eb903d:0x7d3fb9d0a1e9daa0,Nashville,+Tennessee,+Stati+Uniti&gl=it&ei=svbeUeq5DobeOc6SgdgN&ved=0CLABELYD
Merita un rilievo a margine l'attenzione feticistica del regista non solo per il vestiario della protagonista, ma anche, e soprattutto, per le scarpe.
Efficacissimo è il fotogramma che ci mostra India stesa nel suo letto e circondata dalle scarpe che ogni anno suo padre (almeno così sembra all'inizio) le regalava.
Al compimento del diciottesimo compleanno, però, non le vengono più regalate le comode ed eleganti scarpe da passeggio, ma delle raffinatissime e ultra-feticistiche scarpe a punta, pitonate, con il tacco alto.
E' quasi un rito di passaggio dall'adolescenza alla giovinezza, che rivela ad India il suo sempre crescente desiderio di autonomia. Ma è anche il segnale che ella attende da tempo, per compiere il suo destino.
Meravigliosa anche la colonna sonora, in particolare lo splendido remake di "Summer wine" di Nancy Sinatra e Lee Hazelwood che merita veramente di essere ascoltato
http://www.youtube.com/watch?v=unI2lnHR6RI
(NANCY):
Strawberries cherries and an angel's kiss in spring
My summer wine is really made from all these things
(LEE):
I walked in town on silver spurs that jingled to
A song that I had only sang to just a few
She saw my silver spurs and said lets pass some time
And I will give to you summer wine
Ohh-oh-oh summer wine
(NANCY):
Strawberries cherries and an angel's kiss in spring
My summer wine is really made from all these things
Take off your silver spurs and help me pass the time
And I will give to you summer wine
Ohhh-oh summer wine
(LEE):
My eyes grew heavy and my lips they could not speak
I tried to get up but I couldn't find my feet
She reassured me with an unfamiliar line
And then she gave to me more summer wine
Ohh-oh-oh summer wine
(NANCY):
Strawberries cherries and an angel's kiss in spring
My summer wine is really made from all these things
Take off your silver spurs and help me pass the time
And I will give to you summer wine
Mmm-mm summer wine
(LEE):
When I woke up the sun was shining in my eyes
My silver spurs were gone my head felt twice its size
She took my silver spurs a dollar and a dime
And left me cravin' for more summer wine
Ohh-oh-oh summer wine
(NANCY):
Strawberries cherries and an angel's kiss in spring
My summer wine is really made from all these things
Take off those silver spurs and help me pass the time
And I will give to you my summer wine
Mmm-mm summer wine
(Nancy Sinatra, Lee Hazlewood)
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