Gaio Giulio Bassiano (latino: Gaius Julius Bassianus; ... – 217 circa) fu un gran sacerdote del dio del sole di Emesa, e legato alla dinastia dei Severi dell'Impero romano, in quanto suocero dell'imperatore Lucio Settimio Severo.
Bassiano era un arameo[1], gran sacerdote del Tempio del Sole incaricato di custodire la pietra sacra rappresentante il dio solare arameo El-Gabal. Bassiano era anche membro della famiglia reale di Emesa (dell'omonima città in Siria), che doveva la propria influenza proprio al fatto di fornire i sacerdoti del dio: il nome Bassianus deriva probabilmente dal titolo sacerdotale basus. La famiglia reale di Emesa apparteneva all'aristocrazia siriana aramea e costituiva un regno cliente dell'Impero romano. Bassiano potrebbe essere stato un discendente della principessa Drusilla di Mauretania e forse l'antenato della regina siriana Zenobia di Palmira. Non è noto l'inizio del suo sacerdozio, ma nel 187 era gran sacerdote ad Emesa.
L'ufficiale romano Lucio Settimio Severo aveva visitato Emesa sulla base di un oroscopo che gli aveva rivelato che avrebbe trovato sua moglie in Siria. Bassiano gli presentò le proprie due figlie, avute dalla moglie dal nome sconosciuto: la figlia maggiore Giulia Mesa, che era sposa del nobile siriano Giulio Avito e aveva due figlie (Giulia Soemia e Giulia Avita Mamea), e la figlia minore Giulia Domna, che non era sposata. Severo e Domna si sposarono poco dopo, ed ebbero due figli, Lucio Severo Bassiano (186-217), anche noto come Caracalla, e Publio Settimio Geta (189-211), entrambi imperatori romani dopo il proprio padre.
Eliogabalo
Un nipote di Giulio Bassiano, impropriamente passato alla storia come Eliogabalo, divenne imperatore romano; durante il suo breve regno (218-222) cercò non solo di far entrare il dio sole di Emesa, di cui era gran sacerdote, nel pantheon romano, ma, soprattutto, di renderlo la divinità principale della Religione romana, prima associandolo a Giove[3] e poi facendovi confluire tutte le divinità romane.
Fin dal regno di Settimio Severo, l'adorazione della divinità solare era cresciuta in tutto l'impero;[4] Eliogabalo sfruttò questa popolarità per introdurre El-Gabal, che venne rinominato Deus Sol Invictus ("Dio Sole Invitto") e posto al di sopra di Giove[3] (il culto venne introdotto a partire dal 220);[5] per rafforzare il legame tra il nuovo dio e la Religione romana, Eliogabalo fece contrarre a Deus Sol Invictus un "matrimonio sacro" (hieros gamos) con Astarte (la dea lunare), con Minerva, e con la dea cartaginese Urania (Dea Caelestis o Tanit).[6]
Per diventare l'alto sacerdote di El-Gabal, Eliogabalo si fece circoncidere, costringendo pure alcuni suoi collaboratori a fare lo stesso: Cassio Dione Cocceiano racconta che pensò persino di castrarsi, ma non ebbe poi il coraggio di farlo.[3] L'imperatore costrinse i senatori a guardarlo mentre danzava attorno all'altare di Deus Sol Invictus al suono di tamburi e cembali,[7] e ogni solstizio d'estate divenne una grande festa in onore del dio, popolare tra le masse per via della grande distribuzione di viveri.[6] Durante questa festa, Eliogabalo poneva la pietra di Emesa su di un carro adornato con oro e gioielli, che girava la città in parata:
« Un tiro a sei cavalli trasportava la divinità, I cavalli enormi e di un bianco immacolato, con dispendiosi finimenti in oro e ricchi ornamenti. Nessuno teneva le redini, e nessuno era a bordo della biga; il veicolo era scortato come se il dio stesso fosse l'auriga. Eliogabalo camminava all'indietro davanti alla biga, rivolto verso il dio e reggendo le redini dei cavalli. Compiva tutto il viaggio in questo modo inverso, guardando in faccia il suo dio. » |
(Erodiano, Storia romana, v.6) |
Un sontuoso tempio detto Elagabalium venne costruito sul pendio orientale del Palatino allo scopo di ospitare El-Gabal, il meteorite nero conico che rappresentava il dio solare di Emesa.[7] Le reliquie più sacre della Religione romana furono trasferite dai rispettivi templi all'Elagabalium, inclusa la Magna Mater, il fuoco di Vesta, gli Ancilia dei Salii e il Palladio, in modo che nessun altro dio all'infuori di El-Gabal venisse adorato.[8] Con la morte di Eliogabalo nel 222, il betilo di El-Gabal venne inviato nuovamente ad Emesa[9]
Note
- ^ (NL) Devlaminck, Pieter, De Cultus van Sol Invictus: Een vergelijkende studie tussen keizer Elagabalus (218-222) en keizer Aurelianus (270-275), University of Ghent, 2004. URL consultato il 7 agosto 2007.
- ^ Erodiano, Storia romana v.3
- ^ a b c Cassio Dione, lxxx.11.
- ^ Halsberghe, p. 36.
- ^ Van Zoonen
- ^ a b Erodiano, v.6.
- ^ a b Erodiano, v.5.
- ^ Historia Augusta - Vita di Eliogabalo, iii.
- ^ Erodiano, VI.6
Bibliografia
Fonti primarie
- Cassio Dione Cocceiano, Storia romana
- Erodiano, Storia romana
- Historia Augusta, Vita di Eliogabalo
Fonti secondarie
- Gaston H. Halsberghe, The Cult of Sol Invictus, Leiden, Brill, 1972, p. 36.
- Lauren van Zoonen, Heliogabalus, livius.org, 2005. URL consultato il 18 agosto 2007.
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