Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
martedì 23 maggio 2017
Vite quasi parallele. Capitolo 67. L'anno della cometa di Halley e della dipartita della bisnonna Emilia
Nel 1986 il mondo conobbe varie disgrazie: il disastro di Chernobyl, lo scoppio dello Space Shuttle Challenger, la bomba sul Boeing 727 Roma-Atene, la crisi diplomatica tra Usa e Libia con lancio di due missili libici presso le coste di Lampedusa, il dilagare dell'Aids, la diffusione in tutto il mondo del primo virus informatico e altre calamità.
Alcuni superstiziosi imputarono tutto ciò al passaggio della Cometa di Halley, ma tali convinzioni astrologiche e pseudoscientifiche non potevano certo albergare a casa del professor Francesco Monterovere, divenuto ormai un'istituzione come docente di matematica e fisica nella sezione A del Liceo Scientifico "Fulcieri Paolucci di Calboli" di Forlì.
E non era una coincidenza il fatto che Paolucci di Calboli fosse anche il cognome da nubile della madre di sua suocera (sì, avete letto bene, era la "madre di sua suocera")
In effetti la contessa vedova Emilia Pulcheria Paolucci di Calboli, madre di Diana Orsini Balducci di Casemurate, (a sua volta madre di Silvia Ricci-Orsini), era la sorella maggiore dello stesso Fulcieri Paolucci di Calboli alla cui memoria era stato dedicato il Liceo Scientifico.
Fulcieri era nato nel 1893 e morto nel 1919 in seguito ad una malattia contratta durante la Prima Guerra Mondiale, durante la quale si era meritato la Medaglia d'Oro al Valor Militare.
Emilia era nata nel 1888 e dunque nel 1986, l'anno della cometa di Halley, compì 98 anni.
E purtroppo quello fu anche il suo ultimo compleanno.
Ma non fu tanto la cometa ad essere un brutto presagio per lei, quanto la morte della Duchessa di Windsor, Wallis Simpson, a Parigi, nella sua villa al Bois de Boulogne, il 24 aprile.
Quello fu un presagio funesto, perché Emilia era sempre stata dalla parte di Wallis, tanto che il giorno in cui la Duchessa spirò, l'anziana Contessa Vedova disse:
<<Lo considero un lutto personale. E' come se mi fosse morta una sorella>>
Poco tempo dopo incominciò a mostrare segni di cedimento.
Il medico di famiglia disse che bisognava ridurre assolutamente il consumo di alcolici.
Ma la contessa vedova Emilia, ormai, si nutriva soltanto di Cabernet-Sauvignon, tanto che, scherzando, disse che glielo potevano anche mettere in endovena.
La verità è che il suo fisico aveva retto per tanti anni grazie ad una sorta di equilibrio clinicamente insolito, ma empiricamente indiscutibile.
Nel momento in cui quell'equilibrio venne messo in discussione, privando Emilia del suo unico vero nutrimento, e cioè il vino, il fisico cedette e le sue condizioni peggiorarono rapidamente.
Diana, nonostante tutto, era molto affezionata a sua madre e si sentiva male nel vederla venir meno.
Emilia aveva fatto da contraltare ironico al carattere malinconico di Diana.
Venendo veno quella personalità ironica, la casa e la famiglia si intristivano:
<<Speravo che avremmo avuto più tempo, che tu arrivassi a 100 anni e oltre...
Come farò a rassegnarmi a vivere senza le tue battute e la tua presenza fissa nel Salotto Liberty?>>
La veneranda contessa vedova prese la mano della figlia settantataduenne:
<<Hai i tuoi nipoti. Cerca di farli divertire. Non essere troppo pessimista con loro. La vita è già abbastanza pessimista per conto suo: non aggiungere peso a ciò che è già pesante>>
Diana sapeva che sua madre aveva ragione, ma c'erano molte obiezioni nel suo cuore e soltanto alcune furono manifestate alla vegliarda morente:
<<Il fatto è che loro devono essere preparati alle difficoltà. E prudenti. Io devo controbilanciare l'influenza di Ettore, che non ha paura di niente e si mette sempre nei guai. Ma lo sai quanto spendiamo in avvocati, ogni mese? E poi si è messo a fare investimenti più rischiosi del solito... e tutto questo perché è troppo sicuro di sé>>
L'anziana madre sospirò:
<<Non c'è solo Ettore. I ragazzi hanno anche i loro genitori, i loro padri. I tuoi generi sono tutti e tre uomini solidi, che lavorano duramente e con successo, ognuno nel suo settore>>
Diana aveva una risposta per tutto:
<<Lavorano troppo e non sono molto presenti. E questo è male, perché le madri invece lo sono troppo. Non dovrei dire così delle mie figlie. Forse sono diventate così per reazione al fatto che io ero distante: o ero con Federico oppure avevo l'emicrania.
Ma come nonna posso fare meglio, lo sto già facendo>>
Emilia sorrise:
<<Sei una nonna fantastica e i tuoi nipoti ti ricorderanno per sempre, e parleranno di te, della tua vita così avventurosa, così anticonformista.
Più penso alla tua vita e più la vedo come un romanzo dove tante persone, che conducevano vite quasi parallele, senza niente in comune, alla fine sono venute ad incontrarsi qui, in questo angolo remoto dell'universo.
Un giorno qualcuno dovrà raccontare tutto questo, e pertanto tu dovrai far sapere ogni cosa ai tuoi nipoti.
Per quel che riguarda le tue figlie, concordo con le tue preoccupazioni, e credo che sia anche per questo che tu non devi in alcun modo essere apprensiva. Me lo prometti?>>
Non era una promessa da poco, ma non si può mentire a un moribondo:
<<Mi chiedi molto, forse troppo, ma cercherò di limitare al minimo le mie apprensioni. Bastano già quelle delle loro madri. Non sarà facile mediare. Le mie figlie sono testarde come loro padre>>
Emilia chiuse gli occhi:
<<Ti chiedo perdono, Diana, per averti indotta a sposare un uomo che non amavi e che non è certo stato un marito esemplare. Non sono stata una madre esemplare. Potrai mai perdonarmi, bambina mia?>>
Faceva un po' ridere che una donna di 98 anni chiamasse "bambina mia" sua figlia di 73, ma certe cose non cambiano mai, e per ogni mamma, ogni figlia resta pur sempre la sua bambina.
Diana sorrise e annuì:
<<Ti ho già perdonata. In fondo la scelta era mia e se ho accettato di sposare Ettore è stato anche perché non volevo perdere il mio status sociale. Il mio sacrificio fu anche egoistico, almeno all'inizio. Spero che sia servito a qualcosa, considerando i rischi che gravano sul nostro patrimonio>>
L'anziana contessa vedova annuì a sua volta:
<<Anche questo, d'ora in avanti, sarà un tuo fardello. Che il Cielo ti protegga, figlia mia, perché la tua guerra non è ancora finita. La mia invece sì>>
Non si sbagliava: spirò poche ore dopo, nel sonno.
Qualche ora più tardi, Diana poté per l’ultima volta, e senza farla soffrire, pettinare quei bei capelli argentei che erano sembrati fino a quel momento meno invecchiati di lei. Ma allora, al contrario erano la sola cosa che imponeva la corona della vecchiaia al suo viso ridivenuto giovane, dal quale erano sparite le rughe, le contrazioni, i rigonfiamenti, le tensioni, i cedimenti che in tanti anni le aveva aggiunto la sofferenza.
Come ai tempi lontani in cui i suoi genitori le avevano scelto uno sposo, ora i suoi lineamenti erano delicatamente segnati dalla purezza e dalla sottomissione, le guance illuminate da una casta speranza, d’un sogno di felicità, addirittura da un’innocente gaiezza che gli anni avevano a poco a poco distrutto.
La vita, ritirandosi, trascinava via le delusioni della vita stessa.
Un sorriso sembrava posato sulle labbra della bisnonna.
La morte, come uno scultore del Medio Evo, l’aveva adagiata sul suo letto con l’aspetto di una giovinetta.
La sua lunghissima vita si concludeva con un bilancio esistenziale solo apparentemente in pareggio: in realtà, una donna che vede morire quattro figli non può essere mai alla pari con la vita.
Diana sapeva, in ogni caso, che sua madre, come tutti i mortali, compresi quelli che si illudevano di essere persone realizzate, chiudevano la loro vita con un bilancio in rosso.
Il giorno del suo funerale, i manifesti tappezzavano i muri e i cartelloni in tutta la Contea, perché dovevano ospitare un nome piuttosto impegnativo.
Sua Grazia la Contessa Emilia Pulcheria Paolucci di Calboli, Vedova Orsini Balducci di Casemurate, 1888-1986, Requiescat in pace.
Ps. Il gatto che la bisnonna Emilia portava sempre in braccio si chiamava Maino ed era il suo preferito. Morì poco dopo di lei.
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